CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
4 marzo 2011 - Pag. 2
I due volti dell'immigrazione
Francesco Palazzo
E' utile tornare a riflettere, al di là del puro dato di cronaca, sul giovane marocchino morto a Palermo dopo essersi dato fuoco. Quello che è accaduto dopo, ossia l’incendio di un auto dei vigili urbani, fa parte di un altro piano, che pure va approfondito perché gravissimo è il gesto. Sperando che non si dia a due fatti, forse legati, forse no, lo stesso peso. Un essere umano che brucia è una tragedia, un mezzo mobile che divampa è un’altra questione. In ogni caso, il nostro fotogramma va fermato nel momento in cui un ragazzo è diventato una torcia umana. Perché l’immigrazione in Sicilia può presentare volti differenti, che a volte possono decidere la vita e la morte. La liberazione e l’annientamento. Primo quadro. La cronaca è arcinota. Una giovane marocchina, abitante da tempo in Sicilia, finisce come per incanto alla corte dei miracoli del lusso più sfrenato ed eccessivo. Le capita, anche, di imbattersi in una strana e incredibile situazione. Almeno per i comuni mortali. Viene fermata per un furto e liberata alla velocità della luce da una questura. Si badi bene, del nord, non dell’inefficiente e disordinato sud. Secondo quadro. Un giovane marocchino, sempre residente nella nostra regione, non cerca il mondo dei lustrini e i soldi facili per farsi avanti nella vita. No, vuole lavorare per sfamare la sua famiglia. E non lo fa abusivamente, nell’illegalità, come tanti palermitani e siciliani. Si procura una licenza da venditore ambulante. Tuttavia, pur non avendo commesso alcun reato, da fuoco alla propria carne per un motivo, in fondo, banale. Non deambula come dovrebbe, sta molto tempo nello stesso posto. E, per questo, si merita, pensate un po’, due controlli in pochi giorni, nella città dove si perpetrano quotidianamente e impunemente ogni tipo di abusi. Il ragazzo va al rogo per un verbale. Può essere stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, può essere quello che volete, ma è andata così. Vi sembra pesante parlare di rogo? E come volete chiamarla la fine atroce del giovane in una delle arterie più frequentate del capoluogo, dunque di fronte a tanta gente che ha assistito alla scena? Torniamo al parallelismo. Sui destini, così diversi, di un ragazzo e di una ragazza, si può aggiungere una notazione riguardante il potere. Che ben conosciamo e che unisce, in questo caso e chissà in quanti altri, il nord e il sud del paese. Arbitrariamente, il potere da e il potere toglie. Sapete come si dice. Per gli amici, o le amiche, le leggi si interpretano sino all’inverosimile e anche contro le stesse leggi, prima o poi il buco della salvezza si trova. Per gli altri no, si applicano senza sconti. Messa così, capite bene, dal paradiso all’inferno la strada è breve. Dipende se hai il potente al tuo fianco, se sei riuscito a toccare il suo mantello, oppure se hai soltanto la tua disperazione a farti compagnia. Il massimo di elasticità e il massimo di inflessibilità. C’è, infine, un atteggiamento da notare rispetto ai contesti nei quali si sono sviluppate le due vicende. Per la ragazza, dalle persone a lei più vicine, è scattato un sistema di coperture tale da proiettarla verso il mondo dei rotocalchi. Per il giovane Noureddine, invece, sono scattate le segnalazioni dei commercianti, i quali vedevano nella staticità del marocchino un pericolo per i propri affari. Tanto da denunciare alle autorità competenti, a quanto pare ripetutamente, la sua presenza ingombrante sul marciapiede. Giusto richiedere protezione. Dovrebbe valere sempre. Domanda. Come si comportano gli esercenti della zona quando si presentano gli uomini delle cosche a chiedere la rata del pizzo? Chiamano le forze dell’ordine o pagano? Deboli con i forti e forti con i deboli?