domenica 24 febbraio 2008

Regione Siciliana e Centrosinistra: Liste, Termovalorizzatori e Ponte

LA REPUBBLICA PALERMO - DOMENICA 24 FEBBRAIO 2008

Pagina XIX


Un centrosinistra unito nella sfida per lo sviluppo

FRANCESCO PALAZZO


La tempestiva virata del centrosinistra siciliano, che ha recuperato lo stallo in cui si era cacciato in un primo momento, pur avendo fatto fare un passo fondamentale in avanti nel sancire definitivamente il tandem Anna Finocchiaro-Rita Borsellino, lascia sul terreno due nodi problematici, elettorali e programmatici, destinati ad avere un peso rilevante. Sul primo versante, quello elettorale, si temeva che le tre liste che il Partito democratico voleva presentare potessero prendere troppi voti, e questa, che sarebbe una condizione invidiabile in qualsiasi parte del globo, impauriva i partiti della Sinistra Arcobaleno. I quali, invece di rispondere a tono, mettendo anche loro in campo almeno due liste altamente competitive, giocano al ribasso. Se il Pd si è fatto davvero convincere a mettere in campo due liste solo per accontentare i compagni di viaggio dell´altra parte della coalizione, così come pare dalle prime dichiarazioni, non comincia con il passo giusto. Sul tema c´è un´esperienza recentissima, che dovrebbe consigliare comportamenti diversi. Si dice infatti che nel 2006 la stessa cosa capitò alla lista che portava il nome di Rita Borsellino. Non si voleva che quella lista fosse molto forte perché poteva fare ombra a sinistra. Come andò a finire lo sappiamo. La lista Borsellino non arrivò al minimo del 5 per cento, quella di Uniti per la Sicilia superò di pochissimo lo sbarramento. Ovviamente si persero le elezioni. E siccome si tende a ripetere le belle esperienze, si è pronti a riprovarci. Con gli stessi identici argomenti. L´altro versante problematico è, dicevamo, quello programmatico. La Finocchiaro ha detto che utilizzerà, aggiornandolo, il programma messo su dai cantieri della Borsellino nel 2006. Tuttavia, ci sono aspetti di un certo rilievo che, se sottovalutati oggi, potrebbero costituire un grosso problema domani, se si dovesse veramente amministrare la Regione. C´è a esempio la storia dei termovalorizzatori. Da sinistra si vorrebbe che il Pd, che dice sì a queste strutture fondamentali in tutto il resto d´Italia, cambi idea in Sicilia. A noi pare che questa battaglia sul no agli inceneritori stia diventando, senza offesa per nessuno, sempre più lo spaccato di un ritardo culturale, politico e ambientale, che dovrà essere superato al più presto. E la stessa cosa vale per il ponte sullo stretto, che, se vincerà il centrodestra alle nazionali, così come annunciato da Berlusconi, tornerà prepotentemente nell´agenda politica. Se così sarà, gli scontri tra Pd e Sinistra Arcobaleno non mancheranno neanche in questo caso. Citiamo due problemi simili quanto ad approccio politico. Sugli inceneritori si dice che prima di realizzarli occorra una seria raccolta differenziata. Con il risultato che non si fanno né i primi né la seconda. E con il rischio di ritrovarci invasi dalla spazzatura come in Campania. La stessa logica vale per il ponte sullo stretto. Prima del ponte, si afferma, ci vogliono le infrastrutture di cui la Sicilia è carente. Se si continua così, il resto della vita non ci basterà per ammirare né il ponte, né le infrastrutture. Se riflettiamo sulle due tematiche evidenziate, e se ne potrebbe aggiungere qualche altra d´importanza strategica, ci rendiamo conto del perché il Partito democratico abbia deciso, per le politiche, di separare il suo destino da quello della Sinistra Arcobaleno. In Sicilia la strada da seguire deve essere un´altra, si deve stare insieme, da noi il centrosinistra è già debole pure se va unito, figuriamoci diviso. Non possiamo che augurarci quindi, non per fare il tifo per qualcuno, ma perché ciò farebbe bene ai siciliani, che in questa parte di schieramento prevalgano due concetti, elettorali e programmatici. Primo: più liste forti si presentano più voti si prendono, non si deve avere timore della competizione interna, solo alzando l´asticella della gara si può prendere molto consenso. Secondo: non si può governare una regione difficile come la Sicilia con i no e i divieti incondizionati e ideologici. Perché in qualche modo si può forse anche provare a vincere, ma la vera sfida sta poi nel governare i processi. In maniera coerente, unitaria e moderna.

mercoledì 20 febbraio 2008

La candidatura di Miccichè in Sicilia. Si può fare?


REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ, 20 FEBBRAIO 2008

Pagina XI

La resistenza dell´ex leader forzista

FRANCESCO PALAZZO


Nel panorama politico siciliano post Cuffaro, la novità vera nell´ambito del centrodestra, e in un certo senso in assoluto anche riguardo al centrosinistra, è la volontà di Gianfranco Miccichè di candidarsi per ricoprire la poltrona più alta di Palazzo d´Orleans. Un proposito confermato e fattosi sempre più determinato giorno dopo giorno. Al punto che, vista la disponibilità dell´Udc siciliana di appoggiare Lombardo e quella di Miccichè di non recedere dalle sue intenzioni in presenza del partito di Casini nella coalizione siciliana, appare una cocente sconfitta per l´ultimo presidente dell´assemblea regionale un passo indietro dell´ultimo minuto. Peraltro determinato dai centri di potere romani del suo partito, che sacrifica l´autore del 61 a 0 del 2001 sull´altare del risultato delle politiche nazionali che torna a farsi incerto, o non più tanto sicuro, dopo la decisione dell´Udc di correre da sola alle politiche. L´argomento potrebbe interessare i siciliani e le siciliane perché, al contrario di quanto si possa pensare frequentando i più affollati luoghi comuni della politica siciliana, fatti più di taglio e cucito che di certezze, quella di Miccichè ci parrebbe, o ci sarebbe parso, come un autentico tentativo di discontinuità rispetto alle politiche che il centrodestra ha incarnato dal 2001 nell´isola. Allo stesso modo, ci sembrava non di poco momento il nome avanzato in un primo momento, e subito ritirato, di Stefania Prestigiacomo. O quello dello stesso coordinatore regionale Angelo Alfano. Del resto, Miccichè, Prestigiacomo e Alfano non sono i soli nomi spendibili dall´ex Forza Italia in Sicilia. Della partita, tra gli altri, poteva essere, e non ricordiamo se la sua candidatura sia venuta fuori in qualche frangente nelle ultime settimane, pure il senatore Carlo Vizzini, che negli ultimi anni ha intrapreso un percorso di moralizzazione della vita politica siciliana. Insomma, il partito forte dell´isola aveva al suo arco alcune frecce non proprio secondarie per porre, autorevolmente e legittimamente, il proprio cappello sulla poltrona più alta della politica siciliana. Ora è rimasto il solo Miccichè, che al momento in cui scriviamo ancora resiste e il cui frequentatissimo blog rivela che la sua candidatura ha (o poteva avere nel momento in cui leggete) qualche seguito anche all´esterno del Partito delle libertà. Forse ci sbagliamo clamorosamente, ma leggendo quello che Miccichè scrive e dice, ci pare che il suo desiderio di cambiamento possa essere accreditato seriamente, senza retropensieri o chissà quali dietrologie. Perché non riconoscere che in ambedue gli schieramenti in campo possono esserci delle aspirazioni non disprezzabili di modernizzazione della nostra regione? Così com´è corretto rilevare che, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra, vi siano delle forze obiettivamente conservatrici dell´esistente, pur professando amore sviscerato per l´autonomismo da un lato, o, dall´altro, rivendicando percorsi non del tutto chiari di democrazia partecipata. Forse per una parte del centrodestra, anche mancante del Movimento per l´autonomia e dell´Udc (che probabilmente sostenendo Lombardo alle condizioni date e abbandonando l´ipotesi di un proprio nome per la presidenza, s´indebolisce ancora di più), era il caso di andare a vedere le carte di Miccichè sperimentando sino in fondo la sua voglia di esserci. Invece sembra ormai certo che da quelle parti ci sorbiremo la stessa minestra di prima. Quella degli ultimi sette anni di governo, che difficilmente ricorderemo per qualcosa di positivo. Ma questa volta la pietanza sarà riscaldata e rimasticata secondo criteri spartitori ben più saldi. E quindi si rivelerà ancora più immangiabile per tutti. E allora, se egli non ha già desistito definitivamente, diremmo a Miccichè di provarci lo stesso. Forse anche per lui, utilizzando lo slogan veltroniano, si può fare.

