mercoledì 24 ottobre 2007

La lezione del Pastore Valdese Pietro Valdo Panascia

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ, 24 OTTOBRE 2007

Pagina I

IL DIBATTITO

Il ruolo della Chiesa sul fronte antimafia

FRANCESCO PALAZZO

Chissà che impatto potrebbe avere un manifesto contro la mafia se l´autore fosse non un partito o un´associazione, ma la chiesa cattolica. Ci sono gesti che segnano le persone, la vita di una comunità, e entrano dritti nella storia. Il pastore valdese Pietro Valdo Panascia, morto a 97 anni sabato scorso, è per esempio una figura che rimarrà nella storia siciliana perché il 7 luglio 1963 scrisse stampò e divulgò sui muri di Palermo un appello contro la violenza mafiosa. Che una settimana prima, il 30 giugno, si era manifestata in tutta la sua violenza con la strage di Ciaculli. A rileggerle, quelle poche righe conservano tutta la forza di allora. Soprattutto quando invitano le autorità civili e religiose a prendere opportune iniziative per prevenire ogni forma di delitto. L´appello si concludeva con un non uccidere, richiamo alla legge divina, al codice penale e all´umanità di tutti. Sono trascorsi più di quarantaquattro anni. Quel manifesto, che dall´allora cardinale Ernesto Ruffini fu considerato poca cosa, tanto da rispondere stizzito persino alla Santa Sede, che gli chiedeva se per caso anche lui non potesse prendere una simile iniziativa, è rimasto uno stimolo che la chiesa palermitana e siciliana non ha saputo cogliere per intero. Anche nel dopo Ruffini. Dopo la stagione di Salvatore Pappalardo, la morte di don Pino Puglisi, l´impegno di tanti sacerdoti e laici, potrebbe sembrare un´affermazione infondata. Quando, tuttavia, la chiesa siciliana si è mossa coralmente ed efficacemente contro la mafia come allora fece la chiesa valdese? La lotta al potere mafioso è fatta pure d´iniziative simboliche. Da sole non bastano, d´accordo. Immaginate, però, se entrando in tutte le chiese cattoliche, che sono infinitamente di più dei luoghi di culto valdesi, i fedeli si trovassero di fronte a un messaggio, semplice ed esplicito, contro le cosche. Non solo intese come criminalità presente e visibile sul territorio, ma anche declinate nelle forme che esse assumono nei legami con la politica e l´economia. Non mettiamo in dubbio e non sottovalutiamo i documenti che la Conferenza episcopale siciliana ha licenziato sull´argomento negli ultimi anni. Sono certamente importanti e pieni di spunti. Ma quanti li hanno letti, a parte la ristretta cerchia di teologi, critici e commentatori? Pochi, senza dubbio. Nelle chiese non sono arrivati neanche per sbaglio, figuriamoci se c´è stato dibattito su di essi nelle assemblee parrocchiali. I mezzi comunicativi più diretti sono meglio accessibili alla stragrande maggioranza dei fedeli, i quali, non ce ne vogliano i vescovi, forse neanche sanno cosa è e se esiste la Conferenza episcopale regionale. Giusto alcune settimane addietro Rosario Giuè, dalle pagine di Repubblica Palermo, avanzava una proposta e si poneva un interrogativo. Si chiedeva perché nelle chiese si fanno raccolte domenicali per tutte le sacrosante cause e non si pensa anche a promuoverne qualcuna i cui proventi siano destinati, a esempio, ai commercianti che si ribellano al racket delle estorsioni. Non sappiamo se la proposta sia caduta nel vuoto. Quanti dotti documenti varrebbe un´iniziativa di questo tipo? Qualcuno non entrerebbe più in chiesa? E non sarebbe, quello, un segno che si è sulla strada giusta? Se avesse voluto riempire il tempio valdese di folle, il compianto Pietro Valdo Panascia si sarebbe disinteressato, insieme alla sua comunità di fede, al sangue che in quel momento scorreva a Palermo. Invece se la pensò nel senso che sappiamo e che ancora oggi ricordiamo. Forse per la chiesa cattolica siciliana è giunto il tempo, non fosse altro che per onorare la memoria di un grande uomo, di colmare quel ritardo e rispondere a quel documento pubblico, che il tempo trascorso non ha mandato per niente in archivio, facendone affiggere, finalmente, uno simile e aggiornato ai fatti di oggi su tutti i portoni delle parrocchie e sui muri delle città.

lunedì 22 ottobre 2007

Contratto Impiegati Regionali

LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO, 20 OTTOBRE 2007
Pagina I
L´ANALISI
Contratto dei regionali la rivoluzione impossibile
FRANCESCO PALAZZO





