sabato 28 agosto 2010

La Sicilia che anticipa e rimane indietro.

LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO 28 AGOSTO 2010
Pag. I
Il laboratorio degli alchimisti
Francesco Palazzo

Da un po´ di tempo è tornata di moda, ammesso che sia mai tramontata, la storia della Sicilia laboratorio politico. Un luogo mitico, dove avverrebbero sperimentazioni che poi influenzano il quadro politico nazionale. In tempi di elezione diretta di governatori e sindaci, per la verità, ci sarebbe poco da elaborare. Il mandato che viene dal corpo elettorale è generalmente abbastanza netto e univoco. C´è chi vince le elezioni e c´è chi le perde. Chi dovrebbe provare a governare e chi è chiamato a cimentarsi all´opposizione. Non perché l´ha prescritto il medico, ma in quanto indicazione proveniente dall´unico protagonista in termini di scelte, l´elettorato. Tutto chiaro? Neanche a parlarne. Perché è proprio da quel momento che entrano in funzione, a ritmo costante, i vari laboratori sparsi un po´ ovunque in Sicilia. In altre parole, invece di prendere atto del mandato ricevuto alle urne, per la politica siciliana, un minuto dopo che si sono spenti i motori della propaganda elettorale, brindato alle vittorie e assorbite le sbornie delle sconfitte, comincia un lavorio che a un certo punto viene difficile seguire, nelle sue giornaliere piroette, dichiarazioni, arresti, fughe in avanti. Prendete, ad esempio, questa storia del governo regionale, arrivato alla quarta edizione dopo poco più di due anni di legislatura. Ogni protagonista che si affanna sullo scenario politico vive questo momento di alta sperimentazione istituzionale come meglio gli aggrada. In tale contesto i partiti, quelli che hanno chiesto il consenso, contano niente. Ogni testa è tribunale. Dall´Udc, dal Pd, dal Pdl, suddiviso tra lealisti e ribelli (che contano un´appendice finiana), dal movimento autonomista, arrivano voci a raffica. Il tal deputato un giorno smentisce il suo compagno di partito, un altro il segretario del partito accanto, il terzo giorno arriva a smentire pure se stesso. È la politica del "chi ci sta". Io posso starci oggi. Ma perché devo starci anche domani? È il risultato di un indefesso gruppo di abilissimi e provati alchimisti, questo del formare gli esecutivi con chi ci sta. Perché la politica del "chi ci sta" è davvero la quintessenza, il concentrato più puro della sperimentazione politica siciliana. I siciliani non aspettavano altro per risolvere i loro problemi. Pare che non aspettasse altro pure l´unica opposizione, o ex tale, presente all´Ars, quella del Partito democratico. Che ci sta, eccome. Sia chiaro, non sappiamo più quale esponente democratico ascoltare. All´interno del Pd siciliano, nell´ultimo anno, hanno messo in campo tutte le varianti e subordinate possibili e immaginabili. Qualsiasi cosa succederà alla Regione, loro l´avevano già previsto. E un po´ pure noi, a dire il vero. Ma non ci scandalizziamo più di tanto. È tipico dell´attività dei laboratori più accreditati la prassi del provare e riprovare, del dosare vari elementi per verificare quale sia la soluzione migliore. Se, su base autonomista, togliamo un po´ di Pdl Sicilia, lasciando la parte non andata a male, mettiamo un pizzico di Udc, quella buona e specchiata, spruzziamo una fragranza di Pd, che ormai rischia di rimanere solo quella, e inseriamo qualche tonnellata di antiberlusconismo, che succederà? A fine settembre sapremo il risultato del complicato progetto di ricerca in corso. Si dirà che gli scienziati non sono eletti e che il paragone con il mondo scientifico non regge. È vero. C´è tuttavia una soluzione. Basterà che alla prossima campagna elettorale regionale si formalizzi, con manifesti giganti e slogan appropriati, questo partito trasversale del "chi ci sta". In modo che i siciliani sappiano chiaramente che non a un presidente e alla sua coalizione stanno dando il voto. Ma a un gabinetto scientifico di ricerca politica da esportazione: il Laboratorio Sicilia.

