domenica 19 gennaio 2020

Fiducia nell'impresa privata e grandi opere e infrastrutture per tenerci i giovani.


La Repubblica Palermo – 19 gennaio 2020
Perché temere l’impresa privata se può aiutare l’Isola a crescere?
Francesco Palazzo
Un grande spettro si aggira per Palermo, il ricorso al privato. Ogni volta che si parla di qualcosa da realizzare o da assegnare attraverso la concessione di un servizio o la cessione di uno spazio pubblico, si agita sotto i nostri occhi questa ancestrale paura. Del resto comprensibile in un posto dove la mano pubblica deve entrare su tutto. Con le storture e i problemi finanziari che questo modo di reagire alla modernità ha creato nel tessuto politico, sociale ed economico. Ciò non ha fortificato nessuno, rendendo debole la sfera pubblica e pressoché assente quella privata. Lo sanno molto bene i nostri giovani neo-specializzati in altri atenei dopo il triennio fatto a Palermo, che vanno via dopo il periodo delle feste. Vacanze trascorse in una città che li ha visti nascere e nella quale ormai, te lo dicono chiaramente, non riuscirebbero più a vivere a causa, innanzitutto, di un sistema quotidiano di vita abbastanza lontano da quello delle fredde, ma funzionanti, città del Nord dove hanno piantato tende e futuro. Perché poi le cose, a proposito di privato che non riesce a emergere oltre che per propri limiti anche per le difficoltà che trova a esprimersi, le toccano con mano. Alcuni curriculum presentati in maniera spontanea, visto che spesso le posizioni aperte non vengono inserite, e nessuna risposta. Mentre in Emilia-Romagna, in Lombardia, nel Nord in generale, vedono tutto chiaro online e poi ricevono conferme con immediati inserimenti nel mondo del lavoro, addirittura potendo scegliere. Da noi, per affrontare la questione, c’è sempre la richiesta di favorire il trapianto di grandi realtà imprenditoriali, che dovrebbero essere favorite attraverso varie misure, per generare lavoro. Può funzionare? Qualche esperienza passata ci dice che sono più i problemi che a lungo andare si hanno, anche ambientali e come snaturamento delle vocazioni territoriali, che i benefici. Pure sul piano occupazionale (un esempio è Termini Imerese). Un privato endogeno, certamente con collegamenti nazionali e internazionali, che traesse dalla Sicilia la sua ragion d’essere, potrebbe essere la chiave. Purché la smettiamo di considerarlo un nemico da combattere. Magari non fissandoci soltanto sul comparto turistico. Che va utilizzato al massimo, senza però veicolare la leggenda che una città metropolitana di un milione e duecentomila abitanti e una regione di cinque milioni di residenti possano vivere soltanto di questo. Anche se la costruzione di una grande infrastruttura come il ponte sullo Stretto, che non sarebbe soltanto il collegamento tra due rive, significherebbe mettere le basi per l’alta velocità pure in Sicilia, portandosi dietro per induzione tutte le infrastrutture interne che mancano o che sono carenti, con formidabili ricadute sul comparto turistico. Ma non soltanto. Ci sarebbe una generale iniezione di fiducia sia per il privato che opera in Sicilia, sia per chi ci guarda da oltre Stretto. Su tutto va allontanata, altrimenti davvero sarà impossibile dirigerci verso mete diverse se non quelle asfittiche che ben conosciamo, la predisposizione al vittimismo, al sicilianismo piagnone, a quello che ci hanno tolto, retrodatando in alcuni casi il datario al periodo dell’Unità d’Italia. Un piatto ormai rotto, ammesso che sia mai stato sano, dove non può più mangiare nessuno.

domenica 12 gennaio 2020

Palermo: ZTL notturna, movida selvaggia, panormosauri diurni e carenza di controlli.


