mercoledì 30 maggio 2007

Comunali 2007: Ballottaggi Sicilia

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ, 30 MAGGIO 2007

Pagina I

L´ANALISI

Le differenze tra i poli nella tornata elettorale
FRANCESCO PALAZZO

Com´è andato il turno di ballottaggio di domenica e lunedì in Sicilia? Guardando i numeri si evidenziano alcune conferme e qualche novità. Intanto si può dire che il centrodestra si è attrezzato meglio per disputare i secondi turni. I quali, esprimendo in genere un voto più d´opinione e meno clientelare, non sono proprio lo scenario adatto per l´esibizione muscolare del consenso. Ad Agrigento al primo turno il centrodestra si è attestato oltre il 70 per cento e può adesso contare sull´apporto in Consiglio comunale di ben ventidue consiglieri su trenta. Basterebbe questo dato per ridimensionare di molto quella vittoria. Per l´Unione in Sicilia questo è stato presentato dai media come l´unico risultato positivo, anche se esso va preso davvero come un fatto molto anomalo e difficilmente replicabile. Va sottolineato tuttavia che quella di Agrigento è l´unica provincia dove il secondo turno è complessivamente favorevole al centrosinistra (29.375 voti all´Unione e 24.714 alla Cdl). Per il resto abbiamo il quasi pareggio nella provincia trapanese (Unione 49.046 voti contro i 51.900 del centrodestra) e di quella ennese (466 voti in più a favore della Cdl, che prende 9.189 consensi contro gli 8.723 dell´Unione). Nelle province di Ragusa, Messina e Siracusa si votava in un solo comune a testa, il dato complessivo non è quindi molto significativo e in due casi su tre (Pozzallo e Avola) difficilmente valutabile in termini di coalizioni contrapposte. I consensi ottenuti nelle tre province dal centrodestra sono certamente superiori di quelli conseguiti dall´Unione. Nella provincia nissena il vantaggio del Polo non è marcato, anche se la distanza tra le due coalizioni supera il 3 per cento. Il dato più significativo è invece quello dei due ambiti provinciali più grandi, il Catanese e il Palermitano. Nei due territori, ma questo è un evento ormai consueto, la distanza tra i due schieramenti assume dimensioni proibitive. Distacco che è molto vicino a quello registrato nella recente tornata elettorale palermitana, a quanto verificatosi nella più lontana elezione svoltasi nel comune di Catania, ed è molto simile ai dati usciti fuori alle regionali dello scorso anno in relazione alle due province. In provincia di Catania il centrodestra si attesta intorno al 68 per cento, il centrosinistra non arriva quindi al 33. Un po´ meglio va nel Palermitano, dove però si mantiene una distacco notevole tra la Cdl, che sfiora il 64 per cento, e l´Unione, che si ferma perciò leggermente sopra il 36 per cento. Viene, insomma, confermato, seppure con soli ventuno comuni al voto e tenendo in considerazione la particolarità elettorale dei ballottaggi, che l´Unione soffre molto nelle due grandi circoscrizioni elettorali che hanno come centro le due metropoli siciliane. Ciò vale anche, escluse in questi casi le comunità circostanti ricadenti nelle province, per altri centri medi quali Trapani e Messina e, come già detto, per Agrigento. E, paradossalmente, proprio nel capoluogo agrigentino, dove l´Unione è ai minimi termini come consenso trascinato dai partiti, ecco che riesce a vincere la sfida per il governo della città. Volendo, infine, fare un calcolo complessivo, viene fuori che tra centrodestra e centrosinistra il distacco a favore del primo è di circa quarantamila voti in tutto il territorio regionale. Se consideriamo che i voti validi sono stati in questo turno di ballottaggio 290.346, non è una differenza da poco.

giovedì 24 maggio 2007

Antimafia ruolo associazioni

LA REPUBBLICA PALERMO - GIOVEDÌ, 24 MAGGIO 2007

Pagina I
LA PROPOSTA

Fronte comune delle associazioni per la legalità
FRANCESCO PALAZZO

Un altro 23 maggio di manifestazioni è alle nostre spalle. Parole, cortei, musica, messe, dichiarazioni di esponenti partitici e di figure istituzionali. E poi tutto il resto. Ogni anniversario è come quello dell´anno precedente. Diciamolo francamente, nel campo dell´antimafia niente più sorprende, gli anniversari si rincorrono con parole e azioni sempre uguali a se stesse. Si deve tuttavia ricordare, fare memoria, sappiamo quanto sia importante strappare le vittime all´oblio.
Ma ormai sembra una memoria inchiodata su uno spartito che non riesce più a suonare una musica che davvero costituisca un problema per le mafie. Certo, c´è la confisca e l´utilizzo delle risorse che prima erano mafiose. Tanta gente fa lavoro meritorio in questo campo e sempre più Cosa nostra minaccia e interviene. Ma il sottrarre alla mafia i beni e poi riutilizzare gli stessi per fini sociali, cosa che peraltro si fa con incredibili ritardi e omissioni, è un processo che interviene solo e sempre dopo che il danno è stato fatto. A parte il fatto che, se proprio vogliamo dirla tutta, è davvero risibile il volume di ricchezza che si riesce a togliere al potere mafioso rispetto a quello che già si è consolidato e legalizzato. Bisogna, quindi, intervenire prima. Lasciando stare per un attimo il modo di porsi delle pubbliche istituzioni e dei partiti nei confronti della mafia, è bene concentrarsi su quello che la cosiddetta società civile legata al mondo dell´associazionismo riesce a mettere in campo collettivamente. La somma delle tante, e pur meritorie, azioni singole, rischia di avvicinarsi drammaticamente allo zero. Ognuno va per proprio conto, mai si prospetta la possibilità di una sintesi, di un´azione comune, di momenti programmati di confronto e verifica. Del resto sarebbe pure molto complicato, se non impossibile, mancando un luogo fisico (presente in molte città del resto d´Italia) dove conoscersi e riconoscersi per mettere insieme tutto l´immenso bacino di saperi e pratiche in questi decenni accumulato da tanti. I mafiosi tra loro si conoscono, a volte si combattono e per ora non lo fanno, sono in grado di approntare strategie di media e lunga durata. Viste le ricchezze che hanno accumulato, pare non siano tanto scarsi nel raccogliere i frutti del loro operato. Gli antimafiosi che operano nella società non sono invece capaci di aggregarsi e continuano a dare alle mafie un vantaggio immenso. Capita, talvolta, alle persone che pure operano genericamente nell´ambito di quella che possiamo chiamare genericamente antimafia, di non vedersi per mesi. Quando si parla, nel corso di fugaci e occasionali incontri, si tocca con mano quanto sarebbe importante potere lavorare insieme. E non che nel frattempo ognuno stia con le mani in mano. Si organizza, si commemora, si studia, si marcia, si polemizza. Solo che ciascuno lo fa in solitudine. E non si sente il limite di tutto ciò. In una città come Palermo ogni protagonista dell´antimafia, singolo o collettivo che sia, spesso è polemico con gli altri schierati sullo stesso fronte. Tutto ciò fa comodo al potere mafioso. Di chi è la colpa di questa disgregazione? Forse della tanto vituperata politica? Forse è il destino cinico e baro? Che cosa impedisce all´associazionismo antimafioso palermitano di agire come forte lobby di pressione? Non ci sono colpevoli esterni. Bisogna attrezzarsi per costruire la politica sociale antimafia del prima e non sempre quella repressiva del dopo. Altrimenti, a lungo andare, anche le commemorazioni annuali saranno sempre più sterili. La mafia fa bene il proprio lavoro, l´antimafia che opera nella società dovrebbe fare bene insieme il suo. Solo allora potrà veramente presentare

