venerdì 25 maggio 2018

Verità, mafia, antimafia e inadeguatezza mondo associativo.


La Repubblica Palermo - 24 maggio 2018
La richiesta di verità ventisei anni dopo
Francesco Palazzo

Aldo Moro, di cui abbiamo fatto memoria a 40 anni dal 1978, affermava che la verità è sempre illuminante, ci aiuta ad essere coraggiosi. Verità chiede Fiammetta Borsellino.
Non solo alla mafia, e va detto che i mafiosi sono i soli a parlare, ma pure allo Stato, i cui esponenti sono talvolta più reticenti. E non solo. Basterebbe riflettere, come ha fatto Roberto Scarpinato, sulle difficoltà trovate da Falcone e Borsellino negli ultimi anni delle loro vite.
Siamo a 26 anni dalle stragi del 1992, questa richiesta di verità può unirsi ai lenzuoli esposti sui balconi e alle manifestazioni.
Solo che è una domanda ruvida, perché riguarda anche l’antimafia militante. Fatta di realtà benemerite, ma ciascuna curante il proprio piccolo orto.
Nella misura in cui continua a spargere piccoli e divisi frammenti sulla strada della lotta alle cosche, non aiuta molto a individuare quelle verità che ci servono. 
Mentre un fronte comune porterebbe, come scriveva ieri nel suo editoriale Enrico del Mercato, a quelle “analisi e azioni nuove”, affidate non a “paladini, ma a gente capace di fare da esempio”.


giovedì 17 maggio 2018

Mafia e antimafia? Secondo Mao grande è la confusione sotto il cielo.


La Repubblica Palermo - 17 maggio 2018
Quell'analisi in ritardo sulla mafia
Francesco Palazzo
Una volta in un processo un imputato eccellente, alla domanda se per lui esisteva la mafia, rispose con ironia graffiante che se c’era l’antimafia voleva dire che c’era pure la mafia. Un modo per descrivere un movimento fatto di parole, le quali si contrapponevano a un’altra parola, la mafia, secondo quell’imputato che disconosceva l’esistenza della criminalità organizzata. Noi abbiamo sempre pensato di potercela cavare meglio. Ma sapremmo descrivere, oggi, cosa sono la mafia e l’antimafia al di là delle azioni della magistratura e delle forze dell’ordine? “Grande è la confusione sotto il cielo, perciò la situazione è favorevole”, sosteneva Mao. Mi sa che nel nostro caso non è così.
Commemorando Impastato a Cinisi, Don Ciotti ha gridato che siamo fermi al 1992 nell’analisi sulle mafie. Ha ragione. Ed è un problema che si rispecchia sull’antimafia. Se continuerà così corriamo il rischio di rispondere, pure noi, che l’esistenza della mafia è certificata dalla persistenza dell’antimafia.
Sempre più impalpabile la prima, sempre più spenta, piena di lacerazioni e passi falsi la seconda.

venerdì 11 maggio 2018

Siciliani: la civiltà è una partita che è meglio giocare in trasferta.

La Repubblica Palermo
10 maggio 2018
Il vivere civile che per il palermitano è solo da esportazione


