sabato 24 dicembre 2011

Transenne o non transenne. That is the question.

REPUBBLICA PALERMO - SABATO 24 DICEMBRE 2011
Pagina XXIII


NELL´ISOLA PEDONALE SENZA VIGILI IL COMUNE ALZA BANDIERA BIANCA

Francesco Palazzo

Transenne o non transenne? E, soprattutto, chi le porta? I commercianti o il Comune? Non siamo all'altezza dell'essere o non essere scespiriano, ma il dilemma della chiusura pomeridiana di un piccolo tratto di strada, decisa dall'associazione Centro commerciale naturale Politeama, Ruggero Settimo & dintorni, che va da piazza Ruggero Settimo all'incrocio di via Cavour, ci ha messo di fronte a questa assurda domanda. Mica parliamo di tempi eterni. Dal 17 al 23 dicembre e dal 2 al 7 gennaio. Undici giorni, se togliamo quelli festivi. E non undici giorni di ventiquattrore, ma di quattro ore. In tutto 44 giri d´orologio. Che gettano nel panico il Comune. Un giorno mette le transenne, un altro si appella alla carta scritta, il giorno successivo recupera per il rotto della cuffia. Adesso si cerca di porre rimedio. Vedremo se si arriverà sino al 7 gennaio senza altre sorprese. Per anni abbiamo detto, e scritto, che i commercianti della zona centrale della città sono restii a qualsiasi forma di limitazione del traffico. E, in effetti, abbiamo dovuto registrare parecchi irrigidimenti sull'argomento, in tempi anche recenti. Tanti buoni propositi, l´ultimo nell'ottobre del 2009, da parte del Comune si sono infranti come neve al sole sul niet dei commercianti. Le macchine prima di tutto. E adesso che loro si convincono, e ci hanno messo davvero tanto, e forniscono pure mezzi di trasporto per portare i palermitani nel salotto della città e un ticket per posteggiare gratuitamente, cosa fa il Comune? Invece di coinvolgere tutte le forze di cui dispone per incoraggiare questo deciso segnale di apertura di chi vive di commercio, scrive un´ordinanza che ha dell´incredibile. Un´ordinanza che, anche se verrà sostituita da nuove disposizioni ma solo sull´onda della protesta, è un esempio di come la burocrazia, invece di fare ponti d´oro all´iniziativa privata che non chiede stavolta finanziamenti, e quindi sperpero di risorse pubbliche, alza il muro della norma che disorienta e stupisce. Secondo quanto scritto dal Comune nell´ordinanza del 16 dicembre, l´organizzazione dei commercianti avrebbe avuto l´obbligo di curare a propria cura e spese il transennamento del tratto di strada interessato, quando basterebbero due vigili, a piedi, in moto, a cavallo, messi da un capo all'altro del breve spazio interessato. E non si dica che sono carenti gli addetti della polizia municipale. Perché, quando si vuole, il personale c´è. Ogni mattina vedo due vigili intenti a presidiare con cura strisce pedonali lunghe non più di cinque metri. Consentono di accedere a una scuola elementare in un quartiere residenziale di Palermo. Quando passo da lì, mi chiedo se per caso ogni giorno mettono due agenti nei pressi di ogni scuola elementare palermitana. Perché, se così è, non si capisce il motivo per cui, sempre nell'ordinanza, si chiedeva ai commercianti di vigilare con proprio personale i varchi di accesso della zona chiusa al traffico. Non solo. Il personale doveva essere costantemente visibile agli utenti, utilizzando abiti ad alta visibilità retroriflettente e rispettare tutte le disposizioni di legge, allo scopo di assicurare la salvaguardia della pubblica incolumità. Insomma, si chiedeva agli esercenti di mettere in piedi una squadra di vigilanza privata, fatta di volontari con gli occhi bene aperti. Perché qualsiasi danno arrecato a cose e persone sarebbe stato a loro carico. E non è finita. I commercianti dovevano pure consentire l´uscita dei veicoli «a passo d´uomo» dai passi carrabili autorizzati. Ma, a parte la pantomima sulle transenne, è questo un modo per incentivare in futuro simili iniziative? No, di certo. Già questo gruppo di imprenditori aveva pensato di esportare l´iniziativa anche in altri periodi dell'anno, tanto da far diventare la chiusura al traffico permanente. Ma forse hanno capito che si imbarcherebbero in un´avventura surreale. Bella e impossibile. Almeno sino a quando l´amministrazione comunale avrà una gestione politica così approssimativa.

venerdì 23 dicembre 2011

IL BUON NATALE DELLA SICILIA DIPENDE DA NOI.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Economia, Cultura
N. 49 del 23 12 2011 - Pag. 2
BUON NATALE SICILIA
Francesco Palazzo

Il Natale è una festa che ha caratteri eminentemente religiosi, ma che tutti ci coinvolge. Forse perché Gesù era solo un uomo di buona volontà, che solo dopo, senza che ciò coincidesse col suo volere, è diventato il fondatore di chiese che in lui si riconoscono. In Sicilia, tanti uomini e donne di questo tipo hanno profuso il loro impegno permettendoci di riempire di calore e speranza il futuro. Tanti nomi potremmo inserire nel nostro presepe. Da Pippo Fava, giornalista e scrittore che lottò con estro a Catania contro le mafie, a Rosario Livatino, magistrato silenzioso e coraggioso interprete della legge. Da Danilo Dolci, intellettuale uomo del nord che volle capire e combattere dal basso, a Placido Rizzotto sindacalista uomo del sud che si batteva per dare dignità ai lavoratori senza diritti. Da Pio La Torre, comunista, che seppe colpire concretamente la mafia, a Piersanti Mattarella, uomo politico cattolico che, dalle stanze del potere, volle costruire una Sicilia dignitosa e pulita. Da Beppe Francesce a Mauro De Mauro, giornalisti che non vollero cambiare una virgola dei loro pezzi. Da Giovanni Falcone a Paolo Borsellino, da Nino Caponnetto a Rocco Chinnici, da Gaetano Costa a Cesare Terranova, magistrati che vollero dare dignità quotidiana alle toghe che indossavano. Da Leonardo Sciascia a Giuliana Saladino, autori che ci regalarono pagine che ancora ci accompagnano. Da Pino Puglisi a Peppino Impastato, sacerdote il primo, militante politico il secondo che, con fedi diverse, in tempi diversi, interpretarono un impegno comune. Da Graziella Campagna a Rita Atria, uccise in modo diverso dalla violenza mafiosa. Tante biografie, facce, vite, tanti natali. La lista potrebbe essere molto più lunga, lo sappiamo. Non sarebbe, però, completo il presepe, o risulterebbe di troppo facile e retorica composizione, se non guardassimo anche all’oggi. Cioè ai natali quotidiani di quanti vorrebbero una Sicilia più bella e di coloro che ancora la vogliono trattenere in mezzo al guado, a motori spenti in mezzo alla storia che corre veloce. Nel presepe secolarizzato senza stelle comete del nostro presente di siciliani, troviamo entrambi le tipologie, in un miscuglio che appare confuso ma che può anche presentare ambiti d’impegno su cui misurarsi e orientarsi. Partendo da un dato preliminare. Che vede la nostra Regione, ancora, inchiodata tra gli ultimi posti in importanti indicatori che misurano la qualità della vita. Non è e non sarà facile invertire questi numeri. Ci sono gli indigenti con i quali costruire percorsi di affrancamento ma anche la borghesia di grandi e piccole città con cui dialogare. La cultura e le pratiche mafiose da combattere, ma anche la necessità che s’individuino linee di sviluppo economico e sociale che non crescano soltanto nell’ambito della contrapposizione alla criminalità organizzata. Le poche oasi di civiltà da custodire ma anche il raggiungimento di un patto di regole che possa rendere tutte le città siciliane non giungle ma aggregati di vivibilità. La critica, puntuale, coraggiosa, laica, alle istituzioni rappresentative e ai partiti, ma anche una cittadinanza attiva che sappia misurarsi con le difficoltà del governo delle cose e con le dinamiche partitiche, che spesso sono meno viziose, anche se più plateali, di quelle sommerse che si registrano nella società civile che agisce fuori dai partiti. Tutto ciò per continuare e cominciare, per donare e costruire natali ed epifanie di giustizia e sviluppo. Per mettersi sempre più su un terreno che non sappia cantare solo la nenia della speranza, ma anche la prosa di un faticoso quotidiano operare. Occorrerebbe uno sforzo supplementare, che quasi tutte le biografie prima citate hanno svolto sino in fondo, entrando nelle dinamiche, soprattutto quelle istituzionali. Vivendo, con radicale pazienza, la fatica e il coraggio di “sporcarsi le mani”. Il bambino che era nato in una mangiatoia aveva poche possibilità di sopravvivere, era affamato, senza fissa dimora, escluso, povero. Solo le cure di coloro che in quel di Betlemme vollero partecipare a un percorso collettivo, lasciando le proprie incombenze, permisero che un pargolo nato in una stalla avesse futuro e con lui il suo progetto. Buon natale a loro che ci hanno indicato la via e a noi che, oggi, abbiamo il compito di proseguirla fattivamente con creatività, coerenza, dignità e concretezza. Buon Natale alla Sicilia. Nella speranza che lasci presto la palude del particolarismo e si senta, e agisca, sempre più, in una prospettiva moderna, europea, con forti radici mediterranee. Ma che questo accada o meno, lo sappiamo, dipende da tutti noi.

mercoledì 14 dicembre 2011

Unioni civili all'ARS: quelli che proteggono la "famigghia" non ci stanno.

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 14 DICEMBRE 2011
Pagina XXIII
UNIONI CIVILI, UN PICCOLO PASSO SULLA STRADA DELLA CIVILTÀ
Francesco Palazzo


Non c´è dubbio che la famiglia, quella naturale s´intende, in Sicilia abbia una forte rilevanza. Sarà per questo che il disegno di legge sulle unioni civili, presentato all'ARS, ha fatto nascere un fuoco di sbarramento trasversale. Le motivazioni sembrano essere tre. In primo luogo, si afferma che il disegno di legge è discriminatorio nei confronti della famiglia tradizionale, quella tutelata dalla Costituzione. Ma nei quattro articoli della legge non c´è traccia di tale attentato. Poi c´è la classica opposizione di chi sostiene che di altro la Sicilia ha bisogno. E figuriamoci se non lo sappiamo. Sarà per questo che all'ordine del giorno della seduta dell'Assemblea Regionale di ieri è stato inserito un ddl sul «riconoscimento e la valorizzazione della funzione educativa e sociale svolta dalle parrocchie e dagli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica». Tematica di sicuro interesse, ma non si può dire che costituisca esattamente la principale preoccupazione dei siciliani. Specialmente in questo momento. Dunque, perché si utilizza l´argomento del "benaltrismo", giusto sul provvedimento che riguarda le unioni civili, che riguarda credenti e non credenti, e invece nulla si obietta circa un ambito che presenta un segno spiccatamente confessionale? Vai a capirlo. La terza critica giunge da sinistra. E forse è quella di cui vale la pena discutere. La tesi è che questo testo sarebbe vuoto, pura propaganda e niente concretezza. Ma è proprio così? Possiamo capirlo leggendo meglio gli articoli (1, 2 e 3) che contengono le disposizioni effettive. All'articolo 1 troviamo l´istituzione di un elenco regionale delle unioni civili presso l´assessorato regionale per la Famiglia, le politiche sociali e il lavoro. Sulla stessa scia si è mosso il consiglio comunale di Palermo, votando, l´8 novembre, l´istituzione di tale omologo registro cittadino. Che, per essere operativo, attende il pronunciamento della Regione. All'articolo 2 il disegno di legge prevede un´adeguata formazione del personale regionale, al fine di eliminare qualsiasi discriminazione nell'ambito dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. Chi non ha mai sentito negli uffici, non solo regionali è ovvio, i risolini e i commenti più che sarcastici, travestiti di bonarietà, ma in realtà spietati, che escono dalle bocche dei sessualmente "normali", può ritenere questo aspetto secondario. Ma non lo è affatto. L´articolo 3 contiene quello che è forse l´ambito più delicato e importante. Tante volte abbiamo letto di persone che non sono state ammesse ad assistere congiunti, con i quali hanno vissuto nella stessa casa per decenni, perché non avevano un vincolo ufficiale da esibire. Ebbene, con questa norma si stabilisce che chiunque abbia raggiunto la maggiore età può designare, se vuole, la persona che può avere accesso presso le strutture sanitarie, pubbliche e private, al fine di portare assistenza e ricevere le informazioni da parte del personale sanitario. A tale riguardo, peraltro, ci si è rifatti ad un´analoga legge della Regione Liguria del novembre 2009. Che era stata impugnata dal governo, ma è stata riconosciuta valida da una sentenza della Corte Costituzionale, la numero 94 del marzo scorso. Anche la critica sulla scarsità dei contenuti, alla luce di quanto scritto nella legge, ci pare dunque francamente non fondata. Per carità, si può discutere di tutto. Ma sulle norme basilari di civiltà, a prescindere dalle posizioni religiose e politiche di ciascuno, si dovrebbe concordare senza alzare inutili e infondati polveroni.

venerdì 9 dicembre 2011

Samuele e la città che si sveglia un attimo dal torpore.

LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDI' 9 DICEMBRE 2011
Pagina I

La pietà per Samuele il silenzio per gli altri

Francesco Palazzo

E sì che è facile dare solidarietà al piccolo Samuele. Di più, amore disinteressato da parte di chiunque si avvicini a questa storia di sofferenza. Ed è, allo stesso, modo, automatico esprimere disprezzo per chiunque abbia ridotto il suo corpicino in quello stato. Ricordate quella madre che anni fa lasciò una bambina appena nata in un cassonetto di un quartiere periferico di Palermo? Centro storico ora e un quartiere marginale allora. Come si vive in questi posti? Male. E quelli che ne pagano il prezzo più alto sono i bambini. No, non penso a Samuele. Forse lui si salverà. La violenza estrema che ha subito è riuscita a squarciare il velo del silenzio e la pietà dei tanti è accorsa al suo capezzale. Perché una città che non è più, da tempo, una vera comunità, ha bisogno di questi episodi per risvegliarsi un attimo dal torpore. E poi tornare a dormire. Perché se questa metropoli fosse quello che da tanti anni non è, appunto una città che si riconosce in se stesa e sa curare in tempo i propri mali, o che almeno ci tenta, saprebbe che tanti Samuele vivono, più o meno, così. Questi, la città che non è più città, non li vede. Se gliene capita qualcuno soffocante tra i piedi, allora spuntano i peluche. Siamo pure vicini a Natale. Il quadretto è completo. Cinicamente, Palermo risolve tutto in maniera scontata. Non vedendo gli altri Samuele, prima che abbiano i fegati distrutti o le faccine tumefatte. E non vedendo neanche i loro genitori. Sì, perché ci sono anche loro. Vittime e carnefici nello stesso tempo. Non si tratta, qui, di fare del pietismo o del sociologismo a buon mercato. Le colpe sono sempre individuali, nelle comunità che sono tali. Ma in una città che non è più una città, chi può scagliare la prima pietra? Onestamente, nessuno lo può fare. In primo luogo non ne ha titolo una moltitudine di cittadini che si è ridotta a vivere la propria casa come il massimo della vivibilità e a depredare tutto quello che può per sé dal territorio e dalle relazioni che in esso s´instaurano. Non può dire niente la politica. Quella che in questi ultimi dieci anni non ha amato neanche se stessa, quel minimo di dignità che tutti dovremmo sentire verso le cose che facciamo. E non può dire niente quella che scalda i motori per conquistare il palazzo del potere. A volte, abbiamo l´impressione, il potere per se stesso. Basta vedere cosa è diventata, da una parte e dall´altra, la corsa per ricoprire la poltrona di primo cittadino: una specie di concorso tra prime donne a lame sguainate. Ma cosa può dire o dare questa politica ai Samuele di Palermo? Se proprio si presentano moribondi, un peluche e retorica a tonnellate non si negano a nessuno. Fanno fare bella figura e sono politicamente corretti. Cosa può dire e dare ai loro padri e alle loro madri, prima che alzino il braccio più del solito e diventino mostri della cattiva coscienza altrui? Niente di niente. Li ha persi di vista da tempo. In una città come questa, dove ormai sopravvivi se hai i mezzi per farlo, se appartieni alla tribù giusta, dove si è persa la dimensione di una collettività che abbia qualche scopo comune, a qualche Samuele può toccare per caso di riemergere fortunosamente dal buio. Per gli altri niente da fare. Almeno sino a quando non toccherà al prossimo.

sabato 3 dicembre 2011

Scuola, democrazia e lotta alla mafia.

LA REPUBBLICA PALERMO – SABATO 03 DICEMBRE 2011
Pagina XXIII
LA RIINA ELETTA A SCUOLA PUO' ESSERE UNA BUONA NOTIZIA
Francesco Palazzo

L´elezione della figlia di Totò Riina nel Consiglio di circolo di una scuola elementare di Corleone, in rappresentanza dei genitori, ha suscitato, come prevedibile, molto scalpore. Per il sindaco di Corleone è una candidatura inopportuna. Il preside della scuola Finocchiaro Aprile, Mario Zabbia, la prende con più moderazione: «Si è trattato - dice - di una regolare elezione gestita nell´assoluta normalità». Aggiunge che «sarebbe opportuno spegnere i riflettori». Sì, forse gli abbaglianti accecanti è giusto attenuarli. Almeno in questo caso. Basta tenere accesa una luce modesta, per dire alcune cose. Intanto, il fatto che la signora abbia chiesto di essere inserita, non attraverso una cooptazione di qualche oscuro potentato, ma chiedendo di essere votata in un organismo democratico, è una buona notizia. Si confronterà con altri sette genitori e vedremo cosa ne verrà fuori. Peccato che nessuno abbia notato tale aspetto. Sulla vicenda registriamo, tra gli altri, pronunciamenti più che perplessi da parte di Antonio Ingroia e Giuseppe Lumia. Il magistrato dice che fa pensare che un nome come quello di Riina riscuota consenso a Corleone. Mica tanto, però, se guardiamo i numeri. La signora Riina ha avuto appena 36 voti su 270. Se vogliamo prendere i 270 genitori votanti per il Consiglio di circolo della scuola come rappresentativi dell´intera popolazione corleonese, il cognome Riina sembra avere un peso molto limitato, appena il 13,3 per cento dei consensi. E la signora è arrivata sesta su dieci persone che concorrevano a occupare gli otto posti disponibili nell´organismo scolastico. Non sembra affatto un plebiscito imbarazzante. Né pare, visti i risultati, ci sia stato dal corpo elettorale un qualche timore riverenziale nel momento in cui ha espresso il proprio gradimento per i candidati nel segreto dell´urna. Dietro l´atteggiamento, abbastanza sereno, degli altri genitori e del dirigente scolastico possiamo scorgere un comportamento che dovrebbe indurre tutti noi alla riflessione. Piuttosto che tentare di mandare via i figli di coloro che si sono macchiati di gravi reati, gesti che fanno raggiungere le prime pagine e conferiscono un´evanescente notorietà, ma non spostano più di tanto la realtà delle cose, occorre confrontarsi con essi e far prevalere un´altra Corleone e un´altra Sicilia. Con le armi della democrazia e della partecipazione. Soprattutto dentro le dinamiche scolastiche. A tal proposito, leggiamo che ci sarà da stipulare una convenzione tra la scuola corleonese in questione e Addiopizzo, con conseguenti lezioni sulla cultura antimafia. Benissimo. Quelle lezioni le ascolteranno tutti, sia i ragazzi e le famiglie che hanno fatto una precisa e ragionata scelta antimafia, e sono tanti anche a Corleone, sia quelli che ancora non l´hanno maturata o stanno ancora sull´altro versante. Dovremmo ormai aver capito, da tempo, che impartire ammaestramenti legalitari e antimafia a coloro che già sono d´accordo con noi può forse gratificarci, ma è come sfondare una porta aperta, peraltro in un ambito spesso molto ristretto di popolazione. Infine c´è l´appunto sollevato dal senatore Lumia. Se la signora Riina vuole dare un contributo alla società, deve prima dire no a Cosa nostra e poi convincere i suoi familiari a collaborare con la giustizia. Altrimenti, ritiene l´esponente democratico, questo è solo un modo per ribadire una presenza, che va respinta e isolata. Non sappiamo se questa sia la reazione giusta nel caso specifico. Probabilmente leggere continuamente il mondo con lo stesso cannocchiale non sempre aiuta. Forse, molto più semplicemente, il figlio della Riina ha chiesto alla madre un coinvolgimento più diretto nella sua vita scolastica. Come fanno tanti figli. In ogni caso. Siamo così sicuri che rapportandosi con altri genitori la signora non arrivi a interrogarsi sul passato e il presente della sua famiglia e sul suo futuro? Altrimenti, e questo sarebbe un vero fallimento, dovremmo candidamente ammettere che genitori e figli escono dagli ambienti scolastici così come ci sono entrati.

venerdì 2 dicembre 2011

Primarie a Palermo: dentro i gazebo non c'è pace. E neanche fuori.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
2 Dicembre 2011
Perchè è importante il 29
Francesco Palazzo

