domenica 26 agosto 2007

Partito Democratico Siciliano: accordo o primarie

LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO, 25 AGOSTO 2007

Pagina X

Guida del Partito democratico l´ambiguità del caso siciliano
FRANCESCO PALAZZO



Sarà che disponiamo di un vocabolario politico limitato, ci pare tuttavia che tra un accordo politico fra pochi su un nome e un´elezione aperta a molti per decidere proprio quel nome, passi la stessa differenza che c´è tra la notte e il giorno. Sono due modi di agire certamente legittimi entrambi, ma che si escludono a vicenda. Eppure è proprio questa la strada che si sta perseguendo per stabilire chi dovrà essere il segretario regionale del nascente Partito democratico. Da una parte si cerca l´intesa su un candidato (per ora solo uomini, niente donne) gradito a tutti, chiudendo di fatto la questione. Dall´altra si confermano le elezioni primarie del 14 ottobre, che proprio quel candidato dovrebbero scegliere. Nessuna persona di buon senso potrebbe condividere un simile percorso. Già l´insolita procedura della ricerca di accordi preelettorali c´è stata regalata prima delle primarie regionali del 2005 e nel periodo che anticipò le primarie palermitane di quest´anno. Anche in quei due casi l´indecisione sino all´ultimo momento sui nomi da proporre venne prolungata sino allo sfinimento, impegnati come si era nel trovare una concordia perfetta, inattaccabile, che non facesse rischiare nessuno. Si deve però ricordare che in qualsiasi consesso, anche nelle rispettabili riunioni di condominio, il contarsi serve proprio a dirimere questioni controverse, della massima importanza. E quando ci si conta, in primo luogo bisogna rispettare le persone a cui si chiede il consenso, ponendole di fronte ad almeno due possibilità di scelta veramente diverse. Se così si procedesse nel caso del Partito democratico, sarebbero poi i votanti a decidere quale è la migliore biografia tra quelle proposte e chi potrà diventare la guida siciliana del Pd in questa difficilissima fase d´avvio. Si ha la sensazione che tale procedura si voglia evitare. Trasferendo peraltro la stanza dei bottoni dal territorio isolano, esattamente a Roma. Nel suo piccolo è un record, un partito che si trova commissariato già prima di nascere. Ma non si era formato in Sicilia un parlamentino di più di cinquanta saggi che dovevano portare alle primarie del 14 ottobre? Cosa pensano di tutto ciò le persone che lo compongono? Si spera che almeno a loro siano chiari i termini della questione. Se l´elezione primaria per la guida del partito democratico siciliano deve solo essere la presa d´atto di un patto già messo in cassaforte, allora questo partito sarà nuovo solo nel nome. Nascerà già vecchio e segnato dalle peggiori abitudini della politica politicante. Se, al contrario, per la scelta della massima carica regionale ci si affiderà davvero con fiducia alla volontà del popolo del centrosinistra, sapendo che il rischio è l´anima della politica, ecco che dell´aggettivo nuovo potrà davvero fregiarsi a pieno titolo la nuova formazione politica in Sicilia. Del resto, se si persegue l´idea di un´elezione primaria genuina, ci sono le condizioni per celebrarla sul serio. I Democratici di sinistra hanno avanzato la possibilità di mettere in campo il segretario regionale Tonino Russo. Non sappiamo che cosa li trattenga. L´attuale segretario regionale dei Ds è giovane e con ciò si garantirebbe il ricambio generazionale, conosce bene il suo partito per averne curato l´organizzazione, pare che sia un gran lavoratore. Ha perciò le doti per unire quanto il Partito democratico ha deciso di mettere finalmente insieme. Candidando il proprio segretario alla segreteria regionale del partito democratico, i Ds mostrerebbero di attribuire un´importanza notevole alle primarie. Non potrebbero, infatti, che sostenere con forza il loro esponente attualmente più significativo. Ciò porterebbe anche la Margherita a un rapido confronto interno, anche in questo caso scegliendo il miglior candidato tra quelli sinora apparsi in maniera ufficiale o ufficiosa. In tal caso si attiverebbe una democratica, normalissima e trasparente prassi elettorale, con almeno due contendenti veri. Non capiamo, e vorremmo che qualcuno ce lo spiegasse, cosa ci sia di sconvolgente in questo.

sabato 18 agosto 2007

Primarie vere nel Partito Democratico Siciliano

LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ, 17 AGOSTO 2007
Pagina I
LA POLEMICA

