sabato 24 dicembre 2011

Transenne o non transenne. That is the question.

REPUBBLICA PALERMO - SABATO 24 DICEMBRE 2011
Pagina XXIII


NELL´ISOLA PEDONALE SENZA VIGILI IL COMUNE ALZA BANDIERA BIANCA

Francesco Palazzo

Transenne o non transenne? E, soprattutto, chi le porta? I commercianti o il Comune? Non siamo all'altezza dell'essere o non essere scespiriano, ma il dilemma della chiusura pomeridiana di un piccolo tratto di strada, decisa dall'associazione Centro commerciale naturale Politeama, Ruggero Settimo & dintorni, che va da piazza Ruggero Settimo all'incrocio di via Cavour, ci ha messo di fronte a questa assurda domanda. Mica parliamo di tempi eterni. Dal 17 al 23 dicembre e dal 2 al 7 gennaio. Undici giorni, se togliamo quelli festivi. E non undici giorni di ventiquattrore, ma di quattro ore. In tutto 44 giri d´orologio. Che gettano nel panico il Comune. Un giorno mette le transenne, un altro si appella alla carta scritta, il giorno successivo recupera per il rotto della cuffia. Adesso si cerca di porre rimedio. Vedremo se si arriverà sino al 7 gennaio senza altre sorprese. Per anni abbiamo detto, e scritto, che i commercianti della zona centrale della città sono restii a qualsiasi forma di limitazione del traffico. E, in effetti, abbiamo dovuto registrare parecchi irrigidimenti sull'argomento, in tempi anche recenti. Tanti buoni propositi, l´ultimo nell'ottobre del 2009, da parte del Comune si sono infranti come neve al sole sul niet dei commercianti. Le macchine prima di tutto. E adesso che loro si convincono, e ci hanno messo davvero tanto, e forniscono pure mezzi di trasporto per portare i palermitani nel salotto della città e un ticket per posteggiare gratuitamente, cosa fa il Comune? Invece di coinvolgere tutte le forze di cui dispone per incoraggiare questo deciso segnale di apertura di chi vive di commercio, scrive un´ordinanza che ha dell´incredibile. Un´ordinanza che, anche se verrà sostituita da nuove disposizioni ma solo sull´onda della protesta, è un esempio di come la burocrazia, invece di fare ponti d´oro all´iniziativa privata che non chiede stavolta finanziamenti, e quindi sperpero di risorse pubbliche, alza il muro della norma che disorienta e stupisce. Secondo quanto scritto dal Comune nell´ordinanza del 16 dicembre, l´organizzazione dei commercianti avrebbe avuto l´obbligo di curare a propria cura e spese il transennamento del tratto di strada interessato, quando basterebbero due vigili, a piedi, in moto, a cavallo, messi da un capo all'altro del breve spazio interessato. E non si dica che sono carenti gli addetti della polizia municipale. Perché, quando si vuole, il personale c´è. Ogni mattina vedo due vigili intenti a presidiare con cura strisce pedonali lunghe non più di cinque metri. Consentono di accedere a una scuola elementare in un quartiere residenziale di Palermo. Quando passo da lì, mi chiedo se per caso ogni giorno mettono due agenti nei pressi di ogni scuola elementare palermitana. Perché, se così è, non si capisce il motivo per cui, sempre nell'ordinanza, si chiedeva ai commercianti di vigilare con proprio personale i varchi di accesso della zona chiusa al traffico. Non solo. Il personale doveva essere costantemente visibile agli utenti, utilizzando abiti ad alta visibilità retroriflettente e rispettare tutte le disposizioni di legge, allo scopo di assicurare la salvaguardia della pubblica incolumità. Insomma, si chiedeva agli esercenti di mettere in piedi una squadra di vigilanza privata, fatta di volontari con gli occhi bene aperti. Perché qualsiasi danno arrecato a cose e persone sarebbe stato a loro carico. E non è finita. I commercianti dovevano pure consentire l´uscita dei veicoli «a passo d´uomo» dai passi carrabili autorizzati. Ma, a parte la pantomima sulle transenne, è questo un modo per incentivare in futuro simili iniziative? No, di certo. Già questo gruppo di imprenditori aveva pensato di esportare l´iniziativa anche in altri periodi dell'anno, tanto da far diventare la chiusura al traffico permanente. Ma forse hanno capito che si imbarcherebbero in un´avventura surreale. Bella e impossibile. Almeno sino a quando l´amministrazione comunale avrà una gestione politica così approssimativa.

