domenica 20 gennaio 2013

Porticciolo di S. Erasmo. Quando l'ottimo e nemico del bene. Ovvero, mentre il medico studia...


La Repubblica Palermo
20 gennaio 2013
Francesco Palazzo
 
Quando mi trovo a passare nei pressi del porticciolo di S. Erasmo, mi rendo conto che a volte, a forza di lottare per il bello, ci teniamo per decenni il pessimo e ci conviviamo. Non so che fine ha fatto l'annosa diatriba tra chi vorrebbe realizzare in quel sito un attracco per imbarcazioni da diporto e chi teme che questo sia un modo per snaturare il luogo. Ho visto una stampa d'inizio 900. L'acqua arrivava a toccare la strada, il fronte del mare era molto più largo e nella caletta soggiornavano più di quaranta barche. Andateci oggi. Intanto, è quasi occultato alla vista. Dopo il prato del Foro Italico e l'Istituto fondato da Padre Messina, vi trovate davanti due pompe di benzina, prima erano tre, una delle quali non più funzionante. Se vi mettete tra le pompe e l'inizio dello specchio d'acqua, la vista è desolante. Una specie di parcheggio per auto e mezzi più grossi. Immondizia ovunque, resti di barche, pneumatici, sacchetti, bottiglie di plastica, rifiuti organici. Una parte di quella che una volta era un'estremità del porticciolo, è adesso una montagnola, formatasi nel tempo non certo per opera meritoria di chi ha scambiato quel posto per una discarica. Attorno al nostro (ex) porticciolo molte costruzioni cadenti e una palazzina in fase di ristrutturazione abbandonata da tempo. Ci da qualche informazione l'unico pescatore che incontriamo. Pescatore si fa per dire. Ha più di settantanni e sta aggiustando delle reti per il figlio che continua a fare il mestiere che fu suo e prima ancora di suo padre. E' all'interno di una casetta al cui esterno compare la scritta OPA (Organizzazione Pescatori Associati). Ma è ben chiaro che di pescatori da associare ve ne sono ormai ben pochi. Nell'altra facciata della casupola si può leggere “Centro raccolta del pesce”, ma buttandoci un occhio dentro si vede una specie di piccolo deposito pieno di tutto tranne che di pescato. Lui si ricorda di quando la cooperativa, fondata nel 1954, era molto numerosa e tanti palermitani andavano a rifornirsi di pesce. Dice che ogni tanto viene qualcuno. Misura, progetta, ipotizza e promette. Tanti posti barca per i turisti e altrettanti per chi vuole ancora vivere di pesca. Poi continua l'agonia. Alcuni cani e decine di colombi, gli unici che apprezzano il contesto, annusano e volteggiano. Ora il punto è questo. In attesa di sapere chi vincerà la lotta, tra gli amanti del diportismo e quelli del partito contrario, si può tentare di non fare morire il malato? Ci vuole molto ad abbattere la pompa di benzina non funzionante e a trasferire quella attiva di qualche centinaio di metri? E' un impresa titanica, fatta questa operazione, recintare tutta l'area in modo che non vi possa più entrare alcun mezzo privato? E' fantascienza ripulire la zona sistematicamente, così come si fa con altri luoghi molto meno belli di Palermo? E' cosa da pazzi mettere alcune panchine intorno a questo affascinante balcone sul mare? Del resto, si è dimostrato che quando si vuole si può. Si sono tolte le giostre dal Foro Italico e abbiamo avuto il prato e la passeggiata sul golfo. Si è sistemato in maniera egregia lo spazio adiacente la cala. Quasi trent'anni addietro hanno sloggiato i polipari dalla piazza di Mondello e da allora si vede ciò che prima era occultato alla vista. Insomma, c'è uno dei posti più belli di Palermo che sta morendo. Chi può fare qualcosa, si faccia avanti. Intanto salviamogli la vita, con piccoli ma decisivi interventi. Poi ci sarà tempo per continuare a discutere di tutto il resto.

venerdì 11 gennaio 2013

La chiesa e quei due bambini.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
N. 1 - 11 gennaio 2013 - Pag. 46
SE IL PRETE ASPETTA UN FIGLIO
Francesco Palazzo
 