Al Partito democratico serve una competizione vera
FRANCESCO PALAZZO


Il dibattito sulla costruzione del Partito democratico, dopo una partenza che sembrava orientata verso un qualche approfondimento contenutistico, si è ormai avvitato decisamente e noiosamente sui nomi. A metà ottobre in Sicilia, così come nelle altre regioni, è previsto il voto che sceglierà il segretario regionale della nascente formazione politica e parallelamente concorrerà a esprimere la leadership nazionale, che vede Walter Veltroni come candidato ampiamente favorito, praticamente senza rivali. In questo fatto non è arbitrario intravedere un rilevante e ripetuto punto di criticità. Criticità, sostanziale e formale, che riguarda pure la Sicilia e molto probabilmente le altre realtà regionali. Il problema consiste nel prendere atto che le conte interne allo schieramento unionista si presentano ormai abitualmente con un risultato già preconfezionato e certo prima della celebrazione del momento elettorale. Niente di nuovo per noi. Già le primarie regionali del 2005 e quelle palermitane di quest´anno, con le scontate vittorie di Rita Borsellino e Leoluca Orlando, nonché la stessa elezione primaria nazionale, che nell´ottobre del 2005 incoronò incontrastato Romano Prodi pure in Sicilia, ci hanno fatto assistere a competizioni zoppe, senza mordente. Tenute in piedi più dai mezzi d´informazione che da stimolanti gare tra contendenti dello stesso peso politico ed elettorale. Restando alla Sicilia e avendo sempre come riferimento il voto che designerà la guida del Partito democratico siciliano, apprendiamo che la nostra regione, in ossequio a una banale spartizione, davvero "innovativa" e senza precedenti nello scacchiere politico nazionale, andrà alla Margherita. Alla faccia del tanto sbandierato assetto regionalistico o federativo del partito nuovo o nuovo partito che sia. Quindi a ottobre, quasi sicuramente, avremo un forte candidato dell´area centrista e uno o due avversari, che ovviamente saranno tali soltanto sulla carta: serviranno infatti soltanto a giustificare e mettere il bollo su un risultato che già si conoscerà prima dell´apertura delle urne. Gli esponenti regionali e nazionali dei Ds, nelle ultime settimane, si stanno specializzando in una disciplina particolare ed evidentemente appagante. Consistente nell´individuare quale può essere il miglior petalo della Margherita per la segreteria del partito nell´Isola. Francamente è un esercizio politico curioso, di cui non è facile capire la razionalità. Si intravede solo la fredda obbedienza alla ripartizione già stabilità a livello nazionale: il segretario generale a me, questa regione a te, quest´altra tocca a me. Senza offesa per nessuno, sembrano più pratiche da vecchia Democrazia cristiana che grandi trovate utili per un futuro che si vorrebbe disegnare migliore e diverso dall´oggi. Non hanno i Democratici di sinistra siciliani nomi di peso da spendere per l´elezione d´ottobre? Per un partito che dice di credere fermamente al ruolo importante che il Pd può avere nella politica siciliana, non pare una conseguente e coerente assunzione d´impegno. Lo stesso ragionamento si potrebbe estendere alla terza componente del partito ancora in fasce, ossia la società civile. Margherita, Ds e società civile non organica ai due soggetti stanno lavorando al fine di traghettare un grande pezzo di politica regionale al di là del guado. E allora, perché non è possibile una sfida, non segnata dal risultato già acquisito in partenza, fra tre esponenti di prima grandezza delle rispettive aree? Sarebbe un inizio di un certo interesse per un partito che, avendo scelto di chiamarsi democratico, della democrazia rappresentativa deve cercare di incarnare sino in fondo gli aspetti sostanziali e non, ancora una volta, i vuoti simulacri di procedure elettorali buone soltanto per l´occhio delle telecamere.

