sabato 26 aprile 2008

Centrosinistra in Sicilia: il timone ai più votati


LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO 26 APRILE 2008

Pagina XXIII
CANDIDATURE DEL PD, IN CAMPO I PIÙ VOTATI
Per le prossime amministrative il centrosinistra faccia compiere le scelte a coloro che sono già stati promossi alle urne
FRANCESCO PALAZZO


Il centrosinistra ricomincia dopo l´umiliante sconfitta alle regionali in vista delle elezioni di giugno. L´intendimento del Partito democratico, oltre che organizzare un´assemblea per meta maggio, è quello di candidare i dirigenti. Italia dei valori e l´ex Sinistra arcobaleno vogliono riaffidarsi alle primarie, per individuare i candidati presidenti e sindaci per le otto province e per i centoquarantacinque comuni in cui si voterà. Nel frattempo Rifondazione comunista e Comunisti italiani hanno deciso di rispolverare la falce e il martello, simbolo che, come sappiamo, in Sicilia trascina da sempre consensi a palate. Stesso ritorno al passato annunciano i Verdi. La Sinistra democratica, ossia il pezzo degli ex Ds che non ha aderito al Pd, si trova in mezzo al guado. Probabilmente molti di quelli che la compongono, svanita al momento la possibilità di costruire qualcosa a sinistra, torneranno alla casa madre. Rita Borsellino prosegue - almeno per ora - con il movimento "Un´altra storia" e con i cantieri. Esperienze assolutamente di spessore. Che però sia nel 2006 sia alle elezioni regionali appena concluse, non hanno dimostrato di essere la soluzione al vero problema del centrosinistra, costituito dal presentare sempre liste complessivamente molto deboli. Per tentare una qualche reazione c´è bisogno di incrementare da subito il bagaglio dei consensi. Ci vogliono i voti e per ottenerli il centrosinistra non può andare, come sta cominciando a fare, in ordine sparso. Non è facile, del resto, metabolizzare un tracollo come quello appena subito. Ci vorrebbe più tempo e di tempo non ce n´è. Già il Popolo delle libertà, l´Udc di Cuffaro-Casini e gli autonomisti, sicuri di rivincere con percentuali stratosferiche, hanno cominciato a spartirsi non le candidature, ma direttamente le presidenze delle province. Allora bisogna capire se i rimedi che i pezzi del centrosinistra siciliano mettono sul piatto della politica servono alla bisogna. Per rispondere a tale punto di domanda può servire una banale riflessione. Ormai i partiti sono dei contenitori elettorali. Più che gli iscritti, la cui mobilitazione propagandistica è circoscritta alle campagne elettorali, contano i candidati più accreditati e, ancor più, gli eletti nelle assemblee rappresentative. Nel recentissimo voto regionale, in ogni provincia, nel Partito democratico, nella Sinistra arcobaleno e in Italia dei valori, vi sono stati molti soggetti premiati dalle urne. Si trovano con le macchine elettorali ancora in movimento, diffusi contatti con la società siciliana, che li hanno portati a essere eletti o ad avere ottime affermazioni personali. Si affidino i partiti a questi individui. Facciano loro le liste e decidano le strategie migliori per la propaganda politica. Visto che sanno come fare, può essere che riescano a mettere in piedi dei percorsi elettorali, diversi per singola provincia, in grado di intercettare quello che in democrazia è il bene primario, ossia il gradimento del corpo elettorale. Per fare un´operazione di questo tipo non ci vuole molto, basta scorrere le liste per l´Assemblea regionale abbinate alle preferenze individuali, provincia per provincia e comune per comune. È un lavoro di qualche giorno, se non di poche ore. Dovrebbe essere chiaro a tutti, sia a coloro che saranno rappresentati a Palazzo dei Normanni, sia a quelli che ne sono rimasti fuori, che la dimensione della botta subita richiede provvedimenti urgenti e inediti. Per uscire dal baratro, non aiutano né le assemblee da psicoanalisi collettiva né il rispolverare vecchie strade. Non è utile nemmeno candidare i dirigenti di partito non in grado di portare valore aggiunto in termini di voti. Tantomeno serve agitare la carta delle primarie. Chi le propone dovrà convenire che già si sono svolte nei due giorni di aprile in cui si è votato, con una partecipazione che nessuna elezione primaria potrà mai eguagliare. Dal voto regionale va tratta la nuova classe dirigente. Solo coloro, e non sono pochi, che hanno il consenso dei siciliani hanno qualche chance per ricominciare. È molto probabile che con tale cambiamento di rotta si riesca a scorgere nella lunga notte del centrosinistra siciliano pure qualche alba.

