La Repubblica Palermo
28 gennaio 2017 - Pag. I
Il film mai visto sulla coerenza delle promesse elettorali
Francesco Palazzo
Dal bel film di Ficarra e Picone, L’ora legale, si possono trarre diversi spunti ma una stessa reazione finale interdetta dal punto di vista dello spettatore che si aspetterebbe un lieto fine. Anche le risate non sono mai piene ma impastate insieme alle constatazioni amare sul malcostume che imperversa tra gli stessi astanti a varie latitudini e intensità. Alla fine cala il gelo sul the end. Nessuna assoluzione, niente alibi. Nemmeno per la politica virtuosa. Che scappa a gambe levate alle prime difficoltà. Ma soprattutto nessuna semplice via d’uscita per i cittadini. Ciascuno sbuca dalla proiezione con le proprie domande irrisolte, con le personali incoerenze e contraddizioni tutte da chiarire con se stesso. Il passaggio che più mi ha colpito è la frase pronunciata da un’elettrice delusa che richiama tutti alla lettura attenta di quello che era il programma del candidato. Era tutto scritto lì, il sindaco eletto stava realizzando punto per punto tutto ciò che aveva promesso. Solo che, lo sappiamo, di programmi elettorali teorici e altisonanti son piene le fosse. È come se si realizzasse un patto tacito tra corpo elettorale e candidati. I programmi e le promesse sono una cosa, la realtà un’altra. È un vero peccato che le leggi elettorali non prevedano, per chi concorre alle massime cariche, che si debba mettere nero su bianco nelle schede elettorali le dieci cose più importanti da realizzare se eletti, obbligando le amministrazioni in carica a prevedere, sin dall’inizio del mandato, scadenze e modalità precise per singola voce da inserire in bella evidenza nei siti web. Non prima di averne ufficializzato l’esistenza davanti ad un garante terzo. Per dire, visto che abbiamo le elezioni comunali a Palermo tra qualche mese, mi chiedevo quale era nel 2012 il programma elettorale dell’amministrazione in carica. Ho fatto una ricerca sul web e non sono riuscito a trovarlo. Allora ho pensato che sicuramente ne avrei potuto scaricare una copia dal sito del Comune. Ma, a meno di non aver cercato male, non mi pare che ci sia traccia di ciò. Per carità, magari la giunta che governa la città da cinque anni ha osservato scrupolosamente quanto aveva prospettato proponendosi all’elettorato palermitano. Ma non essendoci un documento ufficiale intorno al quale confrontarsi in contraddittorio, è difficile stabilire la coerenza della tabella di marcia quinquennale con quanto era stato preventivato. Ricordiamo vagamente, ma attendiamo conferme o smentite da chi ha in mano il programma elettorale o lo rammenta meglio, una chiusura del Parco della Favorita, che doveva diventare il corrispettivo del Teatro Massimo come immagine e simbolo. Un’altra cosa che ci viene in mente è che da Piazza Croci alla fine di via Maqueda doveva estendersi una lunga isola pedonale. Ma pensiamo al futuro. Non sarebbe male se i tre candidati più accreditati, Orlando, Ferrandelli e Forello ci fornissero, ben prima di inondarci di candidati al consiglio comunale e alle circoscrizioni, sulle cui qualità siamo pronti a mettere la mano sul fuoco, dieci punti programmatici ciascuno e li sottoscrivessero, accompagnati da un cronoprogramma, durante un dibattito pubblico, impegnandosi a inserirli sempre in piena evidenza sul sito istituzionale se eletti, in modo che si possano controllare azioni e tempi. Tornando al film di Ficarra e Picone, ho l’impressione che, nella realtà concreta, quasi mai si contrappongono azioni politiche legalitarie rivoluzionarie e innovatrici da parte di illuminati amministratori e ardue resistenze da parte degli amministrati che vogliono difendere i loro orticelli. Le cose sono molto più complesse. Da entrambe le parti, ci pare, sia da chi si propone come il nuovo e dall’elettorato che intende cambiare tutto appoggiando il nuovo, è una bella gara a misurare, nei fatti, incoerenze e parole al vento. Nessuno scappa dai palazzi del potere, per troppa coerenza, come il sindaco di Pietrammare. E non si intravedono masse di elettori delusi che si presentano in massa a chiedere conto delle troppe rigidità legalitarie. Almeno in Sicilia è un film che non si è mai visto.