venerdì 31 agosto 2018

I passi indietro nella lotta al pizzo.


La Repubblica Palermo
30 agosto 2018
SULLA STRADA INDICATA DA LIBERO GRASSI
Francesco Palazzo

Ieri abbiamo ricordato Libero Grassi a 27 anni dall'omicidio. 
Oggi il pizzo, come rilevato dalle indagini che si ripetono con poche varianti rispetto al passato, è ancora largamente praticato da Cosa nostra. E, pur con uno Stato più presente e reattivo, moltissimi pagano e sempre meno si rivolgono alle forze dell’ordine. Perché succede questo? 
Dagli adesivi di Addiopizzo, correva il giugno del 2004, “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”, sono trascorsi più di 14 anni. Allora sembrò che la strada intrapresa fosse quella giusta. Lo era e lo è. 
Ma dobbiamo ammettere che si sta tornando indietro. E non da ora. 
Sarà che adesso, come diceva in una bella intervista ieri su questo giornale il prefetto De Miro, la mafia è meno violenta, offre servizi ed il suo apporto è spesso cercato. Sarà che quando non si vede il sangue la criminalità organizzata diventa per molti una parte del passaggio. 
Ma è certo che il movimento antimafia su questo, come su altri aspetti critici della lotta alle cosche, deve farsi molte domande e provare a dare puntuali e operative risposte.

sabato 25 agosto 2018

"A favorire" per restare umani.


La Repubblica Palermo – 25 agosto 2018
Se ai migranti dicessimo “A favorire”
Francesco Palazzo

Offrire cibo, come scrive Michele Serra su "L’amaca" di ieri, commentando quanto avviene al porto di Catania, «è un gesto universale di accoglienza, antico come la civiltà umana, ed è un gesto sacro».
Marcello Benfante su queste colonne ragionava, sempre ieri, sulla popolarità delle due offerte, l’arancina e la calia e semenza, protese dalla sinistra e dalla destra siciliane alle persone tenute sulla nave Diciotti. Sia la sinistra, volutamente con l’arancina, sia la destra, non pensandoci forse bene, con la calia e la semenza, offrendo vettovaglie hanno fatto gesti d’apertura. 
Tale approccio, che non deve farci dimenticare il dramma di quanti vivono, hanno vissuto e, visti i chiari di luna, vivranno in questi contesti, mi fa pensare a un modo di dire siculo, usato anche da mio nonno materno, quando qualcuno, chiunque fosse, si affacciava alla persiana durante i pasti. «A favorire», esclamava. Un invito a unirsi alla mensa, e non perché si trovasse di fronte ad affamati, ma come segno di amicizia e accoglienza.
Ecco, in questo momento, per rimanere umani e reagire alle folate di odio che si alzano dai social e non solo, un ritorno ai fondamentali, in questo caso il cibo da condividere, non risolve ma almeno aiuta. 
Se poi la si vuole prendere da una prospettiva meno laica, visto che i cattolici abbondano, nel Vangelo sono scolpite per sempre queste parole: «Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi».


giovedì 23 agosto 2018

Vendiamo l'antimafia ai turisti.

La Repubblica Palermo
22 agosto 2018

E se vendessimo gadget contro la mafia?
Francesco Palazzo

In estate capita ai siciliani di fare i turisti in Sicilia. È quindi più agevole accorgersi dei gadget aventi come soggetto la mafia. Ne ho visto uno con padre, madre e due figli, con la dicitura "A famiglia mafiusa" e le mete di Trapani, Palermo, Cefalù, Taormina, Agrigento. Non so chi acquisti questa oggettistica. Per essere esposta ovunque, dalla maglietta al cavatappi, dal quadretto alla pistola che fa da impugnatura a una tazza, per fare solo alcuni esempi, avrà un suo mercato. Oltre che biasimare tale modo di vendere il male, facendolo apparire folkloristico e dunque accettabile, occorrerebbero proposte opposte. Accanto alla famiglia mafiosa, al non vedo, non sento e non parlo, alla scritta in Sicilia fui, con la lupara, mettiamo i visi e le parole di Puglisi, Grassi, Falcone, Borsellino, La Torre, Impastato, Mattarella e degli altri. Ma anche di Libera, della Fondazione Falcone, del Centro Impastato e via elencando. In modo che il turista possa scegliere. La censura sarebbe inutile e dannosa. Proponiamo altro davanti agli occhi di quanti passeggiano tra le nostre bellezze.

domenica 19 agosto 2018

Rita Borsellino e le tante donne che ci indicano strade da percorrere. Facciamo spazio.

