mercoledì 23 novembre 2011

Spremuta libera.

REPUBBLICA PALERMO – MERCOLEDÌ 23 NOVEMBRE 2011
Pagina XV
BEVIAMO SUCCO D´ARANCIA PURCHÉ NON SIA UN ORDINE
Francesco Palazzo

Tutto si poteva aspettare un commissario dello Stato in Sicilia. Ma impugnare una norma sulla Coca-Cola, no. E pare che all´Ars vogliano stare sul punto. Riscriveranno il testo e se la vedranno con la Costituzione. Che, all´articolo 120, dice chiaramente che le Regioni non possono ostacolare la libera circolazione delle cose. Sarebbe l´abc dei sostenitori del libero mercato e della concorrenza, concetti di cui è pieno il dibattito politico. Soprattutto dalle parti dei liberali, liberisti e riformisti. O sedicenti tali. Sulla norma in sé, che al fine di lottare l´obesità giovanile vorrebbe vietare la somministrazione di bevande gassate nei distributori delle scuole siciliane, a favore dei prodotti siciliani, in primis il succo di arancia - potremmo chiamarlo riformismo naturale o sgasato - alcune considerazioni si possono fare. Intanto c´è un problema pedagogico. Ne ha fatto cenno Fabrizio Lentini, in una sua "Bussola". Chi conosce bambini e adolescenti sa che c´è un solo modo per stimolarne la trasgressione: impedirgli categoricamente qualcosa. Che puntualmente faranno. Tanto che questa campagna anticoca (Cola), con l´aggiunta mediatica della doverosa impugnativa, rischia di far innamorare della famosa bevanda anche i pargoli che sino a oggi l´hanno tenuta a debita distanza. Passiamo al metodo comunicativo. Nei media basta parlare di qualcosa per indurre un effetto contrario a quello che si vuole perseguire. La multinazionale, più che prendersela, dovrebbe ringraziare l´Ars per la legge su agricoltura e pesca che contiene l´emendamento antigas impugnato, visto che si tratta di un enorme spottone gratis. Andando oltre, a parte il problema costituzionale, non si può non notare un errore di strategia, di marketing, nel voler piazzare gli alimenti siciliani nei distributori facendo sparire gli altri. Si intravede, in questo atteggiamento protezionistico, una conoscenza quanto meno problematica di quelle che sono le leggi di un mercato globalizzato. Un produttore acquisisce fette di compratori mettendo sullo stesso scaffale il suo bene accanto a quello che vuole sostituire. Se lo supera per prezzo e qualità, allora il secondo scomparirà dalle priorità dei consumatori. Ma non basta ciò. Occorre assicurare anche la continuità. Non si può, senza prima avere sperimentato sul campo un´alternativa valida e duratura, procedere con una specie di pianificazione commerciale regionale forzata, proveniente da un Parlamento. Roba che neanche nell´Unione Sovietica dei tempi migliori (o peggiori, a seconda dei punti di vista). Peraltro c´è pure un certo disorientamento per ciò che riguarda l´aspetto medico. Secondo gli esperti in dietologia, non ci sono alimenti di per sé nocivi, ma abitudini alimentari giuste o sbagliate. L´acqua fa bene, ma provate a berne cinque litri di seguito. Allora, più che terrorizzare in maniera non giustificata i ragazzi, provocando l´effetto contrario, si introducano corsi di educazione alimentare nelle scuole. Poi ciascuno, ben informato, deciderà in piena libertà se continuare ad aprire lattine o passare ad altro. Se si seguita a puntare sulla pericolosità dei singoli alimenti, che dire delle merendine, delle patatine fritte, del pane e panelle, specialità tutta locale, e di altra roba simile? Infine c´è l´argomento politico, sicilianista, che così arriva sino a tavola, speriamo che almeno rimanga fuori dalle camere da letto. La somministrazione di succo d´arancia e frutta fresca tagliata, attraverso i distributori automatici, dovrebbe indurre a mangiare e bere siculo. Non solo nelle scuole, ma in ogni luogo pubblico. Una sorta di dieta monotematica ideologica, proprio adesso che le ideologie sembrano passate a miglior vita. Commissario o non commissario, attendiamo di vedere tutto questo ben di Dio aggiungersi negli erogatori alle bevande gassate e agli altri snack. Ma, chissà perché, il tutto ci sembra una di quelle cose che durano da Natale a Santo Stefano, ossia il tempo dell´inutile polemica. Intanto, nell´attesa di sapere se la Regione insisterà nel proposito, beviamoci pure un salutare succo d´arancia. Senza però far diventare la nostra pratica l´undicesimo comandamento.

venerdì 11 novembre 2011

La crisi secondo l'arcivescovo. E secondo noi.

LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ 11 NOVEMBRE 2011
Pag. I
Ristoranti pieni? No, cervelli in fuga e negozi chiusi
Francesco Palazzo


Il cardinale di Palermo, Paolo Romeo, sposando quanto detto dal premier a un summit internazionale, dove si parlava della nostra sopravvivenza come paese, ha affermato che è vero, la crisi, anche da noi, non si vede poi mica tanto, visto che la gente affolla le pizzerie, si muove in aereo e in auto senza pensare ai costi che deve sostenere, affolla gli autogrill spendendo denaro per cose futili. Certamente l´analisi dell´arcivescovo è stata più complessa e, del resto, egli stesso ha avuto modo di rettificarla, nei giorni successivi calibrando meglio il suo intervento e sfrondandolo di quelli che potevano apparire come giudizi assolutamente in linea con la tesi del presidente del Consiglio. Tuttavia, appare fuorviante attribuire, di fronte a dati oggettivi più che evidenti, al comportamento dei consumatori una sorta di corresponsabilità circa il grave momento finanziario che stiamo vivendo. Soprattutto se guardiamo alla Sicilia. Un primo dato palese l´ha fornito lo stesso cardinale quando ha ricordato, contestualmente alle dichiarazioni sopra riportate, il cospicuo numero di giovani costretti ad andare via negli ultimi anni per provare a cercare lavoro da qualche altra parte. Perché tante intelligenze fuggono? Delle due l´una. O la crisi è impalpabile, una specie di leggenda metropolitana, (ma, a parte Berlusconi, non lo pensano più neanche a Roma non si capisce perché si deve iniziare a dirle proprio in Sicilia certe cose) o questi giovani varcano lo stretto perché la toccano, e non da oggi, drammaticamente con mano. Certo, magari la sera prima, ciascuno di loro avrà "festeggiato" la partenza, più o meno definitiva, proprio in pizzeria, visto che non si potevano permettere altro. Ma davvero andare a prendere una pizza, recarsi al ristorante, o addirittura fermarsi a una stazione di servizio, dà il segno di una crisi di cui non si vuole prendere irresponsabilmente atto? Difficile sostenerlo. Tanto più che proprio queste abitudini, basta farsi un giro d´orizzonte tra le proprie conoscenze più strette, vengono sempre più diradate nel tempo dalle famiglie con redditi non proprio da sopravvivenza. Che in realtà, spesso, hanno quasi eliminato, o rivisto drasticamente, altre inveterate, e non per questo irresponsabili, abitudini, come l´andare al cinema o, in molti casi, partire per le vacanze estive. Senza contare che un certo stile di vita è (o era) proprio solo di una piccola parte, molto ristretta, di società siciliana. Mentre, se ci trasferiamo negli affollati quartieri popolari, questa presunta frenesia consumistica è difficile registrarla. Del resto, che ci sia stata una modifica nelle priorità di spesa, vista l´impossibilità, nella maggior parte dei casi, di arrivare alla quarta settimana, in alcuni casi alla terza, del mese, è dimostrato da altre circostanze abbastanza visibili. Di cui le cronache ci danno, ogni giorno, notizia. Tante aziende chiudono i battenti perché non ce la fanno a sostenere i costi di gestione, tanti padri e madri di famiglia perdono il lavoro a cinquanta anni, ogni volta che facciamo una passeggiata in centro, anche a due passi dal Palazzo Arcivescovile, vediamo sempre più saracinesche tristemente abbassate. Anche la grande distribuzione ha qualche problema. Tanti ipermercati, in giro per la Sicilia, nati nella speranza di un mercato in continua e inarrestabile espansione, sono in forte crisi. Perché le imprese, piccole e grandi, gettano la spugna in numero sempre maggiore, se la gente continua a spendere in maniera scriteriata? Evidentemente, al contrario, dai bilanci familiari le non faraoniche risorse disponibili vengono destinate sempre più alle poche cose importanti e necessarie per cercare di vivere una vita dignitosa. Per il resto si è chiuso il rubinetto o quasi. Almeno questa è la nostra impressione. Temiamo, quindi, che il ritenere l´ansia consumistica al centro dei pensieri del compratore siciliano, volutamente sordo alle sirene devastanti della crisi economica, non tenga sino in fondo conto del quadro che abbiamo, purtroppo, e non da oggi, davanti. Soprattutto in Sicilia e nel meridione.

venerdì 4 novembre 2011

La coerenza del PD siciliano.

