La Repubblica Palermo – 28 febbraio 2020
Se il "vasa vasa" cede al virus potrebbe non essere un male
Francesco Palazzo
Saranno stati gli Arabi o gli
Spagnoli? Certamente non i Normanni o i Savoia. Oppure, chissà, l’origine
potrebbe sorprenderci. Prima o poi si dovrà scrivere, se già non c’è, o
aggiornarla, se c’è, al tempo del coronavirus, la storia
della vasata siciliana. Servirebbe a rispondere alla seguente
domanda: quando c’è stata la vasata zero? Ci farebbe capire quando
abbiamo iniziato a sentire il bisogno di strusciare le nostre guance, talvolta
allungando pure furtivi baci, su quelle di parenti, amici, colleghi, semplici conoscenti
o estranei. Perché capita pure questo. Dopo aver parlato, durante una cena di
gruppo o una serata in compagnia, con una persona, sino a quel momento
sconosciuta, si sente l’irrefrenabile trasporto, quando si passa ai saluti
finali, di lasciarsi reciprocamente il bollo sulle guance. Pure nelle funzioni
religiose abbiamo trasportato la vasata, arricchendo di siciliano
affetto il segno della pace. Ma cosa fu tutto questo baciare? Diciamo fu, visto
che in tempi di coronavirus (che dobbiamo però affrontare con le giuste
contromisure senza farci prendere dal panico e tornando a fare una vita
normale), sembra che la pratica venga messa da parte. La stessa chiesa, è
accaduto durante una celebrazione eucaristica a Sciacca, raccomanda di
surrogare la stretta di mano del segno della pace con uno, seppur partecipato,
sguardo. La Conferenza episcopale siciliana ha emanato una direttiva che
sospende il segno di pace o invita a sostituirlo con un inchino che odora di
cultura giapponese. Forse sentiremo la mancanza esteriore di questo gesto. Ma
nella sostanza? Torniamo alla nostra domanda, allora. Cosa
c’è dietro questo vasa vasa generalizzato che ci segue come un’ombra
sin dalla nascita e che ora viene messo in discussione? Forse non molto in
termini di condivisione esistenziale e di capacità empatica verso l’evangelico
o laico prossimo. Probabilmente c’è tanto di una grossolana percezione degli
universi familiari, amicali o di colleganza. Come fanno ad altre latitudini, si
può allo stesso modo partecipare la presenza bilaterale scambiandosi sguardi,
sorrisi, saluti, senza passare all’approccio fisico. Magari comportandosi così
non soltanto nelle proprie cerchie, che spesso somigliano a piccole tribù, ma
estendendo a tutti i nostri incontri un approccio cordiale non vasativo. Sì,
certo, ci sono baci, pardon, vasate, dati con vero trasporto e
sentimento. Questa categoria non può essere messa in discussione da nessuno.
Possiamo invece, in questo frangente nel quale ci accorgiamo che abbiamo un
corpo oltre la rete e i social, procedere a una verifica virtuosa
della vasatina sicula sparsa dappertutto. Insomma, che l’industria
del vasa vasa possa avere un momento di crisi non è affatto detto che
sia un male. Anche senza le vasate verremo fuori presto da questo
periodo, in cui non sta accadendo nulla di così grave, con molta più umanità.
Basta vedere come ci guardiamo nelle ultime settimane. Da quando abbiamo
scoperto che gli altri non sono soltanto like, commenti, post o messaggi. Ma
esseri viventi. Proprio come noi.