venerdì 23 dicembre 2011

IL BUON NATALE DELLA SICILIA DIPENDE DA NOI.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Economia, Cultura
N. 49 del 23 12 2011 - Pag. 2
BUON NATALE SICILIA
Francesco Palazzo

Il Natale è una festa che ha caratteri eminentemente religiosi, ma che tutti ci coinvolge. Forse perché Gesù era solo un uomo di buona volontà, che solo dopo, senza che ciò coincidesse col suo volere, è diventato il fondatore di chiese che in lui si riconoscono. In Sicilia, tanti uomini e donne di questo tipo hanno profuso il loro impegno permettendoci di riempire di calore e speranza il futuro. Tanti nomi potremmo inserire nel nostro presepe. Da Pippo Fava, giornalista e scrittore che lottò con estro a Catania contro le mafie, a Rosario Livatino, magistrato silenzioso e coraggioso interprete della legge. Da Danilo Dolci, intellettuale uomo del nord che volle capire e combattere dal basso, a Placido Rizzotto sindacalista uomo del sud che si batteva per dare dignità ai lavoratori senza diritti. Da Pio La Torre, comunista, che seppe colpire concretamente la mafia, a Piersanti Mattarella, uomo politico cattolico che, dalle stanze del potere, volle costruire una Sicilia dignitosa e pulita. Da Beppe Francesce a Mauro De Mauro, giornalisti che non vollero cambiare una virgola dei loro pezzi. Da Giovanni Falcone a Paolo Borsellino, da Nino Caponnetto a Rocco Chinnici, da Gaetano Costa a Cesare Terranova, magistrati che vollero dare dignità quotidiana alle toghe che indossavano. Da Leonardo Sciascia a Giuliana Saladino, autori che ci regalarono pagine che ancora ci accompagnano. Da Pino Puglisi a Peppino Impastato, sacerdote il primo, militante politico il secondo che, con fedi diverse, in tempi diversi, interpretarono un impegno comune. Da Graziella Campagna a Rita Atria, uccise in modo diverso dalla violenza mafiosa. Tante biografie, facce, vite, tanti natali. La lista potrebbe essere molto più lunga, lo sappiamo. Non sarebbe, però, completo il presepe, o risulterebbe di troppo facile e retorica composizione, se non guardassimo anche all’oggi. Cioè ai natali quotidiani di quanti vorrebbero una Sicilia più bella e di coloro che ancora la vogliono trattenere in mezzo al guado, a motori spenti in mezzo alla storia che corre veloce. Nel presepe secolarizzato senza stelle comete del nostro presente di siciliani, troviamo entrambi le tipologie, in un miscuglio che appare confuso ma che può anche presentare ambiti d’impegno su cui misurarsi e orientarsi. Partendo da un dato preliminare. Che vede la nostra Regione, ancora, inchiodata tra gli ultimi posti in importanti indicatori che misurano la qualità della vita. Non è e non sarà facile invertire questi numeri. Ci sono gli indigenti con i quali costruire percorsi di affrancamento ma anche la borghesia di grandi e piccole città con cui dialogare. La cultura e le pratiche mafiose da combattere, ma anche la necessità che s’individuino linee di sviluppo economico e sociale che non crescano soltanto nell’ambito della contrapposizione alla criminalità organizzata. Le poche oasi di civiltà da custodire ma anche il raggiungimento di un patto di regole che possa rendere tutte le città siciliane non giungle ma aggregati di vivibilità. La critica, puntuale, coraggiosa, laica, alle istituzioni rappresentative e ai partiti, ma anche una cittadinanza attiva che sappia misurarsi con le difficoltà del governo delle cose e con le dinamiche partitiche, che spesso sono meno viziose, anche se più plateali, di quelle sommerse che si registrano nella società civile che agisce fuori dai partiti. Tutto ciò per continuare e cominciare, per donare e costruire natali ed epifanie di giustizia e sviluppo. Per mettersi sempre più su un terreno che non sappia cantare solo la nenia della speranza, ma anche la prosa di un faticoso quotidiano operare. Occorrerebbe uno sforzo supplementare, che quasi tutte le biografie prima citate hanno svolto sino in fondo, entrando nelle dinamiche, soprattutto quelle istituzionali. Vivendo, con radicale pazienza, la fatica e il coraggio di “sporcarsi le mani”. Il bambino che era nato in una mangiatoia aveva poche possibilità di sopravvivere, era affamato, senza fissa dimora, escluso, povero. Solo le cure di coloro che in quel di Betlemme vollero partecipare a un percorso collettivo, lasciando le proprie incombenze, permisero che un pargolo nato in una stalla avesse futuro e con lui il suo progetto. Buon natale a loro che ci hanno indicato la via e a noi che, oggi, abbiamo il compito di proseguirla fattivamente con creatività, coerenza, dignità e concretezza. Buon Natale alla Sicilia. Nella speranza che lasci presto la palude del particolarismo e si senta, e agisca, sempre più, in una prospettiva moderna, europea, con forti radici mediterranee. Ma che questo accada o meno, lo sappiamo, dipende da tutti noi.