Si riapre per i dipendenti regionali la battaglia per il rinnovo del contratto. In genere il governo si muove in ritardo, in questo caso siamo alla soglia dei due anni dalla scadenza. L´esercito dei 12.500 dipendenti strutturati, più i 2.500 degli enti collegati, più i 5 mila precari stabilizzati, fanno la bella somma di 20 mila persone. Spesso si è paragonato tale numero a quello di regioni simili alla nostra per estensione e popolazione, dove gli impiegati sono molti di meno. In Lombardia gli impiegati non sono più di tremila. Si dice, a giustificazione, che essendo la Sicilia a statuto speciale, molte delle funzioni che nelle regioni «normali» sono svolte dallo Stato, da noi le assicura la Regione. Per questo motivo c´è bisogno di tanti impiegati. La scusante tiene sino a un certo punto e comunque non giustifica una cifra così alta. Alla quale, se aggiungiamo i 2.150 dirigenti (in Lombardia sono 213), uno ogni sei-sette dipendenti - anche questo un record mondiale - ci rendiamo immediatamente conto di cosa esattamente si dovrebbe intendere quando si parla di costi della politica. Perché è chiaro che dalla nascita dell´istituto autonomistico a oggi, il grande calderone degli uffici regionali è servito anche da ammortizzatore sociale, pozzo senza fondo per clientelismi vari, fattore d´innalzamento sostanzioso del reddito regionale pro capite. La Regione nel corso dei decenni si è trasformata in un mega stipendificio. Tutto ciò ha fatto aumentare a dismisura la spesa, senza peraltro che la Regione si sia mai dotata di strumenti di verifica veri, sia per il comparto sia per la dirigenza. Per carità, la carta viaggia in dimensioni stratosferiche, tutte le dimensioni lavorative sono percentualizzate con precisione svizzera. Ma i controlli di carta sono atti meramente formali, in cui ognuno si compiace del proprio lavoro, giudicando di fatto se stesso. In realtà, lo sappiamo sin troppo bene, negli uffici regionali chi vuole lavorare può accomodarsi, chi non intende muovere un muscolo o attivare un neurone può accomodarsi lo stesso. C´è spazio per tutti e per tutto. Coloro che fanno il proprio dovere, non di rado in misura maggiore di quanto sarebbe richiesto, non sono pochi. Vi sono collaboratori, contrattisti, borsisti, istruttori, funzionari e dirigenti che danno tanto. A volere essere onesti, si dovrebbe tuttavia ammettere che con la metà del personale, quindi con 11 mila impiegati compresi i dirigenti, si potrebbe lo stesso far marciare la macchina regionale. In fondo gli addetti sarebbero ancora quasi il quadruplo di quelli della Lombardia. È scomodo dirlo, nessun sindacato, rivoluzionario o integrato nel sistema, lo ammetterà mai. E anche quando qualche coraggioso lo ammettesse, lo stato dell´arte non si modificherebbe di un pelo. L´operazione più saggia sarebbe quella di chiamare a raccolta sindacati, partiti, impiegati e amministrazione affinché si possa iniziare un nuovo corso. Non parliamo di quei contratti giuridici in cui c´è tutto e poi non cambia niente, come accaduto negli ultimi anni. Ma di una vera e propria rivoluzione copernicana all´interno dell´amministrazione. Dove finalmente contino i meriti, ci siano controlli, si possa pervenire a effettivi avanzamenti di carriera, non dati a pioggia o perché spetta di diritto - non esiste un diritto alla carriera - ma per la ragione che il singolo ha prodotto molto e lo ha fatto con un alto livello qualitativo e professionale. Che motivazioni può avere un dipendente se vede coloro che fanno pochissimo prendere lo stesso stipendio scaricandosi, peraltro, da qualsiasi responsabilità? Oggi un funzionario o un dirigente che si impegnano godono di una considerazione e un trattamento identici a quelli di coloro che non si spendono molto. Non parliamo di bazzecole, non è una questione irrilevante. Non siamo di fronte a una piccola azienda familiare. Un corretto e virtuoso funzionamento della macchina regionale è la condizione, necessaria e sufficiente, perché si possano introdurre, nel vivo del tessuto connettivo isolano, elementi profondi di cambiamento. In questo senso i sindacati storici per primi, Cgil Cisl e Uil, e quelli nati dopo, insieme ai partiti siciliani, a cominciare dal neonato Partito democratico, dovrebbero capire che questa è una frontiera prioritaria per la Sicilia. Che non è più tempo di difendere l´indifendibile. A essere sinceri, temiamo che da tutte le parti in commedia, per vari motivi, non ci sia l´interesse a scoperchiare il pentolone. E così si va avanti, da un contratto a quello successivo e da un ritardo all´altro. Fino a quando il sistema garantirà ogni appetito si proseguirà così. Ma un giorno, e forse è già successo guardando le magre finanze regionali, la campana suonerà un po´ per tutti.

