Repubblica Palermo
19 - 12 - 2013 - Pag. I
Francesco Palazzo
In genere un' amministrazione convince i cittadini al virtuosismo civile con le pratiche di governo quotidiane. Che, di norma, sono il frutto del mantenimento degli impegni programmatici sui quali si era chiesto il voto all' elettorato. Quando, invece, si arriva ad un drammatico appello pubblico quale quello lanciato dal sindaco Orlando ai palermitani sul fronte raccolta rifiuti, con in più il fatidico riferimento a quelli che c' erano prima, che magari sarà realistico ma è sempre percepito come una excusatio non petita, si capisce che siamo su un versante di non ritorno, una specie di ultima spiaggia. A cui si arriva, peraltro, non a fronte di una mega evasione contributiva dei palermitani, ma proprio nel momento in cui con la Tares si sta chiedendo un corposo aiuto finanziario alle casse del Comune. Per carità, i nostri concittadini, sul fronte dell' utilizzo selvaggio del territorio, non si fanno mancare niente. Proprio l' altro ieri, una distinta signora, entrando in un rinomato bar del centro con pelliccia indosso, lanciava la cicca accesa senza guardare chi c' è dietro facendomela passare a qualche centimetro dal volto. Sarà la stessa proprietaria della lussuosa Mercedes che vedo quasi sempre parcheggiata sulle strisce pedonali? Potrebbe essere pure quella che porta a passeggio il cane e lascia il suo ricordino a futura memoria. No, saranno tre persone diverse. Che si danno il cambio in città, sino a raggiungere una grossa fetta di popolazione che quando è fuori fa quello che gli capita. L' appello del sindaco, perciò, è sacrosanto. Ma il punto è che cade in un momento in cui, raccolta dell' immondizia a parte, la città non brilla di certo per pulizia e decoro, in luoghi dove il Comune, e non certo i cittadini, dovrebbe intervenire. Faccio solo tre esempi su tre luoghi precisi, ma è chiaro che la casistica si potrebbe ampliare sino a farne un saggio, non un articolo. Primo esempio: viale Regione Siciliana, asse viario dal quale giornalmente transitano tantissimi palermitani. Ebbene, da tanto tempo ormai, le aiuole, si fa per dire, spartitraffico tra le due strade sono piene di rifiuti vari. E qui è colpa degli automobilisti, esperti nel lancio dal finestrino di ogni cosa che ritengano sovrabbondante nelle loro vite. Ma i sotto marciapiedi sono pieni di aghi di pino, lasciati li, suppongo, da quella volta in cui qualcuno del Comune li raccolse, scordandosi poi di portare via i vari cumuli che aveva creato durante la generosa spazzatura. Che si aspetta a raccoglierli? Questi aghi aiutano in occasione di piogge abbondanti o sono da ostacolo? Sono un deterrente per gli automobilisti incivili o un incoraggiamento? Secondo esempio: la prima fermata della linea 101 di viale Croce Rossa. Alcune basole del marciapiede sono, da mesi e mesi, divelte, creano uno squarcio di polvere sul terreno e una vista davvero da città di quart' ordine. In questo contesto, secondo voi, agli utenti che prendono i vari autobus, risulta più facile o più difficile gettare mozziconi, cartacce e quant' altro nei dintorni? Inoltre, molti cestini adiacenti alla zona non esistono più, e quei pochi ancora esistenti sono spesso strapieni. Terzo esempio: si sa che le foglie cascano dagli alberi e difficilmente vogliono saperne di risalire. Dunque vanno raccolte, ma non certamente dai passanti. Mi capita, in via Trinacria, nella strada della mia edicola, di vedere, e la scena si ripete davanti ai miei occhi da ottobre sino a oggi, un tappeto fitto di fogliame, che le piogge fanno diventare fango e che costituisce anche un pericolo per chi deambula. È semplice o arduo mimetizzare, nel sottobosco che è diventato un pezzo di strada di Palermo, gli escrementi dei nostri amati compagni canini? Non c' è dubbio che è una facilmente percorribile istigazione a delinquere. In definitiva, il nocciolo della questione, per come la vedo io, è il seguente. Prima di chiedere a chicchessia il giusto assolvimento dei propri doveri di cittadinanza, ci si deve sempre accertare che una pubblica istituzione abbia già provveduto, sullo stesso asse di ragionamento, a fare il possibile affinché l' appello non sia quello che potrebbe sembrare a prima vista. Un buco nell' acqua.