domenica 20 maggio 2007

Centrosinistra siciliano e patti centrsiti

LA REPUBBLICA PALERMO - DOMENICA, 20 MAGGIO 2007

Pagina I
L´INTERVENTO
Il patto centrista indebolisce il Pd

FRANCESCO PALAZZO

Vi sono tanti modi per leggere in positivo una sconfitta elettorale. In Sicilia il centrosinistra, perdendo spesso, si è specializzato in analisi consolanti a urne aperte. Su Palermo, a esempio, si fanno paragoni con il 2001. C´è stato davvero questo recupero? A prima vista sembrerebbe di sì. L´Unione ha preso 17 punti in più. Tuttavia, questo 37,84 per cento è davvero un´altra cosa rispetto alla prima sconfitta contro Cammarata e compagni? Si può ritenere di no. Perché il numero sia raffrontabile vanno eseguite infatti due sottrazioni. Tolto il 13,57 per cento delle liste orlandiane, cifra elettorale occasionale e perciò già evaporata, si arriva al 24,27 per cento. Non è finita, bisogna togliere quelle piccole liste che non rivedremo più e che non hanno portato grandi consensi. Via un altro 1,3 per cento e arriviamo al 22,97. Volendo, è questo il numero da paragonare al 2001. Allora si arrivò al 20,55. Ci sarebbe un 2,42 per cento di scarto, su cui intavolare discussioni sul miglioramento rispetto al terribile anno. E qualcuno ci prova, non soltanto sotto i fumi stordenti della sconfitta, ma anche dopo alcune notti di sonno ristoratore. Bisogna però dire che, partendo dal rappresentare strutturalmente meno di un quarto dell´elettorato, neanche si fosse candidata Santa Rosalia in persona l´Unione sarebbe riuscita a cavare un ragno dal buco nel capoluogo. Non ci sono ricette miracolistiche per uscire da tutto ciò. Certo, fa specie che il giorno dopo la batosta partano «segnali» di fidanzamento nei confronti dell´Udc e del Movimento per l´autonomia. Ciascuno è libero di immaginare tutti gli accordi possibili. Però, quando fai delle avance da una posizione di forza puoi immaginare di essere al centro del gioco. Quando ti sbilanci da una situazione di debolezza, la cosa migliore che ti può capitare è quella di dirigere il traffico ritenendo che tutte le macchine in circolazione ti appartengano. Ma non è così, a meno di non avventurarsi, ancora una volta, in improbabili letture di avvenimenti elettorali e inaugurando un nuovo genere letterario. Non più sconfitte che cercano di trasformarsi in vittorie, ma vittorie che perdono di vista la politica. È stato fatto ad Agrigento e a Cefalù, che non sono esattamente due piccoli borghi, dove in genere si sperimentano tutti gli incroci possibili. Ad Agrigento, Ds e Udeur, insieme a tre liste civiche, distaccandosi da altri pezzi dell´Unione, hanno sostenuto un uomo sino a ieri nell´Udc e vanno al ballottaggio contro il candidato del centrodestra. Il centrosinistra che va al secondo turno non arriva al 18 per cento, mentre lo schieramento compatto del centrodestra che sostiene l´altro candidato supera il 70 per cento. Non capiamo dunque in che cosa esattamente consista la contentezza di andare al ballottaggio in queste condizioni di forza residuale. Analogo ragionamento si può fare per Cefalù, dove il candidato sostenuto da Ds e Udc ha vinto. Anche in questo caso festeggiamenti, ma in una situazione in cui i Ds, che superano di poco il 9 per cento, per giunta insieme allo Sdi, sono al seguito e non protagonisti, in un´alleanza che vede l´Udc superare pure Forza Italia, obiettivo mancato in tante realtà. Insomma, per il centrosinistra la via per uscire dal collo della bottiglia non può intravedersi minimizzando sconfitte politiche pesanti o brindando dove si è marginali e divisi, anche se vincenti o speranzosi di esserlo tra una settimana grazie ad alleanze improvvisate e spregiudicate. Su tali basi le fondamenta siciliane, già gracilissime, del Partito democratico e della Sinistra europea, non potranno che indebolirsi ancora di più.

