domenica 23 giugno 2019

Gli estorsori su strada, i complici che pagano e l'occhio chiuso sui dintorni del Teatro Massimo.


La Repubblica Palermo – 22 giugno 2019
L’illegalità vista dal parcheggio

Francesco Palazzo

 L’ultima operazione antimafia a Licata pare abbia portato alla luce che la mafia sia interessata al parcheggio abusivo. Nulla di nuovo. Nella stessa Palermo è abituale vedere sempre le stesse facce negli stessi posti, sia nelle zone residenziali che vicino agli ospedali (Policlinico, Civico, Villa Sofia) e nel centro. Se le medesime persone, spesso gruppi familiari, controllano militarmente pezzi di territorio, talvolta anche in luoghi videosorvegliati, è chiaro che lo fanno sotto la regia di chi è specializzato nel controllo del territorio e ne detiene la licenza, ossia Cosa nostra. Talvolta registriamo pure episodi in qualche modo strani. Come l’interessamento verso la (brutta e fuori contesto) casetta di legno messa davanti al teatro Massimo, della quale comunque è stato ordinato lo smontaggio, e il disinteresse plateale per ciò che avviene dietro e nei dintorni del teatro. Con la presenza, appunto, di alcuni parcheggiatori, sempre le stesse sagome, che ti dicono, evidentemente essendo sicuri del fatto loro, che nelle zone blu non c’è bisogno di utilizzare il tagliando del parcometro, perché quella è zona di lavoro che gli appartiene. Dappertutto, sia chiaro, ma a cominciare dalla zona dove risiede la più importante istituzione culturale siciliana, non si dovrebbe permettere tale arbitraria supremazia territoriale, incoraggiata anche da moltissimi palermitani, i quali pagano come se abdicare alle estorsioni fosse la cosa più naturale al mondo. E parliamo pure di ceti benestanti, con o senza macchinoni, che avrebbero tutti gli strumenti culturali per dire di no. Ecco, togliamo la pagliuzza contingente (l’improbabile manufatto montano) ma non disinteressiamoci della trave. Ossia di tutto ciò che accade, e non solo per quanto riguarda i parcheggiatori estorsivi (potremmo parlare di come riduce la movida piazza Verdi e le vie limitrofe) dalle parti del Massimo.


mercoledì 12 giugno 2019

L'antimafia, le polemiche, Falcone, la laicità e le persone normali.


La Repubblica Palermo – 12 giugno 2019
Laicizzare l’antimafia schivando le verità assolute
Francesco Palazzo

