La Repubblica Palermo - 17 maggio 2018
Quell'analisi in ritardo sulla mafia
Francesco Palazzo
Una volta in un processo un imputato eccellente,
alla domanda se per lui esisteva la mafia, rispose con ironia graffiante
che se c’era l’antimafia voleva dire che c’era pure la mafia. Un modo per
descrivere un movimento fatto di parole, le quali si contrapponevano a un’altra
parola, la mafia, secondo quell’imputato che disconosceva l’esistenza della
criminalità organizzata. Noi abbiamo sempre pensato di potercela cavare
meglio. Ma sapremmo descrivere, oggi, cosa sono la mafia e l’antimafia al di là
delle azioni della magistratura e delle forze dell’ordine? “Grande è la
confusione sotto il cielo, perciò la situazione è favorevole”, sosteneva Mao.
Mi sa che nel nostro caso non è così.
Commemorando Impastato a Cinisi, Don Ciotti ha
gridato che siamo fermi al 1992 nell’analisi sulle mafie. Ha ragione. Ed è un
problema che si rispecchia sull’antimafia. Se continuerà così corriamo il
rischio di rispondere, pure noi, che l’esistenza della mafia è certificata
dalla persistenza dell’antimafia.
Sempre più impalpabile la prima, sempre più spenta,
piena di lacerazioni e passi falsi la seconda.
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