mercoledì 24 giugno 2009

Lavavetri e senso civico

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 24 GIUGNO 2009
Pagina XVII
Se il senso civico si riduce alla denuncia dei lavavetri
Francesco Palazzo

Dopo il blitz di metà giugno per una settimana c´è stato il deserto. Ma da alcuni giorni i lavavetri di via Perpignano sono tornati. Con loro anche il giocoliere slavo che intrattiene i passanti. Ad aprile del 2008 c´era stata un´altra «retata», con sette fermati, stavolta pare siano stati due. Poi nuovamente si era tornati alla normalità. Devo dire che il dispiegamento ultimo di forze, quindici volanti e un elicottero, con appostamenti precedenti l´azione, mi ha stupito. Da venti anni transito da quei semafori. All´andata e al ritorno. Mai è capitato che al mio usuale rifiuto, diretto al lavavetri, mi sia stata opposta una frase irriguardosa. Non parliamo di aggressioni o danneggiamenti dell´auto. Ho cercato di spiegarmi la cosa. Può essere che la mia faccia, non esattamente nordica, richiami tratti comuni e perciò sono scambiato per un collega che ha fatto fortuna. Oppure hanno capito dal mio sguardo truce che sono nato a Brancaccio e temono pesanti conseguenze. O, semplicemente, il vetro è sempre talmente sporco che la mia opposizione è scambiata per un aiuto. Non sono un cliente da ripulire in pochi secondi. Supposizioni. Messe fuori gioco da un´evidenza. Non ho mai notato che ad altri, nei tantissimi frangenti in cui ho atteso il verde, sia capitato qualcosa di spiacevole da parte di chi vuole renderti, a volte con un´insistenza che non sempre si è disposti ad accettare, la vita meno sudicia. Metti che hai litigato con il capufficio, con tua moglie o che hai appena scoperto che il collega ti ha sgonfiato le gomme. In quei momenti il nervosismo prevale e qualsiasi interferenza nel privato può essere letta come un atto violento. Che, per carità, qualche volta si consumerà con insulti e qualche danno al bene mobile. Ma ditemi voi, se quindici volanti e un elicottero non sono troppi pure per prendere il capo dei capi. Qualche segnalazione, comunque, da regolare consumatore, la farei sul famigerato tratto di asfalto. Più che i lavavetri immigrati, mi hanno sempre di più incuriosito i palermitani. Disdegnano il ramo lavorativo pulizia vetri. Si confrontano direttamente col mercato. Ti vendono dall´accendino, alla penna ad altri gadget. Oppure distribuiscono volantini pubblicitari. C´è chi vuole inondarti di fortuna con schedine precompilate. Il loro atteggiamento, quando ti propongono l´acquisto, non è esattamente il massimo della discrezione. Infilano la testa dentro l´abitacolo, se hai lasciato aperto il finestrino, o ti chiedono di abbassarlo. Poi t´impongono una stretta di mano, e un piccolo, incisivo, discorso sulle difficoltà della vita. Tale modo di porsi, che è veramente un intrufolarsi nella tua vita, mi genera un fastidio che non percepisco nei lavavetri, in genere sorridenti. Il palermitano semaforista professionista è, al contrario, un po´ arrabbiato, pare in procinto di esplodere la sua rabbia dentro la tua auto. Anche lì, le conseguenze fisiche sono irrilevanti. Ciò che, piuttosto, deve allertare la vigilanza di guidatori corretti e pedoni indifesi, è altro. Si rischia molto di più nelle corsie d´emergenza. I siculi chiusi nelle scatolette metalliche, pur di superare file di centinaia di metri, o per riuscire a schivare in extremis il rosso, oppure per partire in pole position quando scatta il verde, sono disposti a percorrere a velocità elevate le corsie riservate. Normale amministrazione. Nessuno si lamenta. Il senso civico, che porta a denunciare al 113 i lavavetri, in questo caso si addormenta del tutto. Sia chiaro, chi non ha mai varcato le strisce proibite, scagli la prima pietra. Non ai lavavetri. Che già basta e avanza l´elicottero. Sin qui siamo alle umane cose. Per quelle divine dobbiamo rivolgerci altrove. In certi momenti, sempre nei pressi del crocevia perpignanesco, sono rapito dalla dimensione soprannaturale, che m´indurrebbe a chiamare, seduta stante, la protezione civile. Succede quando, nelle attese snervanti, intruppato dentro code che avanzano a passo di lumaca, ricordo le promesse dell´amministrazione cittadina circa l´eliminazione del tappo di via Perpignano. Ecco, esattamente in tali frangenti, per capire che fine ha fatto il sottopasso, e che ne è dei ponti pedonali e ciclabili Perrault, che dovevano felicemente levarsi nella zona, una decina di elicotteri li manderei senz´altro.