sabato 19 maggio 2007

La fiaccolata per Peppino Impastato

Da Terrasini a Cinisi solo "stranieri"
Pubblicato su Centonove del 18 maggio 2007
A ventinove anni dall’omicidio di Giuseppe Impastato, si è svolta mercoledì 9 maggio la solita marcia da quella che fu la sede di radio aut, a Terrasini, alla Casa Memoria di Cinisi, dove ha abitato sino alla morte Felicia, la mamma del militante ucciso dalla mafia. La cosa davvero impressionante, a quasi trent'anni dal fatto, è l’indifferenza degli abitanti dei due paesi. Gli abituali frequentatori del consueto appuntamento annuale, dicono rassegnati che ormai è un fatto scontato, non ci fanno più caso. Anzi, prima dell’uscita del film “I cento passi”, ci raccontano, i partecipanti si erano davvero ridotti a poche decine. Solo sulla scia dell’opera cinematografica si è registrata una certa partecipazione giovanile. L’altro giorno c’erano ragazzi e ragazze di Bergamo, Lecce, Caltanissetta, Catania, ovviamente Palermo, ma neanche uno della zona, o se c’era si nascondeva bene. I pochi adulti del luogo partecipanti sono quelli che hanno conosciuto il militante di Democrazia Proletaria. Oltre c’è il deserto. Persiane che si chiudono come un effetto domino al passaggio della fiaccolata, occhi che spuntano furtivi dagli orifizi delle imposte, una signora chiusa in macchina con la sicura azionata. “Uno, due, tre…..cento passi”, cantano a squarciagola i giovani. Ma quanti passi in avanti sono stati realmente fatti in paesi come Cinisi o Terrasini da quel maggio del 1978? Eppure Palermo, con le sue mobilitazioni e indignazioni pubbliche, sicuramente adesso in ribasso ma sempre covanti sotto la cenere, non è molto lontana. Ancora più vicino è quel pezzo d’autostrada, dalle parti di Capaci, dove, sempre di maggio, quindici anni addietro, Falcone saltò in aria con la moglie e la scorta. “Peppino è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai”, ci mettono tutto il fiato che hanno i giovani presenti. Slogan di forte impatto emotivo. Poi rifletti che è solo un grido di persone che dopo qualche ora saranno lontane. E allora non sai più cosa significa fare baldanzosamente, lontani dalle proprie contrade, la lotta alla mafia al posto di altri che rimangono a casa. Una dirigente del comune di Cinisi sussurra triste che l’indomani sarà un giorno amaro, in ufficio sarà silenziosamente ignorata o visibilmente sfottuta. Non sappiamo se esagera, ci racconta però della figlia che va alla scuola media del paese. Lo scorso anno andava in seconda, è rimasta in classe quasi da sola a difendere Peppino, tutti gli altri compagnetti e compagnette sostenevano che era uno spostato. Ci chiediamo come fanno ad esprimere un giudizio così brutale e ingiusto dei bambini, la risposta potrebbe essere che l’hanno appreso dagli adulti e lo ripetono meccanicamente. “Una mattina mi son svegliato…bella ciao, bella ciao”, con pugni chiusi ormai deposti negli scaffali della storia, i giovani proseguono la loro litania civile. Sono persone sveglie, avvertite, molte di loro scattano foto dappertutto, chissà se guardandole a casa riusciranno a valutare meglio la giornata e a smorzare il loro entusiasmo. “Oggi e sempre resistenza” esce fuori dalle casse. Certo, tuttavia sono passati più di sei decenni da quella lotta di liberazione, forse si dovrebbe contestualizzare un attimino meglio. La concretezza ci viene dal Sindaco di Anzola dell’Emilia in provincia di Bologna, da tre anni presente alla fiaccolata. Hanno dato la cittadinanza onoraria a mamma Felicia e le hanno dedicato un giardino pubblico. Ma non porta solo parole e bei gesti nel percorso che si snoda da Terrasini a Cinisi. Il paese che amministra conta poco più di undicimila anime e registra mille imprese, ossia un’unità produttiva ogni undici abitanti. Ecco il suo biglietto da visita. A lui che sa cos’è stata la resistenza, perché dalle sue parti non è un sentito dire come in Sicilia, preme solo segnalare la solidità economica della città che rappresenta. Per il resto, va dritto e silenzioso con la sua bella fascia tricolore in mezzo al deserto siciliano.

martedì 15 maggio 2007

Comunali Palermo 2007

LA REPUBBLICA MARTEDÌ, 15 MAGGIO 2007
Pagina I
L´ANALISI
Dalla "primavera" a oggi troppe stagioni di sprechi
FRANCESCO PALAZZO

Il risultato delle amministrative palermitane si poteva già registrare domenica mattina facendo un giro davanti ai seggi elettorali nei quartieri periferici della città. Dappertutto pizzini elettorali di candidati del centrodestra, galoppini che invitavano a votare candidati del centrodestra alle circoscrizioni e al Comune. Segni evidenti di forza della macchina elettorale della Cdl. Segni che non devono certo far perdere di vista il risultato che viene fuori dalle urne. Orlando e il suo schieramento denunciano brogli elettorali. E certo nei seggi si saranno verificate criticità. Tuttavia i brogli - a meno di clamorosi esiti delle inevitabili e doverose indagini - non bastano a spiegare il risultato elettorale. Si tratta per l´Unione di una sconfitta che deve indurre a riflessioni approfondite, senza superficialismi o isterie. Come il tentativo di volgere tutto al positivo, facendo un confronto con il risultato disastroso del 2001. Quando i due candidati del centrodestra, Cammarata e Musotto, arrivarono quasi al 75 per cento. I dati definitivi li conosceremo meglio e su essi rifletteremo nelle prossime ore. Quello di cui già abbiamo contezza va detto. Intanto si può sottolineare che questa sconfitta parte da lontano. E cioè dalla capacità del centrosinistra di buttare al vento quell´onda gigantesca di consenso che, dal 1993 al 2000, gli consentì di governare Palermo con numeri bulgari. Il capitale di quella stagione è stato dilapidato. Si diceva in campagna elettorale che dalla "primavera" si sarebbe passati all´estate dopo l´inverno del centrodestra. In realtà, la brutta stagione è iniziata quando, nel 2001, il centrosinistra non pose le pur minime basi per non interrompere bruscamente la stagione degli anni Novanta. Leoluca Orlando, che va ringraziato per aver dato ai palermitani una concreta alternativa di scelta, aveva promesso di riaprire, se vincente, quel portone di Palazzo delle Aquile, rimasto a suo giudizio chiuso durante la legislatura passata. Ma quel portone si era già chiuso da tempo e il lucchetto lo aveva proprio messo il centrosinistra sbattendo fortemente la porta del passato, così pregiudicandosi il futuro. Se vuole trovare la combinazione per riaprire quell´ingresso, l´Unione deve essere capace di inaugurare una stagione profondamente diversa. Sul risultato elettorale, pare che la coalizione di centrosinistra possa sfiorare il 40 per cento, ossia un dato che alla vigilia era ritenuto una soglia più che accettabile. Tuttavia è quasi certo che una parte consistente di tale consenso sia da attribuire alle liste che Leoluca Orlando ha messo in pista, le quali si attesterebbero intorno (con Italia dei valori) al 16 per cento. Se così fosse i partiti «storici» dell´Unione, non arrivando neanche al 25 per cento, confermerebbero la forte anemicità strutturale che li caratterizza da tempo e dalla quale non accennano a guarire. Il voto disgiunto, apparentemente, pare attestarsi intorno al 6 per cento, di poco superiore a quello che premiò la Borsellino alle regionali del 2006 e leggermente sotto di quello che lo stesso Orlando ottenne alla regionali del 2001. Va tuttavia sottolineato che anche le liste messe in campo dallo stesso Orlando sono da conteggiare come un valore aggiunto comparabile al voto disgiunto. Sintetizzando, si può dunque affermare che Orlando ha avuto un´eccellente affermazione, donando con le liste circa sedici punti al suo schieramento e togliendo sei punti al suo avversario. Un´enormità. Per ciò che riguarda Diego Cammarata, egli alla vigilia era accreditato, da parte di ambienti vicini al centrodestra, di un risultato di poco superiore al 50 per cento, dunque vicino al rischio ballottaggio che l´avrebbe visto quasi sicuramente soccombente. Invece l´elettorato palermitano ha espresso un sostanziale assenso verso l´amministrazione uscente. La distanza a favore del concorrente della Casa delle libertà, mediamente nove punti netti, e quella ancor più ampia che divide i due schieramenti, circa venti punti, non lasciano spazio ai soliti distinguo del giorno dopo. Peraltro, pare che lo stesso Orlando sia stato battuto da Cammarata proprio nei quartieri popolari, dove sembrava che il primo andasse a vele spiegate. Gestire una vittoria è assai più semplice che amministrare una sconfitta. Quest´ultimo è il compito arduo che attende il centrosinistra. Ci vorrà del tempo per leccarsi le ferite, questa sconfitta per i partiti dell´Unione pesa forse più di quella del 2001. C´è da augurarsi che l´Unione prosegua con speditezza nella costruzione dei due poli, Partito democratico e Sinistra europea, in grado di costituire una doppia forza d´attrazione capace di trovare la via per non soccombere sistematicamente sotto i colpi del centrodestra siciliano. Non più però guardando al passato, seppure glorioso, ma cercando di aprire nuove strade, con nuove biografie e una rinnovata comprensione della società palermitana.

