La Repubblica Palermo – 15 febbraio 2020
Baby gang e non solo, le occasioni perdute
nei quartieri di periferia
Francesco Palazzo
Sulla vicenda del ragazzo senegalese
fatto oggetto di violenza a sfondo razziale, abbiamo letto di baby gang
provenienti dai quartieri Sperone e Brancaccio. Il rischio della
generalizzazione è altissimo, dobbiamo cercare di tenerlo lontano. Non ci fa
capire il problema e non ci consente di apportare i necessari rimedi. Una
premessa. Si dice che Palermo è una pacificata città multietnica. Forse su
questo versante faremmo bene a togliere qualcuno dei tanti punti esclamativi di
soddisfazione, sostituendolo con qualche domanda. C’è in questo momento, e
Palermo non è un’isola felice, un odio sociale e social che va ben al di là
delle baby gang. Sulle quali è corretto ragionare. Dunque, i quartieri
Sperone e Brancaccio. Allo Sperone diversi decenni fa si è proceduto ad una
massiccia installazione di edilizia popolare, con pochi servizi, in un posto
che aveva una sua storia. Il risultato di queste scelte è scontato. La stessa
cosa sarebbe accaduta se tale insediamento fosse stato impiantato nel quartiere
Libertà. Ricordando però che allo Sperone ci sono tantissime famiglie che
mandano regolarmente i figli a scuola. Su Brancaccio l’analisi va fatta
chiedendoci, innanzitutto, cosa ne è dell’operato di don Pino Puglisi a 27 anni
dall’omicidio. Egli cade perché impegnato a risollevare socialmente un
centinaio di famiglie che erano state deportate in alcuni stabili, che da
residenziali diventarono in parte popolari. Contemporaneamente 3P lavora con
gli adulti residenti in quella zona proprietari di appartamenti, i quali
avevano dato vita al Comitato Intercondominiale Hazon. Persone che avevano
iniziato un percorso di protagonismo civile che dava fastidio alle cosche e
alla malapolitica. Il restante tessuto sociale, dal punto di vista della
scolarità, complessivamente non era e non è molto differente dai quartieri
centrali di Palermo. Basti pensare che, oltre l’ottimo lavoro pastorale svolto
da alcuni parroci con i giovani, don Puglisi trova pure un luogo di cultura in
parrocchia. Tanti ragazzi e ragazze del luogo, nel 1989, avevano dato vita, con
un atto costitutivo e turni di apertura, alla biblioteca Claudio Domino,
con oltre tremila volumi presi dalle case degli abitanti di Brancaccio e in
parte regalati dalla Facoltà Teologica, che fornì gli scaffali espositivi. Ora,
a 27 anni dalla scomparsa di Puglisi, la situazione è più o meno questa. Nella
zona di Via Hazon il contesto si è ancora di più deteriorato e non c’è più
traccia di un movimento di adulti che si occupi di politica territoriale. Inoltre,
si è ghettizzata un’altra parte storica del quartiere mettendo un muro al posto
di un passaggio a livello. Va detto che Puglisi viene fatto fuori non perché
lavora anche con i bambini, ma per la circostanza che si muove all’unisono con
degli adulti che chiedevano diritti a schiena dritta e non favori
attraverso le clientele politiche. Cosa che per la verità era iniziata prima di
don Pino. Nella seconda metà degli anni ottanta, piena primavera politica, vi
furono diverse riunioni della giunta comunale a Brancaccio. Gli abitanti del
quartiere non avevano alcuna paura a schierarsi con chi faceva apertamente
antimafia, prima che divenisse uno sport sin troppo facile. Ne uscì fuori un
opuscoletto, Ricostruire Brancaccio, dove si elencavano le opere programmate
nel quartiere e le nuove proposte. Perché, capite, tutti i nostri ragionamenti
atterrano sempre nella pista della - buona o cattiva politica. E allora, perché
a Palermo, finalmente, non si manda un segnale verso i rioni, soprattutto periferici,
dando vita e compimento al decentramento dopo 40 anni? Delle piccole
municipalità, lavorando con le realtà locali, potrebbero occuparsi meglio dei
territori e della qualità della vita che in essi si svolge. Intervenendo, se
dotate di poteri e soldi, tempestivamente e preventivamente. Le baby gang
pongono a tutti domande, non sono un palcoscenico per facili risposte. Ciascuno,
soprattutto i livelli istituzionali, risponda al meglio delle sue possibilità e
delle proprie prerogative.
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