venerdì 25 aprile 2008

Elezioni, come è andata in Sicilia

CENTONOVE
25 4 2008
SOS PER I COCCI DELLA SINISTRA
di Francesco Palazzo



Un manifesto del centrosinistra, apparso dopo le dimissioni di Cuffaro, diceva “Sereni, voltiamo pagina”. Non sappiamo se i siciliani siano oggi meno sereni, sicuramente non hanno voltato pagina. Siamo davanti ad una vittoria chiara del centrodestra, che per le regionali raggiunge dimensioni da cappotto. Il trionfo di Lombardo non ha precedenti. Neanche il voto disgiunto ha scalfito più di tanto la sua percentuale. In Sicilia ci sono tanti vincitori, e stanno tutti dalla parte del centrodestra. Con una legge elettorale maggioritaria avremmo registrato, come nel 2001, un altro 61 a zero. Alle politiche spopola il Popolo delle Libertà, che aumenta di molto i consensi che avevano AN e Forza Italia. Vince Salvatore Cuffaro, confermando il dato dell’UDC alla Camera e superando l’otto per cento al Senato. Non era scontato. Vince a metà il Movimento per l’Autonomia. Ottiene una discreta affermazione alla Camera, forse un po’ meno del previsto, e rimane non centrale il suo ruolo nel voto per il Senato. Il PDL avrebbe conseguito il premio in seggi anche da solo. E’ la Lega che condizionerà il governo di Roma, non il movimento autonomista. Alle regionali gli autonomisti non raggiungono lo sbarramento del 5 per cento per due delle tre liste presentate. Il voto siciliano ci da i vincitori e gli sconfitti. Al Senato perde rispetto alla volta scorsa Italia dei Valori. Alla Camera non raggiunge il risultato del 2006 in Sicilia occidentale e lo supera di poco in quella orientale. Perde il Partito Democratico. Nel 2006 era ripartito nelle due forze che l’hanno costituito, DS e Margherita, mentre viaggiavano a parte i radicali, che in queste elezioni erano dentro. Si può dire che il Partito Democratico al Senato, di fatto, pareggia la quota che due anni addietro raggiunsero separati DS, Margherita e Radicali. Stessa considerazione si può fare se guardiamo le due circoscrizioni siciliane della Camera, anche se PD e radicali tengono solo nella Sicilia occidentale, mentre nella parte orientale c’è un sensibile calo. L’elettorato siciliano non ha premiato il partito di Veltroni. Perde di brutto la Sinistra Arcobaleno. Al Senato e alla Camera lascia per strada due terzi di elettorato. Se teniamo in considerazione che oltre Rifondazione, Comunisti Italiani e Verdi, poteva contare sull’apporto di una grossa fetta di ex diessini siciliani non entrati nel PD, la sconfitta diventa davvero totale. Tornando alle regionali, il dato delle liste del centrosinistra è drammatico, con una percentuale complessiva ancora più scarsa delle regionali del 2001. Dovuta sostanzialmente, oltre che all’ennesimo arretramento della sinistra radicale, al fatto che il PD perde più di sette punti rispetto al 26 per cento che DS e Margherita presero nel 2006. Qui c’entra poco il candidato alla presidenza. E’ inutile fare confronti con il 2006, il quadro politico è completamente mutato. E’ fuorviante rimpiangere le primarie non fatte. Con Rita Borsellino al posto della Finocchiaro, l’esito finale non sarebbe mutato. Basta guardare la percentuale siciliana della Sinistra Arcobaleno. Pur rafforzata dal movimento Un’altra storia, che fa capo alla Borsellino, non arriva al cinque per cento. Cinque forze politiche, quasi cinque punti. Questo risultato testimonia pure una debolezza elettorale del movimento politico Un’altra storia. Sul voto regionale, più di tutti, sta riflettendo Anna Finocchiaro. Seppure legata a una coalizione anemica sino all’estremo, perde oltre ogni più nera aspettativa, non riuscendo a trainare neppure il consueto voto d’opinione, cosa riuscita nel 2001 a Orlando, nel 2006 alla Borsellino e oggi a Sonia Alfano. La Finocchiaro, se vuole costruire politica nella sua terra, dovrebbe optare per il seggio regionale, candidandosi a guidare il partito democratico nell’isola. Il centrosinistra in Sicilia, per sintetizzare, ha due enormi problemi. Dovrà rivedere la strutturazione del Partito Democratico, con una classe dirigente più capace di andare oltre gli angusti steccati che il PD ha piantato in Sicilia. Deve riprendere i cocci della sinistra estrema. Questo è un piano di lavoro ancora più complicato del primo. Il tutto diviene più difficile se si pensa che a giugno si voterà per otto delle nove province siciliane e in tantissimi comuni. Al centrodestra il governo della Sicilia, ancora una volta. Vedremo se proseguirà nel vecchio solco o se saprà porre qualche elemento di discontinuità rispetto al recente passato.

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