giovedì 3 luglio 2025

Don Puglisi, un sacerdozio ancora vivo

 Porta di Servizio

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2 luglio 2025

Le tracce del beato Pino Puglisi nei luoghi di culto e nel cuore di chi lo ha conosciuto

Francesco Palazzo

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Oggi, 2 luglio 2025, ricorre il 65° anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Padre Pino Puglisi, per tutti 3P. Lo scorso anno, in occasione del 64° anniversario, in un interessante approfondimento su questa testata, Michelangelo Nasca ci raccontava che nel 2021 è stata svelata una lapide commemorativa nel Santuario carmelitano Madonna dei Rimedi di Palermo, per ricordare l’ordinazione presbiterale del martire siciliano, avvenuta proprio in quel santuario a cui Puglisi era molto legato.

Incisa sulla lapide la scritta: «Cristo diventò per me una persona, un amico. Ogni momento della mia giornata io lo riferivo a Lui, me lo sentivo sempre vicino», tratta, ci ricordava sempre Nasca, da uno scritto del trentenne don Puglisi che si riferiva ad un periodo giovanile da seminarista. Questo scritto si conclude con un altro pezzo, ossia la scoperta sempre più evidente, dopo l’accesso al presbiterato, della presenza di Cristo anche negli altri.

Sono stato anche recentemente nel Santuario della Madonna dei Rimedi per il mio consueto giro pasquale del venerdì santo, ma non conoscendone l’esistenza, non ho cercato e comunque non ho visto la lapide. Ci tornerò. Molte ormai sono le tracce di don Pino, e non soltanto nei luoghi di culto. La mafia, quella sera del 15 settembre 1993, aveva pensato di spegnere insieme a una vita la profezia che si portava appresso.

Ma, così come con Falcone, Borsellino, La Torre, Mattarella, Livatino, Impastato, Grassi, e potremmo continuare, non ha fatto i conti con quello che alcune biografie rappresentano. Da vive e, ancora di più, quando il loro sangue viene sparso a causa del loro impegno contro le mafie e i mafiosi in carne e ossa.

Quel 15 settembre 1993, ma gli uomini di Cosa nostra non potevano saperlo, quando erano passati da qualche mese i 43 anni di sacerdozio, quell’ordinazione del 2 luglio 1960 ha trovato il suo sigillo. Che non ha chiuso una storia. Ma l’ha ampliata in eterno a tutte le latitudini. Il 2 luglio 1960 don Puglisi stava per compiere 23 anni, essendo nato il 15 settembre 1937, proprio il giorno di quel colpo alla nuca, in occasione del suo 53° genetliaco.

Proprio ad inizio luglio del 1993, la memoria potrebbe tradirmi, ma credo fosse proprio il giorno della sua ordinazione, risale il mio ultimo incontro con 3P a Brancaccio, circostanza che riporto nel libro su Don Pino, Beato fra i mafiosi, pubblicato nel 2013 per Di Girolamo Editore. Era sera, avevo appena lasciato l’auto nel garage a due passi da San Gaetano e stavo rientrando verso casa, a piedi più di un quarto d’ora.

Erano passate le 22. A un certo punto vedo un’auto alquanto malmessa affiancarsi a me, si apre il finestrino e una voce mi chiede se voglio un passaggio verso casa. Era don Pino. Non lo vedevo da qualche anno, lo avevo incrociato molto da vicino all’inizio del suo parrocato a Brancaccio. Ci fermammo davanti casa mia e mi raccontò, soprattutto, il suo stato di profondo malessere rispetto a ciò che le istituzioni non facevano per il quartiere.

“Se non fanno le cose per il quartiere mi incatenerò al ponte di Via Giafar”. Chi ha conosciuto don Pino può capire quanto lontano fosse dal suo modo d’essere quel tipo di protesta paventata. E può dunque misurare lo stato di malessere in cui si dibatteva 3P negli ultimi mesi. Si finì molto dopo mezzanotte. Mi riproposi, dopo il periodo estivo, di tornare in parrocchia a dare una mano.

Ma prima arrivò quella telefonata durante la cena del 15 settembre 1993. Era un amico comune. Lo vedi come ragionano, esordì, riferendosi, poi ho compreso, ai mafiosi. Non capivo e ancora non sapevo, lo avrei appreso pochi secondi dopo. Il presbiterato di don Pino, durante il quale negli ultimi tre anni aveva messo davanti alla mafia quel Cristo richiamato nella lapide che ricorda la sua ordinazione nel Santuario della Madonna dei Rimedi, era caduto sotto la violenza mafiosa.

O meglio. Era caduto il suo corpo. Perché quell’ordinazione presbiterale del 2 luglio 1960 è viva più che mai. Perché la mafia un giorno finirà. La testimonianza martiriale di don Pino durerà a imperitura memoria e, speriamo, con un seguito concreto e quotidiano sempre maggiore quantomeno nelle parrocchie siciliane.

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