martedì 16 ottobre 2007

Partito Democratico le Primarie in Sicilia


LA REPUBBLICA PALERMO - MARTEDÌ, 16 OTTOBRE 2007

Pagina I

IL PUNTO

La vittoria elettorale del popolo dei gazebo

FRANCESCO PALAZZO





Nei processi politici, infine, contano i numeri. E questi, anche in Sicilia, danno ragione a quanti credevano che il Partito democratico, pure con tutte le cariche più importanti già assegnate, avrebbe fatto a ogni modo presa sulla gente. E danno torto a quanti pensavamo che così non sarebbe andata. Il dato siciliano, 180 mila votanti circa, è sorprendentemente positivo. Alla vigilia avevamo scritto che non sarebbe stato possibile paragonare l´affluenza di questa consultazione a quella delle primarie del 2005. Oggi dobbiamo registrare che coloro i quali sono entrati nei gazebo sono di poco inferiori ai 198 mila che incoronarono Prodi due anni addietro e quasi eguagliano i 188 mila che, sempre nel 2005, decisero la candidatura di Rita Borsellino alla presidenza della Regione siciliana. Se scendiamo nello specifico vediamo che qualitativamente quello di domenica è un risultato migliore. Nel 2005, alle primarie nazionali, la Sicilia contribuì al risultato finale dei votanti con un 4,5 per cento, ora incide con circa il 5,5 per cento. Un risultato che non lascia spazio a molte interpretazioni, la cui importanza si può scorgere in maniera più chiara facendo un semplice raffronto. Le liste dei Democratici di sinistra e quelle della Margherita alle regionali del 2006 presero quasi 650 mila voti. Riuscire a richiamare quasi il 30 per cento di quell´elettorato senza i voti di preferenza personali, che invece costituivano la struttura portante del consenso alle regionali, significa aver centrato in pieno l´obiettivo della partecipazione diffusa. Certo, c´è da mettere nel conto che comunque nelle varie liste si contavano 1.500 nomi che hanno spinto al voto una fascia che forse si sarebbe astenuta. Sono però dettagli. Quello che conta è che il popolo del centrosinistra ha preso confidenza con i gazebo e non si tira mai indietro. Anche quando non c´è molto da decidere. Il dilemma, infatti, non era l´esito della consultazione. Walter Veltroni per la segreteria nazionale e Francantonio Genovese per quella regionale erano superfavoriti. Il dato politico da trarre da questo appuntamento era il confronto tra quanti se ne sarebbero stati a casa e quanti sarebbero scesi a votare pagando. Chissà che partecipazione ancora maggiore se, negli ambiti nazionale e regionale, ci fosse stata gara vera. Questo va rilevato, perché fare uno sforzo organizzativo di tale portata, chiamare a esprimersi milioni di persone solo per ratificare quanto già stabilito altrove, conferisce a questi avvenimenti uno spessore di pura testimonianza. Se non si supererà questo limite le primarie rischiano di ridursi a meri momenti consultivi di democrazia centralistica protetta, il cui patrimonio può essere messo nel cassetto o tirato fuori quando serve e se serve. Detto questo, la geografia politica italiana e, ancor più, quella siciliana è da ieri modificata nel profondo. In Sicilia inizia per il nuovo partito un cammino diverso e inedito. Fatto di tante difficoltà, non c´è dubbio, ma che alla fine dovrà sempre fare i conti con i numeri elettorali. E già c´è un primo scoglio, che riguarda la tornata elettorale più vicina, ossia le amministrative a Messina. Dove proprio il neosegretario regionale, Francantonio Genovese, sembra intenzionato a riproporsi, speriamo passando da nuove primarie da celebrare insieme al resto della coalizione. Per rendere l´idea di ciò che il Partito democratico siciliano ha di fronte citiamo solo due numeri, anche questi abbastanza eloquenti e recenti. Alle ultime regionali ai partiti del centrodestra andarono più di 1 milione e 500 mila voti, il centrosinistra non arrivò neanche a 888 mila, pur con lo straordinario contributo di Rita Borsellino. Ecco qual è la sfida che accomuna il nuovo partito alla parte che sta alla sua sinistra, al momento anch´essa in fase di riorganizzazione per costruire un altro soggetto politico omogeneo. Essere il cuore pulsante riformista di una forte alternanza al centrodestra è il vero compito del Partito democratico in Sicilia. Come lo farà e se ce la farà lo sapremo nel futuro immediato e medio. Intanto prendiamo atto che quanto accaduto domenica nelle piazze siciliane è una buona notizia per tutti.