martedì 14 agosto 2007

Chi determina la politica nelle città

LA REPUBBLICA MARTEDÌ - 14 AGOSTO 2007

Pagina I
L´ANALISI

I partiti comandano il sindaco obbedisce

FRANCESCO PALAZZO





Dopo la definizione della giunta comunale, è utile fare qualche riflessione. I partiti l´hanno modellata secondo i loro più intimi desideri, dopo mesi di liti. Che non si sono consumate sulle migliori politiche da adottare per la città, ma per «dare risposte» ai grandi elettori e alle varie correnti del centrodestra. La città è rimasta sullo sfondo, indistinti i suoi mille problemi.La campagna elettorale, corredata di slogan improbabili, è ormai lontana. Chi se ne ricorda più? Tanto che ci si potrebbe chiedere a cosa è servita la stessa procedura che ha portato all´elezione diretta del sindaco. Se la politica i cittadini non riescono a determinarla neanche con un voto diretto, ma la decidono e la plasmano in ogni sua parte altri, davvero il meccanismo del suffragio universale per l´elezione dei primi cittadini comincia ad avere più di qualche crepa. C´è stata una stagione, negli anni Novanta, in cui i sindaci, forti del consenso popolare ricevuto, riuscivano a proporre governi delle città che cercavano di volare alto. Da allora sembra trascorso un secolo. Adesso i partiti, importanti quanto si vuole, hanno ripreso il sopravvento in maniera così oppressiva da togliere il respiro. Di fatto neutralizzando, nella sostanza, la portata innovativa di un meccanismo elettorale che aveva ricongiunto le amministrazioni civiche ai cittadini. E non accade solo nelle municipalità. Lo stesso meccanismo è in atto alla Regione e nel governo nazionale. Anche in quei casi non è bastata l´elezione diretta dei vertici per garantire governi autorevoli e dotati di una certa autonomia dalle formazioni politiche e dai giochi parlamentari. Occorre senz´altro pensare ad alcune modifiche. Restando ai Comuni, si potrebbero obbligare i candidati a sindaco a fornire una vera lista completa degli assessori prima del voto, in modo che il corpo elettorale sappia con certezza di votare quella squadra che sarà al lavoro il giorno dopo la tornata elettorale. Sì, certo, prima delle elezioni ogni candidato a sindaco, così come vuole la legge, nomina metà della giunta. Sappiamo però che è solo un modo per rispettare e nello stesso tempo aggirare la norma. A Palermo, almeno per il centrodestra, quasi tutti i nominativi tirati fuori in un primo momento (ben sette su nove) servivano soltanto a riempire caselle. Occupate ora dagli uomini nominati assessori. E quando diciamo uomini, letteralmente vogliamo sottolineare che neanche una donna è presente in giunta. Alla faccia delle pari opportunità e di quote rosa sbandierate durante i comizi. Ci sarebbe da chiedersi che ne pensano e perché restano mute quelle associazioni di donne che incontrarono i candidati durante la campagna elettorale. Sulle deleghe, poi, si è inscenato un vero parapiglia. Le cronache ci informano che un neo-assessore ha storto il muso di fronte a quelle assegnategli, ossia il decentramento e le circoscrizioni, considerandole di serie B. Le circoscrizioni, in particolare, al momento organismi vuoti, dovrebbero essere ritenute ambiti d´impegno politico di primo livello, per trasformarle finalmente in istituzioni davvero operanti e vicine al popolo. Così non è. Il peso politico di una delega, evidentemente, si misura con quanto consenso si riesce a portare a casa. Insomma, se eleggere un sindaco direttamente deve ormai significare soltanto consegnare tutto, come ai vecchi tempi, esclusivamente e non parzialmente, nelle mani del sistema partitico, a tutto interesse di appetiti e personalismi vari, allora sarebbe meglio non prendersi in giro. Senza tanti giri di parole, si potrebbe tornare ai sindaci e alle giunte scelti dai Consigli comunali, dai partiti, dai capibastone e dai rappresentanti dei più influenti interessi economici. Da tutti coloro che, in buona sostanza, governano veramente le città e per i quali il voto democratico è solo un dettaglio da mettere subito in soffitta. Almeno ci sarebbe più chiarezza per tutti. A meno che prima la legge e poi la volontà dei singoli non consentano esiti diversi. Durante il periodo delle primarie, Leoluca Orlando affermò che i partiti, se avesse vinto le elezioni, avrebbero conosciuto i nomi degli assessori dai giornali. Per tale dichiarazione fu criticato aspramente dai suoi alleati. Adesso dobbiamo ammettere che il metodo di mettere un attimo da parte i partiti nella formazione della giunte, scegliendo per il bene delle città quanto di meglio esse esprimono, non è poi tanto da buttare. È forse l´unica maniera per salvare lo spirito dell´elezione diretta, se non si vuole ancora svuotarla internamente, mantenendone intatte soltanto le apparenze formali.

