venerdì 27 maggio 2011

Sicilia: più autoscuole meno controlli.

LA REPUBBLICA PALERMO – VENERDÌ 27 MAGGIO 2011
Pagina XVIII
NUMERI
AUTOSCUOLE E PATENTI
FRANCESCO PALAZZO



Autoscuole in Italia: 7.140. In Lombardia ce ne sono 976, una ogni 10.109 abitanti. In Sicilia 793, una ogni 6.362 abitanti. Idonei agli esami ogni 10.000 abitanti: in Lombardia 13, in Sicilia 19.

Festa sotto la Mole, annacamenti sotto Monte Pellegrino.

CENTONOVE
27 5 2011
Pag. 47
Se Milano è un altro pianeta
Francesco Palazzo

Il risultato elettorale che giunge da Milano, in attesa di conoscere l'esito del ballottaggio, sembra provenire da un altro pianeta rispetto al dibattito intorno al quale ci si arrovella a Palermo. Governo tecnico o politico alla regione? Primarie o no per le amministrative palermitane? Chi si credeva d'essere l'avanguardia dell'azione politica italiana, potrebbe scoprirsi oggi a gestire l'ultimo scampolo di passato. Il 15 e il 16 maggio la capitale morale ha cominciato a disegnare il futuro. Ci ritroviamo, ad esempio, ad alimentare una spinta autonomista che ha trovato più di una sponda in casa democratica. Addirittura si afferma che la Sicilia potrebbe farcela da sola. Una battuta, sconcertante, che fa il paio con la solita litania del “non faremo più un solo precario”, recitata mentre si fanno altri precari. E ciò mentre il leghismo comincia a mostrare i primi segni di seria incrinatura nella sua città simbolo e in altri comuni dove prima spopolava. Coltivando il particolarismo sicilianista, come si faceva nell'ottocento, fatto tra l'altro di pianti, sprechi e incapacità a spendere i fondi comunitari, più che moderni sembriamo fuori tempo massimo. Si deve evidenziare un altro aspetto. Mentre nella città di Palermo, il PD aspetta chissà cosa per procedere verso le primarie, magari per giungere all'ultimo momento presentando un candidato e delle liste deboli, a Milano, ma non solo, proprio i gazebo hanno salvato, individuando una figura convincente e convinta come Pisapia, tutto il centrosinistra. Si badi bene, senza l'apporto del terzo polo. E non è che nel capoluogo lombardo siamo in Emilia Romagna. L''ultimo sindaco non di centrodestra si è avuto vent'anni fa. Al momento il PD, in Sicilia, può dire più di una parola. Sia perché senza il suo apporto il governo regionale non campa più di cinque minuti, sia per il motivo che il voto di metà maggio da ai bersaniani nuova linfa. Una riflessione va fatta su questa storia che il tracollo berlusconiano al nord abbia avuto inizio in Sicilia e ne sia diretta conseguenza. Chi nel PD sostiene questa tesi, dimentica che a Milano, Berlusconi ha perso le elezioni, in Sicilia ancora no. A Palermo e Catania da un decennio il centrodestra esce vittorioso dalle urne. Alla Regione la coalizione berlusconiana ha stravinto nel 2001, nel 2006 e nel 2008, in quest'ultimo caso umiliando l'avversario. Il PD è al governo, forse ogni tanto se lo scorda, attraverso un'operazione di palazzo. A Milano è accaduto esattamente il contrario. Tutto si sta svolgendo fuori dal palazzo. La trama del film, dunque, è un po' diversa da come ci viene raccontata dai democratici siculi. E forse lo sanno bene pure loro, visto che vanno a festeggiare Fassino nel capoluogo piemontese, e non sanno, a dieci mesi dal confronto elettorale, che pesci prendere in quello siciliano. In coda al ragionamento, va inserita una chiosa sulla legge elettorale. Quella siciliana per gli enti locali è stata riformata. Il voto di lista non trascinerà più il candidato sindaco verso cui l'elettore non esprimerà un segno di approvazione. Una possibilità in più di scelta. Tutta salute. I democratici sostengono che si avranno migliori sindaci e il centrodestra non sarà più favorito dalle liste forti che in genere presenta. Allora si potrebbe pensare che è per questo che a Milano, Bologna, Torino, Cagliari e altrove, si sono registrati risultati soddisfacenti. Si sorprenderanno, quelli del PD, nel sapere che i milanesi, i bolognesi, i torinesi, i cagliaritani e tanti altri, hanno votato, nei comuni con più di quindicimila abitanti, con la regola elettorale che in Sicilia è stata appena abrogata. Significa che l'elettorato siciliano è analfabeta, non sa votare, appoggia inconsapevolmente sindaci che mai voterebbe, mentre in tutto il resto d'Italia sono tutti più intelligenti? No, vuol dire soltanto che se riesci a cambiare la proposta politica l'elettorato lo capisce. Dove non sei in grado di farlo, come a Napoli, vieni punito. Il PD e il centrosinistra, in Sicilia, sono più vicini a Milano o a Napoli? 

