La Repubblica Palermo – 6 dicembre 2020
Mafia, quella pizzeria tedesca gemella dei gadget col padrino
Francesco Palazzo
Il fatto che Giovanni Falcone, secondo una sentenza di quel
Paese, non meriti tutela in Germania, visto che una notissima immagine
ritraente il giudice ucciso il 23 maggio del 1992 e Paolo Borsellino si trova
affiancata in un ristorante-pizzeria di Francoforte a quella del celebre
Padrino venuto fuori dal romanzo prima e dal film dopo, può indurci certamente
all’indignazione e alla protesta. Come ogni volta che sentiamo scalfita, o
toccata in malo modo, la memoria legata a uno dei periodi più bui della nostra storia
repubblicana. Quando Cosa nostra decise, dopo un lungo periodo di quasi
bilaterale non belligeranza, di fare la guerra a quella parte, molto
minoritaria sia chiaro, dello Stato che la stava combattendo e pure bene. Se
quella fetta largamente minoritaria e perciò facilmente eliminabile sia oggi,
dopo quasi trent’anni dalla stagione stragista, diventata maggioritaria,
sarebbe una bella domanda da porsi. Con una risposta che faremmo male a dare
per scontata. Ma non è questo l’oggetto del nostro ragionamento. Dunque, i due
giudici, il ristorante di Francoforte sul Meno che si chiama “Falcone e
Borsellino”, i buchi sui muri, il famoso Padrino. Il male e il bene accanto. Un’ipotesi
di lavoro. Che ci induce, con molte ragioni, a chiedere conto e ragione. Ne abbiamo
diritto. Dovremmo tuttavia spiegare ai tedeschi, e spiegarci innanzitutto, come
mai vendiamo tranquillamente in Sicilia, e nei luoghi di maggiore afflusso
turistico, da Taormina a Erice, da Cefalù a Palermo, gadget di ogni tipo,
di fatto inneggianti alla mafiosità. Per i quali, come sempre in questi casi,
non credo funzionerebbe il proibizionismo, che anzi ne farebbe aumentare di
molto il valore di mercato e dunque la richiesta. Anche se ovviamente è ben
strano un popolo come quello siciliano il quale, pur avendo pagato un così alto
prezzo nella lotta al sistema criminale mafioso, lo esponga come cosa quasi
innocua in tanti punti vendita. Sarebbe un po’ come se in Germania vendessero a
fiumi cavatappi, bicchieri, fazzoletti, calamite, grembiuli, mazze, e via
elencando, con le immagini di un nazismo sdoganabile. Come affrontare perciò la
questione interna, che è sempre propedeutica a qualsiasi fronte straniero?
Potrebbe essere utile invadere il mercato dei gadget con i simboli, le facce,
le parole dell’antimafia. Sarebbe peraltro un’occasione di lavoro per i
giovani. Insomma, se noi permettiamo, senza affrontare la questione in alcun
modo, che la memoria venga strapazzata a casa nostra, perché pretendiamo, al di
là del pronunciamento di un giudice, coerenza dagli altri? I tedeschi che
transitano da noi penseranno che sia normale. E dunque troveranno pure
fisiologico che nel proprio Paese in un ristorante la mafia venga impressa
vicina ai simboli antimafia. Almeno in quel luogo mettono insieme le due facce
opposte della medaglia. E magari, senza volerlo, invitano a una riflessione.
Noi nei nostri negozi di souvenir non facciamo neppure questo.