lunedì 14 maggio 2007

Voto a Palermo: come potrebbe andare

LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO, 12 MAGGIO 2007

Pagina I

L´ANALISI

La variabile popolare nella partita delle liste
FRANCESCO PALAZZO

Tecnicamente il giorno che precede le elezioni è il momento della riflessione e del silenzio, prima che il corpo elettorale decida come comportarsi alle urne. Ma è anche la giornata in cui più convulse si succedono le telefonate, gli sms, le mail e gli incontri. Nel tentativo di tirare su la rete del consenso lanciata - in modo più o meno legittimo - nelle settimane precedenti. Per chi ha puntato sulla compravendita del voto - l´indagine della Digos è in corso e ne sapremo presto i risultati - è facile immaginare che oggi è il momento dell´ultimo richiamo, o magari quello dei pagamenti, della messa a punto dei meccanismi pur collaudati del controllo delle schede. Dopo la defezione televisiva di Cammarata lo si può dire ufficialmente: questa campagna elettorale nel capoluogo si è svolta senza confronti diretti tra i due candidati maggiori, né tantomeno sono stati affrontati in un qualunque contraddittorio i temi cruciali che ancora attanagliano Palermo. Sono prevalse le accuse e le invettive. Sembra che per questa città, o forse per la Sicilia tutta, le tornate elettorali debbano sempre essere uno scontro quasi tribale tra il bene e il male. Non c´è spazio per altro. Non c´è stata neanche una pur formale legittimazione reciproca tra Orlando e Cammarata, come avviene in tutte le democrazie mature. C´è da credere che difficilmente vi sarà il classico scambio di telefonate distensivo tra il perdente e il vincitore. Perché alla fine ci sarà un perdente e un vincitore. E Palermo riprenderà a vivere la sua problematica quotidianità. Per tornare all´agone elettorale, in questo momento, pare si vivano in due modi contrapposti le ultime ore nel centrosinistra e nel centrodestra. Nell´Unione circola un certo ottimismo. E molti si dicono convinti che si vada al ballottaggio. Se il candidato a sindaco dell´Unione vuole essere competitivo deve attestarsi attorno al 48 per cento, cioè prendere sette o otto punti in più del miglior risultato della sua coalizione, atteso intorno al 40-41 per cento. Il voto disgiunto - basandosi sui precedenti «storici» - può anche arrivare a lambire i sette punti in più per il candidato del centrosinistra. Dalle parti del centrodestra ci sarebbe invece viva preoccupazione, non tanto per il risultato delle liste, che appare scontato con la vittoria della Cdl, ma per quello del candidato sindaco. Diego Cammarata, anche se non ce la farà a passare al primo turno, dovrebbe attestarsi non al di sotto del 49 per cento, ossia prendere sette punti in meno rispetto al risultato meno favorevole della sua coalizione, che viene stimato attorno al 56 per cento. Per esperienza di precedenti elezioni, sappiamo che lo scostamento al negativo di un candidato del centrodestra, rispetto alle liste che lo sostengono, può andare, anche se di poco, oltre gli otto punti. Se questo è lo scenario la disputa è sul filo di lana. Un secondo schema, forse più realistico, potrebbe portare l´Unione a rimanere dentro la forbice che va da 37 al 39 per cento, mentre la coalizione di centrodestra potrebbe muoversi tra il 58 e il 59 per cento. In tal caso a Orlando, per arrivare alla soglia competitiva del 48 per cento, occorrerebbero mediamente 10 punti netti in più. E Cammarata, per scendere sotto il 50, dovrebbe perderne mediamente altrettanti. Cosa non impossibile ma più complicata. Questo scenario statistico, chiamiamolo così, non tiene tuttavia conto del fatto che nelle elezioni fanno talvolta irruzione eventi inattesi. E in questo caso l´elemento difficilmente valutabile, che in qualche modo potrebbe far saltare il banco, è proprio il candidato Orlando, visto ancora soprattutto tra le fasce popolari come il sindaco di Palermo. In questi mesi Orlando si è mosso fuori dai partiti che lo sostengono e viene percepito, da sinistra a destra, come un valore aggiunto, nelle condizioni di determinare sorprese in grado di sgretolare tutti i dati consolidati. Vedremo, a urne aperte e a voti contati uno per uno, se è corretta l´impressione di coloro che ritengono aperta la partita o se sono nel giusto quanti pensano di non dovere registrare sostanziali novità rispetto al recente passato.