martedì 16 giugno 2009

Movimenti e Partiti in Sicilia

LA REPUBBLICA PALERMO - MARTEDÌ 16 GIUGNO 2009
Pagina XV
IL VOTO PREMIA GLI "ESTERNI", UNA SFIDA PER PD E MOVIMENTI
Francesco Palazzo

Due questioni, dopo le elezioni europee, riguardano lo stato di salute del Partito democratico e il futuro del movimento Un´Altra Storia. Due tematiche intrecciate da alcuni anni, quelle dei partiti e dei movimenti. I primi più controversi, ma abbastanza stabili, i secondi più informali e vitali, ma che non tengono alla media distanza. Talvolta copiando il peggio dei partiti. Nel Pd si è fatta strada una prima controversia. Di chi è il merito delle affermazioni di Crocetta e della Borsellino? Questione che lasciamo a chi vuole tormentarsi più del dovuto. Basterebbe solo dire che senza il Pd, rimanendo nelle loro formazioni di appartenenza, mai Crocetta e la Borsellino avrebbero messo insieme quasi quattrocentomila voti. Al contempo, queste candidature hanno portato ai democratici nuova linfa, pronta a dileguarsi tra le polemiche se non la si sfrutta in tempo. Che però i nodi del Partito democratico siano tutti ancora sul tappeto è dimostrato dai consensi presi dai due nomi che più rispondevano alle sensibilità forti del partito, l´ex diessina e l´ex margheritina. Sia Tripi che Barbagallo non sono arrivati neanche a 70 mila voti ciascuno. Segno che il partito, pure con la triplice preferenza, non riesce neppure a promuovere due candidature di una certa levatura. Con ciò non vogliamo dire che i democratici siciliani non hanno qualche elemento per tirare un sospiro di sollievo. Ma da questo a dire che è iniziata una nuova fase, ce ne corre. Anche perché la tenuta del partito nel resto d´Italia, lasciando stare la folata europea e guardando le amministrative, è già abbastanza precaria nelle roccaforti emiliane e toscane. Se lì non si festeggia, figuriamoci in Sicilia. Da noi il centrodestra mantiene complessivamente il suo patrimonio elettorale, è in fase di grande sofferenza la sinistra estrema ed è molto indebolito, o esaurito, il richiamo dei movimenti. Sui quali va detto qualcosa. L´ultimo, in ordine di apparizione, e siamo al secondo argomento, è Un´Altra Storia. Che ha registrato una spaccatura sulla candidatura della Borsellino nel Pd. Basta vedere il sito, fermo dal 20 aprile a dopo le elezioni, e i commenti in esso contenuti, per rendersi conto che non si può minimizzare affermando che si è trattato solo delle dimissioni di poche persone. Peraltro, una lettera girata per e-mail alla vigilia del voto, pare condivisa da molti oltre i pochi firmatari, segnalava criticità sostanziali nel percorso decisionale di Un´Altra Storia circa l´inserimento della propria fondatrice tra i democratici.La spinta di molti aderenti al movimento era quella che la Borsellino accettasse il coinvolgimento in una delle liste della sinistra o in Italia dei valori. Alle elezioni politiche del 2008 la Borsellino era in corsa per il Senato nella Sinistra Arcobaleno, questa volta senza polemiche interne, rimanendo con niente in mano. Un nulla di fatto che si sarebbe replicato se si fosse accasata tra le file della sinistra, e una difficile elezione se avesse accettato le avance dei dipietristi. In entrambi i casi non ci sarebbe stata la valanga di voti che l´ha premiata. E che la pone come un punto di riferimento per lo stesso Pd. Più di quando si candidò alla Regione nel 2006. Basta ricordare che tutti i candidati della sua Lista Rita presero meno della metà delle preferenze da lei adesso racimolate da sola. Ora sarà difficile indirizzare il movimento verso la sponda del Partito democratico. Che è visto, da gran parte della sua creatura politica, come il fumo negli occhi. Così come lei del resto, sino a ieri, non era mai stata tanto amata dai democratici. Probabilmente Un´Altra Storia, come tutte le esperienze collettive basate sul carisma di un leader e sulla voglia di ripartire spontaneamente dal basso, è giunta al capolinea come forza politico-elettorale. Questo non è necessariamente un grosso problema. Visto lo scenario politico, sempre più polarizzato su poche formazioni, è indispensabile non insistere su battaglie di minoranza che restano ai margini e non raccolgono molti voti. Crediamo che la Borsellino, a un certo punto, abbia proprio afferrato questo concetto e sia andata avanti con decisione. Dimostrando di avere un certo fiuto politico e una buona dose di coraggio.

