La Repubblica Palermo
4 febbraio 2017 - Pag. I
La cultura che serve alla capitale della cultura
Francesco Palazzo
Con la cultura, intesa però nella sua accezione a 360 gradi, si mangia eccome, lo ha ben sottolineato giovedì Enrico del Mercato. Si possono fare tavolate che non finiscono mai. Palermo, capitale della cultura lo è da secoli e lo è, non ce ne vogliano le nostre ultime contendenti, al cospetto delle più grandi città italiane, europee e mondiali. E lo siamo stati, se guardiamo la storia recente, negli anni della primavera.Va detto che questo riconoscimento premia più quello che siamo attualmente che ciò che possiamo diventare, ossia delle capacità in larga parte inespresse. Il termine cultura ha variegate sfaccettature. Riguarda il mondo culturale in senso stretto, ma concerne pure l’offerta turistica riguardo ai siti e quella ambientale riguardo al territorio, attiene al mondo della politica e ai comportamenti di ciascuno. Messa così dobbiamo chiederci quali forature dobbiamo riparare per essere, oggi e domani, per noi stessi prima che per gli altri, capitale della cultura. Mentre apprendevo che Palermo prendeva questa medaglia ero a Catania. Per recarmi dal centro all’università e tornare, ho preso, non attendendo più di tre minuti, il bus circolare BRT1. Collega, dalle 5 alle 24, il centro alle periferie in continuazione, le attese vengono annunciate da pannelli elettronici e la stessa cosa accade per le altre linee. Tornato a Palermo dopo le 21, e non è la prima volta, il deserto. Per andare dall’altra parte della città non c’erano più in giro 101, riesco a prendere l’ultima 107 che parte alle 21 e 25. Qualche giorno prima, di mattina, avevo visto tre 101 dirigersi incolonnati verso la stazione, intralciandosi a vicenda. Allora il primo obiettivo che dobbiamo centrare è la cultura dell’organizzazione. Inutile avere tre mezzi in carovana alle otto e nulla dopo le 21 e 30. Occorre perseguire anche la cultura della puntualità e della certezza. I palermitani, in primo luogo, e i turisti devono sapere quanto aspetteranno i bus. Organizzazione e puntualità si possono applicare a tanti ambiti, sono ingredienti non secondari per essere capitale di qualsiasi cosa. Cultura è l’offerta turistica che si propone. La decennale esperienza de “Le vie dei tesori” aspetta di essere presa in carico dall’amministrazione per diventare un dato certo e spalmato su tutto l’anno. Andando in giro per Palermo non si trovano audioguide neanche a pagarle a peso d’oro. Cosa ci sarebbe di più affascinante che girare lo sterminato centro storico di Palermo accompagnati da un’audioguida o da guide in carne e ossa non a prezzi esorbitanti? Si può prendere esempio, ne abbiamo scritto, dalla FVG card triestina. La cultura è fruizione dell’ambiente cittadino. Si dirà che si è proceduto con diverse pedonalizzazioni. Ma, sinora, e qui possiamo tornare a Catania, dove la piazza davanti al duomo è stabilmente negata alle auto, come la via adiacente sino alla successiva piazza e continuando per un bel pezzo di via Etnea, a Palermo non si riesce a fare nell’asse centrale Libertà — Ruggero Settimo — Maqueda, nulla di veramente definitivo. Poi c’è la cultura del far rispettare le regole ovunque. Attualmente solo nel perimetro ZTL avviene, nel resto della città si può fare sostanzialmente quello che si vuole. Uno spaccato che determina la cultura di una città è la cura che si riserva alle periferie. Che non è la pulizia straordinaria di fine legislatura e deve pure dare conto di cosa è il decentramento, ossia a cosa servono, senza poteri, le circoscrizioni che andremo a eleggere tra qualche mese. Cultura è pure tenere pulita la città in ogni luogo, non solo limitarsi a superare l’emergenza dell’immondizia. Insomma, cultura è porre in essere delle cose che durino, non puntare soltanto sui grandi eventi. Le opportunità del 2017, Palermo città dei giovani, e del 2018, Palermo città della cultura, possono diventare dei formidabili moltiplicatori solo se trovano il terreno adatto. E ancora non ci siamo. Fatevi un giro per le strade centrali, troverete i marciapiedi in condizioni pessime. Dobbiamo chiederci che tipo di cultura della bellezza comunica questa evidenza, non ai turisti ma ai palermitani. Perché dobbiamo sviluppare il discorso culturale intanto per noi. E se noi ci piaceremo sempre di più saremo graditi anche agli altri. Pure dal 2019 in poi, quando si saranno spenti i riflettori. Palermo negli ultimi anni è un po’ migliorata, non ci voleva molto dopo il decennio precedente, dunque l’autostima di cui si parla deve ancora fare tanti chilometri. Resta da chiedersi cosa intendono fare tutti i cittadini per migliorare la loro cultura civica. Le istituzioni possono fare molto, ma tanto è nelle mani dei palermitani. Infine, dobbiamo chiederci se tra di noi, prima che agli occhi degli altri, la cultura mafiosa è davvero sconfitta, cioè se è vero che la mafia non comanda più. Direi che c’è molto da lavorare. Non riverniciando slogan per apparire più attraenti agli altri. Lo stato culturale di una città si misura lontano dai riflettori, quando non si indossa il bel vestito domenicale e si inforcano gli abiti della quotidianità. Questo è un premio, il più bello e significativo, che solo noi, comunità di uomini e donne, possiamo darci.