domenica 17 febbraio 2008

Sicilia: Finocchiaro, Borsellino e la politica gentile


LA REPUBBLICA PALERMO - DOMENICA 17 FEBBRAIO 2008

Pagina I
LA POLITICA GENTILE
FRANCESCO PALAZZO

La candidatura di Anna Finocchiaro alla presidenza della Regione, tanto attesa e richiesta da uno spaccato trasversale del centrosinistra che va ben al di là del Partito democratico, temuta e rispettata da settori non marginali del centrodestra siciliano, si è infine materializzata nella forma più solenne durante i lavori della costituente romana del Pd. Le poche ma significative parole con cui la Finocchiaro ha dato la propria disponibilità ridanno alla Sicilia delle risse, in cui il centrodestra si arrovella a causa di ingombranti quanto vani personalismi, una dimensione nazionale di dignità. Ora per la senatrice, che ha chiesto la collaborazione di Rita Borsellino, comincia la parte più difficile. Anche per l´esiguo tempo che ha a disposizione per la campagna elettorale. In Sicilia - ha detto la neo-candidata - tutto è più difficile, e perciò è più bello quando si riesce a cambiare. La Sicilia ha bisogno disperato di un cambiamento vero, non di facciata, che non si fermi agli slogan e alle buone intenzioni. Difficilmente, vista la situazione in cui si muove, può provarci il centrodestra. Non ne è capace perché non riesce a sganciarsi dal clientelismo sistematico e dalla spartizione di tutto. Chi ha avuto modo di vedere all´opera qualche ramo dell´amministrazione regionale, anche qualcuno di quelli che si ponevano all´inizio della legislatura regionale come innovativi e competenti, ha visto una volontà e una prassi tendenti a fare della cosa pubblica un ambito per pochi, per coloro che arrivano a lambire, in qualche modo, il mantello del potere. Questo sistema non è solo siciliano, d´accordo. Ma in Sicilia mostra il suo volto più protervo e inconcludente, sprecone e nello stesso tempo incapace di porre anche le appena sufficienti condizioni di sviluppo. Lo abbiamo visto con Agenda 2000, che non ha prodotto avanzamenti strutturali, ma che è andata ad alimentare la spesa corrente. Una grande opportunità sprecata. Ed è inutile sapere se si è speso tutto o poco: quello che conta per i comuni cittadini è che quel poco o molto lo si è speso male. Chi si candida a governare la Sicilia deve subito porre le condizioni affinché i prossimi fondi europei siano utilizzati bene. Così come chi si appresta a tentare la conquista del governo regionale deve sapere che senza una vera riforma dell´amministrazione non si possono porre condizioni, neanche minime, di vero avanzamento in settori strategici delle politiche pubbliche. La Regione ha in sé, senza foraggiare consulenze d´oro o alimentare società che si sovrappongono a quanto può essere fatto già bene negli uffici regionali, le condizioni per fare un grande balzo in avanti. Chi si candida a governare la Sicilia deve mettersi nelle condizioni di andare molto al di là della parte politica che esprime la candidatura. Deve essere in grado di individuare le intelligenze e i saperi migliori di questa terra, presenti certo anche nei partiti, ma anche fuori di essi. Presenti pure in quanti, quasi tutti giovani, hanno dovuto e continuano ad andarsene lontano dalla nostra regione per sfruttare competenze e professionalità. Non è un compito facile quello che attende Anna Finocchiaro se vuole provarci, come crediamo, sino in fondo. Crediamo lei lo sappia bene. Come siciliani dobbiamo augurarci che sappia presto andare oltre il giustificato entusiasmo che certo accoglierà la sua disponibilità a misurarsi nella sua e nella nostra terra. C´è comunque già un dato incontrovertibile. Per la seconda volta consecutiva il centrosinistra siciliano candida una donna alla poltrona politica più importante della regione. E la cosa più bella e significativa è che ciò avviene non nelle liti che caratterizzano in questo momento il centrodestra. Ma in un clima che vede la candidata del 2006, Rita Borsellino, pronta a collaborare e a raccogliere la richiesta di aiuto che la Finocchiaro le ha lanciato ufficialmente ieri mattina. Non sappiamo come andrà a finire. Ci pare che tuttavia il centrosinistra, forse con qualche settimana in più del necessario, stia mostrando che alla politica cannibale del centrodestra si può contrapporre una politica gentile, forse perché vede protagoniste due donne. Speriamo anche che sia una politica capace di andare alla sostanza delle cose e di far voltare pagina alla Sicilia.