mercoledì 8 agosto 2007

Rodolfo Guajana, un borghese anomalo

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ, 08 AGOSTO 2007
Pagina I

L´ANALISI

Un borghese anomalo
FRANCESCO PALAZZO



Lunedì, in un´intervista televisiva, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha indicato come modello di palermitano l´imprenditore Rodolfo Guajana, la cui impresa una settimana addietro è stata distrutta dal fuoco appiccato dal racket delle estorsioni. A caldo il titolare dell´azienda annientata dichiarò di avere la consapevolezza di essere una persona diversa, in quanto gli sembra normale non pagare il pizzo alla mafia. Adesso Rodolfo Guajana lancia un appello, dove spiega le ragioni del suo essere «diverso», mostrando le sue profonde radici di credente cattolico, praticante e fortemente impegnato nella sua comunità cristiana come ministro straordinario dell´eucaristia e volontario all´azienda ospedaliera Villa Sofia. Nello stesso tempo il suo è un robusto invito alle chiese a prendere posizione dai pulpiti, a non essere tiepide. Siamo di fronte a una novità per la Chiesa palermitana e siciliana. Un semplice credente chiede conto e ragione ai cristiani, alle gerarchie che li guidano, del loro porsi nei confronti della signoria mafiosa. Non si può, egli scrive, finanziare la criminalità e prendersi la comunione la domenica. Alla luce di ciò possiamo integrare la considerazione del procuratore, affermando che Rodolfo Guajana non è solo da prendere a riferimento come modello di cittadinanza laica, ma è anche un credente come dovrebbero esserlo tutti in terra di mafia. Il punto è, purtroppo, che tra i cittadini, laici o credenti che siano, non si intravedono molti esemplari umani anche vagamente simili all´imprenditore palermitano. Gli ambiti civili e quelli religiosi, a parte una ristrettissima cerchia di persone, sono in realtà permeati dalla cultura del lasciarsi vivere senza esporsi più di tanto. Si accetta qualsiasi forma di appropriazione illegale del territorio e, in definitiva, della propria libertà. Gli esempi possono essere tanti, sia in ambito civile sia in quello religioso. Quando si assiste al comportamento di professionisti i quali non solo non trovano disdicevole pagare i posteggiatori abusivi sotto casa, che spesso sono le vedette sul territorio delle cosche in quanto da esse autorizzati, ma che con loro intrattengono rapporti più che amichevoli, quasi di fiducia, si capisce quanto lontano possiamo essere da una classe dirigente che si muova secondo i criteri trasparenti di Guajana. Il vero guaio non è costituito dalla cosiddetta borghesia mafiosa, ma da quella fascia molto più ampia di borghesia, che attraversa trasversalmente tutti i settori pubblici e privati, la quale sta semplicemente a guardare e si schiera silenziosamente, ma molto concretamente, con i sistemi di potere illegali. Di qualsiasi natura essi siano, in primo luogo quelli mafiosi. Spostandoci, poi, sul versante religioso, se solo riflettiamo che dai pulpiti delle omelie domenicali vengono talvolta pressanti richiami a evitare quelli che sarebbero le piaghe dell´umanità - nell´ordine aborto, divorzio e omosessualità - o, bene che vada, si esortano i fedeli a votare quei partiti che non vanno contro la Chiesa, come ancora continua ad accadere, ci accorgiamo che la comunità di fede palermitana si muove complessivamente a distanza di anni luce da come la vorrebbe l´imprenditore nella sua lettera aperta. La quale, molto probabilmente, sarà ignorata dalle parrocchie. Dovrebbe invece essere riprodotta in milioni di copie dalla Curia palermitana, distribuita con la stessa meticolosità del foglietto contenente le letture domenicali e mandata a memoria come una litania. Ciò che spesso fa problema ammettere, soprattutto a quanti si beano dell´antimafia dei pochi, è che l´affermazione che Cosa nostra in Sicilia è composta di circa cinquemila affiliati organici che soggiogherebbero più di cinque milioni di siciliani puri come gigli non corrisponde minimamente alla verità per come la conosciamo. Perché prima bisognerebbe dimostrare che almeno altri cinquemila cittadini e cittadine, credenti e no, in tutta l´Isola abbiano lo stesso spessore etico, civile o religioso dell´imprenditore Rodolfo Guajana. Cinquemila, pur violenti, contro altri cinquemila, pur pacifici, già sarebbe un punto di partenza. Ma tale inizio è ben lontano dall´essere raggiunto.

