LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO 31 MAGGIO 2008
Pagina XV
SICILIA IN FIAMME NON È EMERGENZA
FRANCESCO PALAZZO
Lo scorso anno la fine della stagione degli incendi, che termina solo perché all´estate fortunatamente e regolarmente segue l´autunno, ebbe un momento preciso. Notammo che la quinta vittima del rogo sviluppatosi ad agosto nell´agriturismo di Patti, la signora Barberina Maffolini, era passata senza scuoterci sotto i nostri occhi distratti. Solo poche righe ben nascoste nei quotidiani. Eravamo a settembre e l´allarme fiamme già scemava. Nei giorni scorsi la solita ondata di scirocco, che sorprende i siciliani sempre disarmati e meravigliati come se quel vento afoso cancellasse ogni volta anche la memoria, ha fatto tornare il tema d´attualità. E puntualmente, i servizi televisivi e le pagine dei giornali, che c´informano sulle ultime devastazioni, risultano stranamente sovrapponibili a quelli che ci raccontavano le reazioni alla penultima ondata incendiaria. Ogni anno la stessa tiritera. Non si tratta, in questo caso, di un difetto del mondo dell´informazione. È il copione a essere sempre identico. E contiene tre capitoli: piromani, emergenza, Stato. Ogni volta gli esperti sentono l´esigenza di comunicarci la certissima matrice dolosa delle combustioni, dovute a folli o sin troppo lucidi piromani. Vorremmo rassicurare i conoscitori della materia. Quella dei piromani è ormai una certezza di fede. Dall´adolescenza non crediamo più al mito dell´autocombustione che fa fuori scientificamente pezzi consistenti di verde pubblico e di fauna pregiata. Perciò non ci ripetano più il ritornello. Vorremmo capire piuttosto, visto che si parla tanto di sicurezza, nove volte su dieci a sproposito, come possono la forza pubblica, la Regione, le province, i comuni affrontare seriamente, e neutralizzare, questi gentili nostri simili che mostrano uno spiccato interesse a che tutto vada in fumo. Il secondo capitolo del copione è la parola «emergenza». Ma come si fa a parlare di emergenza nei confronti di eventi che si ripetono sempre uguali a se stessi, talvolta colpendo le stesse zone? Eliminiamo, per favore, il concetto «emergenza incendi» e sostituiamolo con «attesi incendi». Così staremo meglio un po´ tutti e nessuno avvertirà la sgradevole sensazione di sentirsi preso in giro. Il terzo capitolo, il tormentone più gettonato perché toglie a tutti le castagne dal fuoco, in questo caso benigno, perché ci fa gustare un frutto delizioso, è quello dell´assenza dello Stato che non investe nel settore. Lo Stato che non c´è. Quante volte i siciliani hanno sentito ripetere questa litania, da destra, da sinistra, dal centro, da sopra e da sotto? Quando la classe dirigente regionale non sa risolvere un problema, una volta per negligenza, un´altra per incapacità, spesso per tutte e due le cose messe assieme, e ciò, converrete, è accaduto quasi sistematicamente in Sicilia, ecco che si alza il totem deresponsabilizzante dello Stato assente. Anche questa storia è ormai tempo che raggiunga gli archivi della memoria. Perché il problema è proprio il contrario. In Sicilia lo Stato, oggi come ieri, ha incanalato una valanga infinita di risorse economiche, che negli ultimi tempi sono anche giunte dall´Europa. Il punto è cosa se n´è fatto di quel denaro. Se ha creato sviluppo e sicurezza, quella vera, o se ha foraggiato clientele e potentati vari. Temiamo che la casella da sbarrare sia la seconda. Ai prossimi incendi, quindi, nel momento in cui, parlando con i mezzi di comunicazione, si sentirà di non potere fare a meno di pronunciare la parola «Stato», si faccia una breve pausa di riflessione. Un lungo respiro, se il fumo lo permette, e poi ci si dica cosa hanno fatto, non cosa devono fare con i fondi che già hanno a disposizione e con le iniziative politiche sul territorio che talvolta sono a costo zero, le amministrazioni comunali, provinciali e regionale. Che sono, sino a prova contraria, postazioni istituzionali di primo livello dello Stato italiano.