Sembra abbastanza ragionevole la proposta del tavolo che sta organizzando le primarie a Palermo. Si mantenga la consultazione nell'alveo del centrosinistra ma si dia agli elettori la possibilità di scegliere non solo tra i nomi, ma anche tra le diverse proposte politiche che questi incarnano. Siamo già arrivati a cinque candidati. Non sappiamo quando sarà dato lo stop per la presentazione delle candidature. Ogni elezione che si rispetti ce l'ha. Altrimenti si trasforma in un inutile gioco di società. Ciascun soggetto della cinquina rappresenta un ampio ventaglio di proposte politiche. Si va dalla sinistra dura e pura alla totale apertura ad ipotesi terzopoliste. Il votante ai gazebo del 29 gennaio, avrà dunque di che scegliere. Questa potrebbe risultare una soluzione più che sensata anche per il PD. Lasci perdere gli ultimatum alla Borsellino, che peraltro sembra aver modificato sensibilmente la propria posizione. Ha al suo interno ben tre candidature abbastanza eterogenee tra loro, l'eurodeputata, Davide Faraone e Ninni Terminelli. Ciò dovrebbe bastare ai democratici per finirla con i viaggi romani verso la segreteria nazionale, alla quale si chiede lo scioglimento di chissà quale rebus. Se si crede davvero alle primarie come strumento di scelta, l'ultima parola la deve dire il corpo elettorale che farà le file, e pagherà, per esprimere il proprio parere. Se qualcuno dei big sponsor democratici di Lombardo alla regione, ritiene che tre candidature in un partito sono poche, o poco rappresentative, la smetta di fare melina. Prenda il coraggio a quattro mani e aggiunga il suo nome ai cinque già in lizza. Sottoporsi al voto popolare è il miglior modo per trovare conferma, o meno, alle proprie idee e prospettive politiche. Questa ipotesi di percorso proposta da Palermo è ora, per scongiurare qualsiasi messa in soffitta dell'elezione primaria, dovrebbe sembrare più che giudiziosa pure a Italia dei Valori. O, se dobbiamo dirla senza giri di parole, a Leoluca Orlando. Non è mettendo pregiudiziali che si costruisce la politica, così si edifica soltanto il deserto. E ci pare che una parte dell'eredità lasciata dalla primavera di Palermo e dalle due legislature degli anni novanta, insieme a tanti aspetti positivi, è consistita proprio nel fare terra bruciata nel vicino di casa. Regalando a questa città dieci lunghi anni di un pessimo centrodestra. Se l'ex sindaco ritiene che le sue ragioni politiche siano maggioritarie tra i simpatizzanti del centrosinistra palermitano, non deve fare altro che sottoporle al vaglio delle primarie. Che, così concepite, dovrebbero andare bene anche al terzopolo, che continua a lanciare ultime condizioni al PD da una parte e alla Borsellino dall'altra. Attenda con rispetto che il popolo del centrosinistra si pronunci a fine gennaio, senza far intendere di avere chissà quanti candidati pronti a scendere in campo a Palermo. Per la verità, di tutta questa folla pronta a correre sotto le insegne di autonomisti e company nel capoluogo, per la poltrona di primo cittadino, sinora non ne abbiamo avuto sentore. Ci risultano, al contrario, prese di distanza e gentili dinieghi. Se avessero avuto l'asso nella manica, il nome a cui non si può dire di no, quello fortemente rappresentativo e in grado di vincere, l'avrebbero già tirato fuori. Stessa cosa poteva fare il PD prima di proporre la candidatura a Rita Borsellino, una persona che è sempre stata più che chiara circa il matrimonio tra i democratici e Lombardo. Il PD poteva, cioè, semplicemente, trovare un nome che fosse il rappresentante della maggioranza che al momento governa (?) l'ARS. Se non l'ha fatto, un motivo ci sarà stato. Non sono del tutto convinti, loro stessi, di quanto teorizzano? Oppure hanno paura di portare alle urne, in un appuntamento più che significativo, come le elezioni nella quinta città d'Italia, il loro progetto politico? Tornando alle primarie, si deve ricordare che dovrebbero essere uno strumento in mano agli elettori, non una clava in mano ai partiti per picchiarsi meglio. E non possono costituire nemmeno, al contrario, quando il mare non è agitato, il giro di giostra che i notabili di partito, giovani o anziani che siano, concedono ai votanti, tanto tutto è già deciso. Se i partiti del centrosinistra palermitano, allargato, ristretto, con o senza panna, non riescono a trovare una strada percorribile e unitaria circa il perimetro della coalizione, ed è sotto gli occhi di tutti, e pensare che hanno avuto dieci anni per allenarsi, lascino agli elettori la decisione ultima scegliendo una delle cinque, sei o sette proposte politiche, provenienti tutte dal centrosinistra, che però propongono soluzioni diverse. Si ha forse paura di ciò? Lo comprendiamo. E' più semplice essere quattro amici al bar e sfinirsi con polemiche al vetriolo e veti oltranzisti. O si ritiene che quanto sono in grado di decidere una decina di persone sia più importante e significativo di quanto possono fare ventimila e più votanti ai gazebo?

mercoledì 23 novembre 2011

Spremuta libera.

REPUBBLICA PALERMO – MERCOLEDÌ 23 NOVEMBRE 2011
Pagina XV
BEVIAMO SUCCO D´ARANCIA PURCHÉ NON SIA UN ORDINE
Francesco Palazzo

Tutto si poteva aspettare un commissario dello Stato in Sicilia. Ma impugnare una norma sulla Coca-Cola, no. E pare che all´Ars vogliano stare sul punto. Riscriveranno il testo e se la vedranno con la Costituzione. Che, all´articolo 120, dice chiaramente che le Regioni non possono ostacolare la libera circolazione delle cose. Sarebbe l´abc dei sostenitori del libero mercato e della concorrenza, concetti di cui è pieno il dibattito politico. Soprattutto dalle parti dei liberali, liberisti e riformisti. O sedicenti tali. Sulla norma in sé, che al fine di lottare l´obesità giovanile vorrebbe vietare la somministrazione di bevande gassate nei distributori delle scuole siciliane, a favore dei prodotti siciliani, in primis il succo di arancia - potremmo chiamarlo riformismo naturale o sgasato - alcune considerazioni si possono fare. Intanto c´è un problema pedagogico. Ne ha fatto cenno Fabrizio Lentini, in una sua "Bussola". Chi conosce bambini e adolescenti sa che c´è un solo modo per stimolarne la trasgressione: impedirgli categoricamente qualcosa. Che puntualmente faranno. Tanto che questa campagna anticoca (Cola), con l´aggiunta mediatica della doverosa impugnativa, rischia di far innamorare della famosa bevanda anche i pargoli che sino a oggi l´hanno tenuta a debita distanza. Passiamo al metodo comunicativo. Nei media basta parlare di qualcosa per indurre un effetto contrario a quello che si vuole perseguire. La multinazionale, più che prendersela, dovrebbe ringraziare l´Ars per la legge su agricoltura e pesca che contiene l´emendamento antigas impugnato, visto che si tratta di un enorme spottone gratis. Andando oltre, a parte il problema costituzionale, non si può non notare un errore di strategia, di marketing, nel voler piazzare gli alimenti siciliani nei distributori facendo sparire gli altri. Si intravede, in questo atteggiamento protezionistico, una conoscenza quanto meno problematica di quelle che sono le leggi di un mercato globalizzato. Un produttore acquisisce fette di compratori mettendo sullo stesso scaffale il suo bene accanto a quello che vuole sostituire. Se lo supera per prezzo e qualità, allora il secondo scomparirà dalle priorità dei consumatori. Ma non basta ciò. Occorre assicurare anche la continuità. Non si può, senza prima avere sperimentato sul campo un´alternativa valida e duratura, procedere con una specie di pianificazione commerciale regionale forzata, proveniente da un Parlamento. Roba che neanche nell´Unione Sovietica dei tempi migliori (o peggiori, a seconda dei punti di vista). Peraltro c´è pure un certo disorientamento per ciò che riguarda l´aspetto medico. Secondo gli esperti in dietologia, non ci sono alimenti di per sé nocivi, ma abitudini alimentari giuste o sbagliate. L´acqua fa bene, ma provate a berne cinque litri di seguito. Allora, più che terrorizzare in maniera non giustificata i ragazzi, provocando l´effetto contrario, si introducano corsi di educazione alimentare nelle scuole. Poi ciascuno, ben informato, deciderà in piena libertà se continuare ad aprire lattine o passare ad altro. Se si seguita a puntare sulla pericolosità dei singoli alimenti, che dire delle merendine, delle patatine fritte, del pane e panelle, specialità tutta locale, e di altra roba simile? Infine c´è l´argomento politico, sicilianista, che così arriva sino a tavola, speriamo che almeno rimanga fuori dalle camere da letto. La somministrazione di succo d´arancia e frutta fresca tagliata, attraverso i distributori automatici, dovrebbe indurre a mangiare e bere siculo. Non solo nelle scuole, ma in ogni luogo pubblico. Una sorta di dieta monotematica ideologica, proprio adesso che le ideologie sembrano passate a miglior vita. Commissario o non commissario, attendiamo di vedere tutto questo ben di Dio aggiungersi negli erogatori alle bevande gassate e agli altri snack. Ma, chissà perché, il tutto ci sembra una di quelle cose che durano da Natale a Santo Stefano, ossia il tempo dell´inutile polemica. Intanto, nell´attesa di sapere se la Regione insisterà nel proposito, beviamoci pure un salutare succo d´arancia. Senza però far diventare la nostra pratica l´undicesimo comandamento.

venerdì 11 novembre 2011

La crisi secondo l'arcivescovo. E secondo noi.

LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ 11 NOVEMBRE 2011
Pag. I
Ristoranti pieni? No, cervelli in fuga e negozi chiusi
Francesco Palazzo


Il cardinale di Palermo, Paolo Romeo, sposando quanto detto dal premier a un summit internazionale, dove si parlava della nostra sopravvivenza come paese, ha affermato che è vero, la crisi, anche da noi, non si vede poi mica tanto, visto che la gente affolla le pizzerie, si muove in aereo e in auto senza pensare ai costi che deve sostenere, affolla gli autogrill spendendo denaro per cose futili. Certamente l´analisi dell´arcivescovo è stata più complessa e, del resto, egli stesso ha avuto modo di rettificarla, nei giorni successivi calibrando meglio il suo intervento e sfrondandolo di quelli che potevano apparire come giudizi assolutamente in linea con la tesi del presidente del Consiglio. Tuttavia, appare fuorviante attribuire, di fronte a dati oggettivi più che evidenti, al comportamento dei consumatori una sorta di corresponsabilità circa il grave momento finanziario che stiamo vivendo. Soprattutto se guardiamo alla Sicilia. Un primo dato palese l´ha fornito lo stesso cardinale quando ha ricordato, contestualmente alle dichiarazioni sopra riportate, il cospicuo numero di giovani costretti ad andare via negli ultimi anni per provare a cercare lavoro da qualche altra parte. Perché tante intelligenze fuggono? Delle due l´una. O la crisi è impalpabile, una specie di leggenda metropolitana, (ma, a parte Berlusconi, non lo pensano più neanche a Roma non si capisce perché si deve iniziare a dirle proprio in Sicilia certe cose) o questi giovani varcano lo stretto perché la toccano, e non da oggi, drammaticamente con mano. Certo, magari la sera prima, ciascuno di loro avrà "festeggiato" la partenza, più o meno definitiva, proprio in pizzeria, visto che non si potevano permettere altro. Ma davvero andare a prendere una pizza, recarsi al ristorante, o addirittura fermarsi a una stazione di servizio, dà il segno di una crisi di cui non si vuole prendere irresponsabilmente atto? Difficile sostenerlo. Tanto più che proprio queste abitudini, basta farsi un giro d´orizzonte tra le proprie conoscenze più strette, vengono sempre più diradate nel tempo dalle famiglie con redditi non proprio da sopravvivenza. Che in realtà, spesso, hanno quasi eliminato, o rivisto drasticamente, altre inveterate, e non per questo irresponsabili, abitudini, come l´andare al cinema o, in molti casi, partire per le vacanze estive. Senza contare che un certo stile di vita è (o era) proprio solo di una piccola parte, molto ristretta, di società siciliana. Mentre, se ci trasferiamo negli affollati quartieri popolari, questa presunta frenesia consumistica è difficile registrarla. Del resto, che ci sia stata una modifica nelle priorità di spesa, vista l´impossibilità, nella maggior parte dei casi, di arrivare alla quarta settimana, in alcuni casi alla terza, del mese, è dimostrato da altre circostanze abbastanza visibili. Di cui le cronache ci danno, ogni giorno, notizia. Tante aziende chiudono i battenti perché non ce la fanno a sostenere i costi di gestione, tanti padri e madri di famiglia perdono il lavoro a cinquanta anni, ogni volta che facciamo una passeggiata in centro, anche a due passi dal Palazzo Arcivescovile, vediamo sempre più saracinesche tristemente abbassate. Anche la grande distribuzione ha qualche problema. Tanti ipermercati, in giro per la Sicilia, nati nella speranza di un mercato in continua e inarrestabile espansione, sono in forte crisi. Perché le imprese, piccole e grandi, gettano la spugna in numero sempre maggiore, se la gente continua a spendere in maniera scriteriata? Evidentemente, al contrario, dai bilanci familiari le non faraoniche risorse disponibili vengono destinate sempre più alle poche cose importanti e necessarie per cercare di vivere una vita dignitosa. Per il resto si è chiuso il rubinetto o quasi. Almeno questa è la nostra impressione. Temiamo, quindi, che il ritenere l´ansia consumistica al centro dei pensieri del compratore siciliano, volutamente sordo alle sirene devastanti della crisi economica, non tenga sino in fondo conto del quadro che abbiamo, purtroppo, e non da oggi, davanti. Soprattutto in Sicilia e nel meridione.

venerdì 4 novembre 2011

La coerenza del PD siciliano.