lunedì 15 ottobre 2007

Sicilia: primarie a confronto


LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ, 10 OTTOBRE 2007
Pagina XII
La partecipazione elettorale alle primarie del 14 ottobre
FRANCESCO PALAZZO




Quanti andranno a votare per le primarie del Pd in Sicilia? I precedenti raffrontabili, molto parzialmente, hanno fornito numeri di tutto rispetto. Ci riferiamo alla grande mobilitazione che, nell´ottobre del 2005, confermò anche nella nostra regione la candidatura di Romano Prodi quale premier designato a concorrere per la guida del Paese. E pensiamo alle primarie di qualche mese dopo, che a dicembre proclamarono Rita Borsellino quale sfidante di Cuffaro per il governo della Regione. Prima di procedere, lunedì, alle comparazioni del giorno dopo, è necessaria qualche considerazione preliminare. Va evidenziata, intanto, la differenza qualitativa dei due eventi del 2005 rispetto a quello che si celebrerà tra pochi giorni. In quei casi c´erano elezioni imminenti, le regionali e le nazionali pochi mesi dopo. Le primarie quindi rivestivano il ruolo che di solito a esse si attribuisce, ossia individuare il candidato della coalizione per la sfida delle urne. Domenica, non essendoci scadenze elettorali immediate, ci si troverà di fronte a delle vere e proprie elezioni dirette dei segretari regionali, di quello nazionale e delle assemblee costituenti del partito democratico. Chiamarle primarie è forse eccessivo. Quando si voterà per la Regione e per le Politiche, e ancor prima per le provinciali del 2008, si dovrà procedere a una nuova conta interna che dovrà riguardare tutto il centrosinistra. In quel momento potremo tornare a parlare di elezione primaria. Se quello di domenica sarà qualitativamente un appuntamento diverso rispetto ai precedenti che hanno riguardato l´intera regione, stessa cosa si può dire se consideriamo l´aspetto quantitativo. Il 15 ottobre, infatti, sarà impossibile paragonare i quasi 400 mila che inondarono le primarie del 2005 al numero che conosceremo dopo le operazioni di spoglio. E sarà impossibile per almeno due motivi: il primo numerico, il secondo politico. Quello più convincente è rappresentato, banalmente, dal fatto che nel 2005 erano tutti i partiti dell´Unione a essere chiamati in causa. La mobilitazione fu dunque maggiore di quella che Democratici di sinistra e Margherita saranno in grado ora di mettere in campo. Peraltro nei Ds mancherà un pezzo di partito che si è chiamato fuori dal Pd, e la Sicilia in tal senso ha stabilito un record. Il secondo motivo, più politico, riguarda la circostanza che alle primarie del 2005 si arrivò sulle ali di un entusiasmo partecipativo di massa. Che domenica mancherà o sarà presente solo in parte e riguarderà in sostanza lo zoccolo duro dell´elettorato di riferimento dei due partiti, più qualche folata di società esterna. E l´entusiasmo non ci sarà, se guardiamo alla Sicilia, ma non costituiamo un´eccezione, non tanto per la composizione delle liste bloccate, ma per le modalità escludenti con cui si è arrivati alle due candidature per la segreteria regionale. In questi giorni esponenti di Ds e Margherita tentano giustamente di motivare in extremis la fascia più affezionata di elettorato. E questo appare certo un compito difficile. Abbiamo l´impressione che l´intero processo, pur in ritardo di una decina d´anni, si sia infine attivato in una maniera abbastanza verticistica e fulminea, difficilmente comprensibile per i fedelissimi dei due partiti. Che magari varcheranno in maggioranza i gazebo, ma li immaginiamo più storditi che persuasi. I tantissimi esterni che potevano sentirsi attratti dal nuovo percorso, navigano invece in un misto di diffidenza e disillusione. Il rischio è che questi ultimi disertino l´importante appuntamento. In alcuni, a quanto risulta, comincia a farsi spazio un´idea particolare di esercizio del voto. Consistente nell´andare, sì, a votare, per sottolineare comunque la condivisione di massima dell´intera operazione. Ma segnando nella scheda il proprio nome, per sottolineare che dal 15 ottobre è necessario cambiare registro nel coinvolgimento diffuso e vero di quanti vogliono avere piena cittadinanza nel Pd. Al di là delle valutazioni su questa possibile protesta, un fatto è certo. Dopo le primarie il Pd siciliano dovrà affrontare il problema di un maggiore coinvolgimento degli elettori nelle sue scelte.