Voto nelle circoscrizioni

Pubblicato sul numero di maggio della Rivista Maredolce

Francesco Palazzo

Il 13 e 14 maggio si voterà a Palermo. Si eleggeranno il sindaco e i consiglieri comunali. Si rinnoveranno pure i consigli circoscrizionali, un tempo consigli di quartiere. Come si sa, dai venticinque piccoli parlamenti si è passati alle attuali otto porzioni di territorio che dovrebbero assicurare il decentramento. Decentrare, in questo caso, dovrebbe coincidere con l’avvicinare l’istituzione comunale ai cittadini, con conseguente accrescimento di partecipazione e di pronta soluzione dei problemi specifici che ogni fetta di territorio cittadino presenta. Ma nel corso degli anni non si è mai dato corpo a queste strutture intermedie. Attualmente le circoscrizioni non hanno sostanzialmente nessun potere, né in termini di possibilità di spesa, né in termini di deleghe, cioè di tematiche su cui lavorare autonomamente senza dovere chiedere favori quando si tratta di aggiustare un marciapiede o riattivare un lampione spento. E’ opinione diffusa che, così come attualmente sono strutturati, i consigli circoscrizionali servono a poco, se non a spendere soldi pubblici, e non pochi, per il loro funzionamento. Il Comune di Agrigento ha afferrato il toro per le corna, con una delibera votata dal consiglio comunale ha recentemente cancellato le cinque circoscrizioni esistenti. A maggio, pertanto, gli agrigentini non voteranno per le circoscrizioni. Fuori dalla nostra regione, città come Roma sono andate avanti, istituendo le municipalità, veri e propri comuni dentro la città, in grado di funzionare perfettamente come la struttura amministrativa centrale. A Palermo, come dicevamo, invece si andrà al voto per le circoscrizioni senza poteri. E nella seconda, quindi quella in cui ricade l’azione informativa di questo giornale, ogni cittadino e ogni cittadina in possesso dei requisiti, cioè il corpo elettorale, dovrà scegliere, tra centinaia di facce, quella verso cui indirizzare la propria preziosa preferenza unica. Compito non facile. Se a livello comunale le pressioni che si riceveranno saranno grandi, in ambito rionale la caccia al voto assume dimensioni quasi familiari, essendoci in quasi tutti i nuclei di parentela almeno un candidato o una candidata. Come orientarsi? Innanzitutto, si dovrebbe valutare la possibilità, da non considerare mai remota in qualsiasi consultazione elettorale, di un impegno in prima persona nello schieramento più vicino alle proprie idee politiche e all’interno della lista che più direttamente si percepisce prossima al proprio modo di intendere la vita pubblica. Questo aspetto è molto importante. La politica si vive spesso assegnando deleghe in bianco a gente che vediamo solo per il voto e poi mai più. Dobbiamo sempre aver presente che le elezioni non sono soltanto l’esercizio legittimo del voto, ma possono rivelarsi anche un momento in cui assumersi una responsabilità personale e diretta. Se scartiamo tale ipotesi, non possiamo che orientarci verso uno dei tantissimi candidati in campo nella circoscrizione. I criteri di scelta possono essere diversi. Mettiamo in evidenza quelli che, a nostro avviso, sono i più importanti. Per cominciare, non bisognerebbe nemmeno lontanamente considerare coloro che hanno avuto o intrattengono dei rapporti con la mafia, oppure che frequentano senza problemi persone legate a quel mondo. E non solamente per un ragionamento etico, già in sé molto importante. Ma perché non conviene essere governati da eletti che non fanno gli interessi di tutti, ma quelli delle cosche mafiose che li hanno assoldati e alle quali rispondono in ogni parola e in ogni gesto politico che compiono. Poi, non sono molto appetibili i candidati e le candidate che vi promettono qualcosa di personale, tipo un posto di lavoro, un sussidio una tantum, una banconota di cento euro o altre cosette di questo tipo. Perché anche in questo caso, prescindendo dal fatto che quasi sempre si tratta di promesse fondate sul nulla e che valgono sino al giorno del voto, non c’è convenienza, queste persone infatti non lavorano per l’interesse di tutti, ma solo per favorire pochi. Solo se si lavora per l’interesse collettivo c’è possibilità per tutti. A cominciare dai giovani, i quali, pur studiando con impegno e raggiungendo spesso titoli di studio prestigiosi, sono poi costretti ad andare via dalla Sicilia per trovare un lavoro dignitoso. C’è un altro criterio, che riguarda chi si ricandida. Bisogna chiedere a questi soggetti cosa hanno fatto nei cinque anni precedenti per il territorio della circoscrizione e quali azioni politiche abbiano intrapreso per chiedere con forza, e non solo con i lamenti, una modifica strutturale delle circoscrizioni stesse. Se hanno fatto poco o niente è meglio indirizzare altrove il voto. Ma anche per quelli che si presentano per la prima volta, occorre informarsi della loro vita, chi sono, cosa hanno fatto, perché si candidano. Inoltre, poiché tutti i candidati nelle circoscrizioni appoggiano almeno una candidatura al consiglio comunale, bisogna capire chi sono questi loro referenti cittadini. Senza dimenticare che, pur votando per la persona a livello di quartiere, bisogna avere presente il quadro complessivo della città. E allora, se si voterà per il candidato a sindaco di una determinata parte politica, occorrerà anche preoccuparsi, nei limiti del possibile, di muoversi coerentemente con tale scelta. A questo punto i nostri lettori si chiederanno perché ci accaloriamo tanto per un voto responsabile nelle circoscrizioni se poi sono inutili. Ed è qui che scatta il criterio più importante per orientarsi. Si dovrebbero premiare quelle persone e quella coalizione che più seriamente s’impegneranno, con progetti concreti già in mano, nel trasformare le circoscrizioni da insignificanti, come attualmente sono, a utili, come dovrebbero diventare per migliorare la vita di tutti. E questo è forse l’aspetto più complesso della questione. In quanto tutti, candidati a sindaco, al consiglio comunale e alle circoscrizioni, diranno che certamente si prodigheranno per fare diventare i consigli circoscrizionali degli organismi rappresentativi veri. L’unica strada è informarsi bene per formarsi un’opinione precisa sull’argomento. In modo da poter capire chi vuole fare sul serio e chi intende continuare a perdere tempo su questa fondamentale questione della vita di una città come Palermo.