4 Novembre 2011
Francesco Palazzo

Alle regionali del 2006 la subirono. Nel 2008, quando si andò al voto dopo le dimissioni di Cuffaro, la scartarono per dar vita a una delle esperienze elettorali più umilianti del centrosinistra siciliano. Per la primavera del 2012, quando si andrà al voto nel capoluogo siciliano, l'hanno pregata di scendere in pista e risolvere un bel po’ di problemi interni ed esterni al centrosinistra. Insomma, la storia del PD e della Borsellino conosce un altro capitolo. Che era già scritto nelle cose e nell’incapacità palese del centrosinistra di trovare, nel corso di un’intera legislatura, il bandolo della matassa e preparare il ricambio a Palermo dopo la disastrosa e decennale performance del centrodestra. Ma questa volta tutta l'operazione, per il PD, dall'inizio alla fine, è così controversa e ingarbugliata da apparire incomprensibile. Almeno, ragionando con gli schemi usuali della politica. La cosa è presto detta. I democratici sono così, evidentemente, poco convinti della loro esperienza alla regione, che quando si presenta la prima occasione importante, anzi importantissima, come il rinnovo dell'amministrazione nella quinta città d'Italia, invece di prendere il coraggio a quattro mani e dare una prosecuzione logica e conclusiva al loro ragionamento, propongono la candidatura alla persona che, più di tutte, ha avversato l'appoggio del PD a Lombardo. Misteri della politica. E il bello è che sono stati in religiosa attesa dello scioglimento dell'arcano, sperando chissà cosa. Che risposta si aspettavano? Che l'eurodeputata facesse clamorosamente un'inversione a U e imbarcasse allegramente il terzo polo con annessi e connessi? Ma i democratici sono ingenui sino all'inverosimile, oppure hanno perso la bussola? Ci sono o ci fanno. Il punto è che adesso, al netto di tutti i dettagli secondari, questa nomination, offerta su un piatto d'argento alla fondatrice di Un'Altra Storia, si sta rivelando un boomerang per i bersaniani di Sicilia. Che arriveranno alle primarie ancora più divisi e lacerati di come si presentano adesso. Teoricamente, hanno tre candidati, Faraone, Terminelli e la stessa Borsellino. Di fatto, è come se non ne avessero nessuno, considerato che ciascuno dei tre nomi in campo giocherà in proprio, attingendo da questo o da quel leader democratico una parte dei voti che racimolerà ai gazebo. Mentre, invece, coloro che hanno più soffiato per lo sganciamento dal terzo polo, SEL, sinistre, IDV, Movimenti, si trovano serviti dallo stesso PD una scala reale senza neanche aver faticato più di tanto. Se la situazione è quella descritta, non si capiscono più le remore dell'ex sindaco della primavera Leoluca Orlando. Che attende chiarimenti dal PD in ordine all'alleanza con MPA e compagnia. E non si rende conto che la risposta l'ha già avuta, e nel modo più chiaro, avendo il PD, proprio con la candidatura Borsellino, sconfessato, nella sostanza e nella forma, la propria politica alla regione dell'ultimo anno e mezzo. Che ha dato vita al quarto governo regionale, cosiddetto tecnico, e che si preparava a sentire i primi vagiti del governo politico. E non c'è soltanto quest’aspetto da tenere presente in quanto a contraddizioni dei democratici. In risposta alla loro prima candidatura interna, quella di Davide Faraone, da tempo in campo, hanno sempre posto il problema del progetto da anteporre al nome. Ipotesi di lavoro gettata alle ortiche, senza neanche pensarci, nel giro di niente. Contrordine. Prima la faccia, il nome, importante e autorevole, quello dell'eurodeputata appunto, e poi s’inizia a parlare di cosa fare a Palermo e per Palermo. I due aspetti evidenziati, candidatura offerta a una persona che si è mossa proprio in direzione opposta a quella auspicata dalla maggioranza degli esponenti democratici e abbandono del metodo di scelta, che prevedeva prima le cose da fare e poi i nomi, sono il segno di un partito davvero in stato confusionale. Forse Santa Rita salverà Palermo. Ma per questo PD siciliano, ci vuole direttamente l'intervento dell'Altissimo.