La Repubblica - Palermo
14 agosto 2013 — pagina 1
Se il dolore più grande si trasforma in esempio
Francesco Palazzo
Sul belvedere di Castellammare del Golfo, vista mozzafiato su
uno dei tratti di costa più belli della Sicilia, c' è un Cristo dentro
un piccolo terrazzino recintato, in memoria di una ragazza. Il luogo
trasmette serenità. La tragedia della morte di un figlio non consente
via d' uscita che non sia la lunga elaborazione del dolore. Q uesto è
l' aspetto privato dove non è possibile entrare. C' è, però, un
risvolto pubblico sul quale qualcosa si può dire, perché può
costituire, in alcuni casi, per ciascuno di noi un possibile filo di
senso. A tutti capita di notare, sui marciapiedi, sui pali o sugli
alberi, lapidi, foto, fiori in corrispondenza dei luoghi dove giovani
vite si sono spente. Modi di prolungare un dolore domestico, di
renderlo presente a chiunque passi e non cancellabile dalla storia di
una città. Si tratta di esperienze che rimangono circoscritte nell'
ambito della sfera parentale, un estraneo che passa velocemente da
questi luoghi non ha nemmeno il tempo di rendersi partecipe di una
biografia. È una reazione assolutamente comprensibile, forse anche la
più normale, quella di rintanarsi in se stessi quando suona la campana
della disperazione. Del resto, come si fa a pensare ad altro in certi
momenti? Tutti abbiamo condiviso la sorte di due ragazze palermitane
andate via a distanza di qualche anno l' una dall' altra. Livia, nel
marzo del 2011, e Giulia, il primo agosto di quest' anno. Il percorso
nato attorno alla memoria di Livia Morello ha come filo conduttore la
solidarietà e l' amore per il prossimo. C' è un sito liviamorello. it,
tre appuntamenti annuali di beneficenza già svolti e altre attività. Il
ricordo concreto di Giulia Foresta, andata via durante la
spensieratezza di una vacanza estiva, così hanno annunciato i genitori,
sarà affidato alla nascita di un' associazione in nome della figlia
che possa continuarea dire alla società qualcosa di lei. Liviae Giulia
ci trasmettono, con le scelte fatte dai loro familiari, suggerite
evidentemente da ciò che loro erano in vita, innanzitutto, un
messaggio. La morte non è l' ultima parola da affidare al futuro e
scolpire per sempre in una foto, una lapide, un mazzo di fiori,
sistemati lungo le vie del mondo. Il percorso amaro della condivisione
di una perdita può trovare una strada diversa attraverso l' istituzione
di realtà aggregative per altri giovani, che possano formarsi avendo
come riferimento i valori di chi non c' è più fisicamente. Ciò
veramente permette a queste esistenze spezzate troppo presto di
sopravvivere. Inoltre, le biografie che spesso escono fuori, diventando
di dominio pubblico ogni qual volta accade qualcosa di ineluttabile,
ci consegnano spesso una generazione di giovani che ha qualcosa d'
importante da dire a noi adulti. Infine, le scelte di questi genitori e
il loro riuscire a non sigillare la propria sofferenza in un
umanissimo e comprensibilissimo rinchiudersi in se stessi, ci
consegnano pure uno spaccato di mondo adulto che si sente parte di una
comunità pure nei momenti più difficili e intende andare avanti con
essa. Cercando, insieme a tanti altri, di ricomporre il mosaico della
propria storia infranta. E sappiamo quanto bisogno ci sia, in una città
come Palermo, di riannodare i fili del comune sentire e del comune
appartenere. Anche partendo da situazioni nelle quali gli infiniti
punti interrogativi sono appesi a pochissime risposte.