La Repubblica Palermo – 1 settembre 2020
La politica dei sussidi che fa fuggire i nostri giovani
Francesco Palazzo
Quasi tutte le famiglie, in questi mesi d’emergenza sanitaria,
hanno fatto, e in parte continuano a fare, un’esperienza particolare. Che non
era messa nel conto a inizio 2020. Convivere con i giovani tornati,
temporaneamente, in terra sicula e più in generale nel meridione. Sia per
completare gli studi in vista di una laurea magistrale, ma già pronti sulla
rampa di lancio per tornarsene al nord o in giro per l’Europa. Sia per lavorare
in smart working o per una pausa, pronti a continuare o ricominciare altrove ora
che l’economia, in timida ripresa nelle regioni forti, sta consentendo loro di
staccare l’ennesimo biglietto di sola andata. Del resto, solo da sistemi
economici produttivi e solidi hanno continuato a ricevere in questi mesi
offerte lavorative qualificate da aziende di alto livello pur in un periodo di
forte crisi come quello che ci tocca vivere e che durerà non sappiamo ancora
quanto. Qua al massimo, e mi riferisco a un fatto realmente accaduto, un
ingegnere gestionale, che ha completato triennio e biennio magistrale, può
vedersi proporre uno stratosferico porta a porta. Guardiamoli negli occhi,
queste donne e questi uomini, perché tali ormai sono, finiamola di chiamarli
ragazzi, che sono tornati per poco tempo a viverci accanto. Respiriamo la loro
freschezza mentale e impariamo dalla loro voglia implicita di non voler più
sentire parlare di sussidi. Sanno quanto valgono e vogliono dimostrarlo. Ma non
riusciamo a fare loro strada. Fermi come siamo, purtroppo, ad ascoltare,
ancora, nel 2020, sirene che inneggiano al solito schema di gioco che guarda
all’assistenzialismo del socialmente utile. Con il quale si è sempre vinto
facile a queste latitudini. Relegando queste terre ad un destino non bello
e portandole fuori dalla strada dello sviluppo. Ma come ha detto Mario Draghi
al recente Meeting di Rimini, c’è bisogno d’investire su di essi, facendo in
modo che le varie forme di assistenza siano di breve periodo e non strutturali
e di lunga durata. Anche perché, ha chiosato l’ex presidente della Banca
Centrale Europea, abbiamo un obbligo morale verso di loro, visto che saranno
quelli che dovranno onorare i debiti che stiamo necessariamente contraendo in
questo momento drammatico. Confrontarsi con loro, con questi nostri figli,
figlie e nipoti, in questi mesi, è stato ed è utile per chi ha i piedi piantati
anagraficamente nel ‘900, ma la testa nel domani. Per coloro che ancora
affondano in una società che ha prodotto a piene mani e produce ancora
interventi paternalistici e caritatevoli, la via è sempre la stessa. Nel
volume, pubblicato da Rubbettino, da poco in libreria, "Divario di
cittadinanza - Un viaggio nella nuova questione meridionale", Antonio
Fraschilla e Luca Bianchi, dopo un’analisi accurata anche di questa
problematica, riportano la cifra che il sud ha perso negli ultimi 20 anni per
questa fuoriuscita migratoria. Circa 30 miliardi. Come società siciliana
dovremmo farci guidare da queste giovani colte generazioni. Convincerle con
tutti i mezzi a riprovarci nella loro terra. Ma occorre mutare mentalità, cambiare
scenari, capovolgere la clessidra. Lo capirebbero subito loro. Quando
inizieremo a vederli alla guida della nostra società meridionale, in tutti gli
ambiti, vorrà dire che gli avremo fatto veramente spazio. Se non lo sapremo
fare i divari di cittadinanza, rispetto alla parte più ricca del paese saranno
sempre più evidenti e marcati.
Nessun commento:
Posta un commento