Che ne penserebbe quel bimbo nato nella stalla più famosa dell'universo, del suo quasi coetaneo che verrà chiamato al mondo in conseguenza dell'unione tra un ministro della chiesa e la sua compagna di vita? Forse capirebbe. Visto che lui viene dentro la storia in una situazione molto più unica che rara. Sa che la vita segue percorsi tortuosi e la salvezza può anche venire da un bue e da un asinello che fanno da scaldino. Il vertice della diocesi di Trapani, invece, non ha avuto dubbi. Ha definito dolorosa, anche se onesta (ma pare l'onestà di chi confessa pubblicamente un crimine), la scelta di un prete di seguire la sua donna che attende un figlio. Ma può essere mai doloroso l'amore per una compagna e per il frutto a venire di tale sentimento? Si è aggiunto che il presbiterio e la chiesa locale vivono con grande sofferenza e lacerazione quanto accaduto. Ma per quale motivo dovrebbe sentirsi ferita una comunità che registra una scelta d'amore di un suo membro? Non è forse lo stesso bambino, nato simbolicamente il 24 notte in tutte le chiese del mondo, a porre l'amore come primo comandamento? Il punto è che in ambito cattolico si vive sempre con grande imbarazzo quanto accade nelle camere da letto. Sia che vengano frequentate da laici sia, a maggior ragione, che siano visitate dai chierici. I pastori di anime intendono porsi da guida per le vite dei fedeli, ma non appena si trovano a vivere un normalissimo sentimento all'interno del loro mondo, vanno in tilt. Non sarebbe stato del tutto umano, da parte della chiesa, anziché definire in termini luttuosi l'evento, declinarlo con gioia, nella certezza, e nella speranza, che due persone hanno intrapreso una strada di condivisione scegliendo di costruire una famiglia? Anzi, il giubilo doveva essere ancora più grande proprio perché la famiglia, composta da un uomo, una donna e dalla prole, viene additata dal cattolicesimo come il parametro più perfetto di una società ordinata. Su questa storia, troppo si è detto dell'uomo, pochissimo della donna, quasi un dettaglio la sua esistenza, niente del nascituro. Tuttavia, proprio su una vita che esordisce la cristianità ha fondato il suo essere più profondo e la sua giustificazione storica più certa. Una contraddizione troppo stridente. Eppure, come dice il prologo del vangelo di Giovanni, il verbo si fece carne. Ma una cosa è la teoria, un'altra la pratica. Se il presbitero avesse rinunciato all'abito talare per fare l'ingegnere, il politico, il medico, il commercialista, o qualsiasi altra cosa che fosse stata mille miglia lontana dal corpo di una femmina e dal frutto che porta in grembo, non sarebbe diventato il caso che abbiamo letto sugli organi d'informazione. Quindi il nocciolo della vicenda non è che una persona ha scelto una vocazione anziché un'altra, ciò avrebbe meritato soltanto qualche riga in cronaca. Ma che c'entrino in maniera diretta i versanti sessuale e procreativo. E' questo che crea scandalo agli occhi degli uomini di chiesa. Uomini. Perché se il ponte di comando ecclesiastico fosse composto anche da donne, si sarebbe reagito in maniera diversa di fronte ad un affetto che si consolida. Ciononostante, la scala gerarchica della diocesi di Trapani, i preti che la compongono e i fedeli che si sentono turbati, proprio in relazione al Natale appena trascorso, che altrimenti è davvero vuoto formalismo, hanno la possibilità di modificare il loro stato d'animo in relazione a quanto accaduto al loro compagno di fede. Non è una tragedia né una vergogna, non un trauma, né un dramma. Pensateci. Nel trionfo dell'amore che avete festeggiato nella famiglia che a Betlemme ha accolto un pargolo, ci sta tutta la storia, che quindi è di gioia, non di mestizia, di questo vostro confratello. E sin troppo facile venerare la notte e il giorno di Natale colui che, già si sa, è diventato Dio. Più difficile sarebbe stato entrare in quella stalla, più di duemila anni fa, e riconoscere, oltre le apparenze, il miracolo del divino che è nella vita. Avere fede, al netto di tutti i dogmatismi, forse significa solo questo.