Palermo Today - 19 febbraio 2025
L'inciviltà sistematica del parcheggio selvaggio
Francesco Palazzo
Tutti abbiamo potuto leggere il post del sindaco di Catania e la notizia di cronaca conseguente. Si parla del vigile colpito da un grave problema cardiaco nel corso di controlli sul parcheggio selvaggio. L'utilizzo creativo del parcheggio a misura di panifici, bar e negozi vari, è un'abitudine che pure a Palermo trova intepreti sopraffini e seriali. Se lo fai notare, l'aggressione fisica è dietro l'angolo, sicuramente le brutte parole, oppure la guardata (in palermitano taliata) con faccia sorpresa, come a dire "ma che sta succedendo, forse c'è un terremoto?".
Ma si pure ascoltare una delle tante frasi dipinte sul nulla. Non c'è parcheggio, un minuto e mi levo, che fa sono solo io, oppure, e lei solo con me se la sta prendendo. Ma la cosa più interessante è che appena ti arresti un attimo, un nanosecondo, per tentare di dialogare con l'artista del libero parcheggio e dirgli di spostarsi, lo dici ovviamente all'unico che trovi dentro l'auto, senti, imponenti e stordenti, i clacson di quelli dietro di te. Non disturbati della seconda o terza fila, quelli evidentemente sono visti come compagni che non sbagliano, colleghi che stanno lavorando. Il problema sei tu che vuoi interrompere quella perfetta catena di montaggio.
Il teorema delle vie palermitane impegnate in questa negativa litania laica è lungo quanto infinite catene di rosari. Potremmo iniziare con via Ausonia, poi il lungo asse dove si snodano le vie Empedocle Restivo, Sciuti e Terrasanta. Poi c'è la via del mare, in via Crispi i cartelli di divieto di parcheggio sembrano invece permessi a sostare. Non parliamo dell'uscita dal sottopasso verso la Cala.
Che fa, per un pollo, un pezzo di rosticceria o un pane con la milza, non si deve fermare il mondo? Pure dalle parti di Sant'Erasmo si creano tappi. Ma come, devo gustare l'ottima arancina di quel bar che le fa buone e non posso fermarmi in mezzo alla strada bloccando il mondo? Poi non si capisce come mai venga permesso il parcheggio e la vendita di cibo da strada, con tavolini al seguito, proprio nel tratto di strada, saranno ottanta metri, adiacente lo spazio di mare più vicino alla città del porticciolo di Sant'Erasmo.
Non parliamo di quello che si crea davanti le scuole. Pare che fare con la prole più di dieci metri per portarla a scuola o prenderla all'uscita, possa costituire trauma indelebile nel futuro delle nuove generazioni. Poi c'è quel fruttivendolo dalle parti della Statua, dove non ci si potrebbe fermare neppure in prima fila, ma a volte sono tre. E non è che non prendano multe. Vado pure io e il parcheggio l'ho sempre trovato. Magari a cinquanta metri. E giuro che sinora non mi sono ammalato per la fatica. Sono solo alcuni esempi. Se si dovessero citare tutti i casi di malcostume incivile, perché il parcheggio selvaggio è malcostume incivile, non finiremmo più. Possiamo dire che ci sono persone, evidentemente in maggioranza, che si alzano con la sindrome della seconda fila. Ogni mattina nel tragitto dallo stadio verso Piazzale Giotto, passo davanti a tre bar prima delle 7 e 30, e già con la mattinata ci sono muri di auto. Per questi soggetti vale al contrario la storica frase kennediana. Non chiederti quante cose ci sono nelle tua città che potrebbero andare meglio se ti comportassi bene, ma fai quello che puoi affinché possano andare ancora peggio. Difficilmente Palermo, Catania, la Sicilia raggiungeranno gradi sufficiente di vivibilità senza l'apporto, non episodico ma continuo, di chi ci vive. Non possono esserci dubbi su questo. Ogni anno leggiamo le varie classifiche sulla qualità della vita delle province italiane.
Le nove province siciliane sono sempre nella fascia più bassa, diciamo in zona retrocessione. In una delle ultime classifiche relative al 2024, fonte Sole 24Ore, le province sicule sono dall'ottantunesimo posto in poi, Palermo è centesima su centosette posizioni. Il capoluogo siciliano ha peraltro numeri da primato in relazione alle città più trafficate. In genere queste graduatorie misurano vari parametri di vivibilità che sono in gran parte riferibili alle politiche che vengono messe in atto dalle amministrazioni locali. Ma sarebbe invece interessante misurare anche il grado di apporto che i cittadini e le cittadine forniscono per fare aumentare la qualità della vita delle proprie comunità. Invece sul territorio si fa quel che si vuole (vedi parcheggi in seconda o in terza fila, lancio di qualsiasi cosa per strada invece di utilizzare i contenitori appositi, non raccolta delle deiezioni dei cani, per fare solo tre esempi), e poi si pretende che la politica risolva tutto. Senza minimamente pensare che un pezzo importante della politica siamo noi con i nostri comportamenti pubblici quotidiani