venerdì 25 aprile 2008

Elezioni, come è andata in Sicilia

CENTONOVE
25 4 2008
SOS PER I COCCI DELLA SINISTRA
di Francesco Palazzo



Un manifesto del centrosinistra, apparso dopo le dimissioni di Cuffaro, diceva “Sereni, voltiamo pagina”. Non sappiamo se i siciliani siano oggi meno sereni, sicuramente non hanno voltato pagina. Siamo davanti ad una vittoria chiara del centrodestra, che per le regionali raggiunge dimensioni da cappotto. Il trionfo di Lombardo non ha precedenti. Neanche il voto disgiunto ha scalfito più di tanto la sua percentuale. In Sicilia ci sono tanti vincitori, e stanno tutti dalla parte del centrodestra. Con una legge elettorale maggioritaria avremmo registrato, come nel 2001, un altro 61 a zero. Alle politiche spopola il Popolo delle Libertà, che aumenta di molto i consensi che avevano AN e Forza Italia. Vince Salvatore Cuffaro, confermando il dato dell’UDC alla Camera e superando l’otto per cento al Senato. Non era scontato. Vince a metà il Movimento per l’Autonomia. Ottiene una discreta affermazione alla Camera, forse un po’ meno del previsto, e rimane non centrale il suo ruolo nel voto per il Senato. Il PDL avrebbe conseguito il premio in seggi anche da solo. E’ la Lega che condizionerà il governo di Roma, non il movimento autonomista. Alle regionali gli autonomisti non raggiungono lo sbarramento del 5 per cento per due delle tre liste presentate. Il voto siciliano ci da i vincitori e gli sconfitti. Al Senato perde rispetto alla volta scorsa Italia dei Valori. Alla Camera non raggiunge il risultato del 2006 in Sicilia occidentale e lo supera di poco in quella orientale. Perde il Partito Democratico. Nel 2006 era ripartito nelle due forze che l’hanno costituito, DS e Margherita, mentre viaggiavano a parte i radicali, che in queste elezioni erano dentro. Si può dire che il Partito Democratico al Senato, di fatto, pareggia la quota che due anni addietro raggiunsero separati DS, Margherita e Radicali. Stessa considerazione si può fare se guardiamo le due circoscrizioni siciliane della Camera, anche se PD e radicali tengono solo nella Sicilia occidentale, mentre nella parte orientale c’è un sensibile calo. L’elettorato siciliano non ha premiato il partito di Veltroni. Perde di brutto la Sinistra Arcobaleno. Al Senato e alla Camera lascia per strada due terzi di elettorato. Se teniamo in considerazione che oltre Rifondazione, Comunisti Italiani e Verdi, poteva contare sull’apporto di una grossa fetta di ex diessini siciliani non entrati nel PD, la sconfitta diventa davvero totale. Tornando alle regionali, il dato delle liste del centrosinistra è drammatico, con una percentuale complessiva ancora più scarsa delle regionali del 2001. Dovuta sostanzialmente, oltre che all’ennesimo arretramento della sinistra radicale, al fatto che il PD perde più di sette punti rispetto al 26 per cento che DS e Margherita presero nel 2006. Qui c’entra poco il candidato alla presidenza. E’ inutile fare confronti con il 2006, il quadro politico è completamente mutato. E’ fuorviante rimpiangere le primarie non fatte. Con Rita Borsellino al posto della Finocchiaro, l’esito finale non sarebbe mutato. Basta guardare la percentuale siciliana della Sinistra Arcobaleno. Pur rafforzata dal movimento Un’altra storia, che fa capo alla Borsellino, non arriva al cinque per cento. Cinque forze politiche, quasi cinque punti. Questo risultato testimonia pure una debolezza elettorale del movimento politico Un’altra storia. Sul voto regionale, più di tutti, sta riflettendo Anna Finocchiaro. Seppure legata a una coalizione anemica sino all’estremo, perde oltre ogni più nera aspettativa, non riuscendo a trainare neppure il consueto voto d’opinione, cosa riuscita nel 2001 a Orlando, nel 2006 alla Borsellino e oggi a Sonia Alfano. La Finocchiaro, se vuole costruire politica nella sua terra, dovrebbe optare per il seggio regionale, candidandosi a guidare il partito democratico nell’isola. Il centrosinistra in Sicilia, per sintetizzare, ha due enormi problemi. Dovrà rivedere la strutturazione del Partito Democratico, con una classe dirigente più capace di andare oltre gli angusti steccati che il PD ha piantato in Sicilia. Deve riprendere i cocci della sinistra estrema. Questo è un piano di lavoro ancora più complicato del primo. Il tutto diviene più difficile se si pensa che a giugno si voterà per otto delle nove province siciliane e in tantissimi comuni. Al centrodestra il governo della Sicilia, ancora una volta. Vedremo se proseguirà nel vecchio solco o se saprà porre qualche elemento di discontinuità rispetto al recente passato.