4 Novembre 2011
Francesco Palazzo

Alle regionali del 2006 la subirono. Nel 2008, quando si andò al voto dopo le dimissioni di Cuffaro, la scartarono per dar vita a una delle esperienze elettorali più umilianti del centrosinistra siciliano. Per la primavera del 2012, quando si andrà al voto nel capoluogo siciliano, l'hanno pregata di scendere in pista e risolvere un bel po’ di problemi interni ed esterni al centrosinistra. Insomma, la storia del PD e della Borsellino conosce un altro capitolo. Che era già scritto nelle cose e nell’incapacità palese del centrosinistra di trovare, nel corso di un’intera legislatura, il bandolo della matassa e preparare il ricambio a Palermo dopo la disastrosa e decennale performance del centrodestra. Ma questa volta tutta l'operazione, per il PD, dall'inizio alla fine, è così controversa e ingarbugliata da apparire incomprensibile. Almeno, ragionando con gli schemi usuali della politica. La cosa è presto detta. I democratici sono così, evidentemente, poco convinti della loro esperienza alla regione, che quando si presenta la prima occasione importante, anzi importantissima, come il rinnovo dell'amministrazione nella quinta città d'Italia, invece di prendere il coraggio a quattro mani e dare una prosecuzione logica e conclusiva al loro ragionamento, propongono la candidatura alla persona che, più di tutte, ha avversato l'appoggio del PD a Lombardo. Misteri della politica. E il bello è che sono stati in religiosa attesa dello scioglimento dell'arcano, sperando chissà cosa. Che risposta si aspettavano? Che l'eurodeputata facesse clamorosamente un'inversione a U e imbarcasse allegramente il terzo polo con annessi e connessi? Ma i democratici sono ingenui sino all'inverosimile, oppure hanno perso la bussola? Ci sono o ci fanno. Il punto è che adesso, al netto di tutti i dettagli secondari, questa nomination, offerta su un piatto d'argento alla fondatrice di Un'Altra Storia, si sta rivelando un boomerang per i bersaniani di Sicilia. Che arriveranno alle primarie ancora più divisi e lacerati di come si presentano adesso. Teoricamente, hanno tre candidati, Faraone, Terminelli e la stessa Borsellino. Di fatto, è come se non ne avessero nessuno, considerato che ciascuno dei tre nomi in campo giocherà in proprio, attingendo da questo o da quel leader democratico una parte dei voti che racimolerà ai gazebo. Mentre, invece, coloro che hanno più soffiato per lo sganciamento dal terzo polo, SEL, sinistre, IDV, Movimenti, si trovano serviti dallo stesso PD una scala reale senza neanche aver faticato più di tanto. Se la situazione è quella descritta, non si capiscono più le remore dell'ex sindaco della primavera Leoluca Orlando. Che attende chiarimenti dal PD in ordine all'alleanza con MPA e compagnia. E non si rende conto che la risposta l'ha già avuta, e nel modo più chiaro, avendo il PD, proprio con la candidatura Borsellino, sconfessato, nella sostanza e nella forma, la propria politica alla regione dell'ultimo anno e mezzo. Che ha dato vita al quarto governo regionale, cosiddetto tecnico, e che si preparava a sentire i primi vagiti del governo politico. E non c'è soltanto quest’aspetto da tenere presente in quanto a contraddizioni dei democratici. In risposta alla loro prima candidatura interna, quella di Davide Faraone, da tempo in campo, hanno sempre posto il problema del progetto da anteporre al nome. Ipotesi di lavoro gettata alle ortiche, senza neanche pensarci, nel giro di niente. Contrordine. Prima la faccia, il nome, importante e autorevole, quello dell'eurodeputata appunto, e poi s’inizia a parlare di cosa fare a Palermo e per Palermo. I due aspetti evidenziati, candidatura offerta a una persona che si è mossa proprio in direzione opposta a quella auspicata dalla maggioranza degli esponenti democratici e abbandono del metodo di scelta, che prevedeva prima le cose da fare e poi i nomi, sono il segno di un partito davvero in stato confusionale. Forse Santa Rita salverà Palermo. Ma per questo PD siciliano, ci vuole direttamente l'intervento dell'Altissimo.

venerdì 28 ottobre 2011

Lotta alla mafia. Fatti e parole.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
28 10 2011
Pag. 47
La mafia ringrazia
Francesco Palazzo

Si fa presto a dire lotta alla mafia. Ma se dalla retorica si passa alla concretezza quotidiana, quella che importa in una simile secolare battaglia, ci si imbatte in una casistica che lascia stupefatti. Non c'è che l'imbarazzo della scelta. Un bar palermitano, Ciro's Spritz, a due passi dal porto, ha dovuto chiudere, licenziando otto impiegati, perché il fondo di solidarietà per le vittime del racket tarda ad attivarsi. Dietro ci saranno tutte le giustificazioni che volete. Ma che i mafiosi, a un anno e mezzo dall'attentato, vedano chiuso un locale che non si è piegato alle richieste estorsive, è una sconfitta per tutti. Inutile catturare latitanti, se poi non si azionano velocemente le leve dello sviluppo e dell'imprenditoria libera. Altro esempio. La certificazione antimafia. A parte la boutade di Brunetta, detta attestazione, per giudizio unanime, giunge, anch'essa, con notevole ritardo. Penalizzando, ancora una volta, gli onesti. Possibile che in tempi di informatizzazione avanzata, non si riesca a fare più velocemente? Possibile. Proseguiamo. I collaboratori di giustizia si sentono abbandonati. Alcuni di loro hanno attuato la decisione più drammatica, suicidandosi. La loro parabola discendente è iniziata negli anni novanta. A un certo punto si decise che erano troppi. Invece di rallegrarsi di avere tante voci provenienti dall'interno, le uniche che possono tracciare scenari e raccontare responsabilità, anche esterne all'organizzazione, si mise in quel meccanismo il bastone tra le ruote. Imponendo pure un tempo limite entro il quale il collaborante deve dire tutto. Risultato: è di molto diminuita la qualità, oltre che la quantità, delle collaborazioni. Sullo stesso filone, uguale riflessione si può fare sui testimoni di giustizia, persone che non hanno commesso reati, ma hanno visto, o sanno comunque qualcosa, su dinamiche criminali. Il loro numero si è quasi completamente azzerato. Ad agosto, una testimone di Rosarno, di 31 anni, si è suicidata. Ma anche se non si arriva a gesti estremi, la vita dei testimoni è comunque un inferno. Come quello di un ragazzo, allievo di padre Puglisi a Brancaccio, che a metà degli anni novanta decise di raccontare ai magistrati quanto sapeva della cosca del rione. La sua vita è stata, è, molto difficile, per usare un eufemismo. Quanti, in queste condizioni, si sentiranno di fare un gesto di civiltà, raccontando alla Stato fatti e nomi? La mafia allegramente ringrazia. Altra storia. Antonio Ingroia, in un'intervista del 28 settembre, afferma che se davvero si vogliono aiutare gli uffici giudiziari, si dia loro la connessione con le banche dati del sistema bancario e finanziario. Non è incredibile che, in tempi di mafia finanziaria, le toghe non abbiano questo strumento? Incredibile, ma vero. Le imprese criminali si spostano col jet e noi le inseguiamo col carretto. Anche in questo fondamentale ambito di contrasto, la mafia sentitamente ringrazia. L'elenco è abbastanza corposo. Comprende le procure con pochi magistrati. Oppure la circostanza che a Catania cinque cancellieri vanno in pensione e non vengono sostituiti. E che dire delle forze dell'ordine a cui spesso mancano benzina e altri elementari presidi. Per non parlare della legge sulle intercettazioni. A molti misfatti di mafia, dicono gli esperti, si arriva attraverso altri reati, cosiddetti satelliti, che sarebbe difficile perseguire se il provvedimento sulle intercettazioni divenisse legge dello stato. Da una norma, invece, già pubblicata, il “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione”, nasce la novità della confisca da attuare entro due anni e mezzo dal sequestro. Pena la riconsegna dei beni ai possessori originari. Non c'è dubbio che c'è chi non mancherà di apprezzare questa chicca. Che arriva direttamente dalle aule parlamentari. E qui siamo al cuore del problema. Perché non si può tralasciare un nodo che non viene ancora sciolto, i rapporti mafia-politica. Pare di essere tornati a decenni addietro. Se un esponente istituzionale viene investito da pesanti sospetti di rapporti con mafiosi, o perché ha chiesto loro voti o in quanto ha fatto con loro affari, situazioni avallate da indagini, intercettazioni e da richieste di rinvii a giudizio, non si prendono provvedimenti di allontanamento. In alcuni casi si festeggia. State certi che la mafia, insieme agli altri, non mancherà di cogliere questo segnale, forse il più dirompente. Ed anche in tal caso, silenziosamente, ringrazierà.

venerdì 14 ottobre 2011

Palermo, il PD torna al passato

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Economia, Cultura
N. 39 del 14/10/2011
Pag. 2
Se il PD gioca la carta Borsellino
Francesco Palazzo