La Repubblica Palermo 
18 agosto 2018
Rita e le altre, il mondo affidato alle donne
Francesco Palazzo


Due donne palermitane, molto conosciute e apprezzate in ambiti diversi ma non del tutto distanti, per utilizzare il nome della rubrica di questo giornale che traccia profili di persone comuni che lasciando questo mondo depositano ricordi particolari, se ne sono andate in questa estate. A giugno è toccato a Rosanna Pirajno. Valente urbanista e ambientalista, con una forte visione comunitaria e politica, che si fiondava, col sorriso sulle labbra e la disponibilità al dialogo, in tutte le occasioni dove vi fosse da difendere o programmare, senza settarismi, il bello e il nuovo. A ferragosto è andata via Rita Borsellino, della quale in una chiesa gremita e composta si sono svolte ieri le esequie. Una nipote, intervenendo per un ricordo alla fine della celebrazione, l’ha definitacorna dure, ossia una persona perseverante, che realizzava ciò che si proponeva. Dalla strage di Via D’Amelio, dove trovò la morte il fratello Paolo, uscendo fuori dalla sua riservata e timida storia personale, ha rappresentato, per più di venticinque anni, da un lato un’antimafia concreta, pulita e libera da quegli interessi opachi, che negli ultimi tempi l’hanno abbastanza azzoppata a diversi livelli; dall’altro, a un certo punto, una prospettiva politica, non di mera testimonianza, ma trascinante consenso, potenzialmente di svolta per l’isola. Due storie al femminile particolari queste descritte sinteticamente, del resto abbastanza conosciute per soffermarci su altri dettagli. Altre, del passato lontano e recente, potremmo portare alla nostra memoria. Partendo da queste due figure, d’altra parte, vorremmo fare, se ci riusciamo, un ragionamento più ampio.Dicendo, intanto, che ciascuno, guardandosi in giro, potrebbe citarne altre, tante altre, di donne che quotidianamente portano avanti in modo eccellente le loro vite. Nelle quali è possibile, al pari delle due esperienze citate, leggere un percorso che può riguardarci se ci pensiamo un attimo. Palermo, la Sicilia, il nostro paese si possono salvare facendo leva su alcune dimensioni esistenziali, private e pubbliche che molte donne ci rimandano. La bellezza, intesa non come slogan generico ma veramente praticata pure nei luoghi distanti dai fari delle telecamere, perché per loro il bello va curato nel particolare, in ciascun ambito, anche quello più nascosto.L’impegno non retorico o falso contro la mafia, ed è chiaro che se Cosa nostra campa da più di 150 anni ci sono state in giro molta retorica e falsità, spesso veicolate da uomini. La politica interpretata come servizio e non esercizio di potere, spartizione di prebende e cattiva, o distratta, gestione della cosa pubblica. E poi l’accoglienza. E qui possiamo riferirci, ad esempio, alla vicenda di una giovane donna, Agnese Ciulla, assessore alle attività sociali del comune di Palermo nella passata legislatura, distintasi nell’accoglienza ai migranti, soprattutto minori non accompagnati. Sulla sua vicenda sono cominciate ad inizio estate le riprese di una fiction che vedremo su Rai 1. Se quanto scritto sopra ci convince, dovremmo trarre il convincimento, secondo me, che una via d’uscita per le nostre comunità risieda nelle biografie, passate o presenti, di tante nostre compagne di viaggio. Sia che di loro se ne occupino i media, sia che operino in silenzio, ma non con meno energia e determinazione, negli ambiti più disparati. Possono portare le diverse divise delle forze dell’ordine, quelle del personale sanitario, talvolta operante con eroica abnegazione, oppure vestire i panni delle insegnanti, delle operatrici sociali, ma anche, perché no, delle madri di famiglia. In Sicilia, più che altrove, è sicuramente più difficile che emergano. Al momento, non solo da noi per la verità, i ruoli apicali della politica, della dirigenza in generale sono occupati quasi esclusivamente dal genere maschile. Ma non è difficile individuarle, le abbiamo accanto, condividono le nostre vite. Le donne, alcune come quelle citate o altre note lo hanno saputo fare e lo fanno solo in maniera più evidente, hanno tutte, o quasi, questa chiara capacità di rendere migliori i rapporti interpersonali e collettivi. Facciamo spazio noi maschietti, dalle nostre famiglie agli scranni istituzionali e professionali, a queste preziose sensibilità e capacità. Facciamolo in nome di Rosanna e Rita, che non ci sono più fisicamente, ma soprattutto delle tante che incrociamo in tutti i giorni delle nostre vite.

giovedì 16 agosto 2018

I rom: l'integrazione, il campo nella zona residenziale e i nostri veri nemici.