venerdì 20 maggio 2011

Religione, le masse e il potere

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
20 maggio 2011
Pag. 47
Omofobia, la veglia negata
Francesco Palazzo


La querelle sulla veglia contro l'omofobia, negata dalla curia palermitana e svoltasi lo stesso il 12 maggio, di fronte ad un portone chiuso che faceva intravedere una chiesa illuminata, rimanda, a ben vedere, al di là delle controversie dialettiche sulla circostanza in questione, circa la quale è stato detto più o meno tutto, a una storia di ordinario rapporto con il potere. Sì, proprio così. Né più, né meno. Tutta la storia traccia, infatti, una dinamica, sin troppo conosciuta e assai antica, circa il nesso perverso tra chi il potere, compreso quello religioso, esercita, e chi il potere, sempre compreso quello religioso, subisce. Se la chiesa cattolica autorizza, per ben due anni di seguito, ossia nel 2008 (4 aprile) e nel 2009 (17 maggio), la veglia contro l'omofobia a Palermo, dentro una chiesa cattolica, quella di San Saverio all'Albergheria, due eventi abbastanza pubblicizzati, va benissimo che ciò accada. Tutti allineati e coperti i credenti in Dio, Patria e famiglia eterosessuale di stretta osservanza. L'ha detto il capo e non è il caso di scomodare né la linea ufficiale del cattolicesimo sugli omosessuali, meglio omoaffettivi, visto che il sesso non copre certo tutta la gamma dell'affettività umana, come tendono a credere i cattolici, né quel documento del 1986 dell'attuale papa Benedetto XVI, quando ancora c'era, pensate un po', tutto intero il muro di Berlino. Se nel 2011, due anni dopo, non dopo due secoli, sempre la stessa chiesa, e sempre lo stesso arcivescovo di Palermo, divenuto nel frattempo cardinale, dice che no, quel momento di preghiera non si può più celebrare, almeno non dentro un luogo cosiddetto sacro, ecco che quei fedeli, che nel 2008 e 2009 non avevano avuto niente da obiettare, si ricordano che in effetti a Roma c'è un certo orientamento sull'omosessualità che bisogna rispettare alla lettera. E che il cardinale non aveva alternative. Dimenticando, il potere è così, basta un suo pronunciamento per cancellare pure la memoria recente e far cambiare la curva da cui tifare, che due e tre anni prima l'alternativa c'era stata eccome. E poi rispolverano, sempre i fedeli, che forse lo sconoscevano del tutto un minuto prima, ma solo perché il potere lo tira questa volta giù da uno scaffale impolverato, quel preziosissimo e inestimabile documento del 1986 sull'atteggiamento da tenere verso chi ama persone dello stesso sesso. Che ogni cattolico, palermitano e siciliano, terrà senz'altro sopra il comodino per le riflessioni serali, dopo le preghiere di rito. Magari prendendo casualmente di esso quella parte che più conviene citare al potere per confermare se stesso e confermarsi agli occhi e alle orecchie dei credenti e praticanti più sensibili alle direttive che provengono dall'alto a corrente alternata. Cosa ricavare, infine, da questa vicenda? Non so voi, ma io una certa idea me la sono fatta. Talvolta, per non dire sempre, ci perdiamo in analisi e contro analisi, polemiche e contro polemiche. Guardiamo il dito e non scrutiamo più la luna. Smarriamo, così facendo, quelle che si presentano a noi come evidenze macroscopiche e di lunga, lunghissima, durata. E il rapporto delle masse con il potere, qualsiasi sia la forma in cui esso si incarna storicamente, sacro o profano che sia, qualsiasi sia la forma che le massa assume di volta in volta, è certamente una di queste. Le masse, senza neanche accorgersene, quasi in maniera istintiva, imitano e lusingano il potere, o il più forte che è lo stesso, nelle sue, ondivaghe e interessate, piroette. Nel caso specifico, se domattina dalle stanze papali uscisse fuori la buona novella che l'omoaffettività è benedetta da Dio, al pari di tutte le altre manifestazioni d'amore, state certi che un miliardo di cattolici si convincerebbe dopo un paio di minuti e si farebbe alfiere irremovibile del nuovo verbo. La prossima volta che ci accapiglieremo su qualcosa, ricordiamocelo questo umanissimo aspetto che copre millenni di storia umana. Ci servirà a non disperdere fiumi di parole che disorientano e ci aiuterà a focalizzare l'essenziale.

