martedì 20 dicembre 2022

Palermo, Costa di levante. Il territorio che cura se stesso senza pietismi ma con lo sviluppo.

 

La Repubblica Palermo

Costa sud di Palermo, l'alternativa all'economia della droga è la ricchezza del mare

Francesco Palazzo


 Nella costa sud di Palermo, che poteva essere - con tutto il rispetto - molto più bella di Mondello, buona parte dell'economia è trainata dal grande polmone malato dello Sperone. Dove certo abita tanta gente perbene. Ma che è diventato una delle più grandi piazze di spaccio del Mezzogiorno. E ciò ci dice intanto una cosa. Che non andrebbero mai più progettati e costruiti insediamenti di case popolari di questo tipo.

Ciò vale, ovviamente, anche per altri siti della città. Non dobbiamo dimenticare che don Puglisi, a Brancaccio, rimane schiacciato da un lato dalla criminalità mafiosa e dall'altro dal tentativo di recupero di un simile insediamento nato a due passi dalla parrocchia all'inizio degli anni Ottanta e che col tempo sino a oggi è diventato un luogo sempre più complicato, per usare un eufemismo. I quartieri periferici vanno stimolati e riqualificati, magari attuando finalmente e seriamente il decentramento amministrativo. Non si devono dare loro ulteriori martellate in testa.

Proseguendo, gli ultimi fatti di cronaca ci comunicano un'altra cosa. Che il Reddito di cittadinanza, che certo in un quartiere come lo Sperone è percepito da tanti, non promuove la vita di nessuno, visto che lì molte esistenze, ce lo dicono le continue operazioni di polizia di cui l'ultima pochi giorni fa, con provvedimenti restrittivi che in realtà fotografano ma non risolvono, si svolgono sempre sullo stesso binario. Va aggiunto che non si può certo negare che così imponenti piazze di spaccio non possono non avere la benedizione di Cosa nostra. E qua va messa pure una croce sulla leggenda metropolitana che l'assistenza senza lavoro produca la sconfitta della criminalità mafiosa. E dobbiamo pure onestamente ammettere che il pur apprezzabile volontariato o i tentativi eroici del mondo scolastico non raddrizzano nulla o quasi. E che con la retorica dei murales, per carità belli e molto apprezzati, o della momentanea restituzione delle piazze da parte delle forze dell'ordine si risolve ben poco. Così come è stato non risolutivo portare il tram in alcune strade o impiantarci un mega-centro commerciale.

L'unica via, nel caso che trattiamo, è l'economia che può venire dal mare. Dobbiamo tenere presente però che le acque non sono ancora balneabili. E che siti come quello del porticciolo della Bandita, sul quale Repubblica anni fa attivò una campagna di sensibilizzazione, o il Teatro del Sole, dedicato a Libero Grassi, sono lasciati a sé stessi. Abbandonati come quello che è l'emblema della costa sud abbandonata, cioè la piattaforma con passerella bruciata dalle parti dell'ospedale Buccheri La Ferla.

Poi, sì, ci sono i progetti solo annunciati. Alcuni naufragati come il grande acquario. Un altro, fondamentale, come il recupero della costa e del mare che ormai, visto che gli anni e i decenni trascorrono inutilmente, è catalogabile tra le buone intenzioni che non posano mai a terra. Recentemente ho letto, per una presentazione, il romanzo "L'estate dei microbi", scritto da due esponenti della famiglia Petrucci, proprietaria dell'omonimo stabilimento balneare chiuso da decenni. Parla dell'inizio della fine della costa sud, che si potrebbe denominare costa di levante, a causa dell'inquinamento delle acque. Che certo non è stato prodotto dai marziani.

Quell'estate dei microbi non si è ancora conclusa. E chissà se quello che un tempo era un lunghissimo tratto di mare, che accoglieva pure teste coronate, tornerà mai al suo vecchio splendore per trainare economia pulita che farebbe stare bene tutti, con grandi opportunità di lavoro vero a chilometro zero. Appuntamento, intanto, alla prossima retata per spaccio di droga.

Per finire, sempre sulla costa sud, una sottolineatura intorno alla quale ho scritto su Repubblica più di un anno fa. Mi riferisco al porticciolo di Sant'Erasmo. Recupero ottimamente riuscito. Ma al posto delle pompe di benzina fatte sloggiare continua dalla piazza a non vedersi il mare. Al suo posto auto, camion, venditori di stigghiole con fumo al seguito e di panini, con corredo di sedie e tavolini.  Chiedevo, e con me tanti cittadini con cui ho dialogato, semplicemente un divieto di sosta lungo un'ottantina di metri. Chiedo nuovamente all'amministrazione comunale, in nome della costa sud: ce lo facciamo questo regalo di Natale?