La Repubblica Palermo
15 agosto 2018
Le urla anti-rom e i nemici di Palermo 
Francesco Palazzo


Sulla vicenda della rivolta anti-rom abbiamo letto nei giorni scorsi su questo giornale tutto ciò che occorre sapere. Emanuele Lauria ha fatto un esaustivo panorama delle posizioni politiche che sbarrano la strada. La politica dovrebbe, in teoria, fare da guida, portando ragionevolezza e lucidità dove tali dimensioni scarseggiano. E ci riferiamo non solo alle destre in campo, ma pure al mutismo delle sinistre, su cui opportunamente si è soffermato Fabrizio Lentini in un suo editoriale. Ma da un altro resoconto di Claudia Brunetto, a proposito di un altro pezzo della cosiddetta società civile palermitana, abbiamo appreso, tenetevi forte, che in questi anni una decina di famiglie rom, pure queste come le attuali, iscritte nella lista dell’emergenza abitativa, sono state dislocate in quartieri diversi della città. Che è la soluzione che l’amministratore cittadina sta prediligendo per non creare ghetti, sempre in alloggi confiscati nella disponibilità del Comune. Senza che ciò abbia provocato guerriglie, sbandieramenti del tricolore o altro. Abbiamo letto le testimonianze di famiglie, da via Perpignano a corso Calatafimi e a via Ammiraglio Rizzo. Tutte vanno nella stessa direzione. A certe condizioni si può fare, la convivenza e l’integrazione sono possibili. Un altro aspetto va rilevato. Abbiamo sentito la frase: « Portateli nei quartieri altolocati, a casa vostra, nelle zone bene». La notizia, non esattamente uno scoop, è che ciò accade da trent’anni, essendo il campo rom adiacente, diciamo attaccato, alla zona residenziale della città. A poche centinaia di metri dal viale della Libertà, il salotto di Palermo, e dalla Statua, che rappresenta l’ombelico del capoluogo. Ebbene, non si ricordano particolari o ripetuti atti criminali commessi da queste persone nei confronti dei residenti. Invece, per capire chi sono sempre stati, e continuano a essere, i veri nemici di Palermo e della Sicilia, un muro alto contro il quale ci piacerebbe che queste forze politiche ora impegnate come un sol uomo contro i rom, dirigessero le loro parole e azioni, rammentiamo che qualche giorno fa, il 6 agosto, a ridosso del campo rom della Favorita, in viale Croce rossa, abbiamo celebrato il trentatreesimo anniversario dell’esecuzione per mano mafiosa del vicequestore Ninni Cassarà e dell’agente Roberto Antiochia.Efferatezza, non la sola purtroppo in quegli anni, ma in questo caso vogliamo solo sottolineare la vicinanza del luogo dell’eccidio al campo rom, pensata e compiuta da menti e mani palermitanissime e sicilianissime. Tanto per rinfrescare la memoria. Se quest’ultima ha, citando il titolo di un libro di Leonardo Sciascia, un futuro. 

sabato 11 agosto 2018

Case per i rom di Palermo, ragioniamo su alcune questioni.


La Repubblica Palermo
10 agosto 2018
La crociata anti- rom di chi non grida mai: "Prima i palermitani onesti"

FRANCESCO PALAZZO

Sul campo rom difficile non condividere l’utilità di chiudere un ghetto e la circostanza che si sta aprendo una porta d’ingresso al parco della Favorita. 
Ora bisogna passare alla pars construens. 
Si dovrebbero, in primo luogo, evitare concentrazioni di più famiglie in un unico posto, visto che si sta uscendo da una situazione, quella della Favorita, creatasi perché diversi nuclei familiari hanno abitato nel medesimo luogo per decenni. 
E si dovrebbe seguire con attenzione il loro inserimento nel tessuto sociale. 
Ma va detto altro. Le villette individuate per le prime famiglie rom, sulle quali sono in corso proteste, in quanto confiscate alla mafia non saranno appartenute a benefattori. Hanno mai i residenti inveito contro le coppole storte al grido: «Prima i palermitani onesti»? 
E poi, terzo aspetto, quale che sia il motivo delle rimostranze odierne, non si può più tollerare che in questa città avvengano occupazioni come quelle in atto nei confronti di queste villette. Pratica illegale, per quanto benevolmente accolta da pezzi di politica e società, e che ha quasi sempre causato degrado.


giovedì 9 agosto 2018

Intolleranze etniche in Sicilia, guardiamoci intorno.