Francesco Palazzo



Partiamo da chi a Palermo, avendo intorno ben tre attraversamenti pedonali, decide di farne a meno.Potrebbe imputare tale modo di fare alla distrazione, alla premura, e chiuderla così. Invece si lamenta perché gli automobilisti si trovano in difficoltà trovandoselo improvvisamente davanti a zigzagare come una trottola. Quando gli si fa notare passa alle offese, pensando evidentemente che i pedoni devono essere fatti transitare in qualsiasi modo decidano di farlo. Cosa che per la verità gli viene consentita, visto che si trova già dall’altra parte della strada. A questo punto gli si obietta che anche per i pedoni vale innanzitutto la civiltà, che comprende il rispetto del codice della strada. Messo alle strette si congeda lanciando qualche altro improperio e gridando che di civiltà non si deve parlare. Il tutto firmato dall’epiteto “cretino”, rivolto a chi si trova dinanzi al cofano uno che mette in pericolo la propria e l’altrui sicurezza senza nessuna emergenza in corso e cerca solo di far capire a un adulto, non a un adolescente, che è meglio non farle queste cose. Stesse scene quando fai notare altre “fisiologiche”, alle nostre latitudini, infrazioni. E invece proprio di civiltà parliamo. Quella che molti, al ritorno dai viaggi, raccontano di aver visto fuori. Continuando a comportarsi al contrario in patria. Perché a Palermo, così dicono con voce roboante appena sbarcati, siamo lontani anni luce da certi comportamenti normali. Ed hanno ragione. Non si accorgono tuttavia che non evidenziano solo un problema. Ma che spesso ne fanno parte. Un problema che ha le sembianze dei veicoli in seconda o terza fila davanti ai negozi per gli acquisti o ai bar per consumare il rito della colazione, compresi in quest’ultimo caso talvolta i mezzi delle forze dell’ordine, delle auto che sfrecciano sulle corsie riservate superando i “fessi” incolonnati dietro il rosso dei semafori, dei tantissimi che parlano al cellulare o digitano messaggi mentre guidano, dei ciclisti che vedi sbucare in controsenso da tutte le parti come se il mondo fosse a disposizione sotto i loro pedali, dei motociclisti senza casco, dei mezzi che guadano gli incroci col rosso, di gente, appunto, che va da una parte all’altra delle vie come meglio gli viene, delle quattro ruote che bloccano gli scivoli dei marciapiedi, dei posteggiatori abusivi, sempre gli stessi, in pubbliche piazze o vie che controllano tranquillamente i loro pezzi di territorio, ottenendo legittimità dalla borghesia palermitana e di fatto, a parte i proclami, ignorati dalle forze dell’ordine, visto che sono sempre negli stessi posti da anni e anni. Pure in spazi palesemente video controllati. E tutto ciò, si badi bene, nella zona residenziale della quinta città d’Italia, non in una sperduta periferia. Pochi chilometri quadrati dove ciascuno fa sostanzialmente ciò che vuole.L’habitat è questo, e si sposa con quello del palermitano dall’attraversamento, diciamo, artistico. Il punto è che spesso ci si lamenta, prendendo e prendendosi in giro, per l’assenza di questo o di quello, giustificando condotte non esattamente urbane. Mancheranno tanti presidi in questa città. Ma anche quando glieli metti sotto il naso, per moltissimi palermitani nulla cambia. È pur vero che abitualmente gli appiedati non vengono “visti” sui transiti pedonali, molto spesso più che sbiaditi. Tanto che una ragazza palermitana che studia in Toscana ha chiamato stupita la mamma per dirle che un autista si era arrestato non appena lei aveva messo un piede sulle strisce. Ma non è solo Palermo, spostandosi in Sicilia è difficile trovare cittadini che si comportano diversamente. La politica ha i suoi vizi, ma la cosiddetta società civile nemmeno scherza. In tutto questo far west, dove è difficile scorgere nel quotidiano un patto minimo di convivenza, ciascuno piega le norme a proprio uso e consumo. E guai a rimarcarlo.In una terra in cui sono le trasgressioni quotidiane a divenire regole e a sostituirle del tutto, può essere molto pericoloso. Dal cretino alla lettiga del pronto soccorso il passo può essere davvero breve. 

mercoledì 9 maggio 2018

Peppino Impastato, dopo quarant'anni cosa dice all'antimafia.

La Repubblica Palermo
9 maggio 2018 
Impastato, quattro lezioni all'antimafia
Francesco Palazzo

Peppino Impastato, in un momento in cui l’antimafia, come qui scriveva Gery Palazzotto, si è inabissata come la mafia, ci dice, a 40 anni dall’omicidio, diverse cose.
Intanto il suo impegno sul pezzo di territorio che aveva davanti.
Non la lotta alla mafia teorica, ma specifica. La prima più semplice e poco incisiva. La seconda più complicata, rischiosa, ma che lascia il segno. 
Poi l’impegno politico e successivamente la candidatura nell’istituzione locale. Nel momento in cui è ucciso, Impastato è candidato al consiglio comunale di Cinisi.
Difficile fare antimafia senza considerare la politica e gli sbocchi istituzionali.
Continuando, la capacità di lottare contro la mafia che aveva intorno in maniera creativa, con lo sberleffo, l’irriverenza, una trasmissione radiofonica. Oggi, pur avendo a disposizione tanti più mezzi, si registra un conformistico cliché comunicativo. 
Ma anche la capacità di capire dove andavano in quel momento gli interessi economici della cosca di Cinisi. A noi sfugge dove sono i soldi delle mafie. Ce n’è quanto basta per riflettere.