domenica 27 ottobre 2013

L'emozione non basta. Seminario Immigrazione 1-3 Novembre 2013.

Associazione di volontariato culturale
SCUOLA DI FORMAZIONE ETICO-POLITICA “G. FALCONE”


I FLUSSI MIGRATORI MONDIALI: L’EMOZIONE NON BASTA.

Hotel Villa Sant’Andrea di Valderice (TP) - Via Enrico Toti, 87
1- 3 Novembre 2013

Prima sessione - Venerdì 1 novembre ore 16,30 – 19,30
(Coordinata da Pietro Spalla)
Perché ci difendiamo? Basi biologiche, etologiche e antropologiche dell’aggressività umana nella difesa dei propri spazi vitali.
Introduce
Andrea Cozzo
(Docente universitario di teoria e pratica della nonviolenza)


Seconda sessione - Sabato 2 novembre ore 9, 30 – 12,30
(Coordinata da Annamaria Pensato)
L’attuale normativa europea e italiana a difesa dei confini nazionali e gli interessi della criminalità sul traffico degli esseri umani.
Introduce
Daniele Papa
(Delegato per la Sicilia dell’Associazione giuristi per i diritti degli immigrati)


Terza sessione sabato 2 novembre ore 17 – 19
(Coordinata da Francesco Palazzo)
Possono le persone circolare come le merci?
Considerazioni divergenti dal punto di vista politico.
Confronto tra
Giusto Catania (Assessore Comune di Palermo – Partito Rifondaziome Comunista)
                                                              e
Raoul Russo (Movimento Fratelli d'Italia – già Assessore Comune di Palermo)


Quarta sessione - domenica 3 novembre ore 9,30 – 12,30
(Coordinata da Daniela Aquilino)
Dalla conoscenza dei numeri reali a cosa può fare il cittadino ‘comune’ qui e ora.
Introduce
Mario Affronti
(Responsabile Unità Operativa Medicina dei Viaggi, del Turismo e delle Migrazioni - Policlinico di Palermo – Presidente Società Italiana di Medicina delle Migrazioni)



Indicazioni tecniche:· I lavori si svolgeranno presso l’Hotel Villa Sant’Andrea di Valderice (TP): Via Enrico Toti 87.
· Chi vuole può prenotare (tel: 0923 891774 - 348 1482898) una singola (euro 25,00) o una doppia (euro 40,00): la cifra è a notte + prima colazione.
Per comunicare l'iscrizione agli organizzatori acavadi@alice.it, francipalazzo@gmail.com

mercoledì 23 ottobre 2013

Una pietra per don Puglisi a Brancaccio e poi pensa a Dio.

La Repubblica Palermo 
22 ottobre 2013
Per aprire un cantiere non basta la provvidenza
Francesco Palazzo



http://palermo.repubblica.it/cronaca/2013/10/22/news/per_aprire_un_cantiere_non_basta_la_provvidenza-69208419/



Un laureando è colui che sta per concludere il proprio percorso di studi. Una chiesa erigenda  -  così è stato chiamato nel corso della cerimonia di domenica il luogo di culto con altre strutture ad esso legate che, come è stato annunciato, sorgerà a Brancaccio nel nome di Puglisi  -  doveva essere qualcosa in più di una, pur gioiosa, mattina di festa. Con un progetto esecutivo già convalidato in tutte le sue parti e un corrispondente finanziamento per porlo in essere in maniera completa.
Magari, non sarebbe stato male, con un preventivo confronto con la gente del luogo per capire di cosa avevano davvero bisogno e come immaginavano l'opera. Con l'apposizione della prima pietra, con tanto di bollo papale, avvenuta appunto il 20 ottobre, in realtà, da quello che abbiamo capito, non è stato presentato il progetto, come si fa in genere in queste occasioni, in quanto è ancora in via di definizione. Né è stato chiarito con quali fondi si realizzerà quello che era un intendimento del beato, di cui ieri è ricorso il primo festeggiamento in termini di calendario. Come si legge in cronaca, ci sarebbero disponibili fondi derivanti dall'otto per mille. Vedremo come, in che quantità e con quali tempi verranno utilizzati allo scopo. Il resto dovrebbe venire fuori dalle donazioni dei fedeli e di quanti vorranno contribuire.
Insomma, siamo davanti ad un proponimento ancora, in larga parte, in divenire, dunque non quantificabile nella sua effettiva realizzazione in termini monetari e a un finanziamento che, per forza di cose, non può essere definito nella sua interezza se prima il disegno di tutta l'opera non sarà stato completato con tutte le previste autorizzazioni degli organi competenti. Perché allora, viene da chiedersi, la Curia ha manifestato tutta questa premura nell'iniziare un percorso, presentandolo quasi in via di realizzazione agli abitanti di Brancaccio e a tutta l'opinione pubblica? Ovviamente, ci auguriamo che tra alcuni mesi i lavori abbiano davvero inizio. Ma qualche punto interrogativo è lecito porselo. È vero che anche don Puglisi fece riferimento e affidamento alla provvidenza quando si trattò di acquistare, per quasi trecento milioni di lire, la palazzina di fronte la chiesa dove situare il centro Padre Nostro. Ma, in quel caso, si trattò di un cammino che venne sostenuto con azioni specifiche e coinvolgenti tutto il territorio. Quanti preti delle altre parrocchie della zona erano presenti domenica nel grande spiazzo di Via Fichidindia? E quelli delle altre parrocchie della città? Pochi, riteniamo, visto che la manifestazione è avvenuta in un orario domenicale in cui nelle comunità parrocchiali sono in corso le celebrazioni eucaristiche.
Non sarebbe stato meglio convocare lì, in un altro orario o in un giorno diverso, tutto il presbiterio palermitano, in modo che oltre la pietra ci fossero i corpi dei sacerdoti a testimoniare l'avvio di un sentiero comune della chiesa palermitana? In altre parole: si tratta di un'azione corale, sentita, della comunità cattolica del capoluogo, che con questo tempio e con gli spazi connessi intende muoversi tutta nella direzione di Puglisi, o di qualcosa calato dall'alto, utile a completare il tragitto iniziato con la beatificazione di maggio? 
Va ricordato, peraltro, proprio per sottolineare la concretezza e la sobrietà di un tipo come don Pino Puglisi, che egli inaugurò ufficialmente e in pompa magna solo nel gennaio del 1993, pochi mesi prima di morire, il Centro di accoglienza Padre Nostro. Quando quella struttura era già operante dal 1991 e aveva cominciato a porre da diverso tempo segni evidenti di cambiamento a Brancaccio. 