Che qualcuno abbia messo un segno sul calendario, il 29 gennaio del 2012, per la celebrazione delle primarie del centrosinistra a Palermo è già un, faticoso per i tempi di gestazione, passo in avanti. Un punto fermo nel tempo e nello spazio. Restano da risolvere i nodi politici della questione. In primo luogo, ovviamente, i rapporti con il PD di questa area comprendente IDV, SEL, Sinistre e Movimenti vari. Va detto che la galassia democratica, più che un partito, è ormai un insieme di fazioni e ci ha messo molto di suo per arrivare disorientata a questa fase. Il problema che pone, in una città come Palermo, e in una Sicilia dove il centrosinistra ha sempre perso di brutto nell'ultimo decennio, è reale. Senza un allargamento della base elettorale, difficilmente alle prossime amministrative, a Palermo e altrove, il centrosinistra potrà raccogliere risultati soddisfacenti e favorire il ricambio. Come questa nuova messe di voti vada cercata, se mettendo dentro parti di ceto dirigente di altri partiti, come sembra voler fare il PD, oppure cercando di parlare alle città, è il punto della questione. Su tutto il ragionamento pesa come un macigno il modo con il quale i democratici, da una direzione all'altra, stanno gestendo gli equilibri politici alla regione. Ora che il terzo polo dice sì al governo politico, la frantumazione di questo partito è ancora più evidente. Ma anche negli enti locali, questo accordo con il terzo polo per la tornata amministrativa non si capisce bene cos'è. Quando ne parlano, i democratici non citano un solo abboccamento su Palermo, che è la posta in gioco più importante, con queste forze che vorrebbero fare entrare nel recinto. Come si fa a proporre agli altri qualcosa che neanche si conosce nella sua reale portata? Detto questo, le primarie di gennaio, senza il PD, costituirebbero la conta interna a una minoranza che non avrebbe i numeri per arrivare lontano. E' appena il caso di ricordare che questa area, alle regionali del 2008, complessivamente, non ha superato in tutta la Sicilia l'otto per cento. Diciamo in tutta la regione, perché va ricordato che si voterà non solo a Palermo, che come al solito sta fagocitando tutte le attenzioni, ma in 150 enti locali. Si dirà che dal 2008 i contorni politici locali, regionali e nazionali sono molto mutati. E questo è vero. Quel consenso sarà di certo aumentato. Ma è molto difficile, per non dire impossibile, che quella percentuale si sia moltiplicata in maniera miracolosa. Con tutti i movimenti, che però sono una caratteristica soltanto palermitana, da non spalmare su tutta la regione, questo raggruppamento politico, anch'esso abbastanza diviso ed eterogeneo al suo interno, anche volendo attribuire ai partiti più strutturati, IDV e SEL, il massimo di quanto ipotizzato su tutto il territorio nazionale dagli ultimi sondaggi, e sappiamo che è una forzatura quasi inammissibile, perché in Sicilia i numeri sono ben altri, non andrebbe oltre il 20 per cento. Con questa percentuale non si vincono le elezioni, persino banale scriverlo. Ora, molto dipende dalle prossime mosse dei democratici su Palermo. Se riescono a dare un segnale meno confuso, cercando di costruire un percorso unitario con questo schieramento alla sua sinistra, che intanto esiste, possono, eventualmente, porre le condizioni non già per includere il terzo polo, che appare poco interessato a primarie e quant'altro, ma per proporre un cammino che potrebbe, casomai, in un secondo momento, per esempio nell'eventuale molto possibile ballottaggio, attrarre fette di elettorato esterne. E contemporaneamente, perché no, qualche forza politica. A cominciare dai finiani. La kermesse organizzata sabato 8 ottobre, in occasione della visita del presidente della camera nel capoluogo,si è caratterizzata, almeno a parole, per un chiaro messaggio di legalità e rinnovamento. Non c'è motivo per non raccoglierlo da parte di forze che aspirano al cambiamento. Pare che negli ultimi giorni, con l'ipotesi della candidatura Borsellino a sindaco di Palermo, il PD, o una sua parte, stia imprimendo una svolta alla discussione. A meno che ciò non significhi anestetizzare o mandare a monte le primarie, (cosa già attuata con risultati fallimentari per le regionali del 2008, quando il PD impose la Finocchiaro), potrebbe questa soluzione favorire un confronto aperto con quanti, magari di un'altra generazione rispetto all'eurodeputata (o allo stesso Leoluca Orlando), volessero cimentarsi dentro i gazebo.

venerdì 23 settembre 2011

Elezioni a Palermo, si decidano i percorsi e si discuta della città.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultuta, Economia
23 settembre 2011
Quel responso tradito (e l'altro che viene chiesto agli elettori)
Francesco Palazzo

L'apertura al PD del terzo polo in vista delle amministrative del 2012, seppure avvenuta dopo tanti tira e molla, e ammesso che non vi siano marce indietro, a cui siamo ormai abituati, costituisce un fatto nuovo. Rispetto al quale le altre forze politiche del centrosinistra dovrebbero confrontarsi. IDV e SEL hanno già detto che non se ne può fare niente e si riferiscono soprattutto a Palermo. Tuttavia, la Sicilia non è solo Palermo, la prossima primavera si voterà in tanti altri enti locali. E' chiaro che comunque, quanto avverrà nel capoluogo, finirà per influenzare tutte le decisioni che verranno prese negli altri centri. C'è da dire che questo accordo a livello regionale, da spalmare come la marmellata su tutto il territorio siciliano, sconta tutti i limiti del centralismo. Bisognerà vedere, caso per caso, cosa ne pensano e quali sintonie troveranno le classi dirigenti locali. Perché altrimenti si rischia di imporre ovunque un modello che può andare bene per una città e meno per un'altra. Prima di dire si o no, occorre dunque discutere. Sono comprensibili le titubanze di vendoliani e dipietristi. La vicenda regionale, per come si è sviluppata, e per le fortissime ambiguità che ancora presenta, vedi l'ultima infuocata direzione regionale del PD sull'argomento, non è certo un buon viatico per un confronto sereno. Dobbiamo ricordare che la (giusta) critica che si è rivolta a questa esperienza è quella di non essere nata dalle urne. Passaggio fondamentale in democrazia. Da una parte il PDL, che aveva sostenuto Lombardo contro il PD e la propria candidata, e dall'altra IDV e SEL, che si erano spesi con i propri voti per la Finocchiaro contro Lombardo, hanno sempre sostenuto il tradimento del risultato uscito dalle urne nel 2008. C'è poco da aggiungere. Ora che, però, questa alleanza chiede, tra pochi mesi, il riscontro delle urne, cade la motivazione principale e dovrebbe subentrare il ragionamento politico, non pregiudiziale o ideologico. IDV e SEL, sono così sicuri che, ad esempio su Palermo, non si possa proprio discutere con autonomisti, casiniani e finiani? Può essere che abbiano ragione. Ma come fanno a dirlo prima ancora di avere verificato un qualsiasi abboccamento e organizzato un serio tavolo di discussione e confronto sul futuro della città? Occorre, prima di qualsiasi discorso, capire se davvero MPA, UDC e FLI, sono disponibili, e in quali tempi, alle primarie, che ci auguriamo più aperte e partecipate possibili. Metodo di scelta irrinunciabile per il PD, IDV e SEL. Da questo punto di vista, non sembra fuori luogo l'esortazione di Vladimiro Crisafulli ad individuare una data per le primarie, altrimenti, afferma il senatore “ci troveremmo di fronte alla solita manfrina”. Non gli si può dare torto. Peraltro, una data per le primarie, metterebbe un po' tutti di fronte a qualcosa di ineludibile e non spostabile nel tempo. Poi IDV, SEL, sinistre e movimenti vari potrebbero sempre mantenere il punto e differenziarsi da questa prospettiva, organizzando, se vorranno, la conta ai gazebo in maniera autonoma. Del resto, avrebbero dovuto farlo già il 27 febbraio scorso. Non cascherebbe il mondo. Si arriverebbe comunque ad avere delle coordinate certe nel tempo e nello spazio, sperando che nello stesso tempo anche il centrodestra arrivi a chiarirsi sui nomi e sul percorso. Magari celebrando anch'esso le primarie lo stesso giorno in cui lo farà l'altro schieramento, come si ventila. In modo che si possa, finalmente, cominciare a parlare di Palermo. Che è la grande e sofferente assente, eppure dovrebbe essere la protagonista, da questo dibattito, sinora svoltosi soltanto sui sui nomi che vanno e vengono e sulle alleanze. Che i cittadini, elettori ed elettrici, possano iniziare a capire, con poche e semplici parole, evitando inutili enciclopedie, cosa li attende nella prossima legislatura, per quanto riguarda immondizia, periferie, viabilità, servizi, stato sociale e via discorrendo, non sarebbe male. In fondo, la politica, se non ricordiamo male, serve proprio a questo. Dare risposte, più o meno immediate, ai problemi delle comunità.

domenica 18 settembre 2011

Antimafia: le verità sepolte e le giovani generazioni.

LA REPUBBLICA PALERMO – DOMENICA 18 SETTEMBRE 2011
Pagina XII
LE PAGINE BUIE DELL´ANTIMAFIA
Francesco Palazzo

Dalla mafia che spara abbiamo imparato negli ultimi decenni a difenderci. Dalla politica che la fa ingrassare, attraverso voti richiesti in cambio di favori e appalti pubblici, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, quasi mai dei partiti, possiamo prendere le distanze con il voto e comunque siamo in grado di capire personaggi e comportamenti. Anche quando non c´è un pronunciamento dei giudici. Ma come si fa a cautelarsi di fronte agli sviamenti provenienti dagli stessi apparati statali che dovrebbero indagare, sanzionare e valutare per tutti noi? Quando si fa educazione alla legalità nelle scuole, e si dice ai ragazzi che devono combattere i mafiosi nella quotidianità e non possono svendere il loro voto, una volta adulti, si dovrebbe aggiungere un altro capitolo. Dicendo loro di non fidarsi troppo, almeno non sempre, delle azioni di chi la mafia è preposto a combatterla con investigazioni e sentenze. Di quanto sta avvenendo, da tempo, intorno alla strage di via D´Amelio è difficile trovare una definizione che possa descrivere lo sconforto. Si dirà che non è la prima volta che accade. Per citare solo due casi, distanti tra loro nel tempo, avvenne qualcosa di simile per la strage di Portella della Ginestra e per l´omicidio a Cinisi di Peppino Impastato. Ma la cosa più scoraggiante è che mai al pozzo della verità si viene condotti dagli uomini delle istituzioni che si fossero resi colpevoli e che poi maturino un ripensamento pubblico sul loro operato. Prendete, appunto, la strage in cui morirono il giudice Borsellino e la sua scorta. Undici processi, sentenze passate in giudicato e sette persone in carcere. La Procura di Caltanissetta lo definisce, pare con carte molto robuste alla mano, un colossale depistaggio e chiede la revisione dei procedimenti. Vedremo il seguito della vicenda. Il punto è che a farci da guida, novello Virgilio, non sono gli apparati istituzionali, ma un collaboratore di giustizia. Forse che ci sia più moralità in un mafioso che torna sui suoi passi criminali, prendendo un´altra strada, che in soggetti che teoricamente, vestendo gli abiti della democrazia repubblicana, dovrebbero essere più inclini ai sensi di colpa che ai tombali ed eterni silenzi? E qui le cose si fanno ancora, se è possibile, più oscure e sconcertanti. È lecito chiedersi, infatti, se depistaggi di questo tipo, beninteso, ci furono, se si possano essere fermati soltanto a livello operativo, locale, e non abbiano avuto coperture politiche ad alto livello? Un punto di domanda che riguarda tanti capitoli dolorosi e che forse non conoscerà mai la luce del sole. Troppi «non ricordo», memorie che riaffiorano dopo decenni, mezze frasi, ambiguità da parte di soggetti che hanno rivestito (ancora rivestono?) ruoli importanti nello scacchiere politico del nostro Paese. Quest´oblio istituzionale della memoria riguarda, soprattutto, la famosa trattativa, o le trattative, tra Cosa nostra e pezzi dello Stato. Questi accordi inconfessabili, proprio per la reticenza del secondo soggetto, lo Stato, a collaborare, mentre i mafiosi, se cambiano vita, lo fanno, difficilmente potranno essere dimostrati una volta per tutte. Possono esserci alcuni indizi, tuttavia. Ad esempio: se per caso fosse vero che su via D´Amelio vi fu ammoina, e il garantismo ci impone di aspettare i nuovi eventuali gradi di giudizio, sarebbe sbagliato ipotizzare che ci troveremmo di fronte a una tessera, non secondaria, dell'entente cordiale tra cosche e Stato? È un dettaglio rispondere al quesito? Pensiamo di no. Ulteriori risposte, su altre pagine buie, dobbiamo darle alle giovani generazioni. Altrimenti, con questi pesanti scheletri nell'armadio, sarà meglio che per un po' non parliamo loro di antimafia.

domenica 11 settembre 2011

E se provassimo a essere molto meno speciali e un po' più normali?