venerdì 18 aprile 2008

Elezioni Regione Siciliana 2001-2006-2008: debolezza cronica dell'estrema sinistra


LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ 18 APRILE 2008

Pagina I
L´analisi
Sinistra, le radici di una bocciatura
FRANCESCO PALAZZO



Le vittorie hanno molti padri, le sconfitte nascono orfane. Non sfugge a questa regola la disfatta del centrosinistra alle regionali. Che non giunge a sorpresa dopo altre vittorie stravolgenti, ma segue le sconfitte alle regionali 2006 e 2001. Le tre elezioni hanno presentato dinamiche diverse, pur concludendosi tutte con lo stesso epilogo. Tre personalità molto differenti tra loro, Leoluca Orlando, Rita Borsellino e Anna Finocchiaro, ci hanno provato, portando a casa ben poco, perché poco hanno ricevuto dalle liste che sostenevano le loro candidature. Certo, si può discettare all´infinito su chi ha perso meglio, così com´è giusto notare che le tre tornate regionali si sono svolte in periodi politici molto diversi. Il 2001 fu l´anno del 61 a zero in Sicilia per le elezioni nazionali. Il candidato Orlando scontò pesantemente tale quadro politico. Nel 2006 il pendolo, dopo cinque anni di governo del centrodestra, tornava verso il centrosinistra. Rita Borsellino si trovò ad avere dalla sua tale modifica del panorama elettorale e tuttavia perse comunque. Si deve notare che quello era il momento in cui si poteva concretamente sperare per il centrosinistra in un risultato diverso. Adesso la candidata Finocchiaro si è trovata a gestire un´elezione regionale successiva al tracollo politico del governo Prodi e della sua maggioranza. E alla Regione è andata come sappiamo, nessuno si aspettava un altro risultato. È ovvio che non c´è solo il panorama nazionale. Esso ha un peso importante, ma ci sono anche le dinamiche regionali che alla fine sono decisive. Vediamo cosa ci dicono i numeri elettorali principali del 2001, 2006 e 2008 relativamente al centrosinistra. Nel 2001 l´estrema sinistra (Partito dei comunisti italiani e Rifondazione) prese il 3,6 per cento contro un 22,6 per cento di Ds e Margherita. Nel 2006 Ds e Margherita arrivarono al 26 per cento e Uniti per la Sicilia, contenente tutta l´estrema sinistra, superò di poco lo sbarramento del 5 per cento. Se consideriamo che allora c´era dentro Italia dei valori, possiamo ben concludere che da quel 3,6 per cento non ci si era spostati. Nelle elezioni del 13 e 14 aprile la storia si è ripetuta, la Sinistra Arcobaleno giunge al 4,9 per cento, ma rafforzata dalla presenza di Rita Borsellino, dal suo movimento "Un´altra storia", che si aggira comunque su numeri molto scarsi, e dalla parte molto consistente dei Ds siciliani che non hanno sposato la causa del Partito democratico. A essere molto generosi, possiamo dire che quel 3,6 per cento viene confermato. Insieme, questa volta, a un mezzo flop del Partito democratico. Il quale, rispetto ai Ds e alla Margherita del 2006 e allo stesso voto per la Camera, lascia sul campo da sei a sette punti. Ora è abbastanza comprensibile che dentro il Pd si apra un ragionamento molto profondo e critico sul voto regionale. Ma è a tutti evidente che la gamba che è sempre mancata nelle tre elezioni regionali, svoltesi con la stessa legge elettorale e pertanto omogenee come dati elettorali, è quella della sinistra non riformista, il cui angusto orizzonte in Sicilia è costituito dal no al ponte e ai termovalorizzatori. Nessuno, né Orlando, né la Borsellino, né tantomeno la Finocchiaro, avevano molte chance con una delle due gambe che non arriva neanche al 4 per cento. Per capire meglio di cosa parliamo, basta mettere in evidenza che tra le liste del centrodestra nelle tre tornate regionali, i raggruppamenti che hanno raggiunto tale percentuale si sono posizionati al sesto posto nel 2001, al quinto nel 2006 e al quarto adesso. In altre parole. Ciò che nel centrosinistra costituisce la struttura portante della coalizione, nel centrodestra è composto da liste composte all´occasione, di secondaria importanza. Se così stanno le cose, è facile comprendere come il dato evidenziato sia di lungo periodo. E che non c´entrano niente il voto utile, il presunto cannibalismo del Partito democratico o l´inconsistenza odierna della Sinistra Arcobaleno. C´entra molto, invece, l´incapacità di una parte della società politica e partitica siciliana di costruire una forza che possa presentare stabilmente un conto elettorale a due cifre, intorno al 15 per cento. Sino a quando non ci sarà questa opportunità, primarie o non primarie, candidature prestigiose o meno, vi sarà poco da raccogliere nel centrosinistra e molto su cui polemizzare inutilmente.