sabato 21 agosto 2010

Un'alternativa per Palermo

LA REPUBBLICA PALERMO – SABATO 21 AGOSTO 2010
Pagina I
I personalismi paralizzano forze politiche e società civile
Francesco Palazzo

Se vogliamo guardare come si prepara il capoluogo al ricambio da proporre per la guida politica dell´amministrazione, si può certo scrutare, in prima istanza, dentro il centrosinistra. Al cui interno ci sono individualità che stanno coltivando, tramite la rete e altre vie, candidature alla prima poltrona di Palermo e che, tuttavia, non hanno, né ipotizzano, un qualsivoglia percorso aggregativo. L´impressione è che in tanti, più o meno giovani di belle speranze, aspirino, come in un gioco di società, alla fascia di primo cittadino e nessuno abbia in testa una reale alternativa a quello che c´è. Se i singoli, confusamente, si muovono, i partiti restano al palo. Per la verità, qualche anno addietro il Partito Democratico, con un manifesto, cui seguì un incontro molto partecipato, si disse pronto a governare la città. La promessa era quella di percorrere una strada comune con tutto il centrosinistra, scegliendo un candidato a sindaco, una squadra e una coalizione a sostegno. Una buona idea. Proprio per questo non ne abbiamo saputo più niente. Anzi, quel poco di unione, che per un certo periodo ha caratterizzato gli eletti al comune sotto le insegne del centrosinistra, è finita. Si è tornati ai personalismi e alle invidie. Insomma, alla solita storia. Non si può voler mandare a casa questa amministrazione e limitarsi soltanto a sventolare la pistola scarica di una mozione di sfiducia. Non si capisce bene chi debba fare la prima mossa. Si dirà che nello scenario nazionale, e ancor più in quello regionale, le acque sono agitate e quindi è meglio aspettare. Ma può ancora Palermo attendere il risolversi degli equilibri politici? Se il centrodestra governante, si fa per dire, può permettersi di stare alla finestra, tanto nel frattempo amministra potere e nomine, può farlo, e sino a quando, il centrosinistra? In giro, tra gli esponenti di partito, si registrano tante buone intenzioni. Parole, fatti concreti zero. Si dice, in genere, che a questo immobilismo fa da contraltare la freschezza della società civile. È, come sappiamo bene, una solenne banalità. Spesso, la cosiddetta società civile, quando s´inserisce nel vivo della lotta politica, non sa far di meglio che copiare il peggio dei partiti. È comunque da accogliere positivamente la nascita del movimento civico palermitano, con la firma di un patto costituzionale cittadino. In tempi di crisi, non solo economica, dalla galassia che si muove fuori dai partiti viene fuori puntualmente una proposta di rigenerazione della politica. Cosa non semplice e non alla portata di tutti. Anche perché la tentazione è quella di buttare via la forma partito, non rendendosi conto che è molto difficile sostituirla. Chi ci prova, puntualmente, fa un bel buco nell´acqua. In questo caso si tratta di tredici sigle associative che vogliono stimolare la partecipazione e favorire il buon governo a Palermo. L´intenzione è quella di cimentarsi alle prossime amministrative. Non si sa se con una o più liste o direttamente con un candidato sindaco. Oppure appoggiando una tra le coalizioni maggiori in campo. Siamo ancora alle dichiarazioni d´intenti. Vedremo. Forse le primarie aperte a tutti, da tenersi nel più breve tempo possibile, potrebbero essere un punto di partenza chiarificatore per partiti e movimenti. Non c´è più tempo per tergiversare e fiutare l´aria. Questo movimento civico, già al primo metro di percorso, conosce una polemica interna. Una delle realtà aderenti, il Comitato di lotta per la casa 12 luglio, ha ritirato l´assenso che uno dei suoi componenti aveva assicurato al cartello. Sul web stanno volando parole grosse. Anche in quest´ambito, pertanto, non è difficile incrociare, come accade nei partiti, delegittimazioni reciproche e accentuati personalismi. Una cosa è certa. Tutti si dicono, da anni, scontenti dell´amministrazione comunale. Ma, sinora, né gli eletti e i partiti che l´elettorato ha mandato all´opposizione, né coloro che si muovono fuori dalle dinamiche partitiche, hanno posto in essere una vera alternativa in cui i palermitani possano riconoscersi. Una cosa sono i buoni propositi, un´altra i voti che occorrono per conquistare Palazzo delle Aquile.