mercoledì 13 febbraio 2008

Regionali siciliane 2008: le finte liti nel centrodestra, le estenuanti attese nel centrosinistra


LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 13 FEBBRAIO 2008

Pagina I
L´ANALISI
La guerra del centrodestra spiazza l´opposizione
FRANCESCO PALAZZO




Forse pecca d´ingenuità chi non crede alla ferocia guerresca che caratterizza il centrodestra isolano sulla scelta del candidato alla guida della Regione nelle elezioni di aprile. Ci sembra di sentire gli stessi strali che a livello nazionale, qualche mese addietro e non dieci anni fa, caratterizzavano i rapporti tra Forza Italia, An e Udc. L´idea berlusconiana di cancellare - in quei gazebo rimasti poi desolatamente vuoti - Forza Italia e fondare il Partito unico del popolo della libertà provocò reazioni durissime degli alleati. Il quadretto che ammiriamo oggi è cambiato. La forza del potere attenua gli spigoli finti, accorcia distanze inventate e relativizza di molto improbabili identità. Vedrete che l´Udc, nel panorama nazionale, starà dove deve stare. E che in ambito regionale il centrodestra riuscirà nella quadratura del cerchio, individuando un solo candidato che riuscirà a mietere a piene mani da quel granaio di voti che la Sicilia continua a essere per la parte conservatrice dello schieramento politico.Una cosa intanto è certa. E qui entra in ballo anche l´altra parte dello schieramento politico. Le scelte per la Sicilia, ossia di quale governo dare a questa regione e di che qualità dovrà essere, non sono né al primo, né al secondo, né al terzo punto dell´agenda politica odierna. Agli scontri personali, secondo noi fittizi e solo buoni per lo spettacolo, all´interno del centrodestra, fanno da contraltare le dilazioni, i rimandi che caratterizzano il centrosinistra isolano. Quello che conta, per ambedue le parti, è lo scenario nazionale. Prima si debbono sistemare le cose a Roma e poi si penserà alla Sicilia. Scenario consueto, tutto già visto, non ci meravigliamo più. Il punto è che il centrodestra può permetterselo, visto che poi chiunque candidi in Sicilia, se unito, vince, preso atto che ha dalla sua un paccone di voti che attualmente supera il 65 per cento. Forse il Partito democratico, che giustamente e legittimamente intende porre la candidatura per la presidenza, anziché subirla come nel 2006, dovrebbe presto rendersi conto che il tavolo su cui gioca il centrodestra non è lo stesso sul quale giochicchia il centrosinistra. Allora non è il caso di inseguire il centrodestra dilatando ancora le attese di chi vorrebbe sapere, a due mesi dalle elezioni, con quale candidato o candidata si cercherà di conquistare Palazzo d´Orleans. E, soprattutto, con quante liste, e se ben assortite, si affronterà il bastimento di consensi dell´ex Casa delle libertà. Che sarà ancor più alimentato dalla voglia che ciascun partito avrà di rivelarsi indispensabile elettoralmente. A Palermo come a Roma. Si dice che non c´è più tempo per le primarie, e questa ormai è un´evidenza. Anche se di tempo per dire che non c´era tempo se n´è sprecato parecchio lo stesso. Quello che può accadere è che il centrodestra nel giro di qualche giorno, ossia più o meno lo stesso spazio temporale che impiega per creare partiti nuovi di zecca, risolva le sue apparenti guerre intestine, posizionandosi su un unico nome. In questo caso il centrosinistra potrebbe rimanere con il cerino delle infinite discussioni acceso in mano. Se così sarà, si potrà dire che le dimissioni di Cuffaro hanno colto più di sorpresa il centrosinistra, che le aveva chieste a gran voce smuovendo anche le piazze e che quindi doveva essere subito lesto a indicare una forte e prestigiosa candidatura, che non il centrodestra, che le ha subite.

venerdì 8 febbraio 2008

Le omelie del Cardinale Pappalardo rivolte a Palermo


LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ 08 FEBBRAIO 2008

Pagina XI
Le denunce di Pappalardo

La mafia: Il vescovo di "Sagunto" ha fatto sentire spesso la sua voce per denunciare i boss
La politica: Tante accuse per carenze e ritardi ma anche attenzione per i segnali di svolta
FRANCESCO PALAZZO