domenica 13 aprile 2008

Elezioni 2008: Sicilia al voto con più disicanto del 2006

Il voto siciliano di oggi e domani sarà l’epilogo di una campagna elettorale che, almeno nell’isola, non ha molto entusiasmato. Nelle precedenti elezioni regionali e nazionali del 2006 il clima dei mesi precedenti il voto era molto diverso. Perché diverse e più radicali erano le sfide. Nel paese, il duello Berlusconi – Prodi, in assenza di altri contendenti (questa volta siamo arrivati a contarne quindici), fu visto anche dai siciliani, a torto o a ragione, e forse al di là dei contenuti programmatici, come una reale contrapposizione tra due modi di intendere la politica. La contrapposizione odierna Berlusconi-Veltroni, a parte che la ristretta cerchia di siciliani che vivono di politica e per la politica, non ci pare che abbia provocato in Sicilia forti scosse emotive. Se valgono alcune personali verifiche, la gente comune, giovane e anziana, istruita e colta, ha persino difficoltà a individuare nella scheda i simboli delle nuove formazioni maggiori, PDL e PD. Ma probabilmente l’annacquamento della campagna per il voto politico nella nostra regione è stato anche determinato dalla contemporanea, imprevista e inedita chiusura della legislazione regionale. Per la prima volta i portoni di Palazzo dei Normanni e di Palazzo D’Orleans hanno chiuso i battenti anzitempo. Un accadimento, a suo modo, storico. Se ormai alla politica si potesse applicare questa chiave di lettura e non invece quella della cronaca, che le è più congeniale, visti i fatti sin troppo ordinari che registriamo in Sicilia. E ciò lo diciamo perché abbiamo avuto la sensazione che tale soluzione di continuità rispetto al passato, che doveva a nostro avviso provocare uno scontro elettorale all’insegna del cambiamento epocale, sia stata subito metabolizzata. Ciò ha riguardato in primo luogo i partiti, che ormai non sono altro che la somma delle squadre che si raccolgono attorno ai più forti candidati. Non so se ricordate, nelle ultime settimane, qualche dichiarazione significativa dei segretari regionali delle formazioni politiche. I partiti scompaiono sempre più dalla scena, per far posto ai ras del voto e ai candidati alla poltrona più ambita, quella di presidente della regione. Ma anche in quest’ambito, non ce ne vogliano i cinque contendenti in lizza, ci è parso di registrare, soprattutto tra i due maggiori candidati, toni e argomenti che non sono stati in grado di mobilitare il cuore e il cervello dei siciliani. Che ormai si entusiasmano solo per i singoli candidati all’assemblea regionale, i quali, evidentemente, sono in grado più concretamente di dare risposte, come si diceva una volta, ad interessi immediati e personali, leciti o clientelari, e dunque illeciti, che siano. Ci sbaglieremo, ma abbiamo l’impressione che alla stragrande maggioranza dei siciliani importi poco se vincerà Lombardo, come molto probabile, o la Finocchiaro. Moltissimi festeggeranno se il loro onorevole ce la farà ad “acchianare” e a portare a compimento le promesse che immancabilmente avrà fatto, se non a tutti certo alla maggior parte dei suoi elettori. Del resto, per avere una conferma che tale sia la tendenza, bastava vedere venerdì sera la folla da stadio che in un locale palermitano stava in febbrile attesa di un candidato del centrodestra. Traffico bloccato, cori da curva e giochi di fuoco. Manco fosse Obama. Questa è una tendenza di lungo periodo. Tuttavia, nel 2006, più che adesso, molte attese si trasferirono sui due candidati, Cuffaro e Borsellino, molto più diversi, nella sostanza, di quanto non lo siano ora, in quanto ambedue provenienti da lunghe militanze politiche, Raffaele Lombardo e Anna Finocchiaro. Abbiamo, perciò, l’impressione che i siciliani che oggi e domani si recheranno alle urne per decidere sulla guida politica dell’Italia e della regione, lo faranno con molto più disincanto e meno attese dell’ultima volta.

