CENTONOVE
Settimanale di Politica, Economia, Cultura
24 Febbraio 2012 - Pag. 47
Sicilia, povere famiglie
Francesco Palazzo
A fine gennaio l'Istat ha pubblicato nel suo sito la banca dati di indicatori territoriali per le politiche di sviluppo. La Sicilia non ne esce tanto bene. Sono dati di lunga durata, nella quasi totalità dei casi provenienti dal 1995. Gli indicatori sono molteplici, quelli che riportiamo si riferiscono all'ultimo anno utile, il 2010. Se vogliamo considerare la situazione economica delle famiglie, il 33,3 per cento di quelle siciliane vivono al di sotto della soglia di povertà, con una media nazionale del 13,8 e una distanza abissale da chi è in testa a questa classifica, la Lombardia, che presenta un 4,7 per cento. La Sicilia svetta in testa. Del resto, uguale primato l'isola mantiene per quanto riguarda i disoccupati di lunga durata, quelli che sono senza lavoro da più di 12 mesi. In Sicilia questi soggetti, sul totale dei non occupati, sono il 57,9 per cento, con una media italiana che è del 48,5 e una distanza abissale dalla regione, la Val D'Aosta, che presenta, con il 34,1 per cento, il dato più positivo. Se ci spostiamo sul versante dell'istruzione, due indicatori, tra gli altri, fanno suonare per la nostra regione un forte campanello d'allarme. Con il 26 per cento, abbiamo il primato sulla fascia di giovani dai 18 ai 24 anni che abbandonano gli studi. Lontani dalla media del paese (18,8) e ancora più distanti da chi presenta una fuga giovanile dai banchi di scuola più confortante tra le regioni, cioè il Friuli, con il 12,1 per cento. D'altra parte, c'è un dato ancora più fondamentale che ci vede, questa volta, ultimi. Parliamo della popolazione compresa nella fascia d'età dai 15 ai 19 anni che possiede almeno la licenza media. Con il 97 per cento siamo in coda, con una media paese del 98,3 e il Trentino, prima regione, che presenta un 99,6 per cento. Non va meglio, da serie B anche in questo settore, per quanto riguarda la formazione dei lavoratori dai 25 ai 64 anni. Solo il 3,9 per cento partecipa ad attività formative, con una media nazionale del 5,9 e la prima regione, il Trentino, che presenta un 8,4 per cento. Cambiando scenario, non muta la nostra condizione. Sui beni comuni, energia, acqua e foreste, ci distinguiamo da par nostro. Per dire, siamo i primi per superficie forestale percorsa dal fuoco (6 per cento), contro una media italica dello 0,4 e un invidiabile 0 di alcune regioni. Sul numero di famiglie che denunciano irregolarità nella distribuzione dell'acqua, fanno peggio di noi solo i calabresi (33,4 per cento), che talloniamo con il nostro 28,2 (media nazionale 10,8 per cento, regione con meno lamentele il Trentino, con l'1,7). Sulle energie rinnovabili ci troviamo in zona retrocessione, diciassettesimi. I consumi di energia coperti da fonti idroelettriche, eoliche, fotovoltaiche, geotermoelettriche e biomasse sono l'11 per cento. La Val D'Aosta, prima in elenco, copre tutto il fabbisogno e inoltre produce, dalle rinnovabili, un altro 151,4 per cento. La media in Italia è 22,2. Anche nei servizi facciamo la “nostra” figura. Prendiamone uno, i trasporti ferroviari. Il 31,6 per cento degli utenti che si dichiarano, diciamo così, soddisfatti dal servizio, ci pongono ultimi della lista, con una media italiana del 47,5 per cento, e la più brava della classe, il Trentino, in cui sono esattamente il doppio della Sicilia quelli che sono contenti, beati loro, del servizio ferroviario. Perché utilizzare un sistema che non si ritiene all'altezza? Non c'è motivo. E, infatti, con l'11,1 per cento di siciliani che utilizzano il trasporto che scorre sui binari, non ci muoviamo dal fondo della classifica. In Italia ricorrono al servizio ferroviario il 29,9 per cento, la regione che eccelle è la Liguria, con il 42,2. Sono tanti i numeri desumibili da questa banca dati. Ne citiamo solo un altro, riguardante l'assistenza. Gli anziani con più di 65 anni presi in carico dai servizi di assistenza domiciliare integrata sono da noi l'1,5 per cento. Fa peggio solo la Val D'Aosta, con lo 0,4, è da scudetto l'Emilia Romagna con l'11,6 per cento, con una media nazionale del 4,1. Che non fossimo un posto per i giovani lo sapevamo, ma forse non siamo neanche una regione per vecchi.
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