La Repubblica Palermo – 11 gennaio 2020
Movida selvaggia, anzitutto i controlli
Francesco Palazzo
La Ztl notturna c’è in altre città, così come ci sono comunità che di sera la sospendono. Magari a Palermo ci potevamo evitare annunci e retromarce che hanno creato il minimo di cambiamento, anzi sinora nessuno, e il massimo di malcontento, come ha scritto giovedì scorso su Repubblica Palermo Fabrizio Lentini. Limitare l’uso dei mezzi privati è un modo di gestire una grande metropoli del tutto condivisibile. L’aria che respiriamo, la salute, le strade, i monumenti non possono che guadagnarci. Così come dovrebbe essere conseguente dare a tutti i cittadini, sia che stiano in zona Libertà, sia che abitino alla Bandita, la possibilità di muoversi senza dovere ricorrere al proprio manufatto di latta. Va detto perché tutte le discussioni su Palermo sembrano riguardare solo un piccolo quadrilatero. Il resto rimane fuori, lontano, sbiadito, quasi inesistente. Nello specifico della Zona a traffico limitato serale e notturna i punti di confronto ci sembrano due. Prima questione. Si può affrontare la "movida selvaggia", che mette insieme i vizi, il non rispetto delle norme di alcuni locali, abusivi o autorizzati, e quelli dei palermitani incivili, con un rimedio che attiene alla mobilità? Secondo punto. Queste modalità "selvagge" di comportamento sono esclusive dei luoghi della movida, oppure tali modi di essere sono la risultante aberrante di prassi che riguardano tutta la città e gran parte dei palermitani? Se la "movida selvaggia", che rende la vita difficile ai residenti che non riescono a dormire o addirittura a uscire e a rientrare nelle proprie abitazioni, è una questione di ordine pubblico, deve essere affrontata con il controllo costante del territorio. Perché chi non può riposare di notte, o non riesce a prelevare l’auto dal garage, non aggiunge nulla alla propria qualità della vita se a porre in essere comportamenti assurdi è chi ha pagato l’ingresso notturno nel recinto della Ztl. Una cosa è la mobilità, ed è giusto indirizzare le nostre vite, dando però alternative vere e agibili, al centro come in periferia, verso l’utilizzo dei mezzi pubblici. Un’altra la sorveglianza da parte delle forze dell’ordine chiamate a verificare chi rispetta le regole e chi no. Confondere i due livelli porta confusione e rischia di non risolvere né i problemi della mobilità né quelli della movida. Che ci introduce all’altro punto della riflessione. La chiamiamo "selvaggia", ma dobbiamo riflettere su un aspetto fondamentale che ci sta dietro. Non è che il palermitano diventi "selvaggio" nell’utilizzo della propria libertà territoriale soltanto di sera. L’indecente, invadente e rumoroso panormosauro notturno non è molto diverso da quello diurno. Per gli esempi non abbiamo che l’imbarazzo della scelta. Se fai notare criticamente a qualcuno ciò che è la norma per quasi tutti, rischi insulti o, peggio, un’aggressione, come è capitato al giornalista tedesco picchiato nel novembre scorso in piazza San Francesco d’Assisi. La "movida selvaggia", che rende la vita impossibile a tanti, è dunque soltanto la risultante, il prodotto finale, di un uso poco urbano e generalizzato del territorio. Dove ciascuno nel quotidiano fa, praticamente indisturbato, ciò che vuole. Va detto che, talvolta, anche segnalare illegalità lampanti e a favore di telecamere, non porta a nulla. Come diceva il principe Antonio de Curtis, in arte Totò, è la somma che fa il totale. È il mettere uno dietro l’altro, sommandoli, i modi di fare giornalieri, da quando si esce di casa la mattina a quando si rientra la sera, che fa materializzare ai nostri occhi il risultato complessivo. Per curare e sconfiggere la movida incivile dobbiamo contemporaneamente affrontare e risolvere, con i controlli quotidiani di chi è preposto a tali operazioni, le tante modalità non urbane che costituiscono l’intero mosaico delle giornate di moltissimi panormosauri. Rispetto a questo mosaico la tessera della "movida selvaggia" che toglie la pace e il sonno a tanta gente costituisce soltanto l’ultimo, in ordine temporale, coerente tassello.