giovedì 28 luglio 2016

ZTL a Palermo, qualcosa è cambiato.


La Repubblica Palermo 
27 luglio 2016
ZTL, questa volta la missione è compiuta
FRANCESCO PALAZZO
Con la nuova proposta di zone a traffico limitato, che costituiscono di fatto un’ampia rivisitazione di quelle sospese dal TAR e rianimate dal CGA, il comune di Palermo, riscrivendo, a parte l’ampiezza territoriale di riferimento, tutta la sua originaria proposta, sulla quale tanto ci si è divisi, mette in campo qualcosa di interessante e di più allineato allo scenario nazionale. Soprattutto per ciò che riguarda quello che è il cuore di ogni ZTL, cioè cosa permetti ai singoli cittadini che stanno fuori rispetto al perimetro interessato. Ebbene, in questo, come in altri punti che riguardano i residenti, utilizzando il titolo di un noto film, qualcosa è cambiato. Evidentemente a Palazzo delle Aquile, registrando il flop della recente assemblea cittadina, hanno ritenuto di adeguarsi strettamente alle prescrizioni del CGA, che nella sostanza aveva assunto come validi i dubbi del TAR, pur ritirando la sospensiva. Quando si pronunciò il Tar si disse che avevano vinto i ricorrenti, quando a parlare fu il CGA si sentenziò che avesse vinto il Comune. In realtà, i due pronunciamenti avevano lasciato le cose per come erano, non aveva vinto nessuno e aveva perso la città che attendeva un provvedimento più equilibrato. E questo sembra esserlo. Innanzitutto, questa nuova proposta attenua di molto quella che era stata la controversia dei mesi scorsi. Ossia che il tutto si faceva per fare cassa e permettere la sopravvivenza di Amat e tram. I non residenti non potranno entrare pagando un abbonamento annuale, viene quindi meno una parte molto consistente dei fondi inizialmente previsti. Se si vuole sono disponibili singoli ingressi, come avviene un po’ dappertutto in Italia. Visto che ogni volta dovrà pagare, il singolo cittadino non residente e che non ha particolari titoli per accedere, lo farà in auto quando ne avrà strettamente bisogno. È una soluzione che certamente troverà critici pronti a legittimi ricorsi. Ma è una zona a traffico limitato che ha una sua coerenza e che può essere ben difesa sia dal punto di vista legale che politico. Chi, infatti, non accetterà tale nuova ZTL dovrà dimostrare, prima ancora che ai giudici all’opinione pubblica, perché non va bene una prima cosa e poi il suo contrario. Tenuto conto che tutti concordano sulla necessità di una limitazione di accessi al centro nevralgico della città. Ovviamente città.Ovviamente, il Comune, adesso più di prima, dovrà garantire una mobilità decente con i mezzi pubblici. E questa è forse la parte più debole di tutto il nuovo assetto della ZTL. È facile dire che si vuole incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico, ma poi questo deve essere all’altezza della situazione. E ancora non lo è e qui il Comune dovrebbe chiarire nel dettaglio come intende procedere. Ci si può augurare che da qui a fine legislatura si ponga mano seriamente a questo problema. E vengano considerate, soprattutto, le esigenze di mobilità delle periferie più lontane, che più hanno necessità, attualmente, del mezzo privato per recarsi in centro.Intanto, sono state in qualche modo accolte le esigenze di chi vive o comunque opera all’interno del perimetro interessato. Insomma, pur con tutti gli interrogativi possibili, ci pare che la direzione intrapresa sia quella giusta. E anche coraggiosa. Pochi sindaci che intendono ricandidarsi avrebbero posto mani a un argomento così spinoso e divisivo a pochi mesi dalle urne. Dopo due pronunce della magistratura e il polverone polemico che si è sollevato in città, si poteva prendere la palla al balzo e presentarsi al corpo elettorale come quelli del liberi tutti al volante. Solo uno come Orlando poteva gestire in tal modo una vicenda complicata come questa. Se riuscirà a farsi capire dai palermitani che tra un po’ rimetteranno mano alla scheda elettorale, questo potrebbe determinare che, come accaduto con De Magistris a Napoli, lo schema grillini, renziani, centrodestra, e qualche singolo pur di peso in campo, salti a favore del sindaco per antonomasia dei palermitani. Sarà, infatti, molto difficile sbarrare la strada a colui che conseguirà la missione impossibile. Convincere i palermitani che viaggiare in auto verso il centro vuol dire non volere il bene di Palermo.

domenica 24 luglio 2016

Biblioteca di Ballarò, "Le Balate". L'Associazionismo e le nuove generazioni.



