domenica 17 settembre 2023

Parole e retorica a parte, dell'antimafia di Puglisi, a 30 anni dall'omicidio, cosa è rimasto nelle parrocchie? Poco o nulla.

             Città Nuove Corleone - 17 settembre 2023

          A 30 anni dall'omicidio, l'operato di don Puglisi è rimasto senza eredi nelle parrocchie?

 Francesco Palazzo

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Il trentesimo anniversario dell’omicidio per mano mafiosa di Don Pino Puglisi ci consegna la possibilità di avanzare alcune riflessioni. Sullo sfondo una domanda che non possiamo eludere e alla quale non si può non rispondere. Cosa è cambiato nelle parrocchie della chiesa palermitana e siciliana dopo quel colpo alla nuca che il 15 settembre 2023 raggiunse il parroco di San Gaetano a Brancaccio mentre si apprestava a inserire la chiave nel portone per risalire a casa nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno? Per rispondere al quesito che, converrete, non è di poco momento, partiamo da altri contesti. Abbiamo appena celebrato il trentaduesimo anniversario dell’omicidio per mano mafiosa di Libero Grassi. Che si oppose in solitudine al racket delle estorsioni e per questo fu ucciso. Fu ammazzato perché non voleva pagare il pizzo ma principalmente per la ragione che era il solo a non volersi piegare a questa aggressione economica. Se fossero stati in tanti a non volerlo fare sarebbe stato inutile per la mafia programmare ed eseguire l’omicidio. Prova ne è che nei trentadue anni a seguire ci sono stati e ci sono tanti casi di imprenditori e commercianti che come lui non hanno voluto pagare denunciando, sono rimasti a Palermo a gestire le loro imprese e hanno visto assicurare alla giustizia i mafiosi. Non sono stati e non sono tantissimi ma non possiamo affermare che l’esempio eroico di Libero Grassi sia rimasto senza seguito. Spostiamoci nel campo della magistratura. Tanti sono stati purtroppo i magistrati che hanno lasciato il loro sangue in terra siciliana e non soltanto per contrapporsi alla criminalità mafiosa. Possiamo però dire che non sono rimasti senza eredi in tutta la magistratura italiana. Tanti loro colleghi della stessa generazione o di generazioni successive hanno raccolto pubblicamente il testimone e continuano a seguire quella strada. Anche in questo caso rendendo fortunatamente inutili o meno probabili gli eventuali progetti di eliminazione dei singoli. Sino a quando erano pochissime le toghe che si opponevano a Cosa nostra e alle altre mafie, era più semplice per gli uomini del disonore puntarle come obiettivi. Se parliamo del giornalismo, anche in questo settore professionale le mafie hanno eliminato diverse persone che le combattevano dalle colonne dei giornali. Non erano molte e anche in questo caso non è stato complicato per le mafie metterle nel mirino. Ma è fuor di dubbio che dopo di loro sono nati tanti giornalisti che si sono ispirati e si ispirano a loro non nel chiuso delle loro stanze ma pubblicamente da tanti giornali cartacei, online e con pubblicazioni. Se riflettiamo un attimo su quanto accaduto in politica, riferendoci agli omicidi di Piersanti Matterella e Pio La Torre, negli ultimi 40 anni c’è stato sicuramente un ceto politico e partitico che, certo non all’unanimità, ma nella stragrande maggioranza ha raccolto pubblicamente il lascito dei due uomini politici. Quanto ci sia di forma e di sostanza in certa antimafia oramai diffusa nei partiti e nelle istituzioni se ne potrebbe discutere. Ma indubbiamente siamo in un’altra era rispetto al 1980. Tornando a Puglisi e provando a chiudere il ragionamento, va detto che sicuramente anche lui viene eliminato perché in nessun’altra parrocchia palermitana allora avveniva quello che lui stava realizzando a San Gaetano.  Dove però negli anni immediatamente precedenti c’era stata un’esperienza simile con Rosario Giuè parroco di San Gaetano a Brancaccio. Ma dopo Puglisi cosa è accaduto? Ci sono stati dei parroci con parrocchie al seguito che hanno iniziato e continuato pubblicamente e quotidianamente sulla scia di don Pino per quanto riguarda la contrapposizione a Cosa nostra? Onestamente a me pare di no.  Parliamo ovviamente di pastorali parrocchiali, che magari avrebbero dovuto e dovrebbero essere incoraggiate da una pastorale diocesana specifica.  Che non c'è mai stata. I singoli, parroci e fedeli, avranno sicuramente coltivato e coltivano personalmente una forte dimensione antimafia. Ne siamo certi. Non è questo il punto. Ma qua si parla di cosa fatto alla luce del sole nei territori delle parrocchie come comunità parrocchiali. Puglisi non viene ucciso perché genericamente nei dialoghi interpersonali parlava di mafia, oppure perché partecipava a convegni in cui si discuteva di mafia, o perché coltivava personalmente nel privato una sua dimensione antimafia. Non viene neppure ucciso per la verità perché lavorava con i bambini e i ragazzi. Sì, faceva pure questo. Ma diventa pericoloso per la mafia nella misura in cui lavora quotidianamente nel territorio con gli adulti con i quali sperimenta e vive una posizione adulta verso la politica e di accusa palese, puntuale e diretta verso gli uomini di Cosa nostra. Ho l’impressione che nella chiesa palermitana dal 15 settembre 1993, dunque negli ultimi 30 anni, non parliamo perciò di un periodo breve, pur beatificando Puglisi, si sia un po’ tornati nei territori parrocchiali all’ombra dei campanili. Magari mi sbaglio e in tal senso sarei contento di leggere analisi diverse. Ma se le cose stessero così occorrerebbe chiedersi perché è accaduto e come si può rimediare. Mi chiedo, ad esempio, se ai parroci che proprio nel nome di Puglisi vengono mandati in tante parrocchie proprio il 15 settembre, siano state date indicazioni specifiche per mettersi sulla strada di 3P. Alla fine non possiamo che affrontare il seguente quesito. Se Don Puglisi tornasse oggi nella Chiesa di San Gaetano a Brancaccio sarebbe ancora, belle parole e retorica a parte, concretamente e quotidianamente solo nella sua lotta a Cosa nostra dentro la chiesa palermitana?