domenica 13 ottobre 2013

Il Beato Pino Puglisi e la religiosità popolare.

Repubblica Palermo
Sabato 12 Ottobre 2013
Pag. XII

Se portassimo in processione don Puglisi

Francesco Palazzo
 
Avere un beato nuovo di zecca e portare in giro il simulacro del solito santo. Ho pensato questo quando, recentemente, ho visto a Brancaccio la statua di S. Gaetano. Sbucata dalla chiesa dove visse l'ultima parte della sua vita don Puglisi. Magari, come testimoniano coloro che lo hanno conosciuto, don Pino era allergico a processioni e reliquie. Adesso pare che la curia palermitana stia facendo circolare tra le parrocchie proprio una reliquia del novello beato. Eppure, non sono così sicuro che un segno corporeo del martire antimafia che giri tra le famiglie possa avere lo stesso effetto di quello rappresentante, con tutto il rispetto, Padre Pio. Sino a quando sono San Gaetano, Santa Rita, Cosma e Damiano, madonne piangenti, cristi morti e via elencando, a essere condotti in processione, si tratta di storie e biografie così slegate dalla contemporaneità, da essere commestibili per qualsiasi versione del credo cattolico. Anche per quella dei mafiosi. Che infatti, ancora oggi, come ci conferma una delle ultime operazioni di polizia in uno storico quartiere palermitano, non disdegnano d'infilarsi nelle confraternite per confermare il possesso del territorio pure in tali occasioni. Si correrebbe lo stesso pericolo se fosse la statua di Padre Puglisi a girare per le vie del quartiere dove è stato ucciso, per le strade dei rioni palermitani e in altri contesti della nostra regione? La caratteristica peculiare di 3P è stata quella di incarnare una chiesa dalla quale la criminalità mafiosa si mantenne ben distante. Perché la comunità cristiana, attraverso quel piccolo prete, mostrava un volto irriconoscibile ai componenti del consorzio criminale. Sino a spingerli a farla finita una volta per tutte. Molto si è detto e scritto sulla scomunica da comminare a coloro che sono condannati per reati di mafia. Ma resta il fatto che gli stessi mafiosi, siano o meno messi all'indice formalmente o a parole, continuano a chiedere sacramenti e sentirsi a loro agio dentro le mura ecclesiastiche. Sino a quando, però, qualcuno, e sinora se ne contano pochi, non mette in campo un certo tipo di chiesa dalla quale gli stessi mafiosi si tengono lontani. Se così è, non sono tanto convinto che portare in giro la statua di Puglisi, o una sua reliquia, ne depotenzi il messaggio profetico e lo riduca a innocuo santino, come molti temono. Perché c'è devozionismo e devozionismo. E' possibile immaginare le congregazioni che portassero avanti il culto del prete ucciso per mano mafiosa il 15 settembre 1993, infestate dagli appartenenti a cosa nostra? Perché una cosa è reggere sulle spalle, come succede ad esempio a Catania, il fercolo di Sant'Agata (ma la stessa cosa si potrebbe dire per Santa Rosalia a Palermo), cioè la rappresentazione scultorea di una persona nata quasi mille e ottocento anni addietro, che non interessa e non coinvolge più di tanto la vita delle persone, tranne i giorni in cui si festeggia. Un'altra è fare camminare l'effige di un contemporaneo santificato contro i meccanismi perversi e violenti della mafia. Poi è così vero che Puglisi nutrisse antipatia verso questa forma di religiosità che nasce dal basso? Voleva soltanto, e ci provò sia a Godrano che a Brancaccio con la confraternita legata al nome di San Gaetano, riempirla di autentici percorsi di fede e di spiritualità. Per dirla tutta, più pernicioso del pericolo che Puglisi venga ridotto a santino, scorgo quello che sia il santo di una piccola minoranza che si restringerà sempre più con il passare del tempo. Tanto che, parlando di don Puglisi a Catania o a Messina, ho appurato che della sua vicenda si ha una conoscenza molto limitata già nella stessa terra di Sicilia. Mentre, invece, anche celebrandolo all'interno della religiosità popolare, con tutto quello che ha voluto dire la sua vita e il modo come è morto, lo si farebbe entrare veramente nel vivo della comunità cattolica siciliana.