sabato 7 agosto 2010

Il Prefetto e la politica siciliana

LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO 07 AGOSTO 2010
Pagina XIX
LA CONCRETEZZA DEL PREFETTO NELLA TERRA DEI BIZANTINISMI
Francesco Palazzo

Martedì, sulle colonne di questo giornale, abbiamo avuto modo di leggere, in parallelo, una pagina dietro l´altra, l´intervista al nuovo prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso e una ricostruzione,
l'ennesima, della situazione politica alla regione. Il prefetto parla con chiarezza di problemi reali, con l´intenzione di mettersi subito all´opera. Ha affrontato il tema del lavoro, dell´economia che ristagna nell´isola, si è soffermato sui rifiuti, dicendosi favorevole alla costruzione del termovalorizzatore a Bellolampo, invitando la Regione a non tergiversare sull´argomento. Avvertendo, nello stesso tempo, che occorre sempre fare molta attenzione affinché s´individuino quei percorsi che portano la mafia inserirsi nell´economia legale. Poi ha parlato della necessità che l´amministrazione pubblica si sburocratizzi e non faccia attendere, ad esempio, un anno gli imprenditori per una certificazione. Su tutti questi temi, annuncia Caruso, vuole sentire subito il sindaco di Palermo e il Presidente della Regione. E che potranno dirgli? La prima cosa che possono comunicare è di essere senza maggioranza, quindi non potranno dargli alcuna garanzia. Al Comune, la vicenda politica dell´attuale amministrazione è al capolinea da tempo. Siamo di fronte alla formazione di un´altra giunta. Si fanno ipotesi su chi entrerà e chi uscirà. La città rimane sullo sfondo, sempre più abbandonata a se stessa. Chissà quando potrà tornare a scegliere. I protagonisti attuali delle vicende politiche alla Regione sono ancorati alle formulette, sempre più surreali. Solo chi le inventa, giorno per giorno, le capisce. Alla Regione ci vorrà un governo tecnico, con rimpasto incorporato, o un esecutivo tutto politico? Cosa vorrà dire tale differenza non si comprende. Ma abbiamo i nostri limiti. Ogni giorno leggiamo una miriade di previsioni, subordinate, congetture, retroscena. C´è da rimanere letteralmente senza respiro. Capite bene che le problematiche poste dal prefetto, con il piglio di uno che non ha tempo da perdere, e le situazioni politiche di Comune e Regione viaggiano su mondi paralleli. Il prefetto cerca interlocutori certi. Che al momento non ci sono. Per rimanere alla Regione: cosa può proporre, di concreto e immediatamente attuabile, il governo regionale sui rifiuti? E sul contrasto alla criminalità organizzata, non sono per caso recentemente stati messi in discussione i fondi destinati alla legislazione antimafia varata dall´ARS? E sul funzionamento dell´amministrazione, non ci troviamo con uffici immobilizzati per scelte che sono rimandate di settimana in settimana? Magari tutti i protagonisti nel proscenio politico siciliano si sentono dei novelli De Gasperi o dei redivivi Sturzo. Qualcuno dica loro che stanno soltanto riempiendo, sino a stancarci, pagine e pagine di quotidiani. Messi lì, da mattina a notte, a disegnare scenari. Questo non è un laboratorio politico, ma uno sgabuzzino chiuso a doppia mandata dall´interno. Quanti governi, tecnici, politici, misti, ci vorranno per metterci un punto? Qualcuno dovrà dire a questi riformisti che, va bene, ci hanno provato, apprezziamo la buona volontà, ma è chiaro e lampante che questa legislatura regionale è con l´ossigeno attaccato da tempo. Vogliono farci credere che le elezioni sarebbero una sciagura, di cui la Sicilia non potrebbe reggere il peso. Non prendiamoci in giro. La Sicilia, e Palermo, non possono sopportare ancora il fardello di una politica che gira a vuoto, senza una meta precisa. Mentre per sentire un discorso comprensibile a intelligenze medie, occorre ascoltare le parole di un prefetto.

lunedì 2 agosto 2010

Come risparmiare sui fondi pubblici

LA REPUBBLICA PALERMO – MERCOLEDÌ 28 LUGLIO 2010
Pagina I
I cento modi di sprecare i soldi dei contribuenti
Francesco Palazzo

