LA REPUBBLICA MARTEDÌ - 14 AGOSTO 2007
Pagina I
L´ANALISI
I partiti comandano il sindaco obbedisce
FRANCESCO PALAZZO
Pagina I
L´ANALISI
I partiti comandano il sindaco obbedisce
FRANCESCO PALAZZO
Dopo la definizione della giunta comunale, è utile fare qualche riflessione. I partiti l´hanno modellata secondo i loro più intimi desideri, dopo mesi di liti. Che non si sono consumate sulle migliori politiche da adottare per la città, ma per «dare risposte» ai grandi elettori e alle varie correnti del centrodestra. La città è rimasta sullo sfondo, indistinti i suoi mille problemi.La campagna elettorale, corredata di slogan improbabili, è ormai lontana. Chi se ne ricorda più? Tanto che ci si potrebbe chiedere a cosa è servita la stessa procedura che ha portato all´elezione diretta del sindaco. Se la politica i cittadini non riescono a determinarla neanche con un voto diretto, ma la decidono e la plasmano in ogni sua parte altri, davvero il meccanismo del suffragio universale per l´elezione dei primi cittadini comincia ad avere più di qualche crepa. C´è stata una stagione, negli anni Novanta, in cui i sindaci, forti del consenso popolare ricevuto, riuscivano a proporre governi delle città che cercavano di volare alto. Da allora sembra trascorso un secolo. Adesso i partiti, importanti quanto si vuole, hanno ripreso il sopravvento in maniera così oppressiva da togliere il respiro. Di fatto neutralizzando, nella sostanza, la portata innovativa di un meccanismo elettorale che aveva ricongiunto le amministrazioni civiche ai cittadini. E non accade solo nelle municipalità. Lo stesso meccanismo è in atto alla Regione e nel governo nazionale. Anche in quei casi non è bastata l´elezione diretta dei vertici per garantire governi autorevoli e dotati di una certa autonomia dalle formazioni politiche e dai giochi parlamentari. Occorre senz´altro pensare ad alcune modifiche. Restando ai Comuni, si potrebbero obbligare i candidati a sindaco a fornire una vera lista completa degli assessori prima del voto, in modo che il corpo elettorale sappia con certezza di votare quella squadra che sarà al lavoro il giorno dopo la tornata elettorale. Sì, certo, prima delle elezioni ogni candidato a sindaco, così come vuole la legge, nomina metà della giunta. Sappiamo però che è solo un modo per rispettare e nello stesso tempo aggirare la norma. A Palermo, almeno per il centrodestra, quasi tutti i nominativi tirati fuori in un primo momento (ben sette su nove) servivano soltanto a riempire caselle. Occupate ora dagli uomini nominati assessori. E quando diciamo uomini, letteralmente vogliamo sottolineare che neanche una donna è presente in giunta. Alla faccia delle pari opportunità e di quote rosa sbandierate durante i comizi. Ci sarebbe da chiedersi che ne pensano e perché restano mute quelle associazioni di donne che incontrarono i candidati durante la campagna elettorale. Sulle deleghe, poi, si è inscenato un vero parapiglia. Le cronache ci informano che un neo-assessore ha storto il muso di fronte a quelle assegnategli, ossia il decentramento e le circoscrizioni, considerandole di serie B. Le circoscrizioni, in particolare, al momento organismi vuoti, dovrebbero essere ritenute ambiti d´impegno politico di primo livello, per trasformarle finalmente in istituzioni davvero operanti e vicine al popolo. Così non è. Il peso politico di una delega, evidentemente, si misura con quanto consenso si riesce a portare a casa. Insomma, se eleggere un sindaco direttamente deve ormai significare soltanto consegnare tutto, come ai vecchi tempi, esclusivamente e non parzialmente, nelle mani del sistema partitico, a tutto interesse di appetiti e personalismi vari, allora sarebbe meglio non prendersi in giro. Senza tanti giri di parole, si potrebbe tornare ai sindaci e alle giunte scelti dai Consigli comunali, dai partiti, dai capibastone e dai rappresentanti dei più influenti interessi economici. Da tutti coloro che, in buona sostanza, governano veramente le città e per i quali il voto democratico è solo un dettaglio da mettere subito in soffitta. Almeno ci sarebbe più chiarezza per tutti. A meno che prima la legge e poi la volontà dei singoli non consentano esiti diversi. Durante il periodo delle primarie, Leoluca Orlando affermò che i partiti, se avesse vinto le elezioni, avrebbero conosciuto i nomi degli assessori dai giornali. Per tale dichiarazione fu criticato aspramente dai suoi alleati. Adesso dobbiamo ammettere che il metodo di mettere un attimo da parte i partiti nella formazione della giunte, scegliendo per il bene delle città quanto di meglio esse esprimono, non è poi tanto da buttare. È forse l´unica maniera per salvare lo spirito dell´elezione diretta, se non si vuole ancora svuotarla internamente, mantenendone intatte soltanto le apparenze formali.
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