sabato 13 giugno 2009

Europee in Sicilia: antimafia promossa, sinistra bocciata

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultuta, Economia
12 giugno 2009
Pagg. 8 e 9
Quando trionfa l'astensione
Francesco Palazzo

Il voto per la consultazione europea, per la tipologia di scelta e anche per lo stesso meccanismo elettorale, che prevede sino a tre preferenze, si presta poco a una trasposizione diretta sul livello regionale. Alcune considerazioni, tuttavia, dal voto siciliano per il parlamento di Strasburgo, si possono trarre. Intanto, va registrata la forte astensione dal voto, tipica di chi è abituato a recarsi ai seggi per risolvere incombenze personali e ritiene, perciò, distante una competizione che non rientra, immediatamente, nel meccanismo, ben conosciuto, del dare e avere. Ciò ha provocato una diretta conseguenza sui seggi attribuiti. Dagli otto previsti si è scesi a sei, con indubbia perdita di rappresentanza e di visibilità per il collegio isole. Partendo da tale aspetto, una prima considerazione va fatta rispetto alla deputazione siciliana che giunge a Strasburgo. Dei sei deputati eletti, ben quattro (due del PD, uno di Italia dei Valori e uno dell’UDC), sono all’opposizione del governo nazionale e, visto come vanno le cose nella maggioranza regionale, anche di quello siciliano. Non è una notazione da poco, tenuto conto che la Sicilia esporta, di solito, deputazioni composte al loro interno da un consistente numero di soggetti legati alle maggioranze al momento imperanti nel paese e in sede locale. Un secondo aspetto, anche questo abbastanza in controtendenza, è la promozione sul campo, a suon di voti, dei candidati antimafia. L’etichetta probabilmente è limitante per i singoli. Ma non si può disconoscere che persone come Rita Borsellino, Rosario Crocetta, Leoluca Orlando (o Sonia Alfano, che a quanto pare subentrerà per lo scorrimento della lista), hanno tutti una biografia connotata nel senso della lotta alla criminalità mafiosa. Visto che, sino a qualche tempo addietro, si diceva che l’antimafia non porta voti, ci pare questo un esempio lampante di come le cose possano modificarsi in certe circostanze. E’ ovvio che, in questo ragionamento, pesa il fatto che il voto d’opinione si libera più nelle elezioni che decidono di organismi che vengono vissuti come lontani rispetto alle esigenze quotidiane. Cosa si può chiedere, in termini clientelari, a un deputato europeo? E cosa quest’ultimo può promettere in previsione dell’elezione? E come la mafia può intercettare il voto europeo? Il voto d’opinione, altra questione, com’è facilmente intuibile, anche se non sempre percepibile, è qualcosa di cui tutte le formazioni politiche ddispongono. Si tratta di una specie di zoccolo duro che è pronto a rifugiarsi nel proprio simbolo. Per abitudine politica o perché ritiene che ve ne sia bisogno in certi momenti. Quello che, invece, si mobilità attorno a questioni specifiche, tipo la legalità e l’antimafia, spesso si sposa con il raggruppamento politico che guarda a sinistra. E, nel caso delle europee del 6 e 7 giugno è stato davvero consistente. Parliamo di quasi cinquecentomila voti, la dote elettorale che ha investito un drappello di cinque, sei persone, nel nome dell’antimafia. Al punto che, e passiamo a un altro spunto di riflessione, il più grande partito del centrosinistra siciliano, quello democratico, è passato dalla più nera crisi, che si pensava dovesse uscire dalle urne, a un certo spiraglio di vitalità. Perché, essere quotato dai sondaggi preelettorali a non più del 17 per cento, e invece ritrovarsi a lambire quota 22 per cento, ha significato, per i democratici siciliani, passare da una morte annunciata a una nuova stagione. In questa lettura consolante, probabilmente, da parte dei dirigenti democratici, c’è troppo ottimismo. I numeri complessivi regionali usciti dalle europee, altro punto di riflessione, infatti, ci dicono che il dislivello, meglio dire la voragine, tra centrodestra e centrosinistra è sempre misurabile nell’ordine di trenta punti percentuali. Una distanza che richiede un lavoro di medio-lungo periodo per essere scalfita sensibilmente. Per rendere tale compito percorribile, e quindi aumentare le possibilità dell’alternativa in Sicilia, e in definitiva le chance della democrazia sostanziale, occorre che la sinistra estrema, e andiamo all’ultima osservazione, riesca a trovare una configurazione politica che non disperda, nella divisione, tanti voti. Lasciando tanto elettorato solo con la possibilità di votare, senza essere poi rappresentato. Né al parlamento regionale, né in quello nazionale e, adesso, pure in quello europeo. In Sicilia l’operazione ripresa della parte a sinistra del Partito Democratico richiederà, ammesso che la si voglia tentare, una dose supplementare di generosità politica e lucidità strategica che, al momento, non intravediamo.

mercoledì 10 giugno 2009

Europee in Sicilia: cosa è cambiato?

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 10 GIUGNO 2009
Pagina I
Sfida sospesa alla Regione
Francesco Palazzo

