domenica 21 luglio 2013

La questione morale e i democratici.

LiveSicilia - Domenica 21 Luglio 2013

Il Pd e la questione morale

Francesco Palazzo


 

Ogni tanto spunta fuori la “questione morale”. A voi pare di averla messa definitivamente in archivio. Come avete fatto per la rosolia o il morbillo. Invece è lì. Quando ne sento parlare, provo un senso di tenerezza. Non ci pensi più per un periodo, ed eccola che ti prende di sorpresa. E' una dinamica rassicurante. Sai che, seppure da qualche tempo la politica la osservi con un'attenzione minore, non ti sei perso niente d'importante. Puoi saltare qualche giro ed essere sempre in partita. Perché, prima o dopo, la vedrai galleggiare in qualche dichiarazione, sarà la conseguenza di indagini della magistratura oppure il risvolto di una lotta tra fazioni, l'una che la sventola sotto il naso dell'altra.

Ora, la domanda che LiveSicilia mi pone è la seguente. C'è una questione morale nel PD siciliano? 

giovedì 18 luglio 2013

Festino: polemiche inutili e questioni importanti.

La Repubblica Palermo 

17 luglio 2013 —   pagina 1

I valori cattolici e i diritti di tutti

Francesco Palazzo

L'omelia pronunciata a Palazzo delle Aquile dal cardinale Romeo per la ricorrenza della santa patrona pone tre questioni sulle quali riflettere. In primo luogo, perché si continua a mandare avanti questa usanza della celebrazione eucaristica dentro il palazzo di città, che si ripete il primo dell' anno? Fa parte della tradizione, si obietterà. Ma tutte le tradizioni sono passibili di aggiornamenti. E se non ci riesce la politica a far passare il minimo sindacale in quanto a laicità delle pubbliche istituzioni, spero lo capisca la diocesi. E la sua guida pro tempore si limiti, in futuro, durante la visita all'amministrazione in occasione del Festino o del Capodanno, a qualcos'altro che non sia la celebrazione di un rito. Altre espressioni religiose della città vivono ricorrenze. Non per questo i rappresentanti del popolo approntano, nel palazzo di tutti, altari o cose simili. La seconda riflessione si riferisce all'agire che deve essere osservato nei rapporti istituzionali. Sindaco e assessore alla Cultura, per mostrare il programma dei festeggiamenti per Rosalia, vanno al palazzo arcivescovile. Lo fanno in punta di piedi, com' è corretto che sia. Nessun sindaco, in tale occasione, si è mai messo a leggere una sorta di omelia politico-religiosa di rivendicazioni verso la Chiesa di Palermo e di consigli non richiesti dai cattolici su come vivere meglio il Vangelo. Allo stesso modo gli arcivescovi, una volta varcata la soglia di Palazzo delle Aquile, non dovrebbero elencare alla politica memorandum su cui attestarsi per non dispiacere la Chiesa. Non deve, allora, il cattolicesimo rivolgersi alla politica utilizzando il proprio linguaggio e il proprio modo di vedere il mondo? Certo che deve farlo. In libertà e sincerità. Ma, oltre che nei giusti contesti, ricordandosi, e veniamo al terzo punto, che i rispettabili concetti sulla vita umana che il cattolicesimo veicola non è detto che debbano essere gli unici scritti nell'agenda politica. Che, invece, deve farsi carico di regolamentare una società plurale. Parliamo di democrazia. Una prassi che ancora la Chiesa non pratica del tutto. Che ha tante lacune, però sinora è il miglior rimedio per disciplinare la vita collettiva nel rispetto di tutti. Il presule nell'omelia ha rimproverato, tra le righe ma in maniera abbastanza esplicita e con parole forti, il Consiglio comunale di Palermo e la giunta di avere traviato sui veri valori. Il supporto al Pride e l'avere approvato l'istituzione del registro delle unioni civili non sono andati giù. Che queste tematiche siano un nervo scoperto lo si capisce dalla reazione, molto sopra le righe, proveniente da ambienti curiali e poi esplosa in un florilegio di dichiarazioni, dopo la proiezione di alcune immagini (gameti di due uomini, di due donne, di un uomo e di una donna e dell'asterisco simbolo del Pride), insieme con altre inneggianti all' amore, sulla facciata della cattedrale durante i festeggiamenti. Ma allora cosa dovrebbero pensare i palermitani della circostanza che una delle musiche di accompagnamento dei giochi pirotecnici al Foro Italico era tratta da un brano cattolico molto conosciuto, esattamente "Santa Chiesa di Dio"? Lasciamo da parte gli inutili pretesti usati per polemiche di poco momento e andiamo all'essenziale. Il punto è che il tipo di famiglia che il primate di Sicilia difende, e che sente minacciata dal Pride e dal riconoscimento di semplici diritti a famiglie che non rientrano nello schema padre-madre-prole, a noi va benissimo. Non crea nessun problema, né alla giunta comunale che ha sponsorizzato il Pride, né al Consiglio comunale che ha votato la delibera sulle unioni civili. Solo che esistono altri segmenti di vita che non possono essere definiti «confusione» o portatori di «valori avariati», e la politica che se ne occupa non lascia alle giovani generazioni «orientamenti socio-culturali viziati». Bisogna farsene una ragione. E confrontarsi serenamente con una società che non è più a trazione confessionale, ma che si è da tempo secolarizzata. Non ci rimetterà la Chiesa e non ci perderanno la politica e il popolo che la esprime.