martedì 8 maggio 2007

Leoluca Orlando al Palasport

LA REPUBBLICA PALERMO - MARTEDÌ, 08 MAGGIO 2007

FACCE NUOVE ALL´ORLANDO DAY

FRANCESCO PALAZZO

Al comizio di Leoluca Orlando domenica al palasport non era possibile avere bandiere di parte. Quelle poche che sventolavano poco prima dell´inizio poi sono scomparse, essendo presenti anche elettori della Casa delle libertà. Un palco pieno di uomini con qualche spruzzo di rosa ha accolto il candidato sindaco del centrosinistra. Segretari di partito muti, sorridenti e applaudenti, facevano corona, insieme ai candidati, all´oratore unico. Il pubblico ha interrotto numerose volte Orlando durante il suo appassionato intervento. Non c´è più il clima delle due tornate elettorali cittadine degli anni Novanta, che videro Orlando trionfare nel 1993 e nel 1997. Molte facce sono scomparse, c´è stato un ricambio: uno spostamento - si dice - verso le fasce popolari della città. I ragionamenti innovativi non mancano. Come quello di adottare una politica policentrica che metta in primo piano non solo il centro storico conosciuto, ma anche quelli dei quartieri periferici. Chiedendo in giro si ricavano timide o baldanzose speranze. La speranza di andare al ballottaggio e quella, molto meno gettonata, di una vittoria al primo turno. L´analista dei voti vicino a Orlando ci mostra delle tabelle, dallo studio delle quali, dice, si evince che si va certamente al secondo turno. Enzo fa il farmacista, prevede una buon risultato di Orlando ma non una vittoria, dalla sua postazione continua a registrare una massiccia tendenza verso il centrodestra. Un esponente dell´Arciragazzi è convinto che vi siano sacche di trenta o quarantamila voti che possono essere comprate all´ultimo momento. Lamenta anche un clientelismo dalle parti del centrosinistra. Pare che molti propongano la creazione di cooperative per la raccolta di cartone. In ogni caso si augura di avere una coalizione unita, capace di portare avanti un progetto anche in caso di sconfitta. C´è Mariella, un´impiegata comunale, che è molto preoccupata, spera soltanto in uno scatto d´orgoglio della parte migliore della città. Un candidato della Margherita al consiglio comunale ci racconta che a Brancaccio un voto si vende a 50 euro, lì le parrocchie hanno avuto molto e sarà molto difficile arrivare al ballottaggio. Un rappresentante di un´associazione del centro storico, con una smorfia dolorosa, rivela che all´inizio era più fiducioso, adesso teme una sconfitta. Una candidata di Italia dei valori riferisce che alla Marinella i prezzi sono un po´ più alti di Brancaccio, evidentemente trattasi di una piazza difficile. Un voto costa 75 euro. Lei si dichiara convinta del fatto che gli elettori prendono i soldi e poi votano con la loro testa. Sarà. Una commerciante ci presenta suo genero, candidato nella lista di Italia dei valori e banconista nella salumeria di un grande magazzino. La sua analisi atterra su una vittoria secca dell´Unione a primo turno su tutta la linea. Un candidato al Comune della lista Udeur lamenta il fatto che in città si vedono solo facce del centrodestra, pensa sia dovuto al fatto che l´Unione sta spendendo pochi soldi per la pubblicità elettorale. Per Simona e Marco, due esponenti di Addiopizzo, il confronto è alla pari, ma dall´altra parte ci sono più soldi e questi alla fine saranno decisivi. Uno della lista Orlando ritiene impossibile un ballottaggio, chi vincerà lo farà al primo turno. In generale le persone meno politicizzate si lasciano trasportare dal sentimento speranzoso, quelle più navigate guardano a quanto realmente può accadere. Dappertutto si raccolgono risposte sulla frase provocatoria di Berlusconi, che il giorno prima ha definito infermi mentali quanti non voteranno Cammarata. Con la sanità che abbiamo, vallo a trovare, sussurra Anna, un posto per ricoverare tutti.

lunedì 7 maggio 2007

Scontrino fiscale come conquista civica

LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO, 05 MAGGIO 2007

Odissea del consumatore dal barbiere al pollivendolo

Se il commerciante si offende alla richiesta dello scontrino

FRANCESCO PALAZZO

Forse è la reazione irrazionale alla possibile chiusura degli esercizi commerciali nei casi di infrazioni. Certo è che farsi rilasciare lo scontrino fiscale o una ricevuta di pagamento a Palermo è diventato davvero arduo. O meglio, se chiedi poi ottieni. Ma se va bene devi sopportare l´occhiataccia di certi esercenti. Se va male devi pagare di più perché in nero non si calcola l´Iva. È il ragionamento di un meccanico che ha rimesso a nuovo un´auto. Un venditore di polli allo spiedo, già arrivato a dieci euro alla faccia dell´influenza aviaria, utilizza un metodo niente male. Lo scontrino effettivamente esce dalla cassa, ma quasi sempre rimane lì svettante, lui dà soltanto un pezzo di carta con la quantità di ciò che ti spetta. Per molti parrucchieri per signora è prassi rilasciare una ricevuta di importo molto inferiore alla spesa effettiva. Dal barbiere la cosa può ripetersi, in modo leggermente più fastidioso, essendo quello un luogo dove si va pure per rilassarsi un attimo. Dopo la classica spazzolata finale, il capo cerca di capire che tipo sei e mentre da il resto si prepara a ogni evenienza. Quando dici la frase, per favore la ricevuta, ecco che improvvisamente si ricorda, con un plateale gesto che mima una dimenticanza occasionale. In due secondi ottieni ciò che hai chiesto. Insieme ai silenziosi insulti che il nostro artigiano del capello ti starà certo indirizzando e che ti pare di sentire in stereofonia. Anche in certe pescherie non si sfugge al giochetto. Scegli ciò che desideri, gentilmente il pescivendolo incarta, ti pare che tutto fili liscio. Ma al momento di incassare devi «ricordargli» che l´operazione si può dire conclusa con una piccola aggiunta di buona volontà da parte sua. Ti accontenta senz´altro, ma quando giri le spalle ti porti dietro uno strano sguardo gelido che ti fa sentire un verme e che ti accompagnerà sino a sera. E dei bar, cosa possiamo dire? Ne conosciamo uno dove in certi momenti della giornata, quando c´è poca gente e tutto è sotto controllo, il cassiere chiama le ordinazioni senza impegnare più di tanto la cassa, prende i soldi e avverte in viva voce che hai pagato ciò che stai mangiando e che hai diritto al caffè. Ti soffermi un attimo, neanche parli perché hai la bocca impegnata con il cornetto, guardi con compassione, lui capisce e sgancia l´agognato pizzino. Anche nel campo della ristorazione con servizio ai tavoli si può allestire una certa rispettabile casistica. Qualche giorno addietro all´uscita dal Massimo, nelle vie adiacenti, si è consumato il rito del kebap. Al momento del conto ti si presenta il classico anonimo foglio di carta sventolato dal ragazzo impegnato in sala. Ogni volta la solita, e quasi isolata, richiesta del documento ufficiale, che in genere arriva dopo minuti di incomprensibile attesa. In questo caso c´è stata una variante sul tema. «Se vuole lo scontrino vada alla cassa». Al nostro perché, nessuna risposta: in fondo non stiamo chiedendo i documenti a nessuno. Dall´esigua coda che umilmente attende, capisci che il gestore a uno a uno vuole conoscerli quei pochi screanzati che non hanno la serietà civica di uniformarsi al comportamento della massa, che paga senza fare tante storie. L´elenco potrebbe essere lungo, ma qui ci fermiamo. Dicendo che non si vuole fare di tutta l´erba un fascio, tanti commercianti si comportano bene. Tuttavia il gruppo dei furbi è bello grosso. Ed è anche difeso, non tanto per l´evasione sfacciata che tende a umiliare chi acquista, ma per gli aumenti sconsiderati dei prezzi seguiti all´introduzione dell´euro. Che è poi l´altra faccia della medaglia, in cui a perderci è sempre chi consuma. Qualche settimana addietro, in una dichiarazione televisiva, un esponente cittadino della categoria degli esercenti, giustificava la forte lievitazione dei prezzi al consumo con il fatto che è alla filiera, cioè nel percorso che dal produttore porta al venditore, che si determinano gli aumenti spropositati. E quando c´era la lira, avremmo chiesto, perché gli importi delle merci al consumo non aumentavano in maniera così galoppante? Ma i giornalisti, si sa, spesso non fanno la seconda domanda, si perde troppo tempo.