"Un vescovo, Palermo e S. Rosalia". È il titolo scelto dall´Arcidiocesi di Palermo per la raccolta delle omelie rivolte alla città fuori dal tempio, dal 1976 al 1996, dal cardinale Salvatore Pappalardo, morto nel dicembre del 2006. Le occasioni sono quelle delle festività di luglio e settembre dedicate alla santa e gli appuntamenti, il primo gennaio e per il Festino, con l´amministrazione cittadina. Il primo giorno del 1976, a Palazzo delle Aquile, l´arcivescovo sferza la politica palermitana. «Sarei venuto più volentieri se avessi trovato un´amministrazione che, risolti i suoi ricorrenti problemi, si presentasse in un momento di intensa applicazione ai gravi compiti che le spettano». Pappalardo è passato alla storia per l´omelia di Sagunto, pronunciata durante i funerali di Dalla Chiesa. Ma leggendo questa antologia, si vede come sempre ha denunciato la presenza mafiosa. Lo fa, ad esempio, da piazza Marina il 15 luglio del 1978. «In questa città si commettono, da soggetti che spesso restano impuniti, tante prepotenze riconducibili al modello mafioso, tanta paura di ritorsioni e vendette, tanta omertà». L´attenzione alle dinamiche politiche è informata, mai sommaria. Nella stessa omelia la constatazione che «c´è un governo regionale che vuole operare efficacemente; gli auguriamo di portare avanti concreti e coraggiosi programmi». Non sfugge al presule che alla guida del governo regionale c´è Piersanti Mattarella. Parlando della città il cardinale indica problemi specifici: il risanamento del centro storico, tema spesso ripreso, la disoccupazione, la carenza di case, i poveri. Il 9 maggio del 1980, alla vigilia delle amministrative, invia una lettera ai candidati. Soffermandosi su circostanziate questioni: l´edilizia urbana, le infrastrutture, i pubblici servizi, la scuola, i problemi giovanili e la pubblica amministrazione. Il 15 luglio dello stesso anno, da piazza Tredici Vittime, sottolinea che «la nostra città, la città di Rosalia, si è, purtroppo, distinta per tanti delitti, assassini politici, mafiosi o di entrambi i tipi». Sono trascorsi pochi mesi dagli omicidi Mattarella e Basile. Il 15 luglio del 1981 torna sulla città, che può risorgere «eliminando una strana caratteristica: riuscire a rendere complicate anche le cose che dovrebbero essere, ed altrove sono, facili». Il 15 luglio del 1983, da piazza Marina, un´analisi economica. «Salvezza di Palermo non possono essere i facili guadagni disgiunti da vera attività produttiva; se Palermo consuma tre volte più di quanto riesce a produrre, voi comprenderete che questa non è una situazione di sanità economica e morale». Il 15 luglio del 1985 una nuova strigliata agli amministratori: «La gestione commissariale (a Palermo si erano succeduti, dal dicembre 1984, i due commissari Scialabba e Vitocolonna) ha fatto vedere a tutti che a Palermo si possono affrontare i problemi, dimostri ora la stessa cosa la nuova amministrazione comunale». Comincia la stagione di Leoluca Orlando. E da piazza Marina, il 15 luglio 1986, giunge un apprezzamento per il nuovo corso. Il 1° gennaio del 1987, da Palazzo delle Aquile, una previsione di quella che poi sarà la stagione dei sindaci degli anni Novanta. «Anche le leggi stanno dando ai comuni piena responsabilità non sono più lo Stato o la Regione che ci devono pensare. Un cambio di mentalità si richiede alle amministrazioni comunali, che devono farsi più coraggiose». Nelle omelie c´è un costante richiamo per tutti a fare il proprio dovere. Dopo le elezioni del 1990 una lettera agli eletti, dove afferma che «un´amministrazione spedita, un meccanismo di decisioni pubbliche non influenzato da interessi oscuri, una forte creatività locale, sono risorse altrettanto importanti contro la mafia quanto le pur fondamentali esigenze di repressione e di giustizia». C´è anche la conoscenza di specifiche vertenze. Il 15 luglio 1990, da piazza Marina, parla dei Cantieri navali e della Keller, dove si temono licenziamenti. Il 13 luglio del 1991 dal palazzo di città un rimprovero esplicito, per «far sì che entro tempi brevi, e senza le remore che gli interessi di parte troppo spesso hanno comportato, si portino a compimento, nella legalità e nell´efficienza, i punti nei quali Palermo deve realizzare irrinunciabili progressi». Il 4 settembre da Monte Pellegrino ricorda Libero Grassi. Il 13 luglio del 1993 nuovamente sulle difficoltà comunali. «Questa celebrazione si verifica, ancora una volta, in un momento in cui la vita del comune naviga in acque talora burrascose». È del 1° gennaio del 1996 l´ultima omelia di Pappalardo contenuta nel volume, dopo ventisei anni lascerà la diocesi. Torna sulla mafia. «Iniziamo il nuovo anno desiderando che si convertano quanti impegnati nelle nefaste attività dell´illegalità, della corruzione e della criminalità». Dalla lettura del volume emerge un Pappalardo inedito, attento osservatore e fine politico, forse sconosciuto ai più. Un vescovo che è stato capace di andare al di là di Sagunto.