lunedì 8 luglio 2013

Le due città e le due chiese di fronte alla mafia.

La Repubblica Palermo

 07 luglio 2013 —   pagina 17   

 LE DUE PALERMO DI FRONTE ALLA MAFIA

Francesco Palazzo

A ogni retata, l' ultima nel quartiere di Ballarò, pare che si scopra un dato nuovo. Che invece è abbastanza vecchio e strutturale da almeno un secolo e mezzo. Un pezzo ampio di Palermo è ancora ai piedi dei boss mafiosi. Quanto è ampio questo pezzo di città? O, se vogliamo, questo pezzo di Sicilia? Temo che in questi ultimi decenni, ci siamo raccontati la storia di una città, e di una regione, risanate e finalmente indipendenti. Se non dall'economia criminale, perché in fondo ogni giorno ci può capitare di fare la spesa o la benzina in esercizi commerciali legali provenienti da soldi sporchi, almeno dalla cultura mafiosa. Dopo l'ultima operazione di polizia, dalla Procura fanno giustamente notare che siamo in presenza di due città. La prima ancora legata alla mafia e l' altra sempre più rispettosa del vivere civile. Ma dobbiamo anche ammettere che la prima comunità, quella che risponde alle coppole storte, è molto più numerosa e forte. Potremmo, come abbiamo sovente fatto, liquidare questo ampio strato di società siciliana succube dei boss come preda della subcultura. E magari ci sarà anche questo. C'è chi però, non necessariamente povero, culturalmente ed economicamente, per fare quel tal lavoro si rivolge alla ditta raccomandata, o imposta, dal ras del rione. Poi c' è l'altra città. Quella che si è liberata. Una piccola enclave, a mio parere, che forse pensa di essere numerosa perché si conta sempre nei posti sbagliati, e invece è numericamente ancora poco consistente. Ma la città virtuosa, come esercita questa diversità rispetto al potere criminale? Forse non chiede più raccomandazioni e favori al potere politico? Forse utilizza sempre i soldi pubblici in maniera virtuosa, senza sprechi, mettendo in campo buona politica? E rispetta sempre le elementari regole del vivere civile? Se cominciassimo a rispondere ci renderemmo conto, probabilmente, che quell'altra città, contrapposta alla mafia, è ancora più sottile in qualità e quantità. E, ampia o stretta che sia, prima o poi dovrà porsi il problema di confrontarsi con i tanti che ancora sono devoti al padrino di turno. Non si può certo pensare che queste due città siano irriducibili l'una all' altra e possano continuare a ignorarsi pur calpestando le stesse strade. Così non può funzionare. Altro fronte di discussione che esce dalle ultime vicende è legato alla Chiesa cattolica. Sempre più spesso vediamo che le processioni rionali ospitano tra le loro file persone con curriculum penali abbastanza consistenti. La Chiesa lo sa che accadono queste cose? E se ne è a conoscenza, come è logico che sia, cosa fa per arginare questo fenomeno, invero abbastanza diffuso e di lunga durata? Così come si fa con Palermo, si possono ipotizzare due Chiese. Da una parte quella di don Puglisi, appena beatificato, oppure quella di Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, che ha vietato i funerali dei mafiosi condannati in via definitiva. Dall'altra, quella di chi ancora non è in grado di prendere provvedimenti altrettanto decisie non vigila, o chiude un occhio, sull' infiltrazione di elementi poco raccomandabili dentro le espressioni delle religiosità popolare. Quanto pesano queste due Chiese? Ho l'impressione che la vicenda di don Pino Puglisi abbia in qualche modo oscurato la tanta strada che anche la Chiesa cattolica siciliana deve fare su questo fronte.