venerdì 5 ottobre 2007

Partiti e Cittadini, se ne discute a Petralia Sottana


LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ, 05 OTTOBRE 2007
Pagina I
L´ANALISI
Come avvicinare partiti e società
FRANCESCO PALAZZO




In un periodo di grillismo imperante, in mezzo alle mille riserve che anche in Sicilia stanno caratterizzando la costituzione del Partito democratico, non è semplice parlare di partiti. L´organizzazione partito suscita, sempre più, forme immediate di rifiuto. Non è un bel vedere. Ne perde la vita politica e, in ultima analisi, la democrazia. Talvolta il rifiuto nasce dal qualunquismo, più spesso le critiche sono fondatissime. E non giungono, i mugugni, soltanto da fuori. Basta sentire quanto gli stessi protagonisti impegnati nel Partito democratico siciliano dicono, più o meno sottovoce, delle procedure che stanno portando alle primarie del 14 ottobre. Forse gli scontenti sono più tra gli interni a Margherita e Ds che non tra le soggettività che osservano esternamente. Stesso ragionamento di problematicità si può formulare guardando alla parte politica situata a sinistra del Partito democratico. Se quest´ultimo, a ogni modo, è in fase di partenza, la sinistra democratica e quella europea sono ancora in mezzo al guado, e non è facile, al momento, intravedere sviluppi, almeno scrutando le cose dalla Sicilia. Nel centrodestra siciliano la situazione è cristallizzata nella mera gestione del potere, senza spazio per altro. Nei partiti che lo compongono si prospettano o si simulano, è vero, rotture e alleanze, ma solo per misurare i rapporti di forza. L´unico scopo è quello di non perdere quanto i risultati elettorali hanno già consegnato nei diversi livelli di rappresentanza. Questo è il quadro generale, certo non entusiasmante. Tuttavia, per dirla con Romano Prodi, non è detto che la società sia migliore dei partiti che la rappresentano. Anzi, sappiamo bene che il ventre molle di una terra come quella siciliana è lo specchio fedele, se non peggiore, di quanto poi i partiti esprimono. Tenuto conto che la società diffusa non è ancora riuscita a mettere in campo qualcosa che funzioni meglio, e quando ci prova copia il peggio dei partiti, non è banale porsi due domande. Qual è il vero rapporto che i cittadini hanno con i partiti per come sono, ossia abbastanza mediocri? Quale livello qualitativo di cittadinanza politica sono in grado di mettere in campo i pezzi di società esterni alle formazioni partitiche, a parte il diffusissimo sport nazionale di lamentarsi dell´universo mondo? Punti attorno ai quali, dalla mattina di domani al tardo pomeriggio di domenica, si rifletterà a Petralia Sottana nel corso di un seminario. "Cittadini mediamente onesti e partiti politici: confronto tra delusi, possibilisti e soddisfatti", è il titolo del convegno, promosso dall´associazione scuola di formazione etico-politica "Giovanni Falcone" e dal Comune di Petralia Sottana (info www.petraliasottana.net e 3386132301). Sono state chiamate a confrontarsi e a interagire con i presenti individualità che hanno seguito traiettorie diverse. Ci sarà Simona Mafai, la quale, dopo essere stata per lungo tempo distante dai partiti, ha scelto generosamente d´impegnarsi nel Partito democratico, rappresentando in Sicilia la candidatura di Veltroni. È previsto un intervento di Vittorio Villa, filosofo del diritto, che invece ha preferito defilarsi rispetto ad un impegno organico nei Ds. Ci saranno poi dei contributi significativi degli amministratori del comune di Petralia, a cominciare dall´attuale sindaco Santo Inguaggiato. Persone, queste ultime, non solo militanti nei partiti, anche se con molti distinguo, ma che si sono addirittura caricate sulle spalle la fatica di rappresentarli nel governo di un ente locale. Con tutte le difficoltà, in primo luogo finanziarie, che tale scelta comporta. Insomma, un appuntamento per riflettere, se è possibile in questo momento, a bassa voce. Sapendo che i torti e le ragioni, in una società complessa come la nostra, non stanno mai da una sola parte. E che la virtuale cesura tra società civile pulita e società partitica sporca è sbagliata, nella forma e nella sostanza, e non serve a nessuno