L’ennesima bagarre nel campo dell’antimafia associativa, che questa volta ha raggiunto il livello di guardia il 23 maggio, si incanala in uno schema già praticato altre volte e fallito altrettante. Vediamoci, discutiamo e mettiamo in campo analisi e azioni comuni. Ciascuna realtà si è costruita la propria legittima e rispettabile prospettiva.
Un’antimafia disgregata è destinata a essere debole e a farsi infiltrare. Lasciando sul campo solo forze dell’ordine e magistratura. Che hanno trovato, grazie proprio a Giovanni Falcone, che ha pensato e posto in essere la Direzione nazionale antimafia, con le Direzioni distrettuali e la Direzione investigativa antimafia, strumenti decisivi per il loro lavoro.
Falcone, in quella ultima fase della sua vita, venne crocifisso proprio per queste fondamentali intuizioni. Capì più la mafia. Che infatti riteneva, con evidenti ragioni, che il magistrato stava facendo più danni, dal suo punto di vista, a Roma che a Palermo. Dove già comunque aveva creato, pur aspramente osteggiato, tanti problemi alle coppole storte e ai loro alleati. Ed è molto probabile che sia stato ucciso (solo dalla mafia?) non soltanto per quanto aveva già fatto, ma soprattutto per ciò che stava facendo dalla capitale.
Per dirla tutta, dobbiamo ricordare le ultime due lezioni di Falcone che possono servirci oggi. Riguardano da un lato la politica, e cioè che le istituzioni vanno rispettate sempre, e dall’altro la coraggiosa laicità delle visioni, che non si sono fermate alle ipotesi o alle buone intenzioni, ma sono divenute realtà. E qui il giudice trovò lo sbarramento dei pochi che sembravano tanti i quali avevano costruito il recinto dell’antimafia autoreferenziale. Esiste ancora? Se sì, non ne abbiamo più bisogno.
Sia chiaro, le divisioni odierne ma in realtà antiche, ricorrenti e inutilmente sfibranti, non fanno bene all’antimafia, non ne allargano il cerchio, anzi lo restringono, e non servono nell’opposizione alle cosche. Se vogliamo misurare questi annosi, nel senso che si ripetono quasi ogni anno, contrasti, non possiamo che circoscriverli nell’ambito di un piccolo frammento palermitano. E il resto dell’Isola? E tutti gli altri siciliani? E le centinaia di migliaia di palermitani cui non arriva nulla di queste querelle? Tutte persone che non capiscono e non lottano? Improbabile. Forse è meglio cambiare schema. Sperimentando finalmente e definitivamente, prendendo esempio da Falcone, una sorta di laicizzazione dell’antimafia.
Lasciamo che la lotta alla mafia sia veramente patrimonio di tutti.
Anche e soprattutto dei tanti e delle tante che svolgono quotidianamente, senza voler dare lezioni a nessuno, professioni, vite, impegni sociali in maniera pulita, senza magari andare alle manifestazioni. Alle quali certo difficilmente si avvicineranno se prevarranno ancora lotte nell’area di rigore del professionismo antimafia.
Che in effetti, così vanamente frantumato, è solo dilettantismo.
Dunque ben vengano, magari non ripetendo errori del passato, consulte e coordinamenti. Senza tuttavia farne, come già accaduto più volte senza risultati duraturi ed efficaci, luoghi dove si dispensano verità assolute sull’antimafia da elargire con pietosa sapienza ai miscredenti. Eliminiamo vangeli, turiboli e sagrestie. Stagioni già vanamente conosciute e da archiviare. 
Proviamo ad affidare alla responsabilità e alla coerenza delle persone normali e oneste, sono tante in Sicilia, la lotta alla mafia. Come in larga parte è già avvenuto in maniera silenziosa, ma non per questo meno efficace, duratura e significativa negli ultimi decenni.
Il piccolo mondo dell’antimafia di Palermo, benemerito quanto vogliamo, che peraltro non rappresenta affatto tutta la regione, non si limiti a spegnere per un po’ i decibel delle polemiche trite e ritrite. Provi soprattutto ad aprire porte e finestre mettendosi in ascolto della Sicilia tutta. Scrollandosi una volta per tutte dal proprio Dna ortodossie e schemi che ormai la storia e l’esperienza hanno mandato in soffitta.

sabato 1 giugno 2019

Emorragia cervelli dalla Sicilia: il vero flusso migratorio che ci penalizza.


La Repubblica Palermo – 1 giugno 2019
Le paure sui migranti per coprire la nuova emigrazione
Francesco Palazzo
L ’Istat ci dice in questi giorni che dal 2012 al 2017, a fronte di un primo posto di giovani che non studiano e non lavorano (i cosiddetti Neet), e di un ultimo posto per numero di laureati nella fascia giovanile, la percentuale dei giovani laureati che va via dalla Sicilia per completare il corso di studi dopo la triennale o per andare a lavorare oltre lo stretto, veleggia verso il 30 per cento. Per carità, con tutto il rispetto per l’istituto che ci dà questi dati, basta guardare le tante stanze vuote delle nostre case per capire la portata del fenomeno.
È il vero flusso migratorio che dobbiamo temere, questo in perenne, e sinora inarrestabile, uscita. Le altre storie, che ci portano via parecchio tempo, sono soltanto, prima o poi dovremmo capirlo, armi di distrazione di massa.
Abbastanza efficaci, dobbiamo rilevare, visto poi l’esito delle schede elettorali che i siciliani depositano nelle urne. Quei pochi che vanno a votare.
Perché le recenti elezioni europee mettono all’ultimo posto come percentuale di votanti la circoscrizione isole. 
Insomma, la nostra agenda del presente e del futuro è, dovrebbe essere, abbastanza chiara. Fare in modo che molte più persone arrivino alla laurea, ridimensionare di molto il numero dei tantissimi tra i giovani che hanno smesso di studiare e non hanno più voglia di cercare lavoro, e trattenere i giovani laureati.
Vasto e impegnativo programma, non c’è dubbio. Ma è l’unica via per dare a questa terra un presente e un futuro diversi. 
Investiamo sulla formazione e sulle possibilità lavorative dei nostri giovani e non sulle irrazionali paure. Se non ci faremo fuorviare da altre, non importanti, questioni, abbiamo qualità, intelligenze ed energie per farcela.