mercoledì 14 dicembre 2011

Unioni civili all'ARS: quelli che proteggono la "famigghia" non ci stanno.

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 14 DICEMBRE 2011
Pagina XXIII
UNIONI CIVILI, UN PICCOLO PASSO SULLA STRADA DELLA CIVILTÀ
Francesco Palazzo


Non c´è dubbio che la famiglia, quella naturale s´intende, in Sicilia abbia una forte rilevanza. Sarà per questo che il disegno di legge sulle unioni civili, presentato all'ARS, ha fatto nascere un fuoco di sbarramento trasversale. Le motivazioni sembrano essere tre. In primo luogo, si afferma che il disegno di legge è discriminatorio nei confronti della famiglia tradizionale, quella tutelata dalla Costituzione. Ma nei quattro articoli della legge non c´è traccia di tale attentato. Poi c´è la classica opposizione di chi sostiene che di altro la Sicilia ha bisogno. E figuriamoci se non lo sappiamo. Sarà per questo che all'ordine del giorno della seduta dell'Assemblea Regionale di ieri è stato inserito un ddl sul «riconoscimento e la valorizzazione della funzione educativa e sociale svolta dalle parrocchie e dagli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica». Tematica di sicuro interesse, ma non si può dire che costituisca esattamente la principale preoccupazione dei siciliani. Specialmente in questo momento. Dunque, perché si utilizza l´argomento del "benaltrismo", giusto sul provvedimento che riguarda le unioni civili, che riguarda credenti e non credenti, e invece nulla si obietta circa un ambito che presenta un segno spiccatamente confessionale? Vai a capirlo. La terza critica giunge da sinistra. E forse è quella di cui vale la pena discutere. La tesi è che questo testo sarebbe vuoto, pura propaganda e niente concretezza. Ma è proprio così? Possiamo capirlo leggendo meglio gli articoli (1, 2 e 3) che contengono le disposizioni effettive. All'articolo 1 troviamo l´istituzione di un elenco regionale delle unioni civili presso l´assessorato regionale per la Famiglia, le politiche sociali e il lavoro. Sulla stessa scia si è mosso il consiglio comunale di Palermo, votando, l´8 novembre, l´istituzione di tale omologo registro cittadino. Che, per essere operativo, attende il pronunciamento della Regione. All'articolo 2 il disegno di legge prevede un´adeguata formazione del personale regionale, al fine di eliminare qualsiasi discriminazione nell'ambito dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. Chi non ha mai sentito negli uffici, non solo regionali è ovvio, i risolini e i commenti più che sarcastici, travestiti di bonarietà, ma in realtà spietati, che escono dalle bocche dei sessualmente "normali", può ritenere questo aspetto secondario. Ma non lo è affatto. L´articolo 3 contiene quello che è forse l´ambito più delicato e importante. Tante volte abbiamo letto di persone che non sono state ammesse ad assistere congiunti, con i quali hanno vissuto nella stessa casa per decenni, perché non avevano un vincolo ufficiale da esibire. Ebbene, con questa norma si stabilisce che chiunque abbia raggiunto la maggiore età può designare, se vuole, la persona che può avere accesso presso le strutture sanitarie, pubbliche e private, al fine di portare assistenza e ricevere le informazioni da parte del personale sanitario. A tale riguardo, peraltro, ci si è rifatti ad un´analoga legge della Regione Liguria del novembre 2009. Che era stata impugnata dal governo, ma è stata riconosciuta valida da una sentenza della Corte Costituzionale, la numero 94 del marzo scorso. Anche la critica sulla scarsità dei contenuti, alla luce di quanto scritto nella legge, ci pare dunque francamente non fondata. Per carità, si può discutere di tutto. Ma sulle norme basilari di civiltà, a prescindere dalle posizioni religiose e politiche di ciascuno, si dovrebbe concordare senza alzare inutili e infondati polveroni.

venerdì 9 dicembre 2011

Samuele e la città che si sveglia un attimo dal torpore.

LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDI' 9 DICEMBRE 2011
Pagina I

La pietà per Samuele il silenzio per gli altri

Francesco Palazzo

E sì che è facile dare solidarietà al piccolo Samuele. Di più, amore disinteressato da parte di chiunque si avvicini a questa storia di sofferenza. Ed è, allo stesso, modo, automatico esprimere disprezzo per chiunque abbia ridotto il suo corpicino in quello stato. Ricordate quella madre che anni fa lasciò una bambina appena nata in un cassonetto di un quartiere periferico di Palermo? Centro storico ora e un quartiere marginale allora. Come si vive in questi posti? Male. E quelli che ne pagano il prezzo più alto sono i bambini. No, non penso a Samuele. Forse lui si salverà. La violenza estrema che ha subito è riuscita a squarciare il velo del silenzio e la pietà dei tanti è accorsa al suo capezzale. Perché una città che non è più, da tempo, una vera comunità, ha bisogno di questi episodi per risvegliarsi un attimo dal torpore. E poi tornare a dormire. Perché se questa metropoli fosse quello che da tanti anni non è, appunto una città che si riconosce in se stesa e sa curare in tempo i propri mali, o che almeno ci tenta, saprebbe che tanti Samuele vivono, più o meno, così. Questi, la città che non è più città, non li vede. Se gliene capita qualcuno soffocante tra i piedi, allora spuntano i peluche. Siamo pure vicini a Natale. Il quadretto è completo. Cinicamente, Palermo risolve tutto in maniera scontata. Non vedendo gli altri Samuele, prima che abbiano i fegati distrutti o le faccine tumefatte. E non vedendo neanche i loro genitori. Sì, perché ci sono anche loro. Vittime e carnefici nello stesso tempo. Non si tratta, qui, di fare del pietismo o del sociologismo a buon mercato. Le colpe sono sempre individuali, nelle comunità che sono tali. Ma in una città che non è più una città, chi può scagliare la prima pietra? Onestamente, nessuno lo può fare. In primo luogo non ne ha titolo una moltitudine di cittadini che si è ridotta a vivere la propria casa come il massimo della vivibilità e a depredare tutto quello che può per sé dal territorio e dalle relazioni che in esso s´instaurano. Non può dire niente la politica. Quella che in questi ultimi dieci anni non ha amato neanche se stessa, quel minimo di dignità che tutti dovremmo sentire verso le cose che facciamo. E non può dire niente quella che scalda i motori per conquistare il palazzo del potere. A volte, abbiamo l´impressione, il potere per se stesso. Basta vedere cosa è diventata, da una parte e dall´altra, la corsa per ricoprire la poltrona di primo cittadino: una specie di concorso tra prime donne a lame sguainate. Ma cosa può dire o dare questa politica ai Samuele di Palermo? Se proprio si presentano moribondi, un peluche e retorica a tonnellate non si negano a nessuno. Fanno fare bella figura e sono politicamente corretti. Cosa può dire e dare ai loro padri e alle loro madri, prima che alzino il braccio più del solito e diventino mostri della cattiva coscienza altrui? Niente di niente. Li ha persi di vista da tempo. In una città come questa, dove ormai sopravvivi se hai i mezzi per farlo, se appartieni alla tribù giusta, dove si è persa la dimensione di una collettività che abbia qualche scopo comune, a qualche Samuele può toccare per caso di riemergere fortunosamente dal buio. Per gli altri niente da fare. Almeno sino a quando non toccherà al prossimo.

sabato 3 dicembre 2011

Scuola, democrazia e lotta alla mafia.

LA REPUBBLICA PALERMO – SABATO 03 DICEMBRE 2011
Pagina XXIII
LA RIINA ELETTA A SCUOLA PUO' ESSERE UNA BUONA NOTIZIA
Francesco Palazzo

