venerdì 30 marzo 2018

Parco della Favorita. Nuovo Teatro Massimo o vecchie storie?


La Repubblica Palermo
30 marzo 2018
Facciamo uscire dal buio la Favorita
Francesco Palazzo

La Favorita, a causa dell’ingente furto di rame, rimarrà al buio per un certo tempo. 
Questo evento riporta al centro dell’attenzione il sito. 
La domanda non è chi ha commesso la ruberia, ma cosa vogliamo farne del parco. Nei mesi di aprile e maggio ci sarà di nuovo la chiusura per quattro domeniche di questo grande polmone verde.
Occorre andare oltre. Le cose che funzionano hanno il carattere della stabilità istituzionale. 
Si è detto che la Favorita sarebbe stata il nuovo Teatro Massimo. Quando inizierà l’operazione? 
All’inizio della campagna elettorale questo giornale aveva proposto che si nominasse un sovrintendente. La squadra poi vincente alle elezioni ha prima del voto avanzato uguale intendimento. È un passaggio che non si può più rimandare. Non solo per dare seguito a un impegno. Ma per la circostanza che tale figura troverebbe pronti al dialogo operativo tanti volontari encomiabili impegnati a organizzare La Domenica Favorita. 
Il vero modo di illuminare il parco, giorno e notte, è quello di farlo uscire dal limbo indefinito delle buone intenzioni.
Dobbiamo trovare il modo per poterlo fare.

sabato 24 marzo 2018

Tutti al Comune di Palermo vogliono cambiare. Dunque è cosa fatta. O quasi.

La Repubblica Palermo 
24 marzo 2018
Il pantano al comune ferisce la città
Francesco Palazzo




Su Palermo l’opposizione, che fa il suo mestiere, dice che il consiglio comunale è in sofferenza e che l’azione di governo non va bene. 
Ma a dire che nell’assemblea rappresentativa cittadina le cose non girano per il verso giusto e che le gesta amministrative dell’esecutivo possono migliorare, sono pure esponenti della maggioranza. 
Se inoltre ci mettiamo che erano stati promessi da chi la guida cambiamenti nella squadra di governo dopo le elezioni del 4 marzo, aumentandone il quoziente “politico” per potenziare evidentemente l’impatto delle politiche sulla città, il cerchio si chiude. 
C’è accordo unanime. Raro caso in cui tutti gli attori in campo ritengano che ci siano ampi margini di avanzamento nella conduzione di una, grande e complessa, comunità. E se lo sostengono loro con spirito unitario, chi siamo noi per dargli torto? 
Dunque è certo che ben presto quest’aria, che sembra più di fine che d’inizio legislatura, cambierà, e che si porrà in essere un visibile cambio di passo. Sia in consiglio che in giunta. La città ne ha bisogno.


mercoledì 21 marzo 2018

Violenze di genere e noi uomini. Nessuno escluso.

La Repubblica Palermo
20 marzo 2018
Il piano inclinato che conduce alle violenza
Francesco Palazzo

Una tragedia sfiorata a Caltanissetta, un omicidio a Canicattini Bagni. Altre due donne siciliane vittime. Possiamo archiviare nel reparto “storie disumane lontane”? 
La violenza sulle donne, fisica o psicologica, è il punto di caduta di un grande piano inclinato dove stiamo tutti gli uomini. Dobbiamo agire nel quotidiano per costruire una vera pari dignità. Che oggi, inutile girarci attorno con chiacchiere e distintivi, non c’è. Nessun uomo può dirsi fuori dalla partita. 
Se scrutiamo le nostre case e vediamo come sono divisi i compiti, ci rendiamo conto che tantissima strada è da fare.
L’inizio del piano inclinato, che in molti casi poi porta alle violenze, sta tutto lì. Se non lo vediamo ci prendiamo solo in giro. 
Anche la burocrazia ci mette il suo. Ho rivisto per le ultime elezioni un’espressione che supponevo archiviata. Una donna chiede il rinnovo della scheda elettorale e si ritrova il proprio nome e cognome con accanto la dicitura “in” e appresso il cognome del marito. 
Sintomatico, pure questo, del tanto che ancora c’è da modificare. In noi maschi, nelle famiglie e nella società.

venerdì 9 marzo 2018

Il senso della Sicilia per i plebisciti.