Dopo il voto europeo è cambiato lo scenario politico siciliano? Guardiamo alla prospettiva più immediata, il futuro del governo regionale in carica, e a quella a medio termine, cioè i rapporti di forza tra le due coalizioni. Dando per scontato che valgano i raggruppamenti che alle regionali del 2008 sostennero Lombardo e la Finocchiaro. Il primo verdetto è sull´incompleto Lombardo bis. Per l´Mpa l´asticella del 4 per cento era proibitiva. Gli autonomisti tuttavia possono contare su un dato siciliano non trascurabile. Raggiungendo il 15,64, pur non da soli, si pongono come terza forza politica regionale. Da dove prendono tale consenso? Certamente dal Partito delle libertà, al quale le lotte interne non hanno giovato. Oltre a farlo retrocedere di molto in Sicilia, hanno condizionato il risultato di Berlusconi a livello nazionale. Da questo punto di vista, la Sicilia, che sinora era il granaio azzurro, si presenta come l´anello debole del nuovo partito che ha unito Forza Italia e An. Per completare il ragionamento sul centrodestra, va detto che l´ipotizzata caccia all´Udc, che qualcuno paventava fosse il vero obiettivo della rivoluzione lombardiana, non si è consumata. Dai seggi siciliani esce infatti uno scudocrociato vivo e vegeto. Se quindi il tonfo del Pdl siciliano facilita il piano del governatore, la tenuta di Cuffaro e soci mette più di una pietruzza nel meccanismo politico appena inaugurato da Lombardo. Tutto questo più che alimentare i venti di guerra consiglierà tutti i contendenti, per motivi diversi, a ricompattarsi in poco tempo. Ma veniamo ai rapporti di forza più generali, meno legati all´oggi. Il centrodestra, che nel 2008 ha vinto le regionali con il 68,1 per cento, sfiora alle europee il 64 per cento. Sembra una flessione del tutto fisiologica, niente di strutturale. Una pagliuzza, visto quello che è accaduto nelle stanze del potere regionale. Mancano comunque quattro punti che, a occhio e croce, sono transitati nel centrosinistra. Che, infatti, passa dal 28,6 delle ultime regionali, al 33,37 delle europee. Con Italia dei Valori che, con il 7,13 per cento, quadruplica i consensi ottenuti alle ultime regionali. Per il Partito democratico, pure e soprattutto in Sicilia, si temeva una specie di spappolamento. Esso riesce invece, con il 21,88 per cento, a invertire il passo falso delle regionali (18,8 per cento) e intravede il 25 per cento che alle politiche superò in entrambi le circoscrizioni della Camera. Va tuttavia rilevato che la dote elettorale siciliana del Pd, debba diversi punti percentuali, probabilmente proprio i quattro in più, a candidati come Borsellino e Crocetta, che si sono certamente giovati del contenitore democratico, ma il cui elettorato non è direttamente ascrivibile al partito di Franceschini. Sia in questo caso, così come per Italia dei Valori, siamo di fronte a un consistente voto d´opinione, che per sua natura è abbastanza occasionale e volatile. Questo consenso, che in genere si libera nelle competizioni che lasciano più spazio all´elettore, e qui addirittura si potevano esprimere tre preferenze, difficilmente poi si trasferisce nelle competizioni in cui comanda la preferenza unica e dove si attivano i consueti meccanismi clientelari. Se a quest´ultima considerazione aggiungiamo gli esiti elettorali delle due liste della sinistra estrema, che pure messi insieme non sarebbero riusciti a valicare lo sbarramento del 5 per cento previsto dalla legge elettorale regionale, possiamo trarre la convinzione che poco si è spostato nella politica regionale.

