domenica 26 luglio 2020

La giustizia e le persone: facciamo molta attenzione ed evitiamo i tribunali dei social.


La Repubblica Palermo – 25 luglio 2020
La storia del ragazzo arrestato ma innocente ci insegna che il garantismo non è una malattia

Francesco Palazzo

Abbiamo letto ieri su questo giornale l’intervista al ragazzo che era ai domiciliari per la rissa avvenuta a Mondello. È riuscito a dimostrare, ricorrendo alla posizione del suo cellulare, e grazie a un bravo difensore, ma non è detto che ogni ragazzo sia nelle condizioni di trovare quello adeguato, che quella sera non era a Palermo. Adesso è libero. Vale la pena soffermarsi, al di là del fatto specifico, su alcuni aspetti legati a queste circostanze. Collaterali per gli osservatori esterni, molto meno per gli interessati, com'è facile intuire. Abbiamo letto nomi e cognomi dei maggiorenni tirati in ballo, visto il filmato che li ritrae, conosciuto le zone o vie di residenza. Tutto si sarà svolto nel pieno rispetto delle regole. Quella che espongo è una sensazione personale. Ogni volta che vedo i trasferimenti all'uscita dei luoghi di primo accesso degli indagati (ricordiamolo, indagati, non condannati ancora da nessuno), mi chiedo se tali sfilate aggiungano un senso più compiuto, più vero, più pregnante, alla parola giustizia. Guardiamoci negli occhi. Sappiamo molto bene che queste cose massaggiano la parte della nostra testa che ormai trova alimento nei social. Dove in cinque minuti si arriva sino in cassazione e qualche volta pure oltre. Ma dovremmo chiederci un po’ tutti, pure chi veicola informazione, se non si può fare diversamente. Magari fornendo le identità e i volti in una fase processuale più avanzata, un rinvio a giudizio o una condanna di primo grado. Tanto, quello che inizialmente c’importa sapere sono i fatti, come si sarebbero svolti in relazione a chi li avrebbe commessi, senza rivelare immediatamente tutti i dati personali, e i luoghi dove si sono appalesati. Questa è la fase di riscaldamento. Poi c’è la partita e occorrerà verificare le ipotesi accusatorie nei diversi gradi di giudizio. Che gli indagati abbiano immediatamente nomi e cognomi, determinate facce, soprattutto se si tratta di persone non note, non ci dice nulla in più di quanto in quel momento è necessario sapere. Anzi, come vediamo nel caso in questione, possiamo pure essere fuori strada. Sia chiaro, se prendiamo il grande e conclamato super latitante, è successo tante volte, la questione è diversa. Se il personaggio è una star scatteranno altri meccanismi. Anche perché probabilmente sarà lui stesso a esporsi. Capisco che parliamo di aspetti delicati e non voglio farla più facile di come in effetti è. Però ecco, dovremmo ricordarci come popolo, nel cui nome è celebrata la giustizia, che il garantismo non è una malattia. Si sostanzia nel chiedere vera giustizia e non altro. Anche perché poi capitano casi come quello di cui parliamo e allora uno pensa a quante possibilità abbiamo che a noi stessi o qualche nostro familiare possa accadere. Quando le cose diventano personali, si comprende molto meglio tutto. Allora forse è meglio porsi di fronte alla persona indagata come se fosse nostro fratello o un congiunto. Parola intorno alla quale in tempi di Covid abbiamo avuto modo di ragionare a lungo.


mercoledì 1 luglio 2020

Viale Regione Siciliana, un antico biglietto di presentazione sbiadito e pericoloso di Palermo

La Repubblica Palermo – 30 giugno 2020

Perché Viale Regione assomiglia a una roulette russa

Francesco Palazzo

La morte di un ragazzo in Viale della Regione Siciliana, investito mentre attraversava, pone ancora una volta sotto la luce dei riflettori le condizioni di agibilità di questa strada. Pensata un tempo per circumnavigare Palermo e che invece la taglia a metà come un’anguria. I pedoni dovrebbero trovare riparo nei sottopassi e sui ponti pedonali. Solo che i primi, costruiti tra gli anni ottanta e novanta, secondo una ricostruzione di fine 2019 non sono, tranne qualcuno, percorribili. I secondi sono presenti in un numero limitato per quella che è la lunghezza di questo asse viario. Un tempo si parlò dei ponti pedonali Perrault, poi si ebbero quelli che conosciamo, non proprio il massimo esteticamente. È evidente, considerato che in diversi punti il viale viene interrotto da attraversamenti pedonali, che le cose non sono messe come dovrebbero. All’altezza di Via Perpignano, dove è stata interrotta l’esistenza del giovane abitante nel quartiere Noce, è previsto un sottopasso per le auto, bloccato nel 2008, ripreso con un nuovo appalto ad inizio 2019 e ancora invisibile ai nostri occhi. Pare che per i fondi già stanziati si stiano chiedendo lumi a Roma. Chi vuole andare da una parte all’altra deve poterlo fare in assoluta sicurezza. Un normale spostamento da un marciapiede a quello opposto non può essere pericoloso alla stregua di una roulette russa. Così come va sistemata tutta l’arteria. Per un lungo periodo mancante o carente di segnaletica orizzontale, corsie d’emergenza comprese. Recente l’idea di disegnare tre corsie per senso di marcia. Vedremo l’effetto quando tutto sarà a regime. Ma si registrano pure interventi che lasciano dubbi. Per esempio la realizzazione, di fronte al carcere Pagliarelli, della fiera di Natale con annesso lunapark, che dura mesi. Le persone accedono a questa cittadella posteggiando pericolosamente ovunque, rallentando peraltro in maniera vistosa il traffico. E quindi appesantendo un punto già complicato per la presenza del Ponte Corleone. Per il quale si attende il raddoppio, che eliminerebbe tale tappo. Sembra che anche in questo caso sia stata attivata nella capitale la stessa ricerca dello stanziamento preesistente. In entrambi i casi, raddoppio del ponte di Corleone e svincolo di via Perpignano, le somme erano contenute nel patto per Palermo, firmato dal governo Renzi con il comune nel 2016. È molto meglio dare infrastrutture, locali, nazionali o internazionali che siano, piuttosto che distribuire assistenzialismo. Poi va detto che è fisiologico in Viale Regione superare, scansati i punti fissi di rilevazione, i limiti di velocità. Gli automobilisti evidentemente pensano che siccome congiunge due autostrade, è consentito mantenere alte andature, che raggiungono picchi altissimi in orari notturni. Tornando al nostro Viale, c’è la storia. Questi dodici chilometri sono stati pianificati negli anni 50 del secolo scorso. Se si trattasse di una persona, il serpentone di asfalto sarebbe già in pensione e invece ne parliamo, visto gli ampi margini di miglioramento che presenta, come se stesse emettendo i primi vagiti. Nel frattempo la grande storia ha macinato ben più di una dozzina di chilometri. È stato eretto ed abbattuto il muro di Berlino. È finita la guerra fredda. E noi non siamo stati capaci di dare un’identità precisa e sicura ad un semplice viale che porta il nome della nostra terra.