 Articolo pubblicato il 17 12 2022 sul sito di Repubblica Palermo all'indirizzo:

 https://palermo.repubblica.it/commenti/2022/12/17/news/costa_sud_di_palermo_lalternativa_alleconomia_della_droga_e_la_ricchezza_del_mare-379487460/

 

mercoledì 7 dicembre 2022

Il sud artefice del proprio destino e non luogo di carità.

 


La Repubblica Palermo
3 dicembre 2022

Caro don Corrado, il Sud deve aiutare gli ultimi ma anche darsi la spinta per cambiare

di Francesco Palazzo

https://palermo.repubblica.it/commenti/2022/12/03/news/caro_don_corrado_il_sud_deve_aiutare_gli_ultimi_ma_anche_darsi_la_spinta_per_cambiare-377344086/?fbclid=IwAR2NLLMIvj-EKL3RyLBXp4ER0lnxxdpY2MCkpe12qcFTKrEIN1_ViiTOnr0


Ho letto la profonda riflessione pubblicata oggi a firma dell'arcivescovo di Palermo, don Corrado Lorefice. Così come fece nel momento del suo insediamento a Palermo in piazza Pretoria (e la cosa colpì positivamente), don Corrado ha giustamente utilizzato la seconda parte dell'articolo 3 della Costituzione repubblicana. Non è banale ripercorrerla integralmente. "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Un passaggio bellissimo che i nostri madri e padri costituenti ci hanno voluto regalare. Il problema, come sempre, risiede nel passaggio dalle parole, autorevolissime in questo caso e scolpite sulla pietra, e i fatti quotidiani. Qua ci possono essere più chiavi di lettura. A me pare che spesso ci si sistemi dentro itinerari che danno per scontato che il Sud sia per definizione un ambito di sola marginalità. Dove ciò che resta da fare è curare le ferite. Ma è davvero così? Non è, quella dell'assistenzialismo, una lettura sulla quale, potremmo dire dall'Unità d'Italia, si sono basate tutte le politiche riguardanti questa parte di Paese, evidentemente di corto respiro e senza sbocchi, se siamo ancora a questo punto? Dobbiamo continuare? Oppure, proprio per proteggere i fragili e i giovani, dei quali scrive don Corrado (la stragrande maggioranza dei secondi peraltro va via a studiare e a lavorare fuori), occorre parlare di progresso, istruzione, cultura, infrastrutture, lavoro, sviluppo dell'impresa privata?
L'arcivescovo cita il cardinale Zuppi, presidente della Conferenza episcopale Italiana, che è pure arcivescovo di Bologna. Cioè di una realtà, inserita in una regione locomotiva del Paese, dove sia la storia economica che quella sociale hanno preso un'altra direzione. E non perché sono stati da un lato loro fortunati e noi, dall'altro, percorrendo il solito luogo comune, sfortunati o trattati male da tutti. Dobbiamo ammettere che non abbiamo fatto abbastanza affinché il nostro non continuasse a essere un luogo su cui chinarsi con l'assistenzialismo senza futuro. Anzi, proprio i fragili e i giovani, al Sud, se finalmente diventassero padroni del proprio destino, potrebbero essere strutturalmente garantiti. Non dalla carità che cura le ferite, ma dallo sviluppo, dalla ricchezza, economica e sociale, che farebbe stare meglio tutti. Che questo accada dipende solo ed esclusivamente da noi. E lo aveva capito pure don Puglisi, che l'arcivescovo cita. Il suo percorso non era quello di dire alla gente: "Siete marginali e qualcuno deve pensare a voi". Al contrario, avendo svolto un'analisi attenta del territorio e legandosi a cittadini che volevano conquistare diritti e non chiedere mera assistenza, mise in atto una pastorale che guardava alla promozione degli abitanti di Brancaccio. Resta da capire se tale metodo puglisiano, a quasi trent'anni dall'omicidio mafioso, sia adottato in tutte le parrocchie. Ossia se vi sia una pastorale diocesana che in ogni comunità di fede applichi davvero ogni giorno e lucidamente il ruvido metodo di 3P. Del resto, don Pino, essendo un esperto di pastorale vocazionale, invitava ciascuno a scoprire la propria vocazione, cioè a divenire artefice del proprio destino e non soltanto spettatore pietoso che deve essere soccorso perché magari non ne vuole sapere di sbracciarsi. Tutti gli attori delle nostre società del Mezzogiorno, piuttosto che discettare di politiche che si limitano a fotografare la situazione senza spostarla veramente in meglio di un solo millimetro, devono costruire insieme, come comunità che la smettano finalmente con il piagnisteo, gli strumenti per essere protagonisti e non vittime bisognose di cure pietose all'infinito. Ovviamente, tutti dobbiamo farci carico di chi non ce la fa. Questo vale ovunque. Ma non può più costituire questo aspetto l'onnicomprensiva biografia di un'intera parte del Paese. Che non può più essere così e deve essere altro. Non perché qualcuno questo altro ce lo deve dare. Ma perché lo si deve conquistare con l'impegno quotidiano di tutti.

mercoledì 16 febbraio 2022

Primavera 2022, Palermo al voto. Come Napoli 2021 o come Palermo 2001?