sabato 6 giugno 2009

Contributi associazioni: da sudditi a cittadini

CENTONOVE - 5 GIUGNO 2009
Pag. 46
ASSOCIAZIONISMO FAI DA TE
Francesco Palazzo

Sull’argomento contributi alle associazioni, distribuiti tradizionalmente a pioggia dalla regione e momentaneamente bloccati dal commissario dello stato, è utile continuare a riflettere. Sia perché tra un po’ la politica regionale deciderà comunque qualcosa in merito, non modificando di molto la sostanza della questione. Sia perché va verificato se è possibile mettere in campo ragionamenti diversi. Brevemente, la domanda è la seguente. Si può nel campo associativo, almeno in quello, preponderante, che si basa sul lavoro volontario, creare, alimentare e consolidare un circuito virtuoso che provenga dalla società e che non attenda l’improbabile conversione della politica, casomai provando a influenzarla? Se la domanda alla politica è sempre quella assistenzialistica, più o meno clientelare, l’offerta non potrà che essere conseguente. Perché meravigliarsene. C’è chi vende e c’è chi compra. In questo, come in tante altre porzioni della vita pubblica siciliana, si può ben dire che gli eletti sono lo specchio degli elettori. La sfida sta nel modificare radicalmente la domanda che viene dal variegatissimo mondo dell’associazionismo che si basa sul volontariato. Non è impresa semplice. Decenni di assistenzialismo gratuito, di fondi a perdere, hanno creato un’abitudine all’intervento risolutivo della mano pubblica. Anche altri settori ricevono ossigeno per respirare dalle pubbliche istituzioni, pensiamo per un attimo alla formazione, amministrazione regionale in primo luogo. Fermiamoci all’associazionismo e vediamo se esiste qualche buona pratica già in atto, dalla quale è possibile iniziare un percorso differente. Meno dispendioso di risorse pubbliche e più in grado di costruire qualità. Qualcosa c’è. Più di qualcosa, a essere precisi. Molti conosceranno la sigla CESV. Tradotta in parole, significa Centro di Servizi per il Volontariato. In Sicilia è presente una sede a Palermo, (www.cesvop.org), che copre anche le province di Agrigento, Trapani, Caltanissetta. Per le zone di Catania, Enna e Ragusa esiste il Centro per i servizi al volontariato etneo, (www.csvetneo.org), cosi come un’uguale struttura copre il comprensorio messinese (www.cesvmessina.it). Oltre le tre principali, vi sono molte sedi distaccate nelle varie città siciliane, grandi e piccole. Non è comunque un’iniziativa tutta siciliana. E’ diffusa capillarmente in tutte le regioni italiane. Ciò vuol dire una sola cosa, che funziona. Qual è la missione fondamentale di queste strutture di servizio? Intanto, occorre dire, che la loro attività si basa su un