La Repubblica Palermo 
23 luglio 2016
Il rinnovamento alle Balate
FRANCESCO PALAZZO

Ma davvero la Biblioteca di Ballarò “Le Balate”, da una decina d’anni attiva verso bambini, ragazzi e adulti del quartiere, rischia di chiudere o di diventare, da laica, un territorio di conquista cattolico? La notizia è che c’è stato un ricambio con regolare votazione nel consiglio direttivo, perché quello precedente si era dimesso, del progetto pastorale Albergheria e Capo insieme per la promozione umana. Che vede coinvolte diverse parrocchie e tante associazioni. Una delle attività del progetto, che conta molteplici interventi sul territorio, è l’Associazione Le Balate, che gestisce la biblioteca. I giovani entrati nel consiglio direttivo sono della zona, laureati e con esperienza nel sociale. L’unico loro neo, pare, sia quello di frequentare ambienti cattolici. Che ragazzi credenti si avvicinino a un progetto promosso dalla curia di Palermo, non dovrebbe essere visto come un fatto eclatante. I nuovi arrivati non vogliono interrompere l’attività della biblioteca, né buttare fuori gli attuali operatori e neppure metterne in discussione la laicità. Intendono imprimere delle novità gestionali nelle dinamiche dell’intero progetto, biblioteca compresa, per dialogare meglio con il territorio e con tutti gli attori coinvolti nelle attività. Un fatto che dovrebbe essere considerato normale e salutare. Negli ultimi decenni molte realtà sono sparite proprio perché non c’è stata la capacità di trovare nuove leve. Le quali, fatalmente, devono trovare nuove strade. Guai se così non fosse. I tempi cambiano e non si può essere sempre uguali a se stessi. Le nuove generazioni che si alternano alle vecchie non devono essere i cloni di quelli di prima, altrimenti vuol dire che non si è seminato bene. E quando quelli che subentrano, come capita a questo progetto, sono pure ragazzi e ragazze dei quartieri interessati, la vittoria si dovrebbe considerare doppia. Non solo si è stati capaci di dare alla luce un nuovo domani per un progetto importante, ma lo si è fatto con gente del luogo, senza profeti esterni. Ciò significa che il percorso sociale e pedagogico ha funzionato alla perfezione. Sia chiaro, vivere il nuovo deve coincidere con l’immettere nel percorso che si inaugura la memoria storica e l’esperienza di quanti hanno avuto la pazienza di intraprendere e portare avanti la fatica di operare in territori difficili. Ammesso che ve ne siano di facili. Ma non c’è altra strada, se si vuole il bene di un territorio e di chi ne fa parte, che quella di rinnovarsi, di dare ad altri la possibilità di scrutare con occhi nuovi, trovando e percorrendo nuove vie. Il nuovo direttivo del progetto ha chiamato tutti gli attori operanti nello stesso, nessuno escluso, al dialogo e alla collaborazione. E tanto basta. I ragazzi ora coinvolti saranno giudicati dai fatti. Ma prima facciamoglieli compiere. Il problema del ricambio, mutando scenario, attanaglia anche l’associazionismo antimafia. Vi è mai capitato di vedere alla testa di associazioni che si rifanno a vittime della mafia le stesse persone per anni e anni? Circostanza frequente, quasi una regola. Ciò può creare, soprattutto quando talune realtà vengono innaffiate da cospicui fondi pubblici, dei centri di potere. Ciò è incompatibile con la finalità antimafia. Che invece, per prima cosa, dovrebbe includere nella direzione di attività importanti sempre più soggetti, biograficamente freschi, che sappiano guardare non solo a ieri, ma anche all’oggi e al domani. Se è vero che la mafia non è mai uguale a se stessa, lo stesso concetto deve valere per l’antimafia associativa. Che spesso, proprio perché interpretata da soggetti inamovibili, cammina, magari andando a sbattere, guardando dallo specchietto retrovisore. Con analisi e protocolli operativi che perdono via via smalto e presa sulla realtà. Sino a divenire brutte fotocopie di quelle che un tempo erano idee e azioni originali ed efficaci.

mercoledì 13 luglio 2016

Palermo e la Cavalleria Rusticana.