sabato 12 aprile 2008

LEGGE ABORTO: L'IDEOLOGIA E LA REALTA'

Sebbene sia oggi un giorno di silenzio elettorale e di valutazione, anzi proprio per questo, può essere utile riflettere su un fatto accaduto negli ultimi giorni di campagna elettorale. Anche a Palermo il comizio di Giuliano Ferrara, leader della lista “Aborto? No grazie”, ha causato disordini. Con lanci di uova, pomodori, accensione di fumogeni e slogan di antico conio. L’incontro di martedì si è svolto grazie alle forze dell’ordine, che hanno tenuto a bada i manifestanti, non più di trenta. L’otto marzo, festa della donna, sempre nel capoluogo è accaduto un fatto simile. Alcune militanti del PD e della CGIL, che senza dubbio difendono pienamente la legge 194, sono state aggredite verbalmente. Torniamo a Ferrara. Che in una democrazia una persona non possa avere la possibilità di esprimersi liberamente, senza che sia costretto a muoversi in uno stato d’emergenza, è una cosa gravissima. E sarebbe ancora più grave se i trenta palermitani volevano rappresentare, come immaginiamo, pezzi della sinistra politica. Dove dovrebbe essere fuori discussione l’opportunità per tutti di potersi muovere serenamente nello scenario politico, soprattutto se ci si trova a pochi giorni dalle elezioni. Ogni forma di critica va salvaguardata. Ma un conto è esporre un cartello di protesta, un altro è volere impedire lo svolgimento di un incontro. Detto ciò, due considerazioni e una constatazione. In primo luogo, è giusto chiedersi per conto di chi si agitavano quei ragazzi e quelle ragazze che hanno preferito gridare piuttosto che confrontarsi civilmente. Avendone le occasioni, gli spazi e, speriamo, anche gli argomenti. Forse rappresentavano le donne che ricorrono dolorosamente all’aborto? Volevano per caso rendere evidente il disagio delle siciliane? Le quali, come riportato il 27 marzo su Repubblica Palermo da Vincenzo Borruso, si rivolgono, per un buon quaranta per cento delle interruzioni di gravidanza ufficiali, al mercato clandestino. Oppure passano lo stretto per affrontare questo momento delicatissimo in altre regioni. No, le persone che lanciano ortaggi hanno un approccio ideologico, fuori tempo massimo, a un problema serio. Un ideologismo che non porta a misurarsi, in concreto, con una legge che in Sicilia è applicata male. Tanto che, come riportato sempre da Borruso, le adolescenti e le donne in età feconda che si rivolgono ai consultori costituiscono una piccola minoranza, per insufficienza di strutture e carenza di personale sanitario. Seconda considerazione. Uno stato laico deve avere la forza di ridiscutere su tutto. Tanti sostengono che la legge regolante l’aborto andrebbe applicata in tutte le sue forme. Quasi nessuno mette in discussione la norma, che costituisce il male minore, e non si vuole calpestare l’autodeterminazione delle donne. Ma una cultura riformista, ha diritto di affermare che l’aborto non può essere concepito come un semplice metodo contraccettivo? Noi pensiamo di sì. Il concetto della laicità deve espandersi a tutto campo, non possono esistere santuari laici intoccabili. Infine, una presa d’atto. Diversamente da quanto accaduto altrove, leggendo i giornali che in questi giorni hanno dato conto dei fatti regionali, non ci è parso di notare dichiarazioni sull’accaduto da parte dei tantissimi candidati alle elezioni. I quali, tra un brunch e un party, hanno trovato il tempo di fare e dire tante cose. Niente hanno detto neppure i difensori, evidentemente a giorni alterni, della democrazia che albergano nella società che si muove fuori dai partiti. Come se per tutti fosse normale, e non lo è affatto, che una manifestazione elettorale possa svolgersi in un clima da guerriglia.