LA REPUBBLICA PALERMO - DOMENICA 11 SETTEMBRE 2011
Pagina I
L´analisi
La democrazia bloccata dallo Statuto
Francesco Palazzo

La visita del presidente della Repubblica a Palermo ha evidenziato, con coro di voci unanimi, l´occasione perduta dell´autonomismo regionale e la necessità di una sua futura attuazione per garantire sviluppo alla Sicilia. Non è la prima occasione solenne, anzi è l´ennesima, in cui si ascoltano simili parole. Ogni volta è un piagnisteo irrefrenabile e, francamente, non più sostenibile. Interpretato, in primo luogo, dai massimi rappresentati pro tempore della politica siciliana e dai siciliani che siedono nei due rami del parlamento. Mai che qualcuno di loro, fosse ministro, presidente di commissione parlamentare, presidente dell´Ars o governatore, ci dicesse dove è stato sino a questo momento e cosa ha fatto lui affinché lo statuto non fosse soltanto un pezzo di carta stropicciato, dentro il quale nascondere le incapacità della classe dirigente locale e di chi, di volta in volta, l´ha votata. Mai che ci fosse un´assunzione di responsabilità circoscritta, un mea culpa specifico e soggettivo, quanto meno riguardante il partito che si rappresenta. L´autonomia non ha funzionato e la colpa è di nessuno, perché pare sia di tutti e quindi la prossima volta, in occasione di un altro evento ai massimi livelli, risentiremo le stesse stanche e abusate frasi buttate al vento. L´altra teoria di parole che ci tocca ascoltare è che per far funzionare il regime autonomistico ci volevano, e ci vorrebbero, le riforme. L´unica vera riforma, adatta non a far funzionare un assetto istituzionale speciale, ma la normale democrazia rappresentativa e decidente, coincide con il «correggere profondamente la gestione dei poteri regionali e degli enti locali». Sono parole di Napolitano, riprese da Sebastiano Messina nell´editoriale di ieri. Quello che ci vorrebbe, e che non abbiamo, è far funzionare correttamente le assemblee rappresentative e gli organi di governo negli enti locali e alla Regione. Siccome, al contrario, la gestione del potere politico in questi decenni è stata dissennata, ecco il motivo per cui non lo statuto siciliano inattuato, ma la politica in Sicilia ha creato sottosviluppo, clientele, malaffare e, quando è andata bene, qualche leggero passo in avanti. Travestito subito, però, da propaganda sfrenata e populismo di bassa lega. Queste prerogative statutarie regionali, delle quali si favoleggia la completa applicazione, questo continuare a dirsi che Roma e il Nord non hanno fatto quanto era necessario per la Sicilia, sono solo degli appigli che tentano, miseramente, di nascondere che volevamo essere speciali e non siamo riusciti nemmeno a essere normali. E poi c´è lo strumento in sé da considerare. Se qualcosa non funziona per più di 65 anni, oltre i limiti della classe dirigente e di chi l´ha eletta, sopra accennati, vuol dire che quella cosa non è buona, non serve. Per dirla con una frase molto eloquente, utilizzata da Gianni Puglisi davanti al Capo dello Stato, il privilegio si è trasformato in castigo. E forse lo era sin dall´inizio. Era una sberla ed è sembrata una carezza. Un castigo per tutti i siciliani e un´opportunità di nascondersi, ancora chissà per quanto tempo, per coloro che ancora tracciano non credibili disegni di rilancio della particolarità sicula. Senza contare che lo statuto autonomistico è stato il propulsore che ha determinato in Sicilia, dal dopoguerra a oggi, una sorta di democrazia bloccata. Sino all´inizio degli anni Novanta ha governato la Dc, nel ventennio successivo ha sempre vinto il centrodestra. Tanto che l´alternanza, e vale anche per la maggioranza che oggi sostiene il governo cosiddetto tecnico, si è sempre raggiunta, quelle poche volte in cui è stato possibile, attraverso colpi di palazzo, manfrine e trasformismi di varia natura. E mai come conseguenza di libere elezioni. Noi vi diamo lo statuto bello infiocchettato, questo l´implicito patto, e voi ci garantite lo status quo, tranne qualche variazione sul tema. Se questo è vero, inutile chiedersi perché il Trentino ha un rating finanziario da tre A e la Sicilia no. La risposta è semplice. Lì lo sviluppo è venuto prima del particolarismo, quando già avevano imparato ad essere efficienti. Da noi si è pensato, al contrario, che siccome non ce la facevamo da soli a raggiungere, non diciamo la sufficienza, ma la mediocrità, ecco che un pezzo di carta, avente rango costituzionale, con scritto dentro tutto e di più, potesse servire alla bisogna. Così non poteva essere e così non è stato. Come si dice, non è l´abito che fa il monaco. Ma, oggi, nel 2011, quel sontuoso vestito pieno di inutili medaglie va messo in soffitta. Provando, appunto, ma a quanto pare è una fatica immane, ad essere un po´ più normali e molto meno speciali.



venerdì 9 settembre 2011

Elezioni a Palermo, il centrosinistra pensa.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
9 settembre 2011
Pag. 10
Se il PDL spiazza il PD
Francesco Palazzo

Il centrodestra, con il consueto metodo democratico, che è una fotocopia di quello che portò dieci anni addietro alla scelta del sindaco di Palermo in carica, sta cercando di chiudere la quadra sul nome da proporre per la poltrona più alta dell'amministrazione cittadina. Sul nome del rettore Lagalla, in pochi giorni si è passati dal lancio della candidatura, all'accettazione dell'interessato, all'accoglimento dei partiti che dovranno sostenerne la corsa, ad una specie di marcia indietro. C'è, tuttavia, da ritenere che l'operazione sia riuscita. Non è il massimo della partecipazione, veramente neanche il minimo, ma almeno non si può dire che abbiano perso tempo a mettere in soffitta, in un sol colpo, l'era Cammarata e il toto candidato che impazzava da mesi. Il profilo proposto è di peso ed è verosimile che farà suonare più di una sirena nel fronte opposto, leggasi terzo polo. Il centrodestra è partito e ha lasciato il centrosinistra sul posto. Uno a zero e palla al centro. Anche se, vista la caratura della candidatura di cui parliamo, potrebbe già essere un tre a zero difficilmente recuperabile. Era del tutto logico attendersi che, dopo dieci anni di riscaldamento dei motori, fosse proprio l'opposizione, in primo luogo il PD, a scattare per prima dai blocchi di partenza. Ma i democratici, siccome sono impegnati a salvare la Sicilia e non avendo ancora deciso se rompere il fidanzamento con Lombardo, oppure arrivare a un molto tardivo matrimonio d'interesse, hanno scelto proprio la tornata elettorale a Palermo come location per il viaggio di nozze. Perciò, per rispondere ad Alfano che ha incoronato il rettore, una parte del PD cerca qualche nome di peso che possa zittire tutti, trovare una condivisione del terzo polo e mandare in soffitta le primarie. Visto che UDC, MPA e FLI non ne vogliono sapere della conta ai gazebo. Non si capisce bene come possa coesistere questo epilogo con il fatto che il PD conferma che le primarie di coalizione, con dentro IDV, SEL, Federazione delle sinistre e la mitica società civile, si faranno. Pare, tra dicembre e gennaio. Ma IDV, SEL e company le vogliono pure. Niente terzo polo. Quindi il PD rischia di farsele da solo. Ma, ammesso che alla fine riesca a trovare qualcuno con cui farle, ha già posto un altro piccolo problema. I democratici devono avere un solo candidato, per cui si dovrebbe prima procedere alle preprimarie o primarine interne, chiamatele come volete, per stabilire il nome unico del partito. Intanto, la segreteria provinciale, seguendo una consolidata tradizione, ha già provveduto a spostare dal 12 al 23 settembre la riunione della direzione in cui si dovrebbe attivare l'iter per indire le primarie. Insomma, un bel programmino. Agile e, soprattutto, veloce. Non è che le cose vadano meglio nello spezzone di centrosinistra comprendente IDV, SEL sinistre e movimenti vari. A dire il vero, loro, le primarie le avevano pure convocate nel corso di un'infuocata assemblea svoltasi sul finire del 2010. Dovevano svolgersi il 27 febbraio di quest'anno. Ma sfortuna ha voluto che quel giorno passasse senza che nessuno si accorgesse di niente. Ma non si sono arresi. Ora è prevista un'altra assemblea al calor bianco, che si terrà a fine settembre, per decidere una prossima data nella quale svolgere le primarie. Anche qui, dunque, si va celeri e determinati verso l'obiettivo. Come se non bastasse questo travaglio interiore, che ben conosciamo, giunge anche la candidatura di Leoluca Orlando. Ma non da subito, se ne riparlerà il 21 marzo del 2012, se per caso le primarie fallissero. Al momento, dunque, per giocare la partita che avrà il suo culmine tra otto mesi, che al centrosinistra evidentemente sembrano un'eternità, solo una parte politica, quella che teoricamente avrebbe dovuto avere più difficoltà, ha impresso la propria zampata, forse quella decisiva, sul confronto elettorale. IDV, SEL, sinistre e movimenti navigano a vista. Nel PD, azionista di maggioranza dello schieramento, il pallino dell'immobilismo è al momento nella mani di coloro che hanno consentito al governatore di stravincere le regionali del 2008. Il rettore, insomma, ammesso che alla fine, come crediamo, sarà lui il candidato del centrodestra, può dormire sonni tranquilli. Si guardi più dagli amici, che i nemici sinora giocano per lui.

mercoledì 31 agosto 2011

Soldi a palate e sottosviluppo

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 31 AGOSTO
PAG. VIII

NUMERI
Quanto ci da' lo Stato
Francesco Palazzo

Spesa statale nelle regioni nel 2009: nel Lazio 30 miliardi 481 milioni. In Sicilia 24 miliardi 26 milioni. Posizione della Sicilia nella classifica nazionale: seconda.

venerdì 26 agosto 2011

FUGA PER LA VITTORIA

LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ 26 AGOSTO 2011
Pagina XIII

NUMERI

CERVELLI IN FUGA
Francesco Palazzo


Saldo migratorio intellettuale nelle regioni tra il 2004 e il 2007: in Emilia Romagna più 31 per cento di giovani laureati, in Sicilia meno 21 per cento. Posizione della Sicilia nella classifica: sedicesima.

sabato 13 agosto 2011

Putìn e picciriddi.

LA REPUBBLICA PALERMO – VENERDÌ 12 AGOSTO 2011
Pagina XIX

NUMERI

Gli asili fantasma
Francesco Palazzo

Presa in carico negli asili nido pubblici ogni 100 bambini tra 0 e 2 anni: in Emilia Romagna il 29,5%, in Sicilia il 5,2. Media italiana: 13,6%. Posizione Sicilia nella classifica: diciassettesima.

lunedì 8 agosto 2011

Noi siciliani ci differenziamo. Sempre.

LA REPUBBLICA PALERMO – DOMENICA 07 AGOSTO 2011
Pagina XIX
NUMERI
LE CIFRE DEL BIDONE
Francesco Palazzo

Raccolta differenziata rifiuti nel 2010: in Sicilia 7,7%, in Piemonte 54,3%. Media italiana: 31,7%. Posizione Sicilia: ultima. Incrementi raccolta differenziata dal 2000 al 2010: Sicilia + 5,1%, Sardegna + 48,8. Media italiana: 22,8%. Posizione Sicilia: ultima

lunedì 1 agosto 2011

Borsellino, le scomode parole dimenticate dalla classe dirigente che lo commemora il 19 luglio.