sabato 7 maggio 2011

Sei omosessuale? E io, in nome di Cristo, ti chiudo la porta in faccia.

LiveSicilia
7 5 2011


Francesco Palazzo


Il cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, ha proibito la celebrazione di una veglia in una chiesa palermitana, quella di Santa Lucia, prevista e già autorizzata da un padre comboniano per il 12 maggio, organizzata per ricordare, in vista della giornata mondiale che si terrà il 17, le vittime dell’omofobia. Questa è la notizia. La veglia, che comunque i richiedenti sono intenzionati a fare pure in piazza, davanti la chiesa chiusa, precede il Gay Pride Palermo, che si svolgerà, con tante iniziative, dal 14 al 21 maggio. Proprio il 21 ci sarà, come nel 2010, il corteo e già alcuni manifesti che lo pubblicizzano sono stati imbrattati con scritte offensive. Si suppone da parte di eterosessuali maschi, perché le donne queste cose non le fanno, che hanno evidentemente più testosterone in circolo che neuroni nel cervello. Una non meglio precisata, da parte dell’ufficio stampa della curia, norma del diritto canonico e un documento del 1986 dell’attuale papa, impediscono che tale momento si svolga dentro una chiesa. Resta da capire perché altrove, in Italia e nel resto del mondo, si può e a Palermo no. Dagli ambienti curiali fanno sapere che i cattolici sono sempre vicini alle persone omosessuali, ma non possono che opporsi al male, al peccato, al vizio. La paura, inoltre, è quella che si utilizzi, ci è stato incredibilmente detto, un momento di preghiera per farsi pubblicità. Difficile capire che marchio o che prodotto pubblicizzino gli omosessuali, questo ce lo faremo spiegare meglio la prossima volta. Ci pare, invece, che una richiesta proveniente da credenti, perché di questo stiamo parlando, in qualsiasi modo essi esprimano la loro sessualità, non dovrebbe che trovare pronta accoglienza da parte di chi guida la chiesa palermitana e da parte di tutti i fedeli che ad essa fanno riferimento. Qui, si badi bene, non si chiede all’alto prelato, o alla chiesa locale, di rivedere la dottrina sull’omosessualità, ammesso che quest’ultima abbia un senso scientifico e sia radicata nella predicazione del Gesù dei vangeli. Semplicemente, alcuni credenti vorrebbero utilizzare un luogo di culto per esprimere, con il linguaggio tipico di chi ha il dono della fede, la condanna verso ogni forma di discriminazione omofobica. In qualsiasi modo essa si presenti. Anche se si concretizza sotto la sembianza, non se l’abbia a male la chiesa di Palermo e il suo capo, della negazione di uno spazio. Perché, a volte, o quasi sempre, negare un luogo fisico, che in questo caso è anche un luogo spirituale, può coincidere, certo senza che se ne abbia la volontà specifica, con il negare l’identità più intima di ogni singola persona che ne fa richiesta. La quale non può essere esclusa, perché questo di fatto accade nel caso in questione, solo perché non se ne condivide la condotta sessuale. La vicinanza dei cattolici alla vita degli esseri umani, non può essere soltanto teorica e poi infrangersi miseramente nel momento in cui essa deve palesarsi con una visibile azione pastorale di accoglienza. Non possiamo che augurarci, quindi, anche se è molto difficile, che il cardinale Romeo ci ripensi. Sappia che non ci perderebbe nessuno. Insieme a lui, infatti, ci guadagnerebbe tanto non soltanto la collettività dei cattolici, ma tutta la comunità cittadina. Purtroppo, l’unico precedente non è incoraggiante in tal senso. Pure lo scorso anno un parroco aveva accettato di ospitare la veglia, ma a pochi giorni dall’evento venne richiamato dalla gerarchia a fare un passo indietro, adducendo come motivazione di facciata che la porta della chiesa non voleva più saperne di aprirsi. Non è una barzelletta, è andata proprio così. In quell’occasione i partecipanti furono ospitati nel vicino tempio dei valdesi. Anche quest’anno, c’informa il pastore Giuseppe Ficara, il 22 maggio sarà ricordata solennemente la giornata mondiale contro l’omofobia durante il culto domenicale, quindi nel momento centrale per i valdesi palermitani. Che pregano lo stesso Cristo dei cattolici, ma indiscutibilmente, o almeno in questa vicenda, con diverso profitto.