La Repubblica Palermo
9 marzo 2018
Quel plebiscito che puzza di vecchi vizi
Francesco Palazzo

Ma davvero i siciliani, e con loro moltissimi elettori dell’Italia meridionale, hanno svoltato rispetto al passato tributando il plebiscito al Movimento 5 S
telle? La Sicilia, confermandosi laboratorio ed essendo addestrata ai plebisciti, ha come al solito esagerato facendo esondare il consenso. Sia chiaro, gli elettori hanno, come da manuale, sempre ragione. Rimane, però, qualche dubbio. C’è solo il grido di dolore e quindi di rivolta verso una politica che li ha esclusi, dietro il fiume di consenso pentastellato uscito dalle urne sicule? Può anche essere, per carità. Ma se teniamo conto che la politica non è da una parte il tiranno e dall’altra i sudditi, almeno in democrazia dovrebbe funzionare così, forse si può avanzare qualche altro punto di domanda. Chi attribuisce plebisciti considera la politica come palestra di cittadinanza in cui spendersi o ancora di salvezza che deve mutare non tanto la sostanza ma soltanto la forma della propria esistenza? E, ancora. davvero questo Mezzogiorno e questa regione, in particolare, sono stati dimenticati da tutti? Dai miliardi che sono arrivati dal dopoguerra a oggi non parrebbe. Ma allora questo piagnisteo continuo, che va cercando sempre nuovi plebisciti per non tramutarsi mai in azioni fattive e virtuose dei siciliani, cos’è? Prendiamo il reddito di cittadinanza fatto intravedere dai 5 Stelle. Gli esperti, a urne chiuse, affermano che sarà arduo da realizzare, almeno nel giro di breve tempo. Ma intanto già patronati ricevono richieste. In verità lo si sapeva pure nei mesi precedenti. Ma non è questo che alla fine conta.
Perché chi attribuisce il voto plebiscitario non vuole fatti possibili o immediatamente riscontrabili, pretende sogni. E sogni personali. Da abbracciare come il cuscino la notte.
Diciamo familiari. Non c’è nulla di male nel volere migliorare la propria vita. Partiti e istituzioni devono guardare il particolare. Ma questo progresso atteso dai plebisciti guarda al noi, al collettivo? Oppure è un rapporto tra i tanti io che tengono famiglia e il potere? Con i primi sempre deresponsabilizzati e “mischini”, per definizione, e i secondi che devono salvare tutti.
Forse che dietro il plebiscito siciliano, sempre penultimo sino a quando questa terra non si sarà sviluppata per davvero, ci sono concetti quali meritocrazia, infrastrutture migliori, interventi concreti che migliorino la vita di tutti e quindi anche delle famiglie? Il reddito di cittadinanza cosa vi sembra? Una cosa nuova per la Sicilia? Nella nostra terra, l’interminabile flusso di precariato assistito è qualcosa di diverso dal reddito che prescinde dal lavoro? La vera svolta sarà quando i siciliani voteranno, in lieve maggioranza, perché in quel caso sarà difficile attendersi plebisciti, qualcuno che gli dirà di rimboccarsi le maniche e uscire definitivamente dall’assistenzialismo. La domanda allora è la seguente. Questo plebiscito è una lotta contro il vecchio potere clientelare per approdare a un rapporto più maturo e responsabile con la politica o è la sostituzione di una santa con un’altra che può garantire alla luce del sole quanto sinora ottenuto per altre vie?
Si vuole la stessa politica ma si sale su un treno più nuovo? Domande. Il presente dietro la porta e il non lontano futuro ci daranno qualche risposta.

lunedì 5 marzo 2018

Jacoub Said, noi, la politica, le urne e le paure.

La Repubblica Palermo 4 marzo 2018 - Pag. I
Il dono cattivo che ci lascia la campagna
Francesco Palazzo

Jacoub Said, il ventenne nativo del Camerun, allontanato in un primo momento a Palermo da un locale perché creduto un mendicante, ed anche lo fosse stato nulla sarebbe cambiato, ha subito un torto. Il titolare del bar ha chiesto scusa. Subito si è alzato il fuoco sui social. Dovremmo, invece, guardarci dentro. Questa campagna elettorale, che oggi si chiude, tra le tante promesse improbabili, un dono cattivo lo lascia. È entrato in circolo un veleno. La paura della contaminazione. Che trova terreno fertile. Molti atteggiamenti non sono isolati.
Può essere il lavavetri, o quello dietro la bancarella, oppure chi ci porge le rose al ristorante. Ma anche la semplice reazione preoccupata alla diversità. Ci riteniamo città accogliente. Ma qualcosa è cambiato nel paese in questo periodo in cui si sono innaffiate le radici del timore.
Ideologico o etnico. Chiuse le urne, sperando di trovarci molta politica e poche paure, pensiamoci. Magari le tossine svaniranno. Potrebbe il danno però rivelarsi serio. Sarebbe allora difficile scacciarlo agitandoci sulle tastiere e indicando il problema fuori da noi.