concetto basilare, l’autonomia del volontariato. Chi è autonomo sa camminare con le proprie gambe, non deve chiedere l’elemosina strisciando davanti alle segreterie dei potenti, sa porsi in maniera critica, e soprattutto libera, nei confronti della politica. Vi pare poco? Lo scopo concreto dei centri servizi per il volontariato è quello di accrescere la qualità e l'efficacia delle associazioni. Gli aiuti riguardano vari settori: si va dai servizi di sportello (come si gestisce un’associazione, assistenze legali, normative e amministrative), alla formazione degli operatori, al sostegno alla progettazione, al supporto logistico (spazi e attrezzature per le attività). Ma c’è pure un sostegno per la partecipazione ai bandi e per il reperimento dei finanziamenti. Inoltre si tende ad accrescere le capacità di autofinanziare le varie attività. C’entra qualcosa con l’argomento contributi regionali di cui stiamo discutendo? A sentire Ferdinando Siringo, che guida la struttura nella Sicilia occidentale, che conta sull’adesione di quasi duecento associazioni, pare di sì. Lui ha notato che dapprima, quando un’associazione si avvicina, lo schema è quello classico. Si cercano solo i soldi. Poi però ci si rende conto che assicurarsi servizi e consulenze è la chiave giusta. Perché si ottiene la famosa canna per pescare e non il pesce gratuito che non fa più uscire dal circuito della dipendenza dalle risorse pubbliche. Peraltro, questi centri si finanziano, non certo con le cifre stratosferiche che escono dal forziere regionale, attraverso le fondazioni bancarie. Cioè facendo riferimento al privato. Il centro di Palermo, da quanto ci è stato riferito, si è reso da tempo disponibile a fornire, gratuitamente, alla regione un supporto per tentare di migliorare un apparato contributivo senza regole e costosissimo. Si potrebbe pensare a una sorta di agenzia regionale modellata allo stesso modo di questi centri. Che non conceda risorse economiche ingiustificabili e incontrollate, ma che fornisca beni, servizi e consulenze. Aiutando le singole realtà, anche con l’aiuto dei centri per il volontariato già presenti, come abbiamo visto, in tutto il territorio regionale, a camminare presto autonomamente. Senza dovere, ogni anno, stare attaccate alla canna del gas, nella speranza che mamma regione provveda ancora una volta. Tutto, insomma, potrebbe svolgersi alla luce del sole, senza sprechi di quello che è denaro di tutti noi. E’ una soluzione troppo semplice, quella prospettata? Ce ne rendiamo conto. Trasformerebbe i clienti, che ora mendicano l’obolo, in cittadini che camminano da soli. I venditori, che cercano di piazzare i propri pupilli, in veri eletti dal popolo. Troppa grazia.