LA REPUBBLICA PALERMO - DOMENICA 31 LUGLIO 2011
Pagina X

IL METODO BORSELLINO
Francesco Palazzo


«L´equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice che quel politico era vicino al mafioso, però la magistratura non l´ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto. E no, questo discorso non va». Sono le parole di un giustizialista, di un esponente di estrema sinistra, di un forcaiolo, di un antimafioso da salotto? No, sono parole di Paolo Borsellino. Era il 26 gennaio 1989, doveva ancora cadere il muro di Berlino, e il magistrato si rivolgeva così agli studenti di Bassano del Grappa: «La magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, però siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri poteri dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi, che non costituivano reato, ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati dati perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza». Sono trascorsi più di ventidue anni da quella conferenza, diciannove da via D´Amelio, eppure siamo sempre allo stesso punto. Queste riflessioni di Paolo Borsellino, non un giustizialista, non un forcaiolo, non un esponente di estrema sinistra, ma un uomo delle istituzioni, sono ancora più che mai valide. Dovrebbero ormai costituire solo memoria. Come mai, da allora, nei fatti, oltre la retorica, non si è fatto alcun passo in avanti, anzi si è, per certi versi, come tornati indietro? I partiti sono ancora lì, trepidanti e afasici, che discettano, ogni volta che se ne presenta l´occasione, sui tre gradi dell´ordinamento giudiziario, sui rinvii a giudizio. Mai che riescano ad intervenire prima. Salvo poi mischiare, confusamente, politica e giustizia. Spaccando in quattro, a secondo di come conviene, il capello della cronaca e dei fatti, per trovare un cantuccio, sempre più piccolo e buio, dove ripararsi e aspettare che passi la piena. In attesa che il giudice entri in aula per leggere la sentenza, che una Procura compia un atto, in un verso o in un altro, che si vada o meno a processo. Ecco qual è il vero uso politico della giustizia. Non sono le toghe che invadono il campo, ma è la politica che vuole utilizzarne, per propria interna incapacità ad autodeterminarsi, l´operato. Troppi, al cospetto delle parole limpide e senza sconti di Borsellino, sembrano tanti azzeccagarbugli del fatuo. Che affogano, nel bicchiere del potere, le parole semplici che dovrebbero pronunciare e che non sanno o non possono dire, se non quando è ormai troppo tardi per evitare gli schizzi di fango. E cioè che non importano i giudizi dei tribunali sui singoli, ma i loro comportamenti sulla scena pubblica e privata. Che talvolta emergono da circostanze acclarate e dalle stesse dichiarazioni dei protagonisti. Ma, insomma, si può ancora sostenere in buona fede, nel 2011, che si possono stringere tutte le mani e che non ci s´impiccia più di tanto della caratura criminale delle persone con le quali si viene a contatto? Chi non è in grado di distinguere tra una crocerossina e un criminale, seppure incravattato e profumato, non può ambire ad occupare ruoli istituzionali.




venerdì 22 luglio 2011

Paolo Borsellino: mafia e politica. Le idee dimenticate di un moderato.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
22 7 2011
Pag. 46
La lezione di Paolo Borsellino
Francesco Palazzo


“L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice che quel politico era vicino al mafioso, però la magistratura non l'ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto. E no, questo discorso non va”. Sono le parole di un giustizialista, di un esponente di estrema sinistra, di un forcaiolo, di un antimafioso da salotto? Era il 26 gennaio 1989, doveva ancora cadere il muro di Berlino. Un'altra era. Paolo Borsellino, è sua la frase, si rivolgeva così agli studenti di Bassano del Grappa. Il giudice proseguiva. “La magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, però siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri poteri dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi, che non costituivano reato, ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati dati perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza”. Sono trascorsi più di ventidue anni da quella conferenza, diciannove da Via D'Amelio, eppure siamo sempre allo stesso punto. Queste riflessioni di Paolo Borsellino, non un giustizialista, non un forcaiolo, non un esponente di estrema sinistra, ma un uomo delle istituzioni, alle quali ha consegnato consapevolmente la propria vita, sono ancora più che mai valide. Dovrebbero ormai costituire solo memoria. Come mai, da allora, nei fatti, oltre la retorica, non si è fatto alcun passo in avanti, anzi si è, per certi versi, come tornati indietro? I partiti sono ancora lì, trepidanti e afasici, che discettano, ogni volta che se ne presenta l'occasione, sui tre gradi dell'ordinamento giudiziario, sui rinvii a giudizio. Mai che riescano ad intervenire prima. Salvo poi mischiare, confusamente, politica e giustizia. Spaccando in quattro, a secondo di come conviene, il capello della cronaca e dei fatti, per trovare un cantuccio, sempre più piccolo e buio, dove ripararsi e aspettare che passi la piena. In attesa che il giudice entri in aula per leggere la sentenza, che una procura compia un atto, in un verso o in un altro, che si vada o meno a processo. Ecco qual è il vero uso politico della giustizia. Non sono le toghe che invadono il campo, ma è la politica che vuole utilizzarne, per propria interna incapacità ad autodeterminarsi, l'operato. Troppi, al cospetto della parole limpide e senza sconti di Borsellino, che ogni anno viene osannato il 19 luglio, tanto ormai è morto e non può più ridire quelle frasi, ma chissà quanti attacchi riceverebbe ancora se fosse vivo, sembrano tanti azzeccagarbugli del fatuo. Che affogano, nel bicchiere del potere, le parole semplici che dovrebbero pronunciare e che non sanno o non possono dire, se non quando è ormai troppo tardi per evitare gli schizzi di fango. E cioè che non importano i giudizi dei tribunali sui singoli, ma i loro comportamenti sulla scena pubblica e privata. Che talvolta emergono da circostanze acclarate e dalle stesse dichiarazioni dei protagonisti. Ma, insomma, si può ancora sostenere in buona fede, nel 2011, che si possono stringere tutte le mani e che non ci s'impiccia più di tanto della caratura criminale delle persone con le quali si viene a contatto? Chi non è in grado di distinguere tra una crocerossina e un criminale, seppure incravattato e profumato, non può ambire ad occupare ruoli istituzionali. Dobbiamo forse credere che, così come si paga una prostituta per non farla più andare sulla strada, si frequentino mafiosi per redimerli e portarli sulla buona via della legalità? Lasciamo che a rispondere sia Paolo Borsellino, con un altro passaggio del discorso rivolto sempre agli studenti di Bassano del Grappa. “Ma tu non ne conosci gente che è disonesta ma non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto, che dovrebbe indurre soprattutto i partiti non soltanto a essere onesti ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti?”.

lunedì 18 luglio 2011

Centrosinistra a Palemo: i pezzi che non combaciano.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
15 7 2011
Elezioni, i nani a Palermo
Francesco Palazzo

Il dibattito nel centrosinistra, per le prossime amministrative a Palermo, si riaccende. Il nodo del perimetro dell’alleanza ha ripreso il sopravvento. Quello che crea problemi è lo schieramento che sostiene il governo regionale. I democratici intendono portare la coalizione che appoggia Lombardo negli enti locali, cominciando da Palermo. IDV, Sinistra e Libertà e movimenti, con qualche sensibile distinzione, vedono come il fumo negli occhi tale prospettiva. Tanto che avevano solennemente convocato le primarie per il 27 febbraio. La data è alle nostre spalle. Ormai siamo alla politica degli annunci. Un po' come il referendum su Lombardo, che una parte del PD estrae o rimette nel fodero a giorni alterni. Nel frattempo si è consumata una spaccatura nei movimenti civici. C'è chi vuole subito andare al confronto elettorale e c'è chi invece vuole seguire un metodo più partecipato e lento per la scrittura del fatidico programma. Non sappiamo se la nuova legge elettorale, che prevede il segno confermativo per il candidato sindaco e neutralizza il voto di trascinamento, cambierà qualcosa rispetto alla tradizionale anemia di voti che, dopo l'esperienza orlandiana, caratterizza il centrosinistra. Quel che è certo è che si voterà la prossima primavera, restano una manciata di mesi per definire convergenze possibili o spaccature definitive. A occhio e croce, l'alleanza PD-MPA non sembra una gioiosa macchina di consenso. Se vediamo i risultati delle amministrative del 2007, sommando i voti presi dagli autonomisti a quelli di DS e Margherita, allora ancora divisi, non si va oltre il 20 per cento. Ci sarebbero gli altri tre partner della maggioranza regionale, UDC, FLI e API. Ma anche il loro peso, considerato che dall'UDC sono andati via quelli che i voti ce l'hanno e che FLI e API non dovrebbero fare sfracelli, non appare in grado di apportare percentuali consistenti. Facendo alcuni calcoli con i risultati del 2007, se aggiungiamo un altro 10 per cento, è già tanto. Dall'altra parte, nel centrosinistra, abbiamo IDV e SEL. La prima, già alle elezioni del 2007, considerate le tre liste che presentò, si posizionò al 12 per cento. Sinistra e Libertà pare in grado, secondo un sondaggio di Demopolis, di sommare ai propri voti anche un sensibile pacchetto di suffraggi che preleverebbe direttamente dal PD. Nel 2007, le liste di sinistra andarono oltre il 5 per cento. Sinistra e Libertà dovrebbe aggiungere un paio di punti in più. Poi c'è da considerare che la miriade di movimenti che pullula a Palermo, identificabile in massima parte come di area centrosinistra, può essere nelle condizioni di spostare almeno un 5 per cento. Allora, diciamo che il PD, dal lato dell'attuale maggioranza all'ARS, se dovesse limitarsi a questa, non dovrebbe andare oltre il 30 per cento. Dalla parte, invece, scaricando MPA e compagni, potrebbe attestarsi intorno al 35 per cento se privilegiasse IDV, SEL e Movimenti. Che, però, da soli, non supererebbero il 25 per cento. In tutti i casi, tenendo presenti i tre scenari separati, si è ben lontani dalla maggioranza assoluta dell'elettorato, ed è difficile che il voto confermativo per il candidato sindaco possa trasformare i nani in giganti. Anzi, è pure probabile che se il centrosinistra si presentasse spaccato, rischierebbe di non arrivare neanche al ballottaggio. Ora, il punto è capire se si possa tornare a ragionare. Lo deve fare il PD, portando il discorso su un piano non meramente elettoralistico, che è di corto respiro, oltre che debole. Lo devono fare IDV, SEL, movimenti e quant’altro, guardando la realtà palermitana per quella che è, mettendo da parte le tentazioni frontiste di stagioni passate e confrontandosi sulle cose concrete. Bisognerebbe muoversi in fretta. Ma è probabile che lo stallo, o meglio la guerra fredda, proseguirà ancora per un tempo indefinito.

venerdì 15 luglio 2011

Dopo dieci anni ci riprovano.

LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ 15 LUGLIO 2011
Pagina I
Le primarie a sinistra servono solo per litigare

Francesco Palazzo

Tutti nel centrosinistra vogliono le primarie per decidere la candidatura a sindaco di Palermo. Le desiderano talmente tanto che non riescono a identificare una data per celebrarle. Strano, no? Ma il centrosinistra palermitano ci ha abituati a questo e altro. All´inizio del decennio, correva l´anno 2001, si doveva individuare il successore di Leoluca Orlando. Un sindaco, al di là delle controverse opinioni sul suo operato, molto popolare, soprattutto nei quartieri periferici. Dunque un´esperienza facile da difendere in campagna elettorale. Sapete come andò. I tanti egocentrismi si misero subito all´opera e si confezionò il delitto politico perfetto. Si arrivò all´ultimo minuto e si consegnò allegramente per più di due lustri la città al non governo. Dopo dieci anni tornano sul luogo del misfatto. E ci riprovano. Questa volta il punto di partenza non è l´era orlandiana da monetizzare ai seggi. Il compito sarebbe ancora più semplice. Devono solo passare all´incasso, sfruttando il baratro di una doppia legislatura disastrosa. Tanto Orlando aveva raggiunto l´apice del gradimento nei rioni popolari, quelli dove si vincono e si perdono le elezioni, tanto è netta l´avversione di quella grande fetta di elettorato verso il sindaco in carica, le sue molteplici giunte e i partiti che ancora lo sostengono. Forse stando fermo il centrosinistra riuscirebbe a vincere senza faticare più di tanto. Invece no. Hanno iniziato da tempo ad agitarsi l´un contro l´altro armati. Se non è una replica del 2001, poco ci manca. Vedremo quanto ci metteranno per individuare un giorno in cui chiamare i votanti ai gazebo. I malpancisti verso le primarie affermano che esse sono soltanto uno strumento. Benissimo, lo utilizzino. Non garantiscono la vittoria? Ma chi ha mai detto che l´elezione primaria è un viatico sicuro per alzare la coppa al cielo? Del resto, neanche il non farle porta bene. Prendete le regionali del 2008, quando una parte del Pd, quella che oggi benedice Lombardo, impose la candidatura alla presidenza infischiandosene di gazebo con annessi e connessi. L´attuale governatore vinse facile, rifilando al centrosinistra un cappotto molto presto dimenticato e per il quale nessuno ha pagato alcun prezzo politico. La segreteria provinciale del Pd sarebbe d´accordo, a parole, sulle primarie. Vedremo se lo stimolo lanciato da tre deputati regionali democratici servirà al partito per cimentarsi nell´immane sforzo di indicare un giorno del calendario nel prossimo autunno. Rispetto al quale chi deve risolvere le contraddizioni, per primi gli stessi democratici, avrà un limite temporale certo e improcrastinabile per farlo. Questo dovrebbe capirlo anche Italia dei valori, che prima di indire le primarie vuole il programma. Di simili pezzi di carta son piene le fosse. L´impressione che si ha, e non è la prima volta, che l´elezione primaria, da possibilità di scelta in mano agli elettori, si voglia trasformare in un corpo contundente che il ceto politico si lancia contro nella lotta tra partiti e ra correnti interne. Piuttosto che perdersi ancora in chiacchiere inutili, il centrosinistra metta in campo tutte le candidature e dia una vera possibilità di scelta al popolo dei gazebo. Non ci si trinceri a oltranza dietro la situazione politica che si è venuta a creare alla Regione. Quest´ultima, infatti, può essere un doppio comodo alibi per restare immobili. Sia per chi l´appoggia, e intende aspettare chissà cosa per sbloccare la situazione, sia per coloro che non la digeriscono. I quali, paradossalmente, rischiano di alimentare lo stesso gioco dell´attendismo a oltranza già praticato, per altre ragioni, nel 2001. Non vorremmo che il centrosinistra, come dieci anni addietro, perso alla ricerca dell´ottimo e smarrito nel dedalo dei molteplici e vani ultimatum, lanciati da una parte all´altra, dimentichi il drammatico presente di questa città e la riconsegni, come un pacco regalo, alla stessa parte politica che l´ha malamente, o per nulla, amministrata.

lunedì 11 luglio 2011

Elezioni a Palermo: il centrosinistra e Santa Rosalia.

LIVESICILIA
lunedì 11 luglio 2011



Francesco Palazzo

Il dibattito nel centrosinistra, per le prossime amministrative a Palermo, si riaccende e si spegne come l’albero di natale, a intermittenza. A fiammate improvvise, fanno seguito settimane di silenzio. Ogni volta che lo intravediamo, si parla incessantemente del perimetro dello schieramento da presentare alle urne, senza arrivare mai a un punto fermo. E’, diciamocelo, un problema per il quale i palermitani di questa area politica, e anche gli altri che potrebbero votarla, non ci dormono la notte. Stolti come sono, mica vorrebbero avere un sindaco vero, degli assessori competenti e non dei prestanome, un consiglio comunale efficiente e non un’accozzaglia politica indistinta. Non vogliono proprio sentire ragioni. Si sono fissati con questo fatto delle alleanze e non ci può niente per smuoverli. E’ inutile dirgli che si voterà tra nove mesi e che ci vuole più concretezza e velocità nel delineare l’ampiezza della compagnia, dei candidati a sindaco che non indichino la luna, ma pochi e qualificati punti programmatici, la possibilità di sceglierne uno attraverso le primarie e poi iniziare la navigazione, per vedere cosa è rimasto di Palermo dopo dieci anni di non governo e capire da dove cominciare per recuperare qualcosa. Niente ci può. Loro continuano a interrogarsi sui massimi sistemi dell’aritmetica politica. Quanto farà questo più quello? Sempre a perdete tempo con queste quisquilie. Anche a Borgo Nuovo e allo Zen. Nei bar di quei rioni non si parla d’altro. Meno male che almeno i partiti e i movimenti hanno le idee chiare. Il Pd, per dire, ha già fissato improrogabilmente, nel periodo compreso tra settembre 2011 e gennaio 2012, un’assemblea cittadina di partito per decidere senza mezzi termini il da farsi. Lo sforzo è serio. L’incontro, come da tradizione consolidata, sarà opportunamente spostato di mese in mese, sino alla vigilia delle elezioni, quando si svolgerà alla presenza del solito inviato da Roma. Per non perdere ulteriore tempo, mica stanno ad asciugare le balate della Vucciria, come direbbe Bersani, è già pronto l’ennesimo fondamentale comunicato. Che solo all’apparenza non dirà nulla, ma sarà capito senz’altro dagli abitanti di Brancaccio e del Capo. Così la smetteranno di riunirsi quotidianamente nelle ridenti e fiorite piazze dei loro quartieri prendendosi a male parole dalle tribune contrapposte di riformisti, rivoluzionari e inciucisti. Stanno lavorando alacremente pure Idv, Sel e Movimenti vari. Quest’ultimi così osmoticamente uniti che manco si parlano più. Ma lo fanno per disorientare meglio l’avversario. Tutti insieme, Idv, Sel e movimenti, vogliono le primarie ad ogni costo. Legittimamente, le pretendono però allo stato puro, senza pericolose contaminazioni. Ciò forse aiuterà gli abitanti del Cep e dello Sperone a smetterla di pensare ossessivamente, come fanno da mesi, al temuto ingresso delle truppe finiane, casiniane e lombardiane nel sacro recinto dei gazebo. Insomma, mentre i cittadini perdono tempo affogati nel politichese, disinteressandosi beatamente dei problemi della città, i partiti e i movimenti del centrosinistra lavorano sodo e mirano alla sostanza, alla celerità e alla chiarezza. Ciò contribuirà a far dirottare verso un atteggiamento più costruttivo anche Santa Rosalia, lassù sul Monte Pellegrino. Sembra che negli ultimi tempi la santuzza sia distratta e non si interessi più del destino di Palermo. Incredibilmente, ci dicono, la vedrebbe bella e fiorente. Tutto perché si è incaponita a meditare giorno e notte sul regolamento delle primarie perfette.



Sicilia: mezzi pubblici cercasi.

La Repubblica Palermo
09 luglio 2011 — pagina 21

NUMERI
L' AUTOBUS CHE NON C' È
Francesco Palazzo

 
Offerta di mezzi pubblici urbani ogni diecimila abitanti: Milano 20,9, Venezia 16,5, Torino 15,8. Sicilia: Catania 11,7, Palermo 8,5, Messina 3,4.

giovedì 9 giugno 2011

AMAT, tre al posto di uno.

LiveSicilia
Ma non c’è solo la Gesip…

Francesco Palazzo

giovedì 9 giugno 2011


Non solo Gesip. Non abbiamo, ad esempio, più notizie dell’Amat dopo che è stato bocciato dal consiglio comunale, era il 12 maggio, il piano industriale dell’azienda. Da Palazzo delle Aquile avevano chiesto che quel budget venisse ripresentato dopo quindici giorni con opportuni tagli. Forse ci siamo distratti, ma ci pare che niente è più accaduto. E magari domani, passato (ma passerà?) il ciclone Gesip, ci ritroveremo con il tornado Amat. Difficile capire di chi è la colpa di ciò che non funziona in una grande metropoli dopo dieci anni di triste disamministrazione. Da tempo la politica è fuggita da Palermo. Diventa dunque ardua ogni puntuale analisi dei torti e delle ragioni. Ci sono, tuttavia, nella gestione di un’azienda, aspetti che forse non dipendono dalla politica, almeno non direttamente, ma innanzitutto dall’ordinaria e corretta gestione delle risorse umane. Confindustria Sicilia ha recentemente affermato che bisognerebbe privatizzare i servizi che forniscono, si fa per dire, le società partecipate dal Comune. Non sappiamo se questa potrebbe essere la soluzione. E’ certo, però, che con una gestione davvero privata, alcune prassi consolidate non si vedrebbero neanche con il cannocchiale. Chi fa impresa, rischiando di proprio e non mettendo continuamente le mani nei fondi pubblici, deve fare degli utili. E i profitti si raggiungono, in primo luogo, ottimizzando, e non sprecando, le risorse umane di cui si dispone. Sia chiaro, in Sicilia questo sciupio è la norma, neanche ce n’accorgiamo più. L’altra settimana, in un ufficio comunale, cinque impiegati discutevano, nell’atrio, amabilmente e calorosamente, dell’ultima sfortunata impresa calcistica del Palermo. Poi, all’interno, l’impiegata è stata cordiale ed efficiente. Insomma, alle nostre latitudini ci siamo abituati a vedere, per ogni servizio reso dagli uffici pubblici, un numero di stipendiati largamente superiore alla bisogna. E’ come quando piove a Londra o c’è nebbia in Val Padana. Ma in certi giorni, forse perché sei più libero da altri pensieri, ci fai caso. Il fatto è il seguente. Nell’ora di punta, circa le 13, di un giorno feriale e assolato di quasi estate, dunque con tantissima gente in giro, improvvisamente, nel bus 102, una delle due linee, insieme al 101, più servite e utilizzate della città, si materializza un controllo dei titoli di viaggio. Normale amministrazione, o quasi, visto che i tantissimi che non pagano a Palermo hanno molte probabilità di farla franca. Chi ha il biglietto lo esibisce, c’è chi si affretta tumultuosamente a compilarlo a penna e chi serenamente prepara direttamente il documento per la multa in arrivo, senza scomporsi più di tanto. Tutto si svolge in un silenzio e in una compostezza quasi nordici. L’unica cosa che stona è il numero d’uniformi in giro. Tre. Tanti sono gli addetti che si prodigano a verificare paganti ed eventuali portoghesi. Perché un drappello così consistente di controllori, in un tratto al centro del capoluogo e in un’ora tra le meno solitarie? Non siamo mica in un quartiere dell’estrema periferia palermitana in orario serale e durante un temporale invernale. E anche in quel caso tre impiegati, ne converrete, sarebbero pure troppi. Due basterebbero. Ma ci troviamo nel salotto di Palermo, dove è facile far convergere, se ve ne fosse bisogno, quasi istantaneamente le forze dell’ordine. Ora, noi non siamo esperti di conti e di strategie aziendali. Sarà per questo che ci sembra semplice pensare che se nelle due linee di trasporto pubblico solitamente più affollate della quinta città d’Italia, si riuscisse, sempre, a fare pagare tutti, i conti dell’Amat non potrebbero che averne giovamento, prendendo un po’ di respiro. Allora, se invece di tre addetti nello stesso autobus, nelle due linee suddette, se ne facesse salire uno per ogni vettura che transita, si potrebbero controllare, praticamente a tappeto, e comunque più rapidamente e con più efficacia, quasi tutti i passeggeri. Elementare, Watson! Probabilmente, tuttavia, incompetenti come siamo di piani aziendali, tanto elementare non sarà.