lunedì 20 agosto 2012

Preti e liste per le regionali. Nè una novità, nè un pericolo.

LA REPUBBLICA PALERMO - DOMENICA 19 AGOSTO 2012
PAG. XIX
NON E' UNO SCANDALO SE I PRETI FANNO POLITICA
Francesco Palazzo

Le hanno sponsorizzate un gruppo di prelati e laici. Le hanno bocciate tre vescovi di peso, quelli di Palermo, Mazara del Vallo e Piazza Armerina. Le liste per le regionali che potrebbero essere partorite nelle sacrestie meritano qualche riflessione. Si tratta di rispondere a due domande. È una novità assoluta? È un pericolo per la Chiesa, per i laici impegnati nella gestione della cosa pubblica e per la politica? Tutti ricordiamo che la Primavera di Palermo, che segnò l' ascesa di Leoluca Orlando, ebbe uno dei punti principali di azione e di analisi presso i Gesuiti di padre Pintacuda e padre Sorge. E fu attivamente sostenuta da un movimento, Città per l' Uomo, nato all' inizio degli anni Ottanta per favorire un vero decentramento nei Consigli di quartiere. Ebbene, Città per l' Uomo, che partecipò da protagonista alla vita politica cittadina, come ricorda Fabrizio Lentini nel suo bel libro "La primavera breve", venne fuori dal mondo cattolico palermitano ed ebbe la sua sede iniziale al Centro studi sociali dei Gesuiti. Si dirà che erano tempi diversi e che sono circostanze da collocare in un ambito storico e politico differente da quello attuale. Che le cose non stiano così ce lo dice un terzo avvenimento recentissimo. In occasione delle amministrative palermitane, uno dei candidati, Fabrizio Ferrandelli, e il cartello di associazioni, Palermo Più, che lo sosteneva con candidati al Consiglio comunale e assessori designati, hanno avuto quale promotore e ispiratore padre Gianni Notari, il gesuita sino a poco tempo addietro alla guida del Centro Arrupe, ora operante a Catania. Tre casi guardando ai quali è lecito dire che le liste ipotizzate per le regionali da laici e sacerdoti, in cui i primi chiedono ai secondi di fare da garanti, non sono una novità. Resta da rispondere al secondo quesito. Ossia se è un pericolo per la Chiesa, per la politica e per i laici credenti impegnati la formazione di liste siffatte. Si potrebbe intanto dire che se non sono state un problema le tre storie raccontate in precedenza, ma un lievitoe un arricchimento per tutti, non si capisce perché adesso dovrebbe scattare la sirena dell' allarme. Ma non c' è solo questo aspetto di coerenza nella valutazione dei fatti che occorre evidenziare. La cosa più importante è che se c' è, da parte di pezzi della società, che comprende i chierici e i laici che hanno ipotizzato le liste, la consapevolezza di agire alla luce del sole in una competizione politica, salvaguardando la forma e la sostanza delle regole cattoliche che non prevedono per i presbiteri l' elettorato passivo, non si può che essere attenti al fenomeno, senza per forza stroncarlo sul nascere. Non ci perde l' ecclesia, non viene sminuita la politica e non fa un passo indietro la dimensione laica. Nella misura in cui quest' ultima rimane staccata dagli aspetti confessionali e gioca se stessa nel campo aperto del confronto elettorale. Meglio avere laici credenti che si spendono direttamente, anche con il sostegno iniziale di una parte del clero, che tanti baciapile, meglio conosciuti come atei devoti, formalmente autonomi dalle autorità ecclesiastiche ma che invece non sanno dove sta di casa la laicità. E che fanno spesso della fede e della politica ciò che vogliono, utilizzandole per aumentare il loro potere e non per servire le comunità che amministrano.

mercoledì 1 agosto 2012

L'ARS che fu: l'improbabile codice etico e la norma impallinata.

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 01 AGOSTO 2012
Pagina XV
QUANTI INDAGATI NEL PALAZZO ASPETTANDO UN CODICE ETICO
FRANCESCO PALAZZO


L’affossamento all’Ars dell’emendamento che tendeva a non nominare nei pubblici uffici persone incappate in rinvii a giudizio per mafia e per alcuni reati riguardanti la pubblica amministrazione, è un fatto che può essere letto da diversi punti di vista. Durante il dibattito in aula è emerso il profilo garantista, si è sottolineato che non si è colpevoli sino a sentenza definitiva. Cosa del tutto legittima se riguarda un candidato alle elezioni o un eletto, oppure un funzionario in servizio. Ma qui la cosa avrebbe riguardato i nominati, ossia persone che vengono chiamate discrezionalmente dall’organo politico per completare una giunta, per riempire vuoti d’organico o perché esperti di qualcosa che l’amministrazione non possiede. Dunque, c’entra poco qui la presunzione d’innocenza. Il cittadino tal dei tali è illibato sino a sentenza definitiva. Ma perché, se mi serve un esterno da nominare, devo proprio andarne a prendere un tipo che ha procedimenti in corso per reati di mafia oppure consumati dentro la pubblica amministrazione? Non c’è motivo. E, per la verità, non ci vorrebbe neanche una norma per comportarsi in tal modo. Dovrebbe essere iscritta nel codice genetico della classe dirigente la buona pratica di non far toccare la cosa pubblica a chi ha qualche problema con la giustizia. Ma così non è, perciò ci vuole la legge. Che, come in questo caso, viene impallinata nel segreto dell’urna. Così potrà anche accadere ancora che, nominato qualcuno con precedenti giudiziari a carico, poi si dica che non se ne sapeva niente, che non si poteva sapere. Durante il dibattito all’Ars è emerso che queste cose vanno regolate dai codici etici, da condividere in pompa magna tra i partiti seduti attorno a un tavolo. È lo schema classico per affossare ciò che non si vuole digerire. Quando non si vuole fare una cosa, o quando si sa benissimo come si vuole continuare a farla, si tira fuori il codice etico. Ne abbiamo conosciuti a decine. Scritti così bene, con stili talmente raffinati e altisonanti, che neppure sembravano veri. E infatti sono rimasti lettera morta. Ma la vera paura dei nostri (mancati, in questo caso) legislatori era quella di non mettersi sotto i piedi alcuni articoli fondamentali della Costituzione. Cosa poteva pensarne il commissario dello Stato? Ora, questo è l’argomento più curioso di tutti. Perché, legislatura dopo legislatura, il massimo organo rappresentativo della Regione non si è preoccupato affatto quando mandava al vaglio del commissario alcuni provvedimenti improbabili, sospesi sul nulla. Eppure questa volta, su un tema così importante, si teme il suo giudizio e si erge a baluardo insormontabile la Costituzione. Vai a capire.