venerdì 11 aprile 2008

VIA DALLA SICILIA, CERVELLI IN FUGA

CENTONOVE
11 APRILE 2008
GOODBYE SICILIA INGRATA
Francesco Palazzo



La sua lettera è stata inviata ai giornali e ad alcuni siti dei candidati alle elezioni politiche e regionali. E’ apparsa sull’edizione nazionale di un grande quotidiano il 29 marzo. Il caso non è nuovo. Parla di un’ordinaria storia di fuga dalla nostra terra. Molti vanno via in silenzio, altri, come Rossella Amato, vogliono almeno lasciare una traccia pubblica del loro gesto, un po’ come gettare la classica bottiglia in mare con dentro un messaggio. Poiché siamo vicinissimi al voto, ci pare che questa vicenda dica molto di più dei tanti programmi elettorali scritti sulla sabbia e dei manifesti con i faccioni che parlano di lavoro, libertà e famiglia. Nella lettera dice di avere, oltre che un nome e un cognome, anche un compagno e un figlio, una laurea, un dottorato di ricerca e venti anni di esperienza. Ma “non basta per questa terra, la Sicilia, perché io non appartengo a nessuno”. Dove si trova adesso l’architetto paesaggista Rossella Amato che ama Gesualdo Bufalino? “In questo momento vivo a Parma – ci dice al telefono - ma ora andrò a Roma, sono in contatto anche con altre regioni, oggi ad esempio sono a Milano”. E se andasse male? “C’è sempre la possibilità di andare fuori dall’Italia, in Spagna, ad esempio ci sono molte possibilità”. Al nord non ci sono proprio problemi? ”No, non è così, se sei un operaio va bene, se esibisci una qualifica più alta è molto più complicato. Poi c’è la questione dell’età, io l’ho eliminata dal mio curriculum”. A 43 anni, età in cui in Sicilia si vive ancora con mamma e papà, al nord ti ritengono già vecchia. Guai poi ad avere un curriculum molto ampio, bisogna ridurre anche quello. “Solo che quì – sottolinea la Amato - almeno ì colloqui nel privato sono delle cose serie, il centro per l’impiego funziona, nessuno si permette di chiederti a chi appartieni”. Laureata a Palermo, ha fatto il dottorato in città, poi una serie di esperienze. Tra il 2001 e il 2003 lavora in Toscana e in Umbria, nasce un figlio. A Palermo restano i genitori e una sorella. L’altra è a Roma da parecchi anni. “All’inizio la criticai, ora ho capito il senso e la necessità della sua scelta”. Nel 2003 sente forte il richiamo della sua terra. “Ho cercato di riprendere i contatti con l’università ma è stato impossibile, ho ottenuto qualche consulenza, poi il buio”. Il suo compagno è umbro, adora la Sicilia, ma non vuole sentirne parlare più, verrà solo per le vacanze. “In realtà - rileva l’architetto - bisogna fare delle distinzioni tra le diverse parti della Sicilia. Nel modicano, a esempio, la realtà produttiva è ben diversa, ma ancora caratterizzata da assetti proprietari familiari troppo legati al locale”. Lei è specializzata nel settore dei programmi comunitari che riguardano il territorio: riqualificazione urbana, centri storici e sviluppo sostenibile. “In Sicilia se il privato guarda solo al contesto locale, senza misurarsi con la globalizzazione, è inutile che si lamenti. Altrove qualunque azienda guarda e interagisce almeno con il mercato europeo”. Assicura di averne incrociati tanti di colleghi che sono rimasti giù, che si arrabattano e non fanno il loro mestiere. “La Sicilia è una terra straordinaria, non si può lasciare in mano a poche persone, una risorsa di tutti è diventata un affare per pochi”. Afferma con sicurezza che la sua è una scelta definitiva, non tornerà più. “In Sicilia bisogna lottare anche per le cose normali. Non puoi fare finta che va tutto bene perché ci sono il sole e il mare. Da quando sono qui, non ho mai preso l’automobile per i miei spostamenti”. Una parte della lettera dice: “L'esilio di necessità trasmette tutta l’amarezza di un sud geniale e incolto. Il tempo umano non è bastato a migliorare il triangolo galleggiante, bisogna forse aspettare un tempo geologico, una nuova era glaciale che azzeri tutto per poi ricominciare”. E finisce. “A voi gente di cultura, che intendete dare un nuovo volto alla Sicilia, cercate tra la folla i nuovi emigranti, scovateli tra i mille sguardi appassiti sotto un sole cocente, e quando li troverete ponetegli una sola domanda: quali sono i vostri sogni? La loro forza e la loro intelligenza vi stupiranno e allora la rinascita sarà davvero possibile. Goodbye Sicilia”.

