LA REPUBBLICA PALERMO - 16 MARZO 2023
SCOMUNICA AI MAFIOSI, COME PASSARE NELLE PARROCCHIE DALLE PAROLE AI FATTI
Francesco Palazzo
In occasione del decennale dalla sua elezione, papa Francesco è tornato
a parlare di mafia. Facendo anche il nome di don Puglisi, ha confermato la
scomunica per i mafiosi. Siamo nell'anno del trentesimo anniversario
dell'omicidio mafioso di don Pino, a cinque anni dalla visita a Palermo di
Francesco nei luoghi di 3P e a trent'anni dal monito contro i mafiosi, che era
in realtà una scomunica al cubo, di Giovanni Paolo II sotto il Tempio della
Concordia. Ci si può dunque chiedere - i tempi sono abbastanza maturi, direi
che si viaggia con molto ritardo - cosa esattamente, quotidianamente, vuole
significare tale scomunica dal punto di vista sacramentale e pastorale. Dire
che la mafia e i mafiosi sono scomunicati in linea di principio può essere
appagante per la Chiesa, per il risvolto massmediatico che ogni volta ha tale
sentenza pronunciata urbi et orbi. Ma tutto va portato a terra.
Dal punto di vista dei sacramenti, a parte casi specifici e isolati, si vietano
matrimoni, funerali, estreme unzioni, accostamenti all'eucaristia? Magari ci
siamo distratti ma non ci pare. Del resto, se un intendimento non diventa un
fatto giuridico, non esiste. Quando la Chiesa vuole, ad esempio con i
divorziati risposati civilmente o conviventi, trova il modus operandi.
Pertanto, oggi può ricevere l'eucaristia un mafioso conclamato e condannato a
ripetizione e in via definitiva, ma non una persona divorziata e risposata
civilmente o convivente. Qualche anno fa era stato interdetto in qualche
diocesi ai mafiosi il ruolo del padrinato legato ai battesimi e alle cresime.
Ora in alcuni contesti diocesani questo ruolo è stato sospeso per tutti. Anche
se scrutiamo l'ambito pastorale, per tanti aspetti più importante di quello
strettamente ritualistico, si registra poco seguito a questa roboante, e
ripetuta sino alla noia, scomunica. Visto che
la stringente pastorale di don Puglisi di fatto è stata abbandonata nelle
parrocchie, sopravvive nelle cattedrali tra le pieghe di omelie vibranti e
certamente negli intendimenti impliciti di qualche parroco. Sia chiaro, fare
antimafia oltre le parole, cosa nella quale siamo diventati tutti bravi, non è
semplice. Applicarla come ha fatto don Puglisi, che proprio per questo è stato
ucciso da mafiosi credenti, è tutta un'altra storia. Della quale però dal 15
settembre 1993, cioè da quella sera di fine estate che pose fine alla vita di
un presbitero sul marciapiede di un quartiere di periferia, sono state scritte,
al di là dei proclami, poche pagine. Per utilizzare, modificato, il passaggio
più conosciuto dei quattro vangeli, il verbo non si è fatto carne. Domenica
mattina, durante un passaggio veloce in cattedrale, a Palermo, ho sostato come
sempre qualche minuto davanti al posto dove riposa don Pino. Il punto,
riflettevo, è se ci si vuole fermare all'aspetto meramente devozionale, magari
richiamando in astratto la vita di don Puglisi come esempio. Oppure se si vuole
passare, e dopo trent'anni da quel colpo alla nuca sarebbe pure ora, ai fatti.
Ossia a una pastorale incarnata nelle parrocchie, non nell'alto dei cieli, che
ripercorra le orme del prete di Brancaccio. Il suo metodo. Che era fatto di
conoscenza del territorio, azioni su di esso, rapporti con quanti volevano
concretamente promuovere cittadinanza libera dalla mafia chiedendo servizi,
interazioni adulte con la politica senza chiedere finanziamenti ma sviluppo e
contrasto diretto non alla mafia in generale ma alla cosca locale. Non è la prima volta che scrivo queste cose. Ma
dalle diocesi siciliane non sembra di scorgere risposte fattive e
operative in tal senso. Soltanto buoni propositi. Perciò stavolta, visto che
per ultimo, qualche giorno addietro, è stato proprio lui a parlare nuovamente
di scomunica ai mafiosi, chiediamo direttamente all'ottimo, e apprezzatissimo
in questi dieci anni di pontificato, papa Francesco. Magari lui ci risponderà e
ci farà capire qual è la strada che la Chiesa, dopo aver messo agli atti la
scomunica alle mafie, vuole percorrere nelle parrocchie dei quartieri, dal Sud
al Nord del nostro Paese, giorno dopo giorno. Altrimenti non ci resterà che
attendere la prossima volta in cui la Chiesa cattolica ci dirà che i mafiosi
sono scomunicati.