L´elezione della figlia di Totò Riina nel Consiglio di circolo di una scuola elementare di Corleone, in rappresentanza dei genitori, ha suscitato, come prevedibile, molto scalpore. Per il sindaco di Corleone è una candidatura inopportuna. Il preside della scuola Finocchiaro Aprile, Mario Zabbia, la prende con più moderazione: «Si è trattato - dice - di una regolare elezione gestita nell´assoluta normalità». Aggiunge che «sarebbe opportuno spegnere i riflettori». Sì, forse gli abbaglianti accecanti è giusto attenuarli. Almeno in questo caso. Basta tenere accesa una luce modesta, per dire alcune cose. Intanto, il fatto che la signora abbia chiesto di essere inserita, non attraverso una cooptazione di qualche oscuro potentato, ma chiedendo di essere votata in un organismo democratico, è una buona notizia. Si confronterà con altri sette genitori e vedremo cosa ne verrà fuori. Peccato che nessuno abbia notato tale aspetto. Sulla vicenda registriamo, tra gli altri, pronunciamenti più che perplessi da parte di Antonio Ingroia e Giuseppe Lumia. Il magistrato dice che fa pensare che un nome come quello di Riina riscuota consenso a Corleone. Mica tanto, però, se guardiamo i numeri. La signora Riina ha avuto appena 36 voti su 270. Se vogliamo prendere i 270 genitori votanti per il Consiglio di circolo della scuola come rappresentativi dell´intera popolazione corleonese, il cognome Riina sembra avere un peso molto limitato, appena il 13,3 per cento dei consensi. E la signora è arrivata sesta su dieci persone che concorrevano a occupare gli otto posti disponibili nell´organismo scolastico. Non sembra affatto un plebiscito imbarazzante. Né pare, visti i risultati, ci sia stato dal corpo elettorale un qualche timore riverenziale nel momento in cui ha espresso il proprio gradimento per i candidati nel segreto dell´urna. Dietro l´atteggiamento, abbastanza sereno, degli altri genitori e del dirigente scolastico possiamo scorgere un comportamento che dovrebbe indurre tutti noi alla riflessione. Piuttosto che tentare di mandare via i figli di coloro che si sono macchiati di gravi reati, gesti che fanno raggiungere le prime pagine e conferiscono un´evanescente notorietà, ma non spostano più di tanto la realtà delle cose, occorre confrontarsi con essi e far prevalere un´altra Corleone e un´altra Sicilia. Con le armi della democrazia e della partecipazione. Soprattutto dentro le dinamiche scolastiche. A tal proposito, leggiamo che ci sarà da stipulare una convenzione tra la scuola corleonese in questione e Addiopizzo, con conseguenti lezioni sulla cultura antimafia. Benissimo. Quelle lezioni le ascolteranno tutti, sia i ragazzi e le famiglie che hanno fatto una precisa e ragionata scelta antimafia, e sono tanti anche a Corleone, sia quelli che ancora non l´hanno maturata o stanno ancora sull´altro versante. Dovremmo ormai aver capito, da tempo, che impartire ammaestramenti legalitari e antimafia a coloro che già sono d´accordo con noi può forse gratificarci, ma è come sfondare una porta aperta, peraltro in un ambito spesso molto ristretto di popolazione. Infine c´è l´appunto sollevato dal senatore Lumia. Se la signora Riina vuole dare un contributo alla società, deve prima dire no a Cosa nostra e poi convincere i suoi familiari a collaborare con la giustizia. Altrimenti, ritiene l´esponente democratico, questo è solo un modo per ribadire una presenza, che va respinta e isolata. Non sappiamo se questa sia la reazione giusta nel caso specifico. Probabilmente leggere continuamente il mondo con lo stesso cannocchiale non sempre aiuta. Forse, molto più semplicemente, il figlio della Riina ha chiesto alla madre un coinvolgimento più diretto nella sua vita scolastica. Come fanno tanti figli. In ogni caso. Siamo così sicuri che rapportandosi con altri genitori la signora non arrivi a interrogarsi sul passato e il presente della sua famiglia e sul suo futuro? Altrimenti, e questo sarebbe un vero fallimento, dovremmo candidamente ammettere che genitori e figli escono dagli ambienti scolastici così come ci sono entrati.

venerdì 2 dicembre 2011

Primarie a Palermo: dentro i gazebo non c'è pace. E neanche fuori.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
2 Dicembre 2011
Perchè è importante il 29
Francesco Palazzo

