LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 29 FEBBRAIO 2012
Pagina XIX – Palermo
FENOMENOLOGIA DELLO SCONTRINO NELLA SICILIA DELL'ERA MONTI
Francesco Palazzo
Sarà pur vero che a Palermo, in due casi su tre, ristoranti negozi e bar si scordano di emettere lo scontrino. Ma, da normali acquirenti quotidiani quali siamo, abbiamo l´impressione che le cose stiano cambiando velocemente da quando Monti si è insediato a Palazzo Chigi. A prescindere dai controlli e dalle segnalazioni dei cittadini, evidentemente si è capito che l´aria è cambiata. Così scopri, e il fenomeno viene segnalato da tanta gente, che commercianti sino a ieri insensibili sull´argomento sono diventati i paladini dello scontrino senza se e senza ma. L´addetto al bancone del bar, nelle ultime settimane, ogni mattina mi ripete più volte di portare via lo scontrino. Lo porto via, non si preoccupi, gli dico guardandolo compiaciuto. Prima, per i clienti più fidati, bastava un cenno tra la cassa e il bancone per evitare di far uscire il fastidioso pezzetto di carta. Caffè e cornetto pagato. Questa la frase d´uso. Ora non più. Durerà? Questo dipende un po´ da tutti noi. Anche la pescheria del mercato popolare, non quella che non ha il registratore di cassa, e te lo dicono beatamente, ma l´altra, lo scontrino l´ha sganciato senza problemi. Magari con qualche mugugno la prima volta, («A Roma devono pagare, non noi»), ma poi il tizio ha capito che i tempi impongono un cambiamento. Certo, fa specie vedere l´esponente di sinistra andare via sereno senza niente in mano che certifichi la transazione. Ma questo è un altro discorso. Così come quel dottore, sempre nel mercato del Capo, che sgancia cento euro al pescivendolo senza fare una piega e senza pretendere altro che la merce appena comprata. Una conoscente ci raccontava, meravigliata e quasi emozionata, che il fruttivendolo del quartiere bene, da sempre restio circa la pratica di far sapere al fisco il suo effettivo guadagno, ha battuto cassa per un acquisto, badate bene, di soli due euro e cinquanta. Un´altra signora, con stupore, raccontava in famiglia che il suo parrucchiere di fiducia aveva emesso la ricevuta fiscale per l´intero importo pagato. Non l´aveva mai fatto. In genere batte solo la piega e si distrae sul taglio. Sono soddisfazioni. E non è che capiti solo al centro città. Il piccolo baretto di periferia, dove spesso sorseggio un caffè, ultimamente al resto aggiunge senza fare una piega il prezioso scontrino. Lo farà solo per me che sono forestiero? Il dubbio rimane. Ma prima glielo dovevo chiedere con un grazie finale. E´ chiaro, siamo ancora agli inizi. La strada è molto lunga. Un amico mi ha scritto che non ha più visto, né sentito, l´installatore dell´impianto di allarme a cui ha chiesto più volte la ricevuta. Ha temporeggiato con mestiere per mesi, poi è sparito. Quello del kebab, vicino al Teatro Massimo, si presenta sempre con un "preconto" che non vuol dire nulla. Novantanove volte su cento gli va bene. Pagare e sorridere. Distratto lui, svagati gli avventori. O complici. La correità di coloro che non chiedendo lo scontrino, non rendendosi conto che poi stupidamente pagano loro le tasse anche per gli evasori, costituisce il vero zoccolo duro da abbattere. E ce lo confermano i numeri. Perché, se è vero che nel 2011 le chiamate al 117, il numero della Guardia di Finanza dove è possibile segnalare irregolarità, sono aumentate a Palermo del 46,75 per cento, 813 segnalazioni sono davvero un numero esiguo in una città di quasi settecentomila abitanti che parte, secondo i dati del 2011, da uno stellare 83,6 per cento di illegalità fiscale.