La Repubblica Palermo – 18 marzo 2021
Ma il rinnovamento
della Chiesa passa anche per la disobbedienza
di Francesco Palazzo
Non so se i rappresentanti
della Chiesa cattolica benedicano ancora le case o le automobili. Certamente le
opere pubbliche e qualsiasi inaugurazione. Si arrivarono a consacrare pure le
armi che andavano a combattere nei teatri di guerra. Per venire all’oggi, la
Santa Sede comunica che non si può procedere alla benedizione delle unioni
omosessuali. E ciò vale per tutte le convivenze fuori dal matrimonio. Non
parliamo di articoli di fede, ma di una prassi che dentro la Chiesa presenta
tra i parroci qualche posizione diversa. Non ci si limita a non benedire. Ma si
parla di accompagnamento degli omosessuali, ai quali si propongono cammini di
crescita nella fede e aiuti per comprendere e realizzare pienamente la volontà
di Dio nelle loro vite. Come se fossero mancanti in qualcosa di fondamentale,
tanto da essere guidati. E non si benedice perché non ci si trova davanti a
qualcosa di «oggettivamente ordinato a ricevere ed esprimere la grazia, in
funzione dei disegni di Dio iscritti nella creazione». Non so se ci si rende
conto della gravità di tale passaggio. Anche se si scrive che si rispettano le
persone, pur eccependo contrarietà rispetto allo stato in cui si trovano. Ma le
persone si onorano integralmente nel loro essere portatrici di umanità. Del
resto, proprio l’amore senza altri ornamenti connota il Cristo impresso nel
Nuovo Testamento. Mancando questa dimensione si perde la parte fondamentale del
suo lascito. Senza il quale resta ben poco. Non è che manchino le eccezioni.
Una l’abbiamo registrata nel 2016, la ricordava ieri Repubblica. Don
Cosimo Scordato, nella rettoria palermitana di San Francesco Saverio,
all’Albergheria, presentò due donne che si sarebbero sposate civilmente dopo
qualche giorno, chiedendo ai fedeli di «accoglierle nella comunità e di pregare
per la loro vita insieme». Una scelta «che guarda al futuro», disse don Cosimo.
Sin troppo ottimista, se dopo cinque anni la testa della Chiesa cattolica
su certi temi è rivolta sempre al passato remoto. Una posizione che nell’era di
Francesco, e in quella di suoi apprezzati epigoni messi a capo di diverse
diocesi, si deve coniugare in termini diversi. Il problema non è essere
cattolici o non avere la libertà di vivere come si vuole, a prescindere da ciò
che pensano i cattolici. Ma la disumanità di simili deliberazioni. Nel 2021,
non nel periodo della Controriforma. Si benedicono matrimoni di persone che
possono pure essere mille miglia distanti dal Vangelo: basti pensare a quante
nozze di individui implicati in vicende mafiose si sono consacrate in pompa magna
(a proposito, ancora accade?) davanti agli altari delle chiese cattoliche. Non
si tratta di stravolgere chissà cosa. Il gesto di don Scordato non tolse nulla
a nessuno, ma aggiunse a quelle più battute, ma non per questo più vere, una
dimensione dell’amore che non esclude e che non prevede percorsi di
"depurazione". Ama e fa’ ciò che vuoi, diceva Sant’Agostino, che non
è un signor nessuno come chi scrive, ma uno dei Padri della Chiesa. E se è vero
che la misura dell’amore è amare senza misura, come sosteneva sempre Agostino,
sarebbe interessante sapere cosa ne pensano su tale questione non una sparuta
minoranza di sacerdoti, la stragrande maggioranza stanno allineati e coperti,
ma gli arcivescovi siciliani. Parlare di rinnovamento è bello, ma può essere sin
troppo facile se si muovono solo le parole. Viverlo, essendo a capo di diocesi,
facendo camminare pure i fatti, lo è ancora di più. E allora la domanda alla
Conferenza episcopale siciliana, o a qualche singolo vescovo che volesse
rispondere, è la seguente. Possono essere presentate alle comunità dei fedeli
nelle parrocchie, accogliendole con ogni benedizione nei loro percorsi d’amore
e senza ulteriori distinguo, come è successo all’Albergheria, delle persone che
hanno deciso di vivere dimensioni di coppia non finalizzate al matrimonio
canonico?