Don Puglisi e Don Diana

Giornale Centonove del 4 maggio 2007

La fede contro la mafia

Francesco Palazzo

Si chiamavano tutti e due Giuseppe, il primo inteso Pino o 3P, il secondo Peppe. Il primo di cognome faceva Puglisi, il secondo Diana. Erano due sacerdoti del sud, di generazioni diverse e di regioni diverse. Quando morì, don Puglisi aveva cinquantasei anni, don Diana trentasei. Tutti e due uccisi, il primo dalla mafia, l’altro dalla camorra. Il parroco palermitano di Brancaccio nel giorno del suo compleanno, il 15 settembre 1993, il sacerdote di Casal di Principe nella giornata del suo onomastico, il 19 marzo 1994. Sul sacerdote campano è uscito per i tipi delle Paoline (€ 12 – pagg. 203) un libro di Rosario Giuè , “Il costo della memoria – Don Peppe Diana il prete ucciso della camorra”. Un lavoro da cui emerge la figura di don Diana, un uomo che ha combattuto la camorra e che per questo è stato ucciso. Questa potrebbe sembrare un’ovvietà. Così non è stato nel corso delle vicende processuali, descritte negli ultimi capitoli. E proprio da qui partiamo per leggere parallelamente le due biografie. Nel processo di primo grado, Don Diana è descritto come un soggetto che sì ha combattuto la camorra, ma che per ingenuità si è trovato a custodire un carico d’armi di uno dei due clan che si contendevano, agli inizi degli anni novanta, il potere camorristico nella zona. Un fatto non provato, che poi sarà smontato in appello e in cassazione, ma che negli anni ha gettato una coltre d’opacità sul giovane prete. Nel caso di Puglisi, invece, è emersa sin da subito nelle aule di tribunale il suo spessore di pastore. Tuttavia, a ben conoscere i fatti, anche per don Pino si tentò di mettere in giro voci su vicende passionali o peggio, che fortunatamente non trovarono terreno fertile. La stessa cosca di Brancaccio volle far apparire l’assassinio come un fatto non riconducibile a sé. Per questo utilizzò il silenziatore, un’arma con un calibro diverso rispetto al solito e tentò di fare apparire l’agguato come la degenerazione di uno scippo. Se in Sicilia fu semplice capire di cosa si trattava, forse fu determinato dal fatto che nella nostra regione, a differenza che in Campania, si era tristemente abituati a delitti di un certo tipo. Dal lavoro di Giuè si rintraccia l’atteggiamento della chiesa nei confronti della giustizia, uguale a quello tenuto per Puglisi. In un caso come nell’altro non si è costituita parte civile, avanzando la tesi che solo ai fatti di fede è interessata. L’autore ricorda che la chiesa, quando si tratta di difendersi in sede giudiziaria per fare valere quelle che ritiene le proprie ragioni su argomenti di carattere economico, non esita ad adire le vie legali. Sulle posizioni assunte dalla chiesa, Giuè stesso rammenta con disappunto il diverso trattamento questa volta attribuito da una parte a Puglisi, di cui si persegue con convinzione la beatificazione, e dall’altra a Diana, sostanzialmente dimenticato dalla chiesa, prima e dopo i processi. Probabilmente, ci pare ipotizzi Giuè, in questo comportamento opposto ha influito l’essere in qualche modo critico nei confronti della sua stessa chiesa di Don Diana e, al contrario, la dimensione più “canonica” di don Puglisi. Un altro dato parallelo che riguarda le due vicende è il ruolo di coloro che materialmente portarono a termine gli omicidi. In entrambi i casi ci troviamo di fronte a due collaboratori di giustizia. Ma qui le somiglianze si fermano. Il killer reo confesso di Puglisi, con la sua testimonianza, ha contribuito a rafforzare l’immagine positiva del parroco palermitano, oltre che svelare il contesto del fatto delittuoso. Invece, quello che la cassazione indica come l’esecutore materiale dell’omicidio di don Diana, ha contribuito in prima persona a distorcere in negativo la sua immagine. Non ammettendo direttamente, peraltro, il ruolo centrale avuto nell’azione di morte, che solo la giustizia ha infine sanzionato. L’autore del libro smonta un luogo comune, ossia che le sentenze non si commentano. Invece, proprio la lettura critica delle motivazioni della sentenza di primo grado, che prende per buono il ruolo incerto di Diana, fa venire fuori le contraddizioni delle stessa, poi capovolte in appello e in cassazione. Da dove viene fuori tutta la dimensione anticamorra del parroco napoletano. Con una differenza sostanziale rispetto al percorso di Puglisi. Dove quest’ultimo è sostanzialmente isolato nel territorio in cui si muove, non trovando (e forse non cercando) la collaborazione degli altri parroci delle parrocchie vicine, don Diana invece cerca (e trova) una complicità dei suoi confratelli. Sul sacerdote campano tante cose si potrebbero ancora dire, chi vorrà potrà approfondirne la conoscenza leggendo di persona il lavoro davvero interessante e ben scritto di Giuè. Noi, proseguendo, in questo viaggio parallelo, altri tre aspetti. Il primo. Le dinamiche mafiose che portano ai due crimini sono diverse. Nel caso di Pino Puglisi la cosca di Brancaccio si muove senza altri fini, vuole stroncare definitivamente l’operato del parroco e dare una lezione alla chiesa italiana dopo il grido contro la mafia di Giovanni Paolo II del maggio 1993 ad Agrigento. Per don Diana la cassazione ha definitivamente stabilito che il parroco viene eliminato nell’ambito della lotta tra le due cosche che in quel momento si contendono il governo criminale di Casal di Principe. Il clan perdente progetta ed esegue l’omicidio di un parroco impegnato tenacemente a combattere la camorra per creare problemi d’ordine pubblico al gruppo criminale egemone. Un altro tema parallelo riguarda le testimonianze successive al delitto. A Casal di Principe coloro che hanno visto testimoniano senza difficoltà e danno un aiuto decisivo alle indagini, soprattutto nell’individuazione dell’esecutore materiale. A Palermo, considerato che l’omicidio è avvenuto in una zona popolare e in una serata calda di metà settembre, non sono mai giunte testimonianze oculari decisive. L’ultimo accostamento sono i luoghi diversi dove sono stati commessi i due omicidi. Don Diana è ucciso dentro la sua chiesa. Con Puglisi Cosa nostra non è entrata nel tempio. Ha preferito inondare di sangue un marciapiede qualunque di un’anonima e problematica periferia palermitana.

