lunedì 19 settembre 2016

Come reagire al pizzo che paghiamo per strada.

La Repubblica Palermo - Pag. I
18 Settembre 2016

Sono estorsori, trattiamoli come tali
Francesco Palazzo

La proposta al parlamento del sindaco di Palermo, circa un provvedimento che disponga l’arresto da sei mesi a un anno, aumentato da uno a tre se coinvolti minori, dei posteggiatori abusivi che vengano pescati una seconda volta in flagranza di reato, anche se non colti in atti di violenza, fa discutere. Ci sono almeno due aspetti che possono far convergere verso tale proposta. Innanzitutto, va detto senza infingimenti, si tratta di “pizzo”. La richiesta di obolo ha le caratteristiche dell’estorsione classica nei confronti di esercizi commerciali e imprese. Se non vuoi che qualcuno attenti alla tua tranquillità e ai tuoi beni, che poi quel qualcuno sono io che ti minaccio, così si presenta il mafioso, devi scucire dei soldi. Lo stesso meccanismo entra in gioco quando il tizio si avvicina al nostro mezzo per chiederci denaro. Se esiste l’arresto per chi compie l’estorsione classica, anche senza mettere in atto gesti espliciti di violenza, non si capisce perché debba essere trattato diversamente questo tipo di approccio estorsivo esercitato alla luce del sole in tante piazze e strade. L’altro versante a favore è l’ombra di Cosa nostra che potrebbe stare dietro questo tipo di attività. Più volte gli investigatori hanno riferito che quella mafiosa dietro ai parcheggiatori abusivi è più di un’ombra. Nel 2015 un’indagine con arresti ha fatto emergere la perorazione di un parcheggiatore verso una cosca per conservare il posto di “lavoro” nei pressi di una discoteca. Leggemmo che i mafiosi fecero in modo che il tizio conservasse il posto. Ci guadagnava una quota parte dagli incassi la cosca? Non è fuori luogo pensarlo per questo come per altri casi. Ma è sicuramente vero che queste persone sono potenzialmente delle vedette in grado di riferire alla criminalità organizzata tutto ciò che si muove sul territorio. Chi si oppone alla richiesta di carcerazione rileva quanto sia difficile che la repressione possa determinare la scomparsa di un reato, ma che ci vuole prevenzione. Sarà così, ma aiuta. Altrimenti potremmo dire che non vale la pena arrestare i mafiosi perché la mafia non scompare con le manette e il carcere duro. Invece è meglio che stiano nelle patrie galere. Tuttavia, da questo punto di vista, va detto che per una lotta contro tale azione estorsiva, ma vale anche per le mafie, ci vuole un forte contributo dei cittadini. Non è difficile vedere il professionista, per citare una categoria che ha tutti i mezzi per reagire, socializzare e solidarizzare con il parcheggiatore abusivo che ha sotto casa o nel parcheggio fuori dal lavoro. Altri riterrebbero più efficace togliere ai parcheggiatori presi in castagna i vantaggi assistenziali e fiscali che vanno ai nullatenenti, come quasi sempre questa gente è, non pagando per tale motivo le multe comminate loro per l’attività abusiva. Questa potrebbe essere una pena accessoria, definitiva, da sommarsi al carcere. Ma, intanto, per dirla tutta, ci sono occasioni in cui le istituzioni potrebbero iniziare ad agire senza attendere provvedimenti parlamentari. Tantissimi palermitani sanno cosa accade nei pressi del Barbera quando gioca il Palermo. Decine di posteggiatori estortori “guardano” moto e auto. Lo fanno non in una landa desolata. Ma in una parte della città in quelle occasioni blindata dalla polizia municipale e dalle altre forze dell’ordine. Cosa impedisce, ad esempio ai vigili urbani, visto che la proposta di carcerazione per gli estortori con fischietto parte dal comune, di controllare rigidamente una parte non sterminata di territorio ed allontanare i parcheggiatori abusivi? In tal modo si manderebbe ai cittadini tifosi, che fanno parte di tutte le categorie sociali, un doppio segnale positivo, che varrebbe molto più di mille parole. In primo luogo si comunicherebbe che la forza pubblica è padrona di quel territorio e che la sicurezza dei mezzi privati viene da essa garantita. Inoltre, si darebbe più coraggio ai cittadini che volessero non pagare più, nella quotidianità, questo pizzo. Insomma, va bene la proposta di carcerazione. Ma vogliamo iniziare concretamente a mettere insieme l’autorevolezza della forza pubblica e la buona volontà dei cittadini per combattere questo odioso fenomeno?

sabato 10 settembre 2016

Il cocco, la pannocchia e la libertà in Sicilia.