Sembra abbastanza ragionevole la proposta del tavolo che sta organizzando le primarie a Palermo. Si mantenga la consultazione nell'alveo del centrosinistra ma si dia agli elettori la possibilità di scegliere non solo tra i nomi, ma anche tra le diverse proposte politiche che questi incarnano. Siamo già arrivati a cinque candidati. Non sappiamo quando sarà dato lo stop per la presentazione delle candidature. Ogni elezione che si rispetti ce l'ha. Altrimenti si trasforma in un inutile gioco di società. Ciascun soggetto della cinquina rappresenta un ampio ventaglio di proposte politiche. Si va dalla sinistra dura e pura alla totale apertura ad ipotesi terzopoliste. Il votante ai gazebo del 29 gennaio, avrà dunque di che scegliere. Questa potrebbe risultare una soluzione più che sensata anche per il PD. Lasci perdere gli ultimatum alla Borsellino, che peraltro sembra aver modificato sensibilmente la propria posizione. Ha al suo interno ben tre candidature abbastanza eterogenee tra loro, l'eurodeputata, Davide Faraone e Ninni Terminelli. Ciò dovrebbe bastare ai democratici per finirla con i viaggi romani verso la segreteria nazionale, alla quale si chiede lo scioglimento di chissà quale rebus. Se si crede davvero alle primarie come strumento di scelta, l'ultima parola la deve dire il corpo elettorale che farà le file, e pagherà, per esprimere il proprio parere. Se qualcuno dei big sponsor democratici di Lombardo alla regione, ritiene che tre candidature in un partito sono poche, o poco rappresentative, la smetta di fare melina. Prenda il coraggio a quattro mani e aggiunga il suo nome ai cinque già in lizza. Sottoporsi al voto popolare è il miglior modo per trovare conferma, o meno, alle proprie idee e prospettive politiche. Questa ipotesi di percorso proposta da Palermo è ora, per scongiurare qualsiasi messa in soffitta dell'elezione primaria, dovrebbe sembrare più che giudiziosa pure a Italia dei Valori. O, se dobbiamo dirla senza giri di parole, a Leoluca Orlando. Non è mettendo pregiudiziali che si costruisce la politica, così si edifica soltanto il deserto. E ci pare che una parte dell'eredità lasciata dalla primavera di Palermo e dalle due legislature degli anni novanta, insieme a tanti aspetti positivi, è consistita proprio nel fare terra bruciata nel vicino di casa. Regalando a questa città dieci lunghi anni di un pessimo centrodestra. Se l'ex sindaco ritiene che le sue ragioni politiche siano maggioritarie tra i simpatizzanti del centrosinistra palermitano, non deve fare altro che sottoporle al vaglio delle primarie. Che, così concepite, dovrebbero andare bene anche al terzopolo, che continua a lanciare ultime condizioni al PD da una parte e alla Borsellino dall'altra. Attenda con rispetto che il popolo del centrosinistra si pronunci a fine gennaio, senza far intendere di avere chissà quanti candidati pronti a scendere in campo a Palermo. Per la verità, di tutta questa folla pronta a correre sotto le insegne di autonomisti e company nel capoluogo, per la poltrona di primo cittadino, sinora non ne abbiamo avuto sentore. Ci risultano, al contrario, prese di distanza e gentili dinieghi. Se avessero avuto l'asso nella manica, il nome a cui non si può dire di no, quello fortemente rappresentativo e in grado di vincere, l'avrebbero già tirato fuori. Stessa cosa poteva fare il PD prima di proporre la candidatura a Rita Borsellino, una persona che è sempre stata più che chiara circa il matrimonio tra i democratici e Lombardo. Il PD poteva, cioè, semplicemente, trovare un nome che fosse il rappresentante della maggioranza che al momento governa (?) l'ARS. Se non l'ha fatto, un motivo ci sarà stato. Non sono del tutto convinti, loro stessi, di quanto teorizzano? Oppure hanno paura di portare alle urne, in un appuntamento più che significativo, come le elezioni nella quinta città d'Italia, il loro progetto politico? Tornando alle primarie, si deve ricordare che dovrebbero essere uno strumento in mano agli elettori, non una clava in mano ai partiti per picchiarsi meglio. E non possono costituire nemmeno, al contrario, quando il mare non è agitato, il giro di giostra che i notabili di partito, giovani o anziani che siano, concedono ai votanti, tanto tutto è già deciso. Se i partiti del centrosinistra palermitano, allargato, ristretto, con o senza panna, non riescono a trovare una strada percorribile e unitaria circa il perimetro della coalizione, ed è sotto gli occhi di tutti, e pensare che hanno avuto dieci anni per allenarsi, lascino agli elettori la decisione ultima scegliendo una delle cinque, sei o sette proposte politiche, provenienti tutte dal centrosinistra, che però propongono soluzioni diverse. Si ha forse paura di ciò? Lo comprendiamo. E' più semplice essere quattro amici al bar e sfinirsi con polemiche al vetriolo e veti oltranzisti. O si ritiene che quanto sono in grado di decidere una decina di persone sia più importante e significativo di quanto possono fare ventimila e più votanti ai gazebo?