 La necessità di andare oltre la primavera di Palermo

Repubblica Palermo – 16 febbraio 2022

Francesco Palazzo

Pochi mesi dal voto a Palermo, c’è molta confusione sotto il cielo. Nel centrodestra ci sono le conseguenze della battaglia per il Quirinale. Nel centrosinistra si moltiplicano le candidature. Se dovessimo valutare la consistenza dell’album potremmo già chiudere i giochi per overbooking. Ma siccome di mezzo ci sta Palermo, il metodo non può essere questo. La nostra città si presenta al voto non in splendide condizioni. Di tutto ha bisogno tranne che di una gara tra candidati, civici o politici che siano, ammesso che vi sia differenza. Un giorno si parla di primarie, il giorno dopo si buttano nel cestino. Ora sono tornate in agenda. Anche se a questo punto non sappiamo a cosa possano servire se non ad allargare il campionario di biografie. Per carità, tutte specchiate e di buonissima volontà. Ma la strada può pure essere un’altra. E non può coincidere con la strategia di chi alza steccati. L’onorevole Boccia, nell’interessante intervista di domenica firmata da Carmelo Lopapa, parla di modello Napoli per Palermo. Dove non si è ricorso alle primarie. Può essere un riferimento. Ma bisogna fare attenzione. Mi chiedo infatti, visto che dalle urne escono voti e non belle idee, se oggi a Palermo abbiamo la stessa situazione del capoluogo partenopeo. Cioè un Pd che supera il 12 per cento, i Cinque Stelle quasi al 10, una lista del sindaco in grado di sfiorare il 10 e altre 10 liste capaci di prendere il 34 per cento. Se è così, può essere la strada giusta. Anche perché per vincere al primo turno in Sicilia non è necessario arrivare al 63 per cento, come ha fatto, saltando di molto oltre l’ostacolo del 50, il sindaco di Napoli, ma mettere in saccoccia un voto in più del 40. Tuttavia, questo è il punto, il quadro elettorale che verosimilmente si presenterebbe tra pochi mesi a chi dovesse rappresentare a Palermo solamente il PD, i Cinque Stelle, la Sinistra e i Civici, potrebbe essere molto scarno. E dipingere più che una replica di Napoli 2021, un’amara fotocopia di Palermo 2001. Quando la coalizione di centrosinistra non superò il 24 per cento e il centrodestra fece bingo. Un cappotto che oggi forse a Palermo potrebbe calzare a pennello a quanti magari guardano al proprio più che alla città. Sarebbe il caso di mettere un punto alla lunghissima stagione della primavera. Non perché non sia servita. Ma in quanto alla lunga sta diventando più un limite che una risorsa. I protagonisti in campo devono pensare e agire non quali eredi di un’epoca, ma come chi deve costruire l’oggi e il domani. Nella considerazione che nelle ultime due legislature non tutto è andato bene e che su taluni aspetti occorra più discontinuità che continuità. Si dirà che ci vuole il programma prima, poi il perimetro della coalizione, di seguito vedere se fare o meno le primarie e alla fine approdare a un nome. Non si vota però tra due anni, ma tra novanta giorni più o meno. E perdendo ancora tempo, sostanza essenziale della politica, si concede luce ad altro. Perciò si potrebbe per il centrosinistra percorrere una via ragionevole e rapida. Quando la politica vuole sa essere veloce e assennata. Occorrerebbe verificare se Pd, Cinque Stelle, Sinistra, Civici, Azione, +Europa, ex grillini e Italia Viva riescono a individuare una figura in grado di parlare a tutti. Di federarli, come ha fatto il primo cittadino che guarda il Vesuvio. Servirebbe certamente un profilo di alta esperienza. Che raccolga voti più che seminare veti. E, perché no, attiri altro consenso moderato in uscita dal centrodestra. Prendere più voti in genere è una festa. Non si capisce perché a Palermo dovrebbero suonare le campane a morto se dovesse accadere. Tra l’altro, il campo largo, non strettissimo come quello che parti del Pd e i Cinque Stelle vorrebbero a Palermo, è quello perseguito a Roma dall’attuale leadership del Partito Democratico. Se per una volta non fossimo laboratorio, che poi vorrei capire tutti questi laboratori a cosa sono serviti in questa terra, e invece ci attestassimo sulla linea della normalità, non penso morirebbe nessuno. Potrebbe invece, immaginate un po’, sopravvivere meglio Palermo.