venerdì 6 maggio 2011

Tabella H: cambiare nome ma non abitudini

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
6 maggio 2011
Pag. 46
Se la Tabella H cambia nome
Francesco Palazzo

Quando non si possono, e non si vogliono, cambiare le cose, si cambiano le parole. Se non ci si vuole neanche sobbarcare la fatica di mutare i vocaboli, basta utilizzare qualche altra lettera dell'alfabeto. E il gioco è  fatto. In fondo è abbastanza semplice. Uno strumento di spartizione, ad personam e ad associazionem, che prima si chiamava tabella H, è stato chiamato tabella B. Un balzo all'indietro di ben sei caselle nel gioco dell'oca alfabetico, per quella che comunque, e chissà per quanto tempo ancora, si continuerà a chiamare tabella ex H o direttamente H. Ma è solo un gioco di prestigio. Uno dei tanti a cui ci ha abituato il parlamento più vecchio d'Europa. La sostanza è sempre la stessa. Piccioli mansi, soldi facili, da spendere più o meno allegramente. Pare che dietro ad ogni finanziamento, a questa o quella realtà associativa, certo con qualche eccezione, si possa pure mettere la fotografia sorridente di questo o quel deputato. Ogni sodalizio ha un big sponsor, i più importanti ne hanno più d'uno. Chi non riesce a trovare un santo in paradiso, che in questo caso coincide con gli scranni dell'ARS, è tagliato fuori dalla suddivisione della succulenta torta. Perché, diciamolo chiaramente, tanti ci provano ad entrare nel circo del finanziamento facile. Tuttavia. per molti, pur sforzandosi al massimo, è più facile passare dalla cruna dell'ago che entrare nel regno dei salvati. Come si legge nel vangelo di Matteo, “molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti”. E non ci riferiamo ai novanta onorevoli dell'ARS, che invece sono tanti e dei quali occorre placare i diversi appetiti, talvolta, come abbiamo visto ultimamente, graziosamente contemplati pure dal codice penale, ma proprio a coloro che accedono a questo tipo di finanziamenti. Che non si pongono il problema di modificare questo osceno mercato delle vacche. Grasse. E non se lo pongono perché chi è dentro il sistema ha raggiunto il suo scopo e chi non c'è tenta di entrarci con gli stessi criteri. Qualcuno si oppone. Conosco un solo caso, il Centro siciliano di documentazione Impastato, che scrive nella homepage del sito: “Il centro è autofinanziato perché contesta le pratiche clientelari di erogazione del denaro pubblico”. Ma è talmente isolato, anche se autorevole, che non da alcun fastidio al meccanismo ben oleato che ogni anno si mette in moto con scientifica precisione. Poi, magari, così va la vita, ci tocca di assistere a lezioni di moralità, e di richiamo alla buona politica, proprio dalle stesse realtà che ricevono i soldi, pubblici lo sottolineiamo ancora, seguendo una prassi che è giusto chiamare con il nome corretto: clientelare. Né più, né meno. Si tratta, poi, di contributi con molti zeri, a fondo perduto. Non si capisce come si fa, in tempi di crisi, con le casse regionali in quasi bancarotta, quando a molti si chiede di tirare la cinghia, a scucire cinquanta milioni di euro in questo modo. Anni addietro, proprio per garantire risorse a chi ne ha veramente bisogno, si era avanzata la proposta che, ove possibile, la regione fornisse esclusivamente beni e servizi, garantendo controlli serrati nelle rendicontazioni. Ovviamente, non se ne fece niente. Il perché è possibile comprenderlo da un frangente della seduta dell'ARS di giovedì 28 aprile. A un certo punto, un deputato, agitando la lista con la rimodulazione dei fondi, ha esclamato: “qui c'è la prossima campagna elettorale”. Ogni tanto un po' di verità è possibile rintracciarla pure negli atti parlamentari.