Quando si parla di costi della politica, la prima pietanza che viene data in pasto all´opinione pubblica, ed è notizia recente per i deputati dell´Ars, è il taglio delle indennità degli eletti. Nei discorsi da bar, gli stipendi percepiti da coloro che rivestono cariche elettive, sono continuamente nel mirino, anche se bisognerebbe dire che non si possono mettere tutti sullo stesso piano. L´altra settimana, il sindaco di un paese delle Madonie rivelava che per effetto della Finanziaria la sua indennità mensile scenderà da 1.800 a 1.300 euro, e a lui non resterà altra scelta che tornarsene a lavorare a tempo pieno, diminuendo al minimo il suo impegno per i tanti problemi che ha un paese di diecimila abitanti. Gli faceva eco il primo cittadino di un comune più piccolo dell´area madonita, che guadagna, pressappoco, quanto un precario. Lo stipendio di un sindaco è un costo che la collettività dovrebbe sobbarcarsi con maggiore convinzione. Peraltro, i guadagni delle cariche elettive sono sotto i riflettori. Ciò non accade per i tantissimi incarichi di sottogoverno, donati a galoppini, grandi elettori, portaborse e via elencando. Se a ciò aggiungiamo le consulenze, che in Sicilia non si negano a nessuno, ci troviamo davanti una montagna di spesa pubblica. Alla quale ogni tanto viene data una piccola limata, lasciando le cose sostanzialmente immutate. Non è difficile trovarsi davanti un ras di voti, che ha appoggiato il tal onorevole, poi diventato assessore, che lo ha omaggiato, per ringraziarlo di qualche centinaia di consensi, con una consulenza. Sai che quella persona ha un diploma tirato per i denti e ti chiedi in cosa caspita deve essere consultato. Quant´è ampio, in Sicilia, questo universo di compensi inutili, gravanti sulle nostre tasche? Difficile dirlo, protetto come è da occhi indiscreti e da interessi che vanno da destra a sinistra. Se davvero, e non per vendere fumo, si avesse l´intenzione di iniziare una moralizzazione della vita pubblica, questo vasto settore sarebbe quello da dove partire immediatamente. Comuni, province e regione sono gonfi sino all´inverosimile di personale, tra presenti in organico e precari in via di stabilizzazione. All´interno di questo enorme bacino di risorse umane, è banale dirlo, per la legge dei grandi numeri, è senz´altro possibile rintracciare tutto ciò che serve, in termini di qualità e quantità. La lista prosegue. Una categoria a parte è quella dei comandati. Che spesso usufruiscono, per arrivare all´ambita scrivania e guadagnare qualche gruzzolo in più, di legami con questo o quel potente. Quanti ve ne sono, provenienti da altri luoghi pubblici, magari corsie ospedaliere che soffrono di organici ridotti al lumicino e turni massacranti, nell´amministrazione regionale? Possibile che da una parte si dice che si è troppi e dall´altra si chiamino rinforzi? I quali non apportano niente che già gli uffici non abbiano. Ed anche quando risultano depositari del lume della genialità, ed è, capirete, come fare un terno al lotto, sono destinati a passare come meteore. Non lasciando niente dietro di sé e del tutto sguarniti gli uffici che si riducono a meri esecutori di ordini. Per non parlare, poi, degli uffici di gabinetto. Ci si scandalizza tanto per i direttori esterni rimossi perché non avevano i titoli, e non si fa lo stesso per i soggetti imbarcati nelle amministrazioni pubbliche siciliane, Regione in testa, senza che ve ne sia il minimo bisogno. Ecco, se proprio si vuole dare una svolta, non ci si prenda in giro con i 550 euro in meno ai deputati regionali e non si mortifichino i sindaci delle piccole comunità. Si proceda a una pulizia totale di tutti gli emolumenti ingiustificati e degli incarichi senza senso. E si avvii una valorizzazione, considerando meriti e titoli, delle sovrabbondanti piante organiche. Si raggiungeranno due obiettivi. Un effettivo, e non populistico, risparmio e uffici pubblici che saranno messi nelle condizioni di servire, non la politica, ma i siciliani.