mercoledì 1 agosto 2012

L'ARS che fu: l'improbabile codice etico e la norma impallinata.

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 01 AGOSTO 2012
Pagina XV
QUANTI INDAGATI NEL PALAZZO ASPETTANDO UN CODICE ETICO
FRANCESCO PALAZZO


L’affossamento all’Ars dell’emendamento che tendeva a non nominare nei pubblici uffici persone incappate in rinvii a giudizio per mafia e per alcuni reati riguardanti la pubblica amministrazione, è un fatto che può essere letto da diversi punti di vista. Durante il dibattito in aula è emerso il profilo garantista, si è sottolineato che non si è colpevoli sino a sentenza definitiva. Cosa del tutto legittima se riguarda un candidato alle elezioni o un eletto, oppure un funzionario in servizio. Ma qui la cosa avrebbe riguardato i nominati, ossia persone che vengono chiamate discrezionalmente dall’organo politico per completare una giunta, per riempire vuoti d’organico o perché esperti di qualcosa che l’amministrazione non possiede. Dunque, c’entra poco qui la presunzione d’innocenza. Il cittadino tal dei tali è illibato sino a sentenza definitiva. Ma perché, se mi serve un esterno da nominare, devo proprio andarne a prendere un tipo che ha procedimenti in corso per reati di mafia oppure consumati dentro la pubblica amministrazione? Non c’è motivo. E, per la verità, non ci vorrebbe neanche una norma per comportarsi in tal modo. Dovrebbe essere iscritta nel codice genetico della classe dirigente la buona pratica di non far toccare la cosa pubblica a chi ha qualche problema con la giustizia. Ma così non è, perciò ci vuole la legge. Che, come in questo caso, viene impallinata nel segreto dell’urna. Così potrà anche accadere ancora che, nominato qualcuno con precedenti giudiziari a carico, poi si dica che non se ne sapeva niente, che non si poteva sapere. Durante il dibattito all’Ars è emerso che queste cose vanno regolate dai codici etici, da condividere in pompa magna tra i partiti seduti attorno a un tavolo. È lo schema classico per affossare ciò che non si vuole digerire. Quando non si vuole fare una cosa, o quando si sa benissimo come si vuole continuare a farla, si tira fuori il codice etico. Ne abbiamo conosciuti a decine. Scritti così bene, con stili talmente raffinati e altisonanti, che neppure sembravano veri. E infatti sono rimasti lettera morta. Ma la vera paura dei nostri (mancati, in questo caso) legislatori era quella di non mettersi sotto i piedi alcuni articoli fondamentali della Costituzione. Cosa poteva pensarne il commissario dello Stato? Ora, questo è l’argomento più curioso di tutti. Perché, legislatura dopo legislatura, il massimo organo rappresentativo della Regione non si è preoccupato affatto quando mandava al vaglio del commissario alcuni provvedimenti improbabili, sospesi sul nulla. Eppure questa volta, su un tema così importante, si teme il suo giudizio e si erge a baluardo insormontabile la Costituzione. Vai a capire.

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