La Repubblica Palermo 9 settembre 2016

Anche in riva al mare l'illegalità distorce il libero mercato 

Francesco Palazzo 


È difficile, in Sicilia, sfuggire a certi meccanismi. Sei disteso sotto un ombrellone e ti pare che un po’ di natura trattata bene possa generare un minimo di sviluppo libero. Non fai in tempo a pensarlo che vieni investito dal controllo millimetrico del territorio, arenile o asfalto che sia. La storia riguarda due venditori siculi e ha come titolo “Il cocco contro la pollanca”. Si può obiettare che sono due alimenti molto diversi, che possono coesistere pacificamente. Non è così. Devi prendere atto che il libero mercato non ce la può fare contro un assetto sociale opprimente che arriva a bagnare pure le assolate spiagge siciliane. Quello della pollanca, con uno slogan accattivante («Me la puoi pagare a rate»), aveva venduto alcuni esemplari della sua mercanzia. A un certo punto arriva il tipo del «cocco bello-cocco fresco», anche questo uno slogan efficace. Il coccoinomane scruta qualcuno che non dovrebbe esserci e lo manda a chiamare: «Ma che ci fai qui?». «Ero di passaggio, ora me ne vado», risponde lo spacciatore di mais. «Fai un altro giro e poi sloggia». E sin qui potrebbe sembrare la lotta tra un prepotente e uno che subisce. Ma a quel punto quello della pollanca, sbiancato in viso per la paura, vuole essere rassicurato prima di farsi un altro giro. «Mi dai la garanzia, non è che poi ci sono problemi?», chiede a quello del cocco. Cioè, sei in grado di darmela o mi crei problemi con altri? Un riferimento a chi gestisce la zona? Più che probabile. «No problem», dice il cocchista. Invece, dopo pochi secondi il fu commerciante di pannocchie pubblicizza il cocco con il suo megafono e passa a venderlo tra gli ombrelloni. Questo episodio è metafora della nostra terra? Possiamo dire che questa Sicilia non è certo una piccola minoranza. Una Sicilia dove abbiamo celebrato il venticinquesimo anniversario dell’uccisione per mano mafiosa di Libero Grassi, morto per aver voluto vivere la normalità della libertà d’impresa, e il trentaquattresimo dell’omicidio del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, fatto fuori perché voleva affrontare a viso aperto, sottraendole territorio e potere, Cosa nostra. E dove ci apprestiamo a ricordare il ventitreesimo del colpo alla nuca che fece fuori don Puglisi. Lui riteneva che a Brancaccio si potesse agire liberamente scendendo nelle strade e ciò gli fu impedito dalla malapolitica e infine dalla mafia. Il mercato, il territorio, le strade non sono liberi in Sicilia. Talvolta lo dimentichiamo ma accade qualcosa, grande o piccola che sia, che ci riporta alla realtà. Attenzione, il pollanchista e il ras del cocco sono due poveri cristi. Ma l’indigenza che cerca espedienti per sbarcare il lunario non è un’esclusiva delle nostre latitudini. Tuttavia, solo in Sicilia c’è questo controllo asfissiante, pur con una Cosa nostra in crisi (?), di ogni lembo di terreno. Escludiamo che una storia come questa possa accadere lungo la riviera adriatica, ma pure in molti tratti di costa delle altre regioni del Sud. Anche il privato con le carte in regola in Sicilia può muoversi secondo logiche di mercato anomale. In un villaggio non trasportano in stanza il cibo che porti da fuori, devi portarlo a piedi sotto il sole, perché, dice un addetto, vogliono che ti serva presso il market interno. Che però fornisce quasi nulla e a prezzi esosi. Quindi, prima ancora di offrirti una valida alternativa, facendoti trovare un posto assortito e a prezzi concorrenziali, si mette in atto un fastidiosissimo intralcio. Dimenticandosi della cosa più importante. Sincerarsi che gli appartamenti siano in buone condizioni. Devi litigare mezza giornata per fare riportare il tuo in uno stato appena decente, rischiando di finire in ospedale per il cedimento del vano doccia. Per non parlare di quel ristorante vista mare. Lavorava bene a prezzi non alti, ora li ha aumentati ed è scaduto come qualità. Anche questo ci dice molto della nostra Sicilia. Dove il turista, molto spesso, è solo un pollo da spennare.