giovedì 2 agosto 2007

Se la politica facesse il test sul tasso di onestà e buona amministrazione

LA REPUBBLICA PALERMO - GIOVEDÌ, 02 AGOSTO 2007
Pagina I
LA POLEMICA
E se facessero il test sul tasso di onestà?
FRANCESCO PALAZZO




Eravamo sicuri che la politica siciliana, con qualche timido distinguo, si sarebbe accodata al controllo antidoping per gli eletti. Gli strali che provengono, più da destra che da sinistra, contro l´uso di droghe e sulla negativa influenza che esse possono avere nell´azione politica, sono encomiabili. In effetti, da tempo sospettavamo che il popolo siciliano sentisse come impellente la necessità di sapere quanti dei loro rappresentanti fanno uso di droghe e, se possibile, anche le loro abitudini sessuali e il conseguente ménage familiare. E poi, perché fermarsi a questo? Anche il tasso alcolico potrebbe costituire ostacolo a una sana e corretta azione politica. Quindi, che so, prima di entrare a Palazzo delle Aquile o all´Assemblea regionale si potrebbe sottoporre tutti alla prova del palloncino. In modo da verificare lo stato d´ebbrezza o la totale astemia di quanti si apprestano a mettersi al volante della macchina politica. Chi risulterà pulito e in regola su tutti questi fronti sarà senz´altro in grado di rappresentare degnamente il popolo siciliano. Il quale si sentirà molto più sicuro, avendo la certezza di essere guidato da simili rappresentanti, i quali, lontani dai fumi dell´alcol, distanti anni luce da cocaina e simili, con famiglie ufficialmente sane, stile Mulino bianco, sapranno legiferare e mettere in atto tutte le azioni di governo utili per fare finalmente migliorare questa terra. Che stiamo parlando d´aria fritta non c´è bisogno di sottolinearlo. Ma è proprio perché si parla del nulla, senza alcun rischio vero per nessuno, che si registra questa sorta di campagna moralistica contro i "vizi" dell´umanità. Ben altre reazioni, ovviamente, ci sarebbero se ci si proponesse di verificare il tasso reale, vissuto esistenzialmente e politicamente, non quello parlato, di antimafiosità. Difatti ancora oggi, così come nel passato recente e remoto, accade che di fronte a quadri politici più che imbarazzanti, che talvolta diventano anche gravi configurazioni giudiziarie o condanne definitive, si gridi al garantismo a squarciagola quando si vorrebbe impedire ad alcuni di entrare dentro le istituzioni o si pretenderebbe che taluni ne uscissero perché impresentabili. In questi casi la campagna inquisitoria, che vorrebbe combattere i vizi e i peccati privati, miseramente svanisce di fronte a colpe che hanno pesantissime rilevanze pubbliche.
In futuro potrà quindi capitare che un deputato regionale, un sindaco, un assessore, un consigliere comunale, un presidente della Regione, siano messi alla berlina per qualche spinello o per notturni incontri amorosi fuori dai canoni. Mentre invece, facile previsione, continuerà a non accadere niente se i soggetti di prima si impegneranno in non casuali e accertate frequentazioni con gente al di sotto di ogni sospetto. Ancora più complicato sarebbe un altro tipo di controllo, ossia quello sulla buona o cattiva amministrazione. Il nero diventa bianco sovente in quest´ambito, soprattutto in campagna elettorale, quando si deve dare conto di quanto già fatto e si deve prospettare quanto si vorrà fare. Dopo le elezioni tutto sfugge e torna a farsi impalpabile, proprio come la cattiva aria che respiriamo a Palermo. Che ha il pregio, rispetto agli stupefacenti, di essere smerciata gratuitamente per tutti e di avere quasi lo stesso effetto. Non ci illudiamo, quindi. In Sicilia non troveremo, sull´antimafia non di facciata e sulle capacità amministrative, cioè su quegli aspetti della vita associata che veramente interessano i cittadini, folle di classe dirigente disposte ad afferrare la scimitarra di serrati e seri controlli, come oggi si vuole fare per questioni che attengono solo ed esclusivamente alla sfera personale e intima del singolo. Per parte nostra continueremo senz´altro a preferire un politico magari un po´ vizioso, ma onesto e preparato, a uno apparentemente virtuoso ma disonesto o mafioso.