mercoledì 9 aprile 2008

IMPIEGATI REGIONE SICILIANA: TRA IPOCRISIE E FINTI SCANDALI


LA REPUBBLICA PALERMO – MERCOLEDÌ 09 APRILE 2008

Pagina XV
Le promozioni dei regionali
FRANCESCO PALAZZO


Quando si parla di impiegati regionali, ossia a ogni rinnovo di contratto, scatta il solito gioco delle parti, fatto soprattutto d´ipocrisia. Appena la notizia evapora, tutto rientra, sino alla prossima bolla di sapone travestita da emergenza. Alla regola non è sfuggita la questione riguardante la progressione economica all´interno delle fasce d´appartenenza per i dipendenti del comparto. Si è gridato alla vergogna, affermando che le somme per fronteggiare i passaggi decurterebbero il Famp, Fondo di amministrazione per il miglioramento delle prestazioni. Che peraltro prevede espressamente di finanziare tali progressioni economiche. Tuttavia il timore è che vengano meno fondi da destinare alla produttività dei più bravi. Ma è mai accaduto che il Famp abbia premiato qualcuno? Ovviamente no, se non in qualche sporadico caso. Se si va un attimo oltre la superficie della polemica elettorale, ci si rende conto che l´unico strumento che, teoricamente, è previsto dal Famp per premiare la produttività dei singoli, è il piano di lavoro. Un programma lavorativo che si aggiunge alla normalità, grazie al quale dovrebbero scattare delle valutazioni individuali e relative diversificate retribuzioni aggiuntive. Molto spesso, per non dire sempre, le attività elencate in questi piani non sono molto diverse dal lavoro normalmente retribuito con lo stipendio mensile. Ma la vera questione è che non c´è valutazione, tutte le somme dei vari piani sono distribuite, a pioggia, in relazione alle qualifiche. Le quali, alla Regione siciliana, servono a individuare un bel niente. La gestione delle risorse umane ha poca cittadinanza negli uffici regionali. La differenza sta solo negli stipendi, poi ognuno, in mezzo al groviglio del comparto, si ritaglia un ruolo a piacere. Spesso senza carichi di lavoro formali, sia per il lavoro routinario, sia per quello incasellabile in qualche modo nei piani di lavoro dipartimentali. Questi ultimi coprono una percentuale del Famp non irrilevante, visto che non può essere inferiore al 70 per cento. Ma il vero orizzonte del caso in questione è ben più ampio e rimanda ad altre responsabilità. Bisogna guardare la luna. E non solo il dito che la indica perché risulta più comodo. L´ultima legge di riforma dell´amministrazione, la numero 10 del 2000, voluta fortemente da un governo di centrosinistra, non ha fatto altro che disegnare, con una forte rottura all´interno della Cgil, il quadro che abbiamo innanzi. Si voleva rendere autonoma l´amministrazione dalla politica esaltando il ruolo della dirigenza. Si è finito per legare sempre più i due versanti, che ormai costituiscono le due leve possenti di un enorme schiaccianoci. In mezzo al quale il comparto, che corrisponde alla quasi totalità degli impiegati regionali, è stato relegato in una sorta di limbo. Dove non di rado c´è gente che avrebbe l´esperienza e i titoli per occupare, se veramente alla Regione contasse il merito, posizioni in grado di modificare radicalmente e in meglio l´amministrazione. E ciò accadrebbe per un unico semplice motivo: i ruoli non dirigenziali dell´amministrazione sono poco influenzabili dalla politica, di qualsiasi colore e tendenza essa sia. La Regione siciliana, non solo nel senso dell´amministrazione, veramente cambierà se un giorno si troverà il modo, che non potrà essere indolore per tutti i dipendenti, di premiare veramente i soli capaci e meritevoli. Pure tra i dirigenti e non solo nel comparto. Facendo in modo che chi non sa o non vuole non sia sempre uguale a chi vuole andare avanti e sa come fare. Questa sarebbe la vera rivoluzione siciliana. Ma chi avrà il coraggio di fare ciò? Sino a oggi, stando ai fatti e tralasciando le pie intenzioni delle campagne elettorali, compresa quella in corso, nessuno intende concretamente modificare tale aspetto fondamentale della vita pubblica regionale. Allora, e sappiamo d´essere facili profeti in patria, ci possiamo dare un sicuro e immancabile appuntamento al prossimo finto scandalo sugli impiegati regionali.