venerdì 5 giugno 2009

Esercito a Palermo: dalla mafia alla munnizza

LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ 05 GIUGNO 2009
Pagina I
Il messaggio di illegalità che viene dal degrado
Francesco Palazzo

Dopo le stragi mafiose del 1992, l´operazione Vespri Siciliani portò i militari in Sicilia per controllare i luoghi sensibili. Dopo 17 anni torna l´esercito. Non più contro le cosche. Il problema oggi è riprendersi chilometri di marciapiedi, piazze e strade coperti dai sacchetti d´immondizia. Per consentire che l´operazione possa svolgersi in sicurezza ecco l´esercito. Siamo di fronte a una vera e propria regressione. Il vero lascito del periodo delle stragi mafiose era la convinzione che una buona amministrazione della cosa pubblica fosse un fondamentale avamposto per la lotta alle mafie. Che non sia mera propaganda o pura retorica. È del tutto evidente che alle armi della repressione, le quali fanno bene e per intero il loro dovere, ma che possono solo arginare, contenere, dovrebbe accompagnarsi una gestione oculata, efficiente, efficace e trasparente di tutto ciò che ricade nella giurisdizione dei pubblici poteri. Se un giorno ci sarà un tramonto delle mafie - ma temiamo che tale obiettivo, visto come vanno le cose, sia situato molto lontano nel tempo - esso non potrà che verificarsi per l´azione costante della politica. I singoli che la svolgono come professione, i partiti, le istituzioni rappresentative e le aziende collegate che forniscono pubblici servizi e che dal pubblico sono foraggiate. C´è da chiedersi che messaggio, al di là delle intenzioni dei protagonisti, giunge alle cosche mafiose con questa vera e propria inaudita violenza perpetrata nei confronti del territorio. Causata dalle montagne di rifiuti e dal fetore che ormai ha impregnato i quartieri centrali come quelli periferici. Soprattutto in questi ultimi, dove i roghi hanno insistito e continuano a verificarsi in misura maggiore, si è potuto misurare l´assoluto e disarmante abbandono della città. Posta nelle mani di quanti intenzionati a causare dolosamente gli incendi. Sapendo verosimilmente di non dispiacere le cosche, forse con il loro tacito o esplicito consenso, in ogni caso nella consapevolezza di attivare un meccanismo dove la mafia può far meglio valere la propria giurisdizione su parti del capoluogo, e non sono poche, dove ancora comanda in maniera ferrea e plateale. Ora, il punto è che la ferita di questi giorni, anche se tra qualche settimana sarà spenta l´emergenza più acuta, rimarrà nella testa delle persone e farà scendere ancora verso il basso il gradimento nei confronti delle istituzioni, della legalità, dell´etica condivisa. E farà aumentare il consenso verso tutto ciò che è sistemazione privata, egoistica e predatoria delle proprie incombenze. In quest´ultimo decennio si è verificato a Palermo un continuo e inesorabile spappolamento di una pur labile percezione di comunità. Di uno stare insieme, di un vivere tra persone che si sforzano di parlare un linguaggio comprensibile e condiviso. Da questo punto di osservazione, è inutile che gli attuali amministratori si voltino indietro a scrutare passate responsabilità per giustificare le macerie di oggi. In quel tempo, ossia nel quindicennio orlandiano, si sono certo fatti degli errori. Alcuni anche gravi. Al fondo, comunque, c´era la percezione di un intero. Un´idea di città. Sulla quale magari dividersi e litigare. Qualcuno diceva che molto si concedeva all´antimafiosità da cartolina. Può essere. Che cartolina è, però, un capoluogo che sta facendo il giro del mondo non più per l´antimafiosità, ma per i rifiuti? Che magari si raccoglieranno in una decina di giorni. Ma quanto tempo occorrerà per cancellare, dal circuito dell´opinione pubblica internazionale e nazionale, l´immagine di Palermo città della munnizza? E chi pagherà per questo?