giovedì 6 aprile 2017

La chiesa di Palermo, l'autonomia di giudizio dei fedeli e il dissenso nell'era di Papa Bergoglio.

La Repubblica Palermo 
5 aprile 2017 - Pag. I
Ma l'innovazione accetta il dissenso
Francesco Palazzo

Che il rinnovamento di papa Francesco sia un fatto vero, lo dimostrano le opposizioni al suo operato che da Roma si riflettono sulle periferie d’Italia e del mondo. Chi guarda, come me, la Chiesa da fuori, non può non essere dalla sua parte apprezzando le sue scelte. Anche quella che vede don Corrado Lorefice, dal dicembre 2015, guida della diocesi palermitana e della Chiesa siciliana.Ero in piazza Pretoria quando il nuovo vescovo, nel discorso rivolto alla città, citava non la Bibbia ma l’articolo 3 della Costituzione. Quello dell’uguaglianza formale e sostanziale davanti alla legge di tutti i cittadini. È trascorso quasi un anno e mezzo, e, pur apprezzando il profilo del nuovo arcivescovo su aspetti ancora da approfondire con gesti e norme più chiari, ci troviamo improvvisamente a fare i conti con quello che è, vista l’importanza che dalla plancia di comando della diocesi attribuiscono alla questione, il duplice atto più importante partito dalla cattedra di San Mamiliano. Ossia i due decreti aventi per oggetto la venuta in città di un veggente e la rimozione di un prete da una parrocchia. Nel leggere i provvedimenti si ha come una sensazione di straniamento, seppure comprendendo le ragioni che hanno portato a formularli. Per quanto riguarda il veggente, si dispone che i presbiteri non partecipino a iniziative di questo tipo se non approvate dal vescovo, e che i parroci prescrivano agli stessi fedeli di non parteciparvi. Non riconoscendo, se l’interpretazione del doppio ammonimento non è troppo fuorviante, e sono pronto a ridiscuterne se convinto del contrario, sia ai prelati che ai fedeli, i quali ultimi non sono legati da nessun vincolo di obbedienza al proprio vescovo, un’autonoma capacità di discernimento. Ciò nel 2017, non nel 1950, quando con i nostri smartphone possiamo vedere tutto in pochi secondi e formarci autonomi giudizi. Chi scrive ritiene non conducenti nelle questioni di fede gli apporti di veggenti e roba varia. Ma qua discutiamo di altro. Della libertà di accedere liberamente a certe pratiche, senza essere interdetti, e della ancora più fondamentale opzione di potere sbagliare come persone dotate di intelletto. Perché, se per caso si ritenesse il cosiddetto popolo di Dio non in grado di padroneggiare tali aspetti della spiritualità, tanto da avere bisogno di autorizzazioni, ci si dovrebbe domandare che tipo di Chiesa abbiamo davanti.Questo aspetto è legato anche al secondo provvedimento. La vicenda è nota. Si rimuove un parroco perché indurrebbe presso i fedeli, evidentemente ritenuti non in grado di intendere e volere, e qua siamo al punto di prima, credulità a buon mercato. Ma lo si mette in discussione, soprattutto, perché sostiene posizioni in aperto contrasto con quella che è la linea inaugurata dal pontefice. Su quest’ultimo aspetto si possono porre due punti di domanda. E’ lecito all’interno della Chiesa avere posizioni differenti? Seguendo i canoni misericordiosi dell’attuale successore di Pietro, dobbiamo rispondere di sì. E lo facciamo per una questione non di merito, che lasciamo ai teologi, ma di metodo. Quando a una chiesa conservatrice del passato si opponevano gli innovatori che adesso hanno trovato il loro momento, speriamo non passeggero, sotto il magistero di Francesco, sovente si riducevano al silenzio e all’obbedienza. Non andava bene prima tale modo di fare e, se dobbiamo difendere i principi sempre, non va bene, a maggior ragione, adesso. L’altro punto di domanda riguarda la diocesi e il contributo che può dare alla vita delle comunità civili. Ma proprio la chiesa del palermitano ha in questo momento come primo problema quello dei veggenti e delle opzioni scismatiche, o presunte tali? Era così necessario spendere i due primi atti d’importanza primaria per le questioni evidenziate? O veniva prima molto altro? Aiuta la chiesa, nel rapporto con la società palermitana, questa spaccatura che adesso sta polarizzando le posizioni? Speriamo che i cattolici di questa diocesi, che non sono soltanto gerarchia ecclesiastica, ma essenzialmente popolo, sappiamo darsi e darci qualche risposta.

4 commenti:

  1. Pienamente d'accordo. Ma in un certo modo la vicenda arriva a toccare il senso del pontificato di Francesco: si può parlare di un chiesa davvero in uscita, si può criticare davvero il "si è fatto sempre così" dall'interno e dall'alto di un assetto di potere, quello pontificio, che, residuale quanto si voglia, rimane un potere temporale e assoluto?

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  2. Caro Francesco, ti dico subito che le tue considerazioni non farebbero una piega in un mondo laico. La struttura verticistica della Chiesa, la sua gerarchia, nonostante gli sforzi degli innovatori, resta la stessa. La questione è, per me la seguente: i fedeli, tutti i fedeli sono "liberi di intendere e di volere"? In un luogo, la chiesa, in cui si celebrano riti e dogmi indiscutibili, è lecito andare contro chi questi riti e dogmi custodisce? La Chiesa sta attraversando un processo di rinnovamento senza precedenti, ma lo sta facendo operando nel mondo di fuori, non all'interno dove per cambiare una virgola, bisogna indire un Concilio. Chi rema contro il rinnovamento lo può fare nel mondo di fuori, non nelle chiese, parlando a fedeli che sono in chiesa col solo spirito di osservanza. Di certi temi, per me, non si può parlare né contro né a favore in chiesa e da parte di chi deve fare osservare riti e credenze, i fedeli, quelli "non capaci di intendere e di volere" ne potrebbero uscire frastornati!

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  3. Se ho ben compreso mi sembra che qualcosa non torni nella concezione metodologica di Palazzo: anche nel “mondo laico” il primato della libertà individuale non è dogmatizzato e sacralizzato con un “sempre” illimitato, ma invece normato attraverso la fattispecie di limiti previsti.

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