sabato 5 aprile 2008

LA POLITICA BLOCCATA NUOCE ALLA SICILIA

CENTONOVE
4 APRILE 2008
ALTERNANZA ANCHE IN SICILIA
di Francesco Palazzo
Tra pochi giorni sapremo i risultati siciliani delle elezioni politiche e regionali. I voti che usciranno dalle urne ci diranno chi sarà a guidare il governo della regione, come sarà composta la nuova assemblea regionale e quale sarà l’apporto che la Sicilia darà agli schieramenti in campo che, a livello nazionale, si sfidano per la guida del paese. Alle ultime politiche, sino al giorno prima del voto, pareva che la coalizione guidata da Romano Prodi potesse contare su parecchi punti di vantaggio. Invece la lunga notte dello spoglio ci consegnò un quasi pareggio. In Sicilia difficilmente si assiste a questo tipo di sorprese, almeno per quanto riguarda le elezioni politiche e quelle regionali. Nei comuni e nelle province talvolta s’insinuano, vuoi per i ballottaggi, vuoi per situazioni locali particolari, alcuni elementi di sorpresa. Ma stiamo a quello che ci attende nei prossimi giorni, avremo modo e tempo per ragionare sul voto amministrativo. La domanda allora è la seguente. E’ possibile sperare che nella nostra regione vi sia qualche inversione di tendenza rispetto alle politiche e alle regionali che, nel 2001 e nel 2006, hanno dato al centrodestra delle sicure e larghe vittorie? In altre parole. E‘ possibile che la nostra isola si possa avviare a essere, al pari di tante altre regioni, un luogo dove è possibile sperimentare l’alternanza? Capite bene che questo è un aspetto cruciale della vita pubblica di qualsiasi comunità. Soprattutto se questa, come la nostra, presenta problemi di portata storica che non ci permettono di fare sostanziali passi in avanti. Anzi, ci fanno restare costantemente al palo, se consideriamo indicatori fondamentali, contemplati costantemente nelle varie classifiche sulla qualità della vita. E’ abbastanza comprensibile a tutti i nostri lettori che un gruppo di partiti, che ha vinto le elezioni e che sa di potere essere scalzato dalla parte avversa alla prossima tornata elettorale, farà il possibile per impedire tale evenienza, governando al meglio e cercando di farsi confermare o aumentare il consenso dal corpo elettorale. Nelle democrazie normali funziona così. Ma come si comporterà quella maggioranza la quale ha capito che invece è indifferente per i cittadini il modo in cui governa, tanto sarà sicuramente sempre vincente? E’ chiaro che in essa presto prevarranno fatalmente le sole logiche di potere, dei meccanismi tendenti a far perdere di vista il bene pubblico e a far prevalere un sistema di spartizione, per fini personali o di gruppo, delle risorse che fanno capo ai pubblici poteri. Assisteremo, dunque, al continuo svuotamento delle assemblee rappresentative, degli stessi partiti, della società più diffusa, con gli interessi legittimi che la caratterizzano. Al loro posto, più o meno visibili, anzi spesso più che sommersi nelle loro reali intenzioni, conteranno i pochi che sapranno sempre più entrare nelle stanze dove si decide. Che siano eletti dal popolo, potentati economici, gruppi di pressione o altro, poco importa. Alla lunga costituiranno un sistema ben strutturato e difficilmente scalfibile. In esso cercheranno di trovare spazio i poteri mafiosi, alla ricerca di denaro fresco a buon mercato, proveniente dagli ambiti regionale, nazionale ed europeo. In un quadro siffatto, che ruolo si ricaverà un’opposizione destinata per lunghissimo tempo a restare tale? Prima o poi cercherà di entrare nel sistema o sarà costretta a partecipare al gioco, non essendovi altre possibilità per continuare ad esistere. E’ questa la situazione della politica siciliana di oggi e di ieri? E’ difficile sostenere il contrario. Sarà anche quella del dopo 13 e 14 aprile? Non bisogna essere dei veggenti per sapere che difficilmente i risultati delle regionali e delle politiche potranno modificare una contesto che conosciamo sin troppo bene. Quando la Sicilia diverrà una regione con due parti che si contendono di volta in volta la vittoria, avremo la possibilità di sperimentare le virtù della democrazia dell’alternanza. E conosceremo parti politiche che cercheranno di fare bene quando governano, perché sapranno che altrimenti altri saranno chiamati dal popolo a occupare il loro posto. Sino a quel momento non potremo che sperimentare una democrazia politica che, pur rispettando la lettera della Costituzione Repubblicana, che quest’anno compie sessanta anni, ne tradisce in maniera clamorosa e quotidiana la sostanza.