mercoledì 2 maggio 2007

Quella ragazza dello ZEN che parla alla politica

LA REPUBBLICA PALERMO - MARTEDÌ, 01 MAGGIO 2007

L´ANALISI

Quella baby lucciola parla alla politica
FRANCESCO PALAZZO

La vicenda della ragazzina dello Zen costretta a prostituirsi, che pare allargarsi ad altri uomini e ad altre giovanissime obbligate a vendersi, più che motivarci a esprimere inutili sanzioni morali, ci interroga amaramente sullo stato in cui versano le periferie più disagiate e i rioni popolari di Palermo. Con una premessa, utile a constatare un disarmante dato di fatto. Forse ci è sfuggito qualcosa. Ma, a fronte di una notizia per giorni in bella evidenza sui mezzi d´informazione, non ci pare che i candidati e le candidate alle prossime amministrative palermitane abbiano sentito il bisogno di dire qualcosa, di sinistra o di destra non importa, di recarsi sul luogo, di prospettare un seppur discutibile ventaglio di soluzioni a tale stato di degrado. Che non ricade soltanto sulle persone invischiate nel drammatico fatto di cronaca, ma investe pesantemente tutta la comunità cittadina. E ci dice, innanzitutto, dell´abbandono, ammesso che vi sia mai stato un vero interessamento, di certe periferie e dei quartieri popolari da parte della politica. Porzioni consistenti di territorio ridotti a non luoghi, dove tutto può accadere. Possiamo raccontarcela in tanti modi, sappiamo però bene che la mala politica, talvolta stretta parente della criminalità organizzata, trova in quei posti inesauribili stazioni di facile rifornimento. Allora è corretto condannare la borghesia mafiosa e chiamare a raccolta la borghesia antimafiosa. È giusto affermare che alla mafia vanno tolti i soldi e i patrimoni, cosa che peraltro si fa con incertezze e ritardi incredibili. Ma sino a quando non si comincerà a togliere a Cosa nostra e alla mala politica la più importante ricchezza in loro possesso, ossia l´infinito esercito umano disposto a sostenerle nei non luoghi senza diritti, avremo tempo di parlarci addosso. In tal senso, una ragazzina che dona il suo corpo senza amore ci dice molto di più di quanto siamo disposti ad ammettere. Probabilmente si archivierà il tutto come un problema di ordinaria o straordinaria cattiveria umana. I candidati in corsa per il Comune, nelle ultime e decisive settimane di campagna elettorale, serreranno i ranghi, con più forza continueranno a battere tutte le vie non illuminate dai bagliori del centro città per chiedere voti. Sanno che in quelle zone sta la vera cassaforte del consenso, è lì che si vince o si perde. Moltissimi, certo non tutti, se ne usciranno candidi come gigli, scrollando i calzari pieni di polvere o sporchi di fango. Tanto, finché certe zone rimarranno deserti umani, culturali ed economici, per tanti sarà sempre possibile ripetere l´operazione comprando il consenso. Dare in cambio denaro o illusioni, o tutte e due le cose insieme, in fondo è lo stesso.Chissà cosa ne sarà di quella ragazzina quattordicenne non appena si saranno spente le luci dei riflettori. Chissà quale sarà il futuro della giovane madre se davvero è stata lei a venderla per pochi euro. Se ha agito così, prima ancora di fare violenza sulla figlia l´ha fatta a se stessa. Prescindendo dal caso specifico, in un mondo dove l´unica cosa che veramente ti appartiene è il tuo corpo o quello degli affetti più cari, non ti rimane altro da mettere all´asta, anche se si tratta del tuo sangue. Comportamento colpevole, certo, così come le azioni delle belve di sesso maschile pronte ad approfittarne. Tuttavia, non sono meno responsabili coloro i quali, senza sporcarsi le mani, hanno lasciato che una ragazzina arrivasse a quattordici anni senza offrirle una sola pur piccola possibilità di crescere in un luogo dignitoso e libero da ricatti e paure.Ci diranno che le persone devono avere anche la capacità di liberarsi dalle catene, senza farsi complici di quanti vogliono usarne i corpi e le coscienze. Perché anche questo accade, e va detto senza buonismi. Quando verrà quel giorno, la nostra regione sarà molto diversa. Il fatto è che mentre i compratori della carne sono, tutto sommato, facilmente individuabili, i cinici accaparratori di futuro non hanno tute da meccanico ma cravatte e vestiti costosi. Da loro è veramente difficile difendersi. Soprattutto se sei poco più di una bambina e davanti hai una vita che potrebbe essere bellissima. E invece è già un immenso baratro di dolore, dal quale sarà molto arduo risalire per vedere la luce del sole.