giovedì 10 settembre 2020

Cosimo Scordato: le scelte della chiesa, il ruolo delle comunità cristiane e un possibile vescovo.

                                                 La Repubblica Palermo – 9 settembre 2019

La proposta per non disperdere la lezione di Cosimo Scordato

Francesco Palazzo


Sul ritiro di Cosimo Scordato dalla guida profetica della Rettoria di San Francesco Saverio all’Albergheria, mi sento di avanzare una domanda sul passato, una considerazione sul presente e una doppia proposta sul futuro. Su quanto è stato va osservato che se più presbiteri acquisiscono sul territorio dei meriti particolari, sarebbe giusto che chi è preposto a tali nomine si ponesse la domanda di scegliere tra loro la guida della diocesi. Non sono uno storico della chiesa palermitana, ma non so a quale periodo bisogna risalire, ammesso che sia mai accaduto, ma dovrebbe essere la norma, per trovare un prete che formatosi e operante a Palermo sia diventato arcivescovo. Insomma, mi chiedo, è stato corretto, per quanto poteva dare a tutta la diocesi, avere tenuto per quasi un quarantennio un eccellente sacerdote e un teologo di rilievo come Scordato, in una posizione significativa ma non di primo piano? Per ciò che concerne il presente osserviamo reazioni solite in questi casi. Ci si augura che mandino uno simile come sostituto, poi ci sono quelli che lo seguiranno dovunque andrà. I più saggi sperano che vi siano in giro sempre più presbiteri di qualità come lui. Ma quella che, anche involontariamente, si dipinge in tal modo è una chiesa gerarchicocentrica, dove tutto dipende dalla cultura, dal carattere, dalle aperture, dallo spirito democratico dei parroci. Ma a San Francesco Saverio, certo anche per merito di Scordato, ma con l’apporto di tante donne e tanti uomini, come ricordato dallo stesso nell’intervista pubblicata su Repubblica il 6 settembre e durante l’ultima celebrazione, è accaduta una cosa diversa. Si è formata una comunità di fede matura, laica direi, dove per laicità si deve intendere un modo non rigido di affrontare i ragionamenti intorno a tematiche complesse. Allora quello che si deve auspicare è che questa comunità prosegua e rafforzi il cammino intrapreso e che l’arcidiocesi faccia in modo di replicare simili percorsi in tutte le parrocchie. Che non possono essere sacerdoti dipendenti, come quasi sempre capita. Se il presbitero continua ad essere il tutto e il capo, tanta strada è da fare. L’insegnamento di Cosimo, così semplicemente in tanti lo chiamano, è proprio questo. Essere diventato parte, non comandante, del luogo che gli è stato assegnato. E a questo punto, come proposta, inseriamo un doppio auspicio. E cioè che Don Scordato abbia, non per mero titolo ma perché potrebbe ancora dare molto, una posizione nella diocesi di ampia visibilità. Si potrebbe pensare alla doppia carica di vescovo ausiliare, non ha ancora 72 anni e potrebbe stare sino a 75, e di stimolatore nelle parrocchie di comunità di fedeli che abbiano lo stesso approccio, non gli stessi pensieri, di quello nato in questi decenni a San Francesco Saverio. Sarebbe un buon modo per non disperdere il suo apporto dentro la chiesa palermitana. E per affermare che i cattolici faranno molti passi in avanti se metteranno in campo non soltanto preti di spessore, ma soprattutto ottime comunità di credenti.

 

mercoledì 2 settembre 2020

I giovani che tornano a lavorare al nord dopo il lockdown trascorso al sud.

 La Repubblica Palermo – 1 settembre 2020

La politica dei sussidi che fa fuggire i nostri giovani

Francesco Palazzo


 Quasi tutte le famiglie, in questi mesi d’emergenza sanitaria, hanno fatto, e in parte continuano a fare, un’esperienza particolare. Che non era messa nel conto a inizio 2020. Convivere con i giovani tornati, temporaneamente, in terra sicula e più in generale nel meridione. Sia per completare gli studi in vista di una laurea magistrale, ma già pronti sulla rampa di lancio per tornarsene al nord o in giro per l’Europa. Sia per lavorare in smart working o per una pausa, pronti a continuare o ricominciare altrove ora che l’economia, in timida ripresa nelle regioni forti, sta consentendo loro di staccare l’ennesimo biglietto di sola andata. Del resto, solo da sistemi economici produttivi e solidi hanno continuato a ricevere in questi mesi offerte lavorative qualificate da aziende di alto livello pur in un periodo di forte crisi come quello che ci tocca vivere e che durerà non sappiamo ancora quanto. Qua al massimo, e mi riferisco a un fatto realmente accaduto, un ingegnere gestionale, che ha completato triennio e biennio magistrale, può vedersi proporre uno stratosferico porta a porta. Guardiamoli negli occhi, queste donne e questi uomini, perché tali ormai sono, finiamola di chiamarli ragazzi, che sono tornati per poco tempo a viverci accanto. Respiriamo la loro freschezza mentale e impariamo dalla loro voglia implicita di non voler più sentire parlare di sussidi. Sanno quanto valgono e vogliono dimostrarlo. Ma non riusciamo a fare loro strada. Fermi come siamo, purtroppo, ad ascoltare, ancora, nel 2020, sirene che inneggiano al solito schema di gioco che guarda all’assistenzialismo del socialmente utile. Con il quale si è sempre vinto facile a queste latitudini. Relegando queste terre ad un destino non bello e portandole fuori dalla strada dello sviluppo. Ma come ha detto Mario Draghi al recente Meeting di Rimini, c’è bisogno d’investire su di essi, facendo in modo che le varie forme di assistenza siano di breve periodo e non strutturali e di lunga durata. Anche perché, ha chiosato l’ex presidente della Banca Centrale Europea, abbiamo un obbligo morale verso di loro, visto che saranno quelli che dovranno onorare i debiti che stiamo necessariamente contraendo in questo momento drammatico. Confrontarsi con loro, con questi nostri figli, figlie e nipoti, in questi mesi, è stato ed è utile per chi ha i piedi piantati anagraficamente nel ‘900, ma la testa nel domani. Per coloro che ancora affondano in una società che ha prodotto a piene mani e produce ancora interventi paternalistici e caritatevoli, la via è sempre la stessa. Nel volume, pubblicato da Rubbettino, da poco in libreria, "Divario di cittadinanza - Un viaggio nella nuova questione meridionale", Antonio Fraschilla e Luca Bianchi, dopo un’analisi accurata anche di questa problematica, riportano la cifra che il sud ha perso negli ultimi 20 anni per questa fuoriuscita migratoria. Circa 30 miliardi. Come società siciliana dovremmo farci guidare da queste giovani colte generazioni. Convincerle con tutti i mezzi a riprovarci nella loro terra. Ma occorre mutare mentalità, cambiare scenari, capovolgere la clessidra. Lo capirebbero subito loro. Quando inizieremo a vederli alla guida della nostra società meridionale, in tutti gli ambiti, vorrà dire che gli avremo fatto veramente spazio. Se non lo sapremo fare i divari di cittadinanza, rispetto alla parte più ricca del paese saranno sempre più evidenti e marcati.