mercoledì 6 febbraio 2008

Regionali 2008, per il centrosinistra una candidatura di partito

LA REPUBBLICA PALERMO – MERCOLEDÌ 06 FEBBRAIO 2008

Pagina XVII

La partita più difficile del centrosinistra siciliano

FRANCESCO PALAZZO



Le elezioni regionali non potevano capitare in un momento peggiore per il centrosinistra. Già la quantità di consenso di questa parte politica è abbastanza anemica in condizioni normali, figuriamoci se a ciò si aggiunge un quadro nazionale che vede spazzato via un governo dello stesso colore. Il 64 per cento che Demopolis attribuisce al centrodestra in Sicilia per le politiche, va probabilmente ritoccato verso l´alto se guardiamo alle regionali che si basano di più sul consenso personale dei candidati. La Cdl potrebbe superare il 65 per cento. Volete che un qualsiasi candidato alla presidenza, anche il più anonimo, non vinca ad occhi chiusi? Alle regionali del 2006 Cuffaro, che anonimo non era, perse quasi otto punti sul totale del suo schieramento, vincendo senza troppi patemi. E allora il centrosinistra era prevalso nelle elezioni nazionali d´aprile, e un qualche riflesso si ebbe anche in Sicilia nelle regionali di maggio. L´accorciamento della distanza elettorale in termini assoluti, che allora si registrò tra centrodestra e centrosinistra, si può più spiegare in tal modo. Oggi quelle condizioni non ci sono più. Del resto, che la cosa funzioni così, lo si può vedere guardando le regionali del 2001, dove la forte candidatura di Leoluca Orlando scontò la preponderanza schiacciante che in quel momento il centrodestra aveva in tutto il Paese. I nomi, quindi, contano ben poco. Possono solo incidere, anche se in maniera non decisiva, se sono l´espressione di un forte partito che si mobilita attorno a una candidatura. In tal senso va la presa di posizione del Partito democratico di voler scegliere il nome per la presidenza della regione. Non avere dietro un´organizzazione stabile e una deputazione folta in un´assemblea rappresentativa, rende oggettivamente deboli. Sia che si debba governare (la caduta del governo Prodi insegna), sia che si venga chiamati a gestire l´opposizione. Il centrodestra, presentando Cuffaro nel 2001 e nel 2006, e apprestandosi nuovamente a porre una candidatura proveniente dal mondo partitico, va nella direzione giusta, cioè quella di personaggi forti. Che possono contare su un consenso radicato nei partiti che li esprimono e non solo su spinte ideali, grandi e nobili quanto vogliamo, ma abbastanza inconsistenti in quanto a voti. Anche le stesse primarie sono da prendere come un passaggio, che dovrebbe essere al più presto reso obbligatorio per sottrarlo agli umori cangianti, e non come la soluzione. In genere l´elezione primaria, a meno che non si riesca a mettere su un palcoscenico ammaliante come quello americano, riesce soltanto a mobilitare lo zoccolo duro dell´elettorato di riferimento, difficilmente sposta un solo voto dal fronte avverso. Per fare questa operazione ci vogliono partiti solidi e liste forti. Se su questi ultimi s´innesta poi una candidatura autorevole e partitica per la guida dell´esecutivo, si può provare a chiudere il cerchio. C´è pressing su Anna Finocchiaro. E comunque è giusto che il Pd ci provi, anche con un altro nome. In questo caso Rita Borsellino potrebbe essere il naturale punto di riferimento, la leader, dello schieramento che si muove più a sinistra. Dalla percentuale di questo raggruppamento dipenderà se per le regionali ci sarà partita o no. E a tutti gli elettori siciliani, da qualsiasi parte indirizzino il loro voto, farebbe bene partecipare finalmente a un vero confronto elettorale.