La Repubblica Palermo 
12 luglio 2016 - Pag. I
La quotidiana dose di violenza 
Francesco Palazzo
Magari pensiamo che le liti per futili motivi, dove poi spuntano pistole e coltelli che lasciano a terra morti e feriti, ma in anni passati gente ha perso la vita anche dopo aggressioni a mani nude, possano avvenire solo in contesti periferici in cui la violenza verbale è un sottofondo costante e dove è facile che fazioni familiari si scontrino. Non è così. Ci pensavo dopo i due ultimi omicidi a Borgo Nuovo e a Cruillas. Mi è tornato in mente un episodio. Mi aveva angustiato per qualche ora. Poi lo avevo archiviato, anche perché dovevo accudire un familiare, nella sezione Palermo senza regole e violenta. Lo racconto perché dobbiamo imparare a stare in guardia e pensare che, a queste latitudini, pure se parcheggi tranquillamente rispettando il codice della strada puoi finire in ospedale. Oppure in obitorio. In una mattina di metà giugno cercavo un posto per l’auto nei pressi di un ospedale. Nei dintorni del quale imperversano indisturbate le solite famiglie di posteggiatori abusivi. Una, addirittura, “vigila” su un pezzo di strada con divieto di sosta. Riesco a vedere un tratto di asfalto libero dove è consentita la sosta. Faccio marcia indietro e mi accosto evitando di qualche metro, come atto di gentilezza, l’ingresso di un esercizio commerciale. Esce la signora che lo gestisce e mi redarguisce arrabbiata dicendomi che così non li faccio lavorare. Abbasso il finestrino lato passeggero e faccio notare che ho evitato l’ingresso, che mi sono fermato regolarmente, che loro non hanno nessun diritto su quel pezzo di strada e che una cosa del genere va chiesta per favore. Infila la testa sin quasi dentro l’auto un energumeno, suppongo il marito, e rincara la dose. Cerco di ripetere che non sto facendo nulla di proibito, che devo recarmi con urgenza in ospedale e che il loro ingresso è comunque libero. Si inalbera e sposta la querelle, che a quel punto si fa pericolosa per me, sul versante dell’onore. «Ma come ti permetti, pezzo di porco, a prendertela con una fimmina? ». «Scusi, non ho offeso nessuno, ho solo parcheggiato in un posto dove è consentito farlo». Ma ormai siamo a un livello da Cavalleria Rusticana. Il tizio gira intorno alla macchina, lato guida, con intenti molto seri. È a pochi centimetri dal vetro, che mi guardo bene dall’abbassare. Minacciandomi, mi urla di andare via subito, apostrofandomi più volte come un maiale che se la voleva discutere con una fimmina. A quel punto ho due alternative. Restare sul posto, scendere dalla macchina e proseguire verso l’ospedale. Ma è chiaro che rischio di arrivarci in barella e dal lato del pronto soccorso. Sarebbe poi spuntata una pistola o un coltello se insistevo, essendo nel giusto, mi chiedo adesso dopo i fatti di Borgo Nuovo e Cruillas? In quel momento non ci ho pensato, l’unica cosa che ho fatto è stata quella di rimettermi in moto e fermarmi cinquanta metri più avanti. A distanza di sicurezza dal nostro compare Alfio e con più di un brivido lungo la schiena per il pericolo scampato. C’è da dire che tutto questo è avvenuto in pieno giorno, in una strada molto battuta e commerciale, senza che nessuno intervenisse. Ma anche nel cuore di Palermo, lungo il salotto di Via Libertà, può capitare di assistere a roba simile. Come accaduto a quel signore che, salendo sul 101, ha esortato un peso massimo a non rivolgersi in modo razzista verso dei ragazzi di colore. È stato costretto a darsela a gambe, inseguito dal tizio che voleva picchiarlo. È chiaro che ogni fatto ha la sua genesi e che non si può generalizzare. Ma mettendo insieme diversi episodi eclatanti, recenti e passati, che già comunque compongono una casistica di tutto rispetto, e i tanti che ciascuno di noi potrebbe elencare e che solo per un caso non hanno avuto l’onore delle cronache, qualche ragionamento, su quanto sia difficile vivere in una città come questa, e su come in qualsiasi momento si possano correre seri rischi, pure in ambiti non periferici e degradati, si potrebbe fare.