La Repubblica Palermo
7 Dicembre 2013 - Pag. 1
La lezione del commerciante su politica e società civile
Francesco Palazzo
Leggendo la bella esortazione di Dell'Oglio, pubblicata il 5 dicembre, ai suoi colleghi imprenditori, ho pensato a Kennedy. Non chiederti quello che il tuo paese può fare per te, chiedi quello che puoi fare tu per il tuo paese. Una prospettiva diversa. L'unica possibile e percorribile ad ogni latitudine. Anche quella sciroccosa, latitante e piena di pietose scusanti, come la nostra. La rivoluzione della normalità. Che non si attende che prima cambi la politica, in quanto costituisce l'aspetto essenziale della vita nella polis. La politica, viziosa o proba che sia, non può essere l'unico propellente della società e comunque ne è lo specchio. «Chiediamo al mercato, chiediamo ai politici, chiediamo alle banche, chiediamo lavoro e aspettiamo che arrivi la risposta facendo poco o nulla di nuovo o di diverso per andare verso la direzione che vogliamo». Questo scrive l'imprenditore palermitano e non c'è frase migliore per descrivere una società come quella siciliana che arretra nella qualità della vita, come dimostrano le recenti classifiche, ed è da retrocessione anche per il grado d'istruzione che fornisce nelle scuole. Una società che chiede, non si sa bene a chi, e che non fa. Domanda, innanzitutto, alla politica. Sempre pronta a sfruttare la scorciatoia del potente per scavalcare qualcuno e per attingere alle risorse pubbliche. Se c'è una fetta di torta per gli altri, perché non deve esserci pure per me puro e duro? Morale pubblica e vizi privati. E' la traiettoria che porta dritta a dipingere un quadro secondo il quale la politica è brutta e la società civile è il crogiolo di tutte le virtù. Mario Dell'Oglio ci dice che se continuiamo a pensarla in tal modo, andiamo tutti a fondo. Mi pare che l'appello dell'imprenditore sia il seguente. Ciascuno, in qualsiasi parte è chiamato a svolgere la propria attività, deve metterci del suo sino in fondo. Cosa hanno fatto i miei colleghi, si chiede l'esponente della rinomata famiglia di commercianti palermitana, per affrontare la crisi? Hanno capito come reagire in tempo, predisponendo correttivi alla loro azione d'impresa, o hanno atteso che la marea travolgesse tutto? Estendendo la riflessione alla società siciliana, si può chiedere la stessa cosa a tutti noi, senza attendere che siano i partiti o le istituzioni rappresentative a sbrogliare la matassa, che certo devono fare la loro parte, ma da soli non ce la fanno. Nella nostra regione si vive e si muore di risorse pubbliche. Ma questa è una caratteristica tipica delle società sottosviluppate. La Sicilia lo è in tanti suoi aspetti peculiari? Può essere. Ma se così fosse, come uscirne? «La verità è che qui è diffusa la mentalità di chiedere al di fuori di noi stessi». Ecco, questa altra affermazione di Dell'Oglio mi pare che evidenzi il grosso limite che un po' tutti quanti dobbiamo superare. Anche quando non chiediamo alla politica e ci comportiamo peggio di essa, la scusa è quella che tanto gli altri fanno in un certo modo e questo pare un alibi perfetto. Nelle grandi come nelle piccole cose. L'altro giorno, ad ora di pranzo, ho fatto un tratto a piedi a Palermo, dalla zona dell'Ospedale Civico alla Stazione Centrale, strade popolari, e, nel tardo pomeriggio, mi sono ritrovato a fare la stessa cosa nella zona residenziale. Ebbene, in entrambi i luoghi, come cartoline fotocopia, ho contato una ventina di auto parcheggiate sopra le strisce pedonali, quasi tutte chiudevano i varchi di transito alle carrozzine. C'entra la politica? Occorre mettere un vigile a presidiare ogni attraversamento pedonale? Utilizzando le ultime parole dell'intervento di Dell'Oglio, questo ragionamento su noi stessi lo dobbiamo fare assieme onestamente. Senza giri di parolee inutili appigli. Tipo: "io che c'entro", "non tocca a me", "la politica ci deve pensare", "cosa vuoi che cambi". Dobbiamo cominciare da subito a modificare i nostri angusti orizzonti di ragionamento. Prima che la realtà, oltre che le amare classifiche, ci cacci più in fondo di dove già siamo.
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