martedì 16 giugno 2020

La cultura e la pratica ciclabile popolare a Palermo tutte da costruire


La Repubblica Palermo – 16 giugno 2020
Passeggiando in bicicletta in mezzo alle magagne di Palermo
Francesco Palazzo

Sulle piste ciclabili a Palermo sono stati annunciati la settimana scorsa alcuni interventi da parte di chi amministra, che però ancora non affrontano la problematica attraverso un disegno strutturale. Ogni volta che se ne parla sentiamo affermare che siamo all'esordio di una rivoluzione. Tuttavia, le cose non cambiano solo perché noi manifestiamo la voglia di modificarle. La verità è che non riusciamo a dare a Palermo, città ideale per andare in sella, con tutta la buona volontà che si può mettere nelle intenzioni, un circuito ciclabile degno di questo nome. Che possa mettere in pista, in sicurezza, non soltanto gli amatori e quella piccola nicchia che già ama spostarsi con tale mezzo, ma potenzialmente tutti, lattanti a parte. Dai piccoli ai più grandi, anche chi non ha mai avuto una bicicletta e potrebbe scoprire il gusto di un impatto ecologico ottimale nel vivere gli spazi esterni. La cultura ciclabile o è popolare o è poca roba. Avendo visitato altri luoghi, sappiamo molto bene cosa ciò significhi. Quelle che pomposamente denominiamo piste ciclabili, sono tessere di un mosaico non soltanto largamente incompleto, ma quasi sempre non praticabile perché poco sicuro. Si dice che i tempi per fare bene quello che veramente ci vorrebbe sarebbero molto lunghi. Ma pure gli anni dal Dopoguerra a oggi, considerato che la bici non è esattamente un’invenzione recente, non sono stati pochi. Di decenni ne sono trascorsi. C’è stato tutto il tempo per adeguarsi e, perché no, superare, visto il nostro contesto climatico invidiabile, le migliori tradizioni italiane ed europee. Per Palermo la mobilità dolce diffusa, popolare, a portata di tutti, sarebbe un bel traguardo e si deve lavorare per raggiungerlo. Purché però si guardi a tutta la città, disseminando dappertutto corsie riservate a chi vuole spingere sui pedali. Certo, ci vogliono tempo e fondi per realizzare un simile progetto. Ma occorre partire nel verso giusto, cosa che ancora non si è fatta, aggiungendo via via pezzi a tale fondamentale infrastruttura. Per capire a che punto siamo basta guardare la realtà che abbiamo sotto gli occhi, non il racconto eccessivamente ottimista, ma senza fondamento effettuale, che possiamo farci di essa. Il dato è evidente. Si tratta di rispondere a una domanda. Quando ci spostiamo dal centro, dalle periferie, dalle zone residenziali, vediamo tanti palermitani che si muovono inforcando biciclette? La risposta è no. Ciò significa che sinora, le pur buone intenzioni, tendenti a generare nei cittadini un interesse verso questa forma di movimento, intelligente ed estremamente utile per l’ambiente, hanno fatto un buco nell'acqua. E così continuerà a essere se non si muterà approccio. Ci vuole una vera e propria rete cittadina che copra tutti gli angoli del territorio. Bisogna partire evitando di ricominciare ogni volta che cambia il colore politico dell’amministrazione che vince le elezioni. Non ci sono alternative. A meno che non si voglia dipingere un quadro senza pennelli e colori. Le città che funzionano condividono certe linee di intervento e di sviluppo. Nessuno si sognerebbe, a destra o a sinistra, di mettere in discussione la cultura ciclabile di città del Nord, in Italia e in Europa, che possiedono, pur con situazioni meteorologiche molto poco invitanti, solide tradizioni in tal senso. Solo che noi spesso i giri d’orologio li utilizziamo per parlare di improbabili cambiamenti prodigiosi e abbiamo la tendenza a rifare sempre tutto daccapo. Una specie di eterno ritorno. E siamo anche bravi a complimentarci con noi stessi pure se i risultati, in questo caso l’uso delle biciclette con una percentuale da prefisso telefonico, non ci premiano. Cerchiamo perciò di mettere in campo azioni che generino un robusto mosaico ciclabile, completo, duraturo e sicuro. Se ci metteremo con pazienza nella direzione giusta, i risultati non tarderanno ad arrivare. Se rimarremo, come abbiamo fatto sinora, nella dimensione di un’evanescente maglia ciclabile non protetta, molto limitata, frammentata, con più buchi che certezze, spenderemo energie, tempo e denari pedalando a vuoto o quasi.