La Repubblica Palermo
8 agosto 2018
C’è una Sicilia malata di intolleranza
Francesco Palazzo

La Sicilia in questo caso non è, ammesso che lo sia mai stata, laboratorio. Gli episodi di intolleranza etnica che si registrano da noi non sono diversi da quelli che si squadernano nel resto del Paese.
La novità è semmai la messa in discussione delle nostre tanto decantate prerogative d’accoglienza. Un selfie che ci scattiamo da anni ma che forse è sfocato. 
E non bisogna guardare, per fare tale diagnosi, alle recenti vicende che si impongono ai nostri occhi in quanto superano la soglia di attenzione dei mezzi d’informazione. 
Proviamo ad andare oltre. Facciamoci un giro tra le nostre conoscenze, popolari o borghesi, collocate in periferia o al centro, in case disagiate o abbienti. E buttiamo pure uno sguardo dentro i nostri ambiti di vita più ristretti.
Potremo avere la possibilità di ricavarne utili indicazioni circa lo spirito del tempo presente.
Certe patologie, quando si allargano a macchia d’olio, non si curano con facilità, perché vengono da lontano. Soprattutto se, come scriveva in un recente editoriale Enrico del Mercato, si nascondono. O, peggio ancora, si ignorano.


lunedì 6 agosto 2018

Palermo, dismissione campo rom. Dove sta il problema?


La Repubblica Palermo – 5 agosto 2018
Le vane parole utilizzate per il campo rom
Francesco Palazzo

Sulla chiusura del campo Rom a Palermo dovremmo concordare. Si elimina un ghetto. Che lo si dovesse fare prima non è un buon motivo per non farlo ora. 
Si apre una porta d’ingresso importante al Parco della Favorita. Che deve essere tirato fuori dal limbo del vorrei ma non posso e dalle chiusure una tantum stile paese dei balocchi. 
Inoltre, il dire "prima i palermitani", a parte il fatto che i componenti delle sedici famiglie recensite nel campo lo sono, non ha senso. 
Si utilizzano fondi dedicati al reinserimento sociale delle persone abitanti in tali insediamenti e non si mettono per nulla in discussione le tante altre correnti e straordinarie forme di assistenza verso tutte le fasce sociali più deboli. 
Aggiungiamo poi che, dal dopoguerra, proprio dentro le sabbie mobili dei corretti aiuti divenuti spesso assistenzialismo clientelare e fine a se stesso, il mezzogiorno, con un elevatissimo concorso di colpa delle società meridionali, è stato fatto fuori. 
Non aggiungiamo adesso al danno pure la beffa di parole in libertà. Che saranno pure di moda al momento. Ma sempre vane rimangono.


sabato 4 agosto 2018

Giovani che vanno via veloci dal sud e treni di un'altra era.



La Repubblica Palermo
3 agosto 2018
Dal sud si fugge perché è difficile ritornare
Francesco Palazzo



A proposito degli abitanti del mezzogiorno che vanno via, di cui parla il rapporto Svimez 2018, tra i quali tantissimi giovani, quando questi tornano, dopo un periodo di studio o per le vacanze, capiscono, prima di arrivare, che non è cosa. 
Mi raccontavano del viaggio in treno da Milano, dove era stato per un master, di un ragazzo. Dal capoluogo lombardo a Salerno, 830 km, poco più di cinque ore in condizioni di assoluta comodità. Da Salerno a Palermo, 606 km, in undici ore, senza aria condizionata, con un aereatore spento sul traghetto, due ore per traghettare perché il ponte vade retro, e da Messina a Palermo senza neppure l’aereatore, con i finestrini aperti per respirare. La notte immobili nelle cuccette perché, vista la temperatura, limitavano i movimenti. 
In questa situazione per quale motivo, a parte la carenza di opportunità lavorative, i giovani dovrebbero rimanere al sud 
Parlando della nostra regione, Repubblica Palermo titola: “Fuga dalla Sicilia, l’isola senza tesoro”. Che ci sarebbe, ma lo teniamo ben sepolto, inviando altrove il nostro futuro.