giovedì 5 maggio 2011

PD Sicilia: sino alle elezioni non ci meniamo più

LiveSicilia
4 5 2011
Francesco Palazzo

L’esito dell’ultima assise del PD siciliano conferma quanto già sapevamo e ci racconta una sola verità. Intanto, abbiamo l’assemblea regionale del partito spostabile a piacimento di mese in mese. La prossima data è il 19 giugno. Una seconda, risaputa, questione è costituita dalla partecipazione al governo cosiddetto tecnico. Ebbene, tale esecutivo è stato presentato dal PD come quello che stava cambiando le sorti della Sicilia. Tuttavia, per coerenza, se ne dichiarava il de profundis già qualche mese dopo averlo formato. Ora siamo giunti alla celebrazione del funerale. Si aggiunge, nel comunicato doroteo diramato dopo l’incontro svoltosi sotto la supervisione dell’inviato romano, che nell’azione di governo, il quarto, vi sono state luci e ombre. Se consideriamo che si è consentito ad esso, proprio dal suo più convinto sostenitore, il PD, soltanto otto mesi di vita stentata, criticandolo un giorno sì e uno pure, è a tutti chiaro che né di luci, né di ombre, dobbiamo parlare. Ma di buio pesto. I siciliani lo sanno da tempo, adesso anche i democratici lo confermano ufficialmente. Un terzo aspetto, che conoscevamo pure prima del conclave, viene fuori dalla riunione dei democratici. Si tratta del referendum elasticizzato, deformabile nel tempo e nello spazio, che adesso accontenterà un po’ tutti. Pro lombardiani e tifosi della parte avversa. Guelfi e ghibellini, palermitani e catanesi. Quelli che non lo volevano ma che ora si sono convinti, tanto non conta più un tubo, e quelli che hanno raccolto cinquemila firme per farlo celebrare, tanto lo hanno già venduto al miglior offerente sull’altare del possibile governo politico. Si svolgerà a settembre. Sul mese e sull’anno è consigliabile non scommettere un solo euro. Proprio sul futuro, le frasi del comunicato del Partito Democratico, centonovantuno parole per quattordici righe, raggiungono il top del già sentito e del paradossale. Perché ora si tratterebbe di verificare “se esistono le condizioni per una nuova fase politica delle forze progressiste, moderate e autonomiste all’insegna dell’innovazione”. Uno, a questo punto, potrebbe ricordare che proprio sullo strumento principale dell’eventuale coesione della coalizione, il bilancio della regione, è appena franato miseramente lo schieramento (MPA, PD, FLI, UDC e API) che sostiene il governatore e il suo quarto governo ormai passato a miglior vita. Invece di prendere atto di questo fallimento, ossia un esecutivo che campa niente e un bilancio che fa venire i brividi, cosa fanno i democratici? Tentano di allargare questa esperienza, già rotolata nel burrone, per bocca e per mano degli stessi piddini, anche alle altre forze del centrosinistra assenti nel parlamento siciliano, Sinistra e Libertà e Italia dei Valori. Come se fosse stata non una Caporetto, ma una limpida e trionfale affermazione sui fondamentali assi dei provvedimenti governativi e dei conti del bilancio. Che si sono potuti chiudere soltanto mettendo in conto risorse finanziarie che ancora il governo nazionale deve scucire, mentre i fondi europei 2007-2013 non riusciamo a spenderli. Veniamo all’unica parte del comunicato, per il resto fatto di aria fritta, credibile e al vero motivo del chiarimento tra i capoccia democratici. “Un banco di prova importante – leggiamo - saranno le prossime elezioni amministrative”. Ecco qual è il punto. Siccome a fine mese si vota, è stata semplicemente siglata una sospensione delle ostilità sino ai ballottaggi. Per dirlo, al segretario regionale del Partito Democratico, bastavano soltanto diciassette parole. Le seguenti: “speriamo di non prendere una bella botta alle amministrative, firmata tregua, incrociamo le dita, passo e chiudo”.