La Repubblica Palermo
11 maggio 2017
Manuale per una seria antimafia al tempio dell'antimafia di cartone
Francesco Palazzo
Quest'anno ricorrono i 25 anni delle stragi di Capaci e Via D'Amelio. Di
strada se ne è fatta tanta. Alcuni studiosi sono sicuri nel dire che la mafia
non ha vinto, che non abbia sempre la meglio e che non sia dappertutto. Ci sono
ragioni per sostenere ciò. Ma, nello stesso tempo, si vede un'antimafia in
crisi. C’è chi addirittura propone di mandare in archivio il termine stesso. C’è
chi prova da quarant’anni (vedi l’intervista di domenica 7 maggio a Umberto
Santino di Salvo Palazzolo), a percorrere una strada non legata al sensazionalismo
e all'emotività. Che riconosce i passi in avanti, senza per questo parlare di
mafia completamente sconfitta o ininfluente, e non nega i passi falsi dell’antimafia,
senza fare di tutta l’erba un fascio. È nato nel 1977 il Centro Siciliano di
Documentazione poi intestato a Giuseppe Impastato. Nel difendere e promuovere la
biografia dell'attivista politico di Cinisi, troviamo una prima traccia per un'antimafia
dalle basi solide. Il centro è stato protagonista in questa storia, sia dal
punto di vista giudiziario che politico. Dopo I cento passi è facile parlare di
Impastato. Non lo era nel 1978. Allora, una prima cosa che può essere utile
all'antimafia è lavorare non sulla mera condanna della criminalità organizzata,
ma sull’individuazione di contesti precisi spendendosi per essi. Ma non basta.
Ci vuole l'analisi, capire cosa è la mafia, non in generale, ma proprio
indagarla nei suoi aspetti operativi e organizzativi, territorio per
territorio, altrimenti si rischia di girare a vuoto. Il Centro Impastato, ecco
un’altra pista per un’antimafia non di cartone, ha fornito studi e
interpretazioni del fenomeno mafioso. Contemporaneamente c’è stata la militanza
attiva. Pensare sì, per l’antimafia, ma anche agire, sporcarsi le mani. Un altro
aspetto che ha contraddistinto la realtà fondata da Santino e Anna Puglisi sono
i soldi pubblici. Siccome non condividono le modalità con le quali vengono
assegnati i finanziamenti, si sono tenuti fuori. Tanti denari girano nell'associazionismo,
non soltanto antimafia. Non di rado sono state scoperchiate situazioni che
hanno lasciato l'amaro in bocca. Un altro che non voleva soldi pubblici era don
Puglisi. Con le scarpe bucate e l’auto scassata fece molta paura alla cosca di
Brancaccio, sino alle estreme conseguenze. Le amministrazioni pubbliche, per
evitare di elargire somme senza criterio, potrebbero fornire solo beni e
servizi per singole attività. In modo che quanti vogliono lavorare possano
farlo. Un esempio ci viene dalla recentissima La via dei Librai. Il comune ha
fornito diversi presidi per la riuscita della manifestazione. Il
volontariato benedetto da fondi a pioggia rischia di creare stipendifici e
holding di potere, scatole vuote talvolta, con gente che si abbarbica a vita a
rendite di posizione. Se non si è disposti a metterci gratuitamente anche del
proprio, e i fondatori del Centro Impastato utilizzano una parte della loro
casa per ospitare quella che oggi è una onlus, ci si deve chiedere perché lo si
fa. Un altro pezzo di antimafia virtuosa è rappresentato dalla capacità di fare
percorsi comuni. Il Centro, negli anni ottanta, si è impegnato nel
coordinamento antimafia e nelle sue successive declinazioni. Ha anche, con altre
realtà, avanzato richieste, vane, alle amministrazioni comunali affinché si individuasse
un immobile per farlo diventare sede dell'associazionismo. In modo che si
potessero mettere insieme e potenziare pratiche e saperi. Ha poi lanciato la
proposta di un Memoriale Laboratorio della lotta alla mafia, che possa offrire una
casa alle associazioni e un percorso storico del fenomeno mafioso/antimafioso. Il
comune ha mostrato interesse, ma non abbiamo sinora visto risultati concreti. Infine,
il Centro Impastato ci ha abituato ad una lettura più complessiva della società.
La mafia non può essere affrontata come un singolo frammento, vive nella storia
e stabilisce rapporti con gli altri agglomerati sociali: politica, società, economia,
professioni, borghesia, ceti popolari. Che vanno studiati e compresi anch'essi
se non si vuole guardare la multiforme realtà con un occhio chiuso e l'altro
mezzo